da un'idea di ely riapro una discussione...speriamo vada meglio...
comunque premetto che non sono di certo un esperto di bio...
mica mi basta consultare quà e là qualche pagina di google per pensare di aver scoperto un complottone...
ho letto una intervista a Venter,su repubblica,
dove forse troppo intelligentemente, l'accento sulle ricerche sul dna art. veniva posto sulla possibilità di trovare utilizzi energetici....
è affascinante....ma non lo ritrovo.....
certo,trovare sistemi ,e cellule artificiali,che producano ATP e lo utilizzino in piccole batterie ricaricabili....
producendo elettricità......
beh ,,,senza scomodare matrix... è affascinante....ma non lo ritrovo.....
invece questo art è del corrierone....
un punto di vista leggermente differente...
POSSIBILE ANCHE CHE SI CAMBINO PARTI DI DNA PER MIGLIORARE CARATTERISTICHE FISICHE»
«Nel XXII secolo ci sarà l'uomo sintetico»
Parla Venter che ha creato il primo cromosoma: possibile già in questo secolo, ma ci sono ancora limiti etici
LONDRA - Il superuomo si avvicina. Ormai, parola di uno dei più importanti scienziati moderni, siamo solo a un secolo di distanza. Nel XXII secolo sarà infatti possibile creare un uomo totalmente sintetico. Lo ha affermato Craig Venter, lo scienziato americano noto per aver annunciato la creazione di un cromosoma fabbricato in laboratorio durante un'intervista alla rete televisiva inglese Bbc.
VERSO L'UOMO SINTETICO - «La creazione di un intero genoma umano in una provetta sarà possibile già in questo secolo - ha affermato Venter - ma non credo che succederà, perchè tutti noi scienziati siamo contrari ad esperimenti di questo tipo sugli uomini. Questo non esclude però che nel prossimo secolo qualcuno lo faccia, oppure cerchi di cambiare singole parti del Dna per migliorare alcune caratteristiche fisiche». Venter ha anche escluso che le sue ricerche, specie quelle sulla creazione di batteri sintetici, possano essere usate per fabbricare armi batteriologiche: «Il nostro laboratorio ha chiesto il controllo di un comitato etico fin dai primi esperimenti - ha spiegato il genetista - e anche adesso tutte le nostre ricerche sono esaminate attentamente da un comitato bioetico statale. Esperimenti simili ai nostri sono svolti nei laboratori di tutto il mondo, l'importante è che siano sempre controllati e resi pubblici».
ACCUSE - Lo scienziato si è difeso dall'accusa fatta da molti genetisti di aver creato una società privata per sequenziare completamente il genoma umano (la Celera Genomics, che riuscì nel 2001 nell'intento precedendo un consorzio pubblico mondiale) per sfruttare i risultati dal punto di vista commerciale: «Non abbiamo brevettato nessun gene umano - ha spiegato Venter - e i nostri risultati sono pubblici e accessibili a tutti. La società privata serviva ad aumentare la competizione, e infatti siamo riusciti a fare in nove mesi quello che gli altri cercavano di ottenere in quindici anni. Certo, ci ho anche guadagnato, ma non abbiamo mai nascosto i risultati».
inoltre,per continuare un discorso mio....
e forse penso che venter sia ottimista....
EPIGENETICA
Il destino non è scritto nel Dna
di BRANDON KEIM
PIU’ COSE impariamo sul genoma umano, più appare evidente che il Dna non è sinonimo di destino. Studi recenti che approfondiscono la comprensione del cosiddetto “epigenoma”, ovvero di quella serie di reazioni biochimiche che attivano e disattivano i geni, dimostrano che sono proprio tali processi a giocare un ruolo cruciale nella regolazione dello stato di salute e nella trasmissione dei caratteri ereditari. Mappando l’epigenoma e mettendolo in relazione con la genomica e con le informazioni disponibili sullo stato generale di salute, gli scienziati ritengono di poter elaborare delle metodiche volte a prevedere, diagnosticare e curare in maniera più efficace svariate patologie. “Si sta spalancando una finestra su un nuovo mondo, molto più complesso di quello genomico”, commenta Moshe Szyf, epigenetista della McGill University del Canada.
L’epigenoma può cambiare a seconda del contesto in cui è inserito l’individuo, e si trasmette di generazione in generazione. In parte questa è la ragione per cui due gemelli “identici” possono essere in realtà estremamente diversi, ed è anche il motivo per cui non solo i figli ma anche i nipoti di donne che hanno sofferto di malnutrizione durante la gravidanza possono pesare meno alla nascita. “Al momento, si sta addirittura cercando di scoprire se anche lo status socioeconomico può avere un’influenza sull’epigenoma”, aggiunge Szyf.
I ricercatori hanno già collegato alcune tipologie di tumori alle variazioni epigenetiche. Nel giro di pochi anni sperano che i medici, esaminando l’epigenoma di un individuo, siano in grado di diagnosticare il cancro anche a un primissimo stadio di sviluppo e di stabilire con precisione quale sia il trattamento più adatto per debellarlo. Lo stesso potrebbe valere per altre patologie, e via via che si farà più chiaro il ruolo svolto dall’ambiente nel determinare cambiamenti nell’epigenoma si riuscirà sempre meglio a gestire i fattori ambientali che influenzano lo stato di salute.
Il settore di studio, ancora a uno stadio embrionale di sviluppo, potrebbe evolversi molto rapidamente. “L’epigenetica è una delle discipline scientifiche che progrediscono più in fretta”, spiega Melanine Ehrlich, epigenetista della Tulane University il cui laboratorio ha collegato le variazioni epigenetiche all’insorgere nel cancro già nel 1983. All’epoca, l’ambito di studio della Ehrlich era pressoché sconosciuto. Walter Gilbert, biologo vincitore del premio Nobel, aveva commentato che dal momento che i moscerini della frutta non avevano un epigenoma, il mondo non ne aveva bisogno. Negli ultimi vent’anni, però – e specialmente negli ultimi due – diverse ricerche hanno mostrato una relazione tra l’epigenoma, la malattia e lo sviluppo, riscontrando che tale rapporto cambia in risposta all’ambiente e si può trasmettere di genitore in figlio.
Malgrado le applicazioni più prevedibili riguardassero la cura del diabete, dei disturbi cardiaci, dell’abuso di stupefacenti e della schizofrenia, quelle più promettenti riguardano la cura del cancro. Studi recenti hanno dimostrato che alcuni tipi di tumore derivano dalla disattivazione dei geni che inibiscono la degenerazione cellulare. L’anno scorso, la Food and Drug Administration ha dato il via libera al primo farmaco a base epigenetica, l’azacitadina, usato nel trattamento di una forma di leucemia. Tale sostanza viene impiegata appunto per riattivare i geni.
Tuttavia, usare i farmaci perché agiscano su porzioni specifiche dell’epigenoma, che opera in tandem con sei milioni di paia di basi di Dna, è estremamente complicate. Secondo la Ehrlich, gli specialisti del settore hanno buone possibilità di perfezionare la diagnosi e il trattamento del cancro e di varie altre patologie, ma per fare ciò hanno bisogno di una mappa su larga scala che mostri le relazioni tra i pattern epigenetici e le malattie, puntualizza Steve Baylin, epigenetista della Johns Hopkins. “Conoscendo tali pattern”, precisa Baylin, “è possibile prevedere quali siano gli individui più a rischio, cambiarne la dieta, l’esposizione a diversi fattori ambientali, stimolarne la prevenzione. Si potrebbero riconoscere prima le malattie e valutare la risposta ai farmaci delle diverse persone”. Tracciare una mappa del genere non sarà facile. Non solo l’epigenoma varia nel tempo, ma è anche diverso nelle varie categorie cellulari (che sono circa duecento). Secondo gli epigenetisti è un lavoro che richiede tempo ma si può fare.
In Europa, un consorzio di enti sia pubblici che privati sta collaborando al Progetto Epigenoma Umano, mentre in America i progetti di mappatura sono portati avanti in maniera sparsa da vari laboratori finanziati sia dal governo che dalle aziende. “Non abbiamo i fondi per metter su un progetto onnicomprensivo e su larga scala”, spiega Elise Feingold, direttrice dell’Encode Project del National Human Genome Research Institute. La penuria di investimenti ricorda per certi versi gli albori difficili del Progetto Genoma Umano, e le lotte di James Watson per ottenere un aiuto concreto da parte delle istituzioni. Ma l’epigenetica pare aver imparato la lezione dalla follia dei brevetti che aveva accompagnato la nascita del Progetto Genoma Umano. “Quel periodo ha insegnato a tutto come NON si gestisce la proprietà intellettuale”, commenta John Stamatoyannopoulos, fondatore dell’azienda farmaceutica Regulome. “Chiunque chiedeva brevetti a destra e a manca, gli avvocati hanno fatto affari d’oro, l’ufficio brevetti era pressoché saturo di pratiche, e alla fine della fiera si trattava di documenti senza alcun valore”. L’assenza di una corsa ai brevetti potrebbe sembrare sminuire l’urgenza della ricerca, ma in realtà il punto cruciale è che la mappa epigenomica sia accessibile gratuitamente a chiunque, per quanto finora ne sia stata elaborata solo una minima parte. “Ne abbiamo completato meno dell’un per cento; l’un per cento sarebbe già un’esagerazione”, conclude Stamatoyannopoulos. “Ma è comunque fondamentale, perché questo tipo di conoscenza rivoluzionerà il nostro modo di diagnosticare e curare le malattie”.
© Wired News
comunque premetto che non sono di certo un esperto di bio...
mica mi basta consultare quà e là qualche pagina di google per pensare di aver scoperto un complottone...
ho letto una intervista a Venter,su repubblica,
dove forse troppo intelligentemente, l'accento sulle ricerche sul dna art. veniva posto sulla possibilità di trovare utilizzi energetici....
è affascinante....ma non lo ritrovo.....
certo,trovare sistemi ,e cellule artificiali,che producano ATP e lo utilizzino in piccole batterie ricaricabili....
producendo elettricità......
beh ,,,senza scomodare matrix... è affascinante....ma non lo ritrovo.....
invece questo art è del corrierone....
un punto di vista leggermente differente...
POSSIBILE ANCHE CHE SI CAMBINO PARTI DI DNA PER MIGLIORARE CARATTERISTICHE FISICHE»
«Nel XXII secolo ci sarà l'uomo sintetico»
Parla Venter che ha creato il primo cromosoma: possibile già in questo secolo, ma ci sono ancora limiti etici
LONDRA - Il superuomo si avvicina. Ormai, parola di uno dei più importanti scienziati moderni, siamo solo a un secolo di distanza. Nel XXII secolo sarà infatti possibile creare un uomo totalmente sintetico. Lo ha affermato Craig Venter, lo scienziato americano noto per aver annunciato la creazione di un cromosoma fabbricato in laboratorio durante un'intervista alla rete televisiva inglese Bbc.
VERSO L'UOMO SINTETICO - «La creazione di un intero genoma umano in una provetta sarà possibile già in questo secolo - ha affermato Venter - ma non credo che succederà, perchè tutti noi scienziati siamo contrari ad esperimenti di questo tipo sugli uomini. Questo non esclude però che nel prossimo secolo qualcuno lo faccia, oppure cerchi di cambiare singole parti del Dna per migliorare alcune caratteristiche fisiche». Venter ha anche escluso che le sue ricerche, specie quelle sulla creazione di batteri sintetici, possano essere usate per fabbricare armi batteriologiche: «Il nostro laboratorio ha chiesto il controllo di un comitato etico fin dai primi esperimenti - ha spiegato il genetista - e anche adesso tutte le nostre ricerche sono esaminate attentamente da un comitato bioetico statale. Esperimenti simili ai nostri sono svolti nei laboratori di tutto il mondo, l'importante è che siano sempre controllati e resi pubblici».
ACCUSE - Lo scienziato si è difeso dall'accusa fatta da molti genetisti di aver creato una società privata per sequenziare completamente il genoma umano (la Celera Genomics, che riuscì nel 2001 nell'intento precedendo un consorzio pubblico mondiale) per sfruttare i risultati dal punto di vista commerciale: «Non abbiamo brevettato nessun gene umano - ha spiegato Venter - e i nostri risultati sono pubblici e accessibili a tutti. La società privata serviva ad aumentare la competizione, e infatti siamo riusciti a fare in nove mesi quello che gli altri cercavano di ottenere in quindici anni. Certo, ci ho anche guadagnato, ma non abbiamo mai nascosto i risultati».
inoltre,per continuare un discorso mio....
e forse penso che venter sia ottimista....
EPIGENETICA
Il destino non è scritto nel Dna
di BRANDON KEIM
PIU’ COSE impariamo sul genoma umano, più appare evidente che il Dna non è sinonimo di destino. Studi recenti che approfondiscono la comprensione del cosiddetto “epigenoma”, ovvero di quella serie di reazioni biochimiche che attivano e disattivano i geni, dimostrano che sono proprio tali processi a giocare un ruolo cruciale nella regolazione dello stato di salute e nella trasmissione dei caratteri ereditari. Mappando l’epigenoma e mettendolo in relazione con la genomica e con le informazioni disponibili sullo stato generale di salute, gli scienziati ritengono di poter elaborare delle metodiche volte a prevedere, diagnosticare e curare in maniera più efficace svariate patologie. “Si sta spalancando una finestra su un nuovo mondo, molto più complesso di quello genomico”, commenta Moshe Szyf, epigenetista della McGill University del Canada.
L’epigenoma può cambiare a seconda del contesto in cui è inserito l’individuo, e si trasmette di generazione in generazione. In parte questa è la ragione per cui due gemelli “identici” possono essere in realtà estremamente diversi, ed è anche il motivo per cui non solo i figli ma anche i nipoti di donne che hanno sofferto di malnutrizione durante la gravidanza possono pesare meno alla nascita. “Al momento, si sta addirittura cercando di scoprire se anche lo status socioeconomico può avere un’influenza sull’epigenoma”, aggiunge Szyf.
I ricercatori hanno già collegato alcune tipologie di tumori alle variazioni epigenetiche. Nel giro di pochi anni sperano che i medici, esaminando l’epigenoma di un individuo, siano in grado di diagnosticare il cancro anche a un primissimo stadio di sviluppo e di stabilire con precisione quale sia il trattamento più adatto per debellarlo. Lo stesso potrebbe valere per altre patologie, e via via che si farà più chiaro il ruolo svolto dall’ambiente nel determinare cambiamenti nell’epigenoma si riuscirà sempre meglio a gestire i fattori ambientali che influenzano lo stato di salute.
Il settore di studio, ancora a uno stadio embrionale di sviluppo, potrebbe evolversi molto rapidamente. “L’epigenetica è una delle discipline scientifiche che progrediscono più in fretta”, spiega Melanine Ehrlich, epigenetista della Tulane University il cui laboratorio ha collegato le variazioni epigenetiche all’insorgere nel cancro già nel 1983. All’epoca, l’ambito di studio della Ehrlich era pressoché sconosciuto. Walter Gilbert, biologo vincitore del premio Nobel, aveva commentato che dal momento che i moscerini della frutta non avevano un epigenoma, il mondo non ne aveva bisogno. Negli ultimi vent’anni, però – e specialmente negli ultimi due – diverse ricerche hanno mostrato una relazione tra l’epigenoma, la malattia e lo sviluppo, riscontrando che tale rapporto cambia in risposta all’ambiente e si può trasmettere di genitore in figlio.
Malgrado le applicazioni più prevedibili riguardassero la cura del diabete, dei disturbi cardiaci, dell’abuso di stupefacenti e della schizofrenia, quelle più promettenti riguardano la cura del cancro. Studi recenti hanno dimostrato che alcuni tipi di tumore derivano dalla disattivazione dei geni che inibiscono la degenerazione cellulare. L’anno scorso, la Food and Drug Administration ha dato il via libera al primo farmaco a base epigenetica, l’azacitadina, usato nel trattamento di una forma di leucemia. Tale sostanza viene impiegata appunto per riattivare i geni.
Tuttavia, usare i farmaci perché agiscano su porzioni specifiche dell’epigenoma, che opera in tandem con sei milioni di paia di basi di Dna, è estremamente complicate. Secondo la Ehrlich, gli specialisti del settore hanno buone possibilità di perfezionare la diagnosi e il trattamento del cancro e di varie altre patologie, ma per fare ciò hanno bisogno di una mappa su larga scala che mostri le relazioni tra i pattern epigenetici e le malattie, puntualizza Steve Baylin, epigenetista della Johns Hopkins. “Conoscendo tali pattern”, precisa Baylin, “è possibile prevedere quali siano gli individui più a rischio, cambiarne la dieta, l’esposizione a diversi fattori ambientali, stimolarne la prevenzione. Si potrebbero riconoscere prima le malattie e valutare la risposta ai farmaci delle diverse persone”. Tracciare una mappa del genere non sarà facile. Non solo l’epigenoma varia nel tempo, ma è anche diverso nelle varie categorie cellulari (che sono circa duecento). Secondo gli epigenetisti è un lavoro che richiede tempo ma si può fare.
In Europa, un consorzio di enti sia pubblici che privati sta collaborando al Progetto Epigenoma Umano, mentre in America i progetti di mappatura sono portati avanti in maniera sparsa da vari laboratori finanziati sia dal governo che dalle aziende. “Non abbiamo i fondi per metter su un progetto onnicomprensivo e su larga scala”, spiega Elise Feingold, direttrice dell’Encode Project del National Human Genome Research Institute. La penuria di investimenti ricorda per certi versi gli albori difficili del Progetto Genoma Umano, e le lotte di James Watson per ottenere un aiuto concreto da parte delle istituzioni. Ma l’epigenetica pare aver imparato la lezione dalla follia dei brevetti che aveva accompagnato la nascita del Progetto Genoma Umano. “Quel periodo ha insegnato a tutto come NON si gestisce la proprietà intellettuale”, commenta John Stamatoyannopoulos, fondatore dell’azienda farmaceutica Regulome. “Chiunque chiedeva brevetti a destra e a manca, gli avvocati hanno fatto affari d’oro, l’ufficio brevetti era pressoché saturo di pratiche, e alla fine della fiera si trattava di documenti senza alcun valore”. L’assenza di una corsa ai brevetti potrebbe sembrare sminuire l’urgenza della ricerca, ma in realtà il punto cruciale è che la mappa epigenomica sia accessibile gratuitamente a chiunque, per quanto finora ne sia stata elaborata solo una minima parte. “Ne abbiamo completato meno dell’un per cento; l’un per cento sarebbe già un’esagerazione”, conclude Stamatoyannopoulos. “Ma è comunque fondamentale, perché questo tipo di conoscenza rivoluzionerà il nostro modo di diagnosticare e curare le malattie”.
© Wired News
Commenta