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  • Nuovo sperimentatore

    Salve a tutti,

    sposto qua la discussione iniziata da Verme Solitario in quanto Off Topic (fuori tema) rispetto al titolo del 3D.
    Qualora le discussioni esistenti non rispecchino gli argomenti di cui si vuol trattare, chiedo a tutti gli amici di aprire di volta in volta nuove discussioni. In questo modo il nuovo utente troverà nel forum un utile strumento di consultazione.

    Ciao a tutti

    Edited by Quantum Leap - 4/7/2005, 10:01
    ?"Se pensi che una cosa sia impossibile, la renderai impossibile" (Bruce Lee)

  • #2
    bravo quantum, avvevo le idee confuse e ora ho capito. ci vorrebbero più post così incisivi nel forum. essendo molto largo a volte si perde di vista quelle cose importanti come quella che hai esaurientemente spiegato.

    Edited by andrea83banzai - 1/7/2005, 15:22

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    • #3
      CITAZIONE (Quantum Leap @ 1/7/2005, 13:30)
      Salve a tutti,
      apro questo nuovo 3d per dare una risposta ai vari interrogativi posti sulla questione. Nel tempo sono stati in molti a porre questa interessante domanda : "Perchè il plasma si forma sul catodo (o quantomeno, esso è molto più vigoroso di ciò che, con estrema difficoltà avviene all'anodo) ? "  Le risposte ci sono state (eccome!) tuttavia si sono disperse nei vari post e, col passare del tempo, sono andate nel dimenticatoio per poi rinascere sotto forma della stessa domanda.

      La cella può essere schematizzata come un circuito elettrico. In essa, il passaggio della corrente elettrica attraverso la soluzione è garantita dalla "fuoriuscita" degli elettroni dal catodo (che riducono gli ioni positivi disciolti in soluzione) e dalla ossidazione di quelli che raggiungono (o compongono) l'anodo. Il plasma si innesca quando, a causa degli elevati voltaggi e del favorevole "effetto condensatore", si crea una scarica a bagliore sul catodo. La scarica a bagliore può essere immaginata come la formazione di un arco elettrico tra la soluzione e il catodo. Essa si forma sul catodo e non sull'anodo perchè è il catodo a emettere elettroni e NON l'anodo.

      Come si può comprovare questa cosa.
      Durante un esperimento, a plasma innescato, sollevando il catodo il plasma si spegne. Ora, se lo si avvicina nuovamente al pelo libero della soluzione, prima che questo tocchi fisicamente la soluzione, si vede scoccare un arco fra il catodo e la soluzione. Ciò accade perchè il catodo emette elettroni che, essendo più leggeri e veloci, si scaricano facilmente sulla soluzione. Immergendo parzialmente il catodo (badando a fattori geometrici ecc.) si può trasformare questo arco in un plasma che, stabilmente, avvolge il catodo e ci regala tutti quei bei fenomeni in fase di studio. L'aumento di temperatura dovuto al plasma non fa altro che incrementare questa emissione di elettroni (infatti, ad essa si affianca la emissione termoionica che incrementa il plasma ulteriormente).

      La stessa cosa NON accade all'anodo perchè: l'anodo non emette elettroni ma li "riceve" dalla soluzione. Di conseguenza, se si solleva l'anodo e lo si avvicina al pelo libero, difficilmente si formerà un arco fra anodo e soluzione in quanto quest'ultima, essendo un liquido e non un metallo, difficilmente emetterà elettroni. Gli ioni che formano il catodo, essendo molto meno mobili dei rapidi elettroni, difficilmente formeranno un arco stabile. A limite, se l'anodo è un buon metallo (di peso atomico basso) e la temperatura è sufficientemente elevata da conferire una certa emissione termoionica, potrebbe formarsi qualcosa, ma è molto meno vigoroso dell'analogo catodico.

      Ecco spiegato, con parole forse grossolane, l'arcano.

      Correzioni, suggerimenti e osservazioni sono ben gradite.

      Ciao

      Esperimento FF con poca energia
      Scopo dell'esperimento che mi accingo a descrivere era quello di verificare se è possibile replicare le prove da voi fatte utilizzando una quantità di energia elettrica inferiore. Non mi interessava veder fondere il metallo utilizzato come catodo ma semplicemente poter vedere qualche accenno di quei "bagliori" da molti riprodotti. Dico subito di esserci parzialmente riuscito ma con dei risultati per i quali avrei bisogno di una vostra spiegazione. Come cella ho utilizzato il classico vasetto di Nutella che possiede un tappo di plastica abbastanza robusto. Su questo ho praticato dei fori e ho quindi collegato da una parte un tondino di alluminio di 1 cm di diametro e di circa 8 cm di lunghezza e dall'altra ho incollato la plastica di un pennarello dentro al quale ho fatto passare del filo d'alluminio del tipo di quello utilizzato per legare i Bon-Sai ( per avere una piccola superficie catodica esposta). Ho quindi fatto la solita soluzione di acqua di rubinetto fredda e Bicarbonato di Sodio ed ho collegato il tutto ad un alimentatore casalingo al quale ho fatto seguire un elevatore di tensione che mi fornisce a vuoto circa 250 V continui. L'inizio è stato alquanto deludente perché tutta la reazione si riduceva a qualche micro-bollicina dall'elettrodo sottile collegato al negativo ed inoltre la tensione tra gli elettrodi restava praticamente quella a vuoto. Ho pensato quindi di provare ad aumentare la concentrazione di bicarbonato ma questo precipitava senza sciogliersi e quindi ho pensato di riscaldare la soluzione utilizzando un fornello elettrico tipo campeggio. All' aumentare delle temperatura la tensione tra gli elettrodi calava segno che diminuiva la resistenza della soluzione fino ad arrivare a circa un 80-90 °C ( non ho termometri adatti per quelle temperature ma vedevo l'acqua che cominciava a fare alcune bollicine ) e in corrispondenza circa 150 V di tensione e 50 mA di corrente. A questo punto ho iniziato a vedere le prime scariche che si verificavano tra elettrodo e liquido ma, a differenza di quanto letto fino a questo punto, le scariche si verificavano sull'elettrodo grosso collegato al positivo di alimentazione e si muovevano lungo l'elettrodo in modo apparentemente casuale e sono arrivate a formarsi anche fuori del pelo libero della soluzione. Ho provato quindi ad invertire le polarità degli elettrodi e a questo punto effettivamente la scarica è iniziata a comparire sull’elettrodo poco immerso ma ribadisco che questo in questa seconda prova era collegato al positivo e non al negativo. Ho anche filmato le due prove ma con una qualità alquanto discutibile. Vi chiedo cortesemente, se la cosa non è troppo banale o viziata da errori grossolani, di spiegarmi il perché di questo comportamento anomalo ( forse non ho capito nulla di quello che è stato scritto in precedenza ). Mi scuso inoltre se ho occupato uno spazio che doveva servire ad approfondimenti di più alta levatura e ringrazio anticipatamente a coloro che vorranno rispondermi.

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      • #4
        Caro amico,
        sicuramente l'errore dell' innesco sta nella densità di corrente(troppo bassa)nella zona catodica.Sostanzialmente, in fase di preinnesco dovresti avere una densita di corrente non inferiore 1,5 ampere cm^3 per un elettrodo 2,4 mm di diamentro , nuturalmente di tungsteno, perche ogni elemento a una restenza elettrica differente.Adesso non mi soffermo con calcoli e calcoletti,ma se vuoi ottenere un bel plasma prendi due elettrodi anche di alluminio (Il W e molto meglio!!!da 2,4mm)da un centimetro, della stessa lughezza....l'anodo immergilo piu che puoi(non farli toccare il fondo del barattolo)il catodo esponilo per max un cm(meglio mezzo)visto la dimensione del diametro e la conducibilita elettrica del elemento!Per isolarlo prendi un tubo possibilmente in vetro da laboratorio ed inserisci il catodo(non penso che troverai ceramica refrattaria di quel diametro)ed esponilo di poco come ti ho detto.Per evitare di bruciare il tuo alimentatore cerca di scaldare la soluzione almeno a 70 gradi prima di dare corrente.....non saturare troppo la soluzione!Questo e tutto!
        Diciamo.... quello che stavi ottenedo...... era una banale ossido-riduzione del anodo "a Bagliore"data comunque da qualche piccolo scontro elettronico in prossimita dell'anodo....
        Buona sperimentazione

        Area51

        Edited by Area51 - 3/7/2005, 12:59

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        • #5
          CITAZIONE (Area51 @ 3/7/2005, 12:56)
          Caro amico,
          sicuramente l'errore dell' innesco sta nella densità di corrente(troppo bassa)nella zona catodica.Sostanzialmente, in fase di preinnesco dovresti avere una densita di corrente non inferiore 1,5 ampere cm^3 per un elettrodo 2,4 mm di diamentro , nuturalmente di tungsteno, perche ogni elemento a una restenza elettrica differente.Adesso non mi soffermo con calcoli e calcoletti,ma se vuoi ottenere un bel plasma prendi due elettrodi anche di alluminio (Il W e molto meglio!!!da 2,4mm)da un centimetro, della stessa lughezza....l'anodo immergilo piu che puoi(non farli toccare il fondo del barattolo)il catodo esponilo per max un cm(meglio mezzo)visto la dimensione del diametro e la conducibilita elettrica del elemento!Per isolarlo prendi un tubo possibilmente in vetro da laboratorio ed inserisci il catodo(non penso che troverai ceramica refrattaria di quel diametro)ed esponilo di poco come ti ho detto.Per evitare di bruciare il tuo alimentatore cerca di scaldare la soluzione almeno a 70 gradi prima di dare corrente.....non saturare troppo la soluzione!Questo e tutto!
          Diciamo.... quello che stavi ottenedo...... era una banale ossido-riduzione del anodo "a Bagliore"data comunque da qualche piccolo scontro elettronico in prossimita dell'anodo....
          Buona sperimentazione

          Area51

          Ringrazio per la risposta ed il consiglio ed ammetto la mia ignoranza nel non conoscere il processo di ossido-riduzione a bagliore. Richiedo però una precisazione sulla densità di corrente necessaria per la reazione. Da quel poco che mi ricordo la densità di corrente è J=I/S e quindi 1,5A/cm^2 equivalgono per l'elettrodo di Tungsteno di 2,4 mm di diametro ( S=4,52 mm^2 ) ad una corrente di preinnesco di circa 68 mA che mi sembra essere di 2 ordini di grandezza inferiore a quanto da voi sperimentato. Supposto quindi che la densità di corrente necessaria al preinnesco sia di 1,5 A/mm^2 mi chiedo perchè ,a prescindere dalle geometrie consigliate per gli elettrodi necessarie per la FF, con tensioni simili a quelle da voi utilizzate e con la conducibilità dell'allumio non disprezzabile la corrente non vada oltre i 100 mA anche aumentando la lunghezza del filo (sezione 0,79 mm^2) immerso in soluzione (soluzione troppo satura ?!?). Vi chiedo infine, se possibile, di confermarmi i gas che si sprigionano con l'elettrolisi in esame. Sono solamente Idrogeno e Ossigneno ?
          Grazie.

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          • #6
            ciao VermeSolitario,
            dovresti specificare le caratteristiche del tuo alimentatore.
            da quello che dici si capisce che non è in grado di tenere la corrente necessaria del preinnesco che può arrivare a seconda delle condizioni a oltre 10 A e nemmeno gli 1,5 A circa con il plasma.
            se la tensione ti scende a 150 V con pochi mA di carico non è un alimentatore adatto all'esperimento, rileggiti i vecchi post, remond ha spiegato molto bene come costruirlo.
            mi accorgo adesso che questo forse non è il 3D adatto per queste discussioni, magari il buon quantum sposterà i post

            ciao

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            • #7
              CITAZIONE (daniloz @ 3/7/2005, 21:08)
              ciao VermeSolitario,
              dovresti specificare le caratteristiche del tuo alimentatore.
              da quello che dici si capisce che non è in grado di tenere la corrente necessaria del preinnesco che può arrivare a seconda delle condizioni a oltre 10 A e nemmeno gli 1,5 A circa con il plasma.
              se la tensione ti scende a 150 V con pochi mA di carico non è un alimentatore adatto all'esperimento, rileggiti i vecchi post, remond ha spiegato molto bene come costruirlo.
              mi accorgo adesso che questo forse non è il 3D adatto per queste discussioni, magari il buon quantum sposterà i post

              ciao

              Confermo quanto hai detto riguardo al mio alimentatore autocostruito: -- questo non è adatto a replicare l'esperimento da molti provato --. Esso è formato da un trasformatore da 150 VA seguito da un ponte da 20A (esagerato) e da un condensatore elettrolitico da 4700 micro F. A questo segue il classico NE555 in configurazione astabile e con duty-cicle regolabile manualmente che pilota un mosfet di potenza IRF740 con source a massa e al drain verso +Vcc un'induttanza con nucleo in ferrite da non mi ricordo quanti microH: seguono diodo veloce e condensatore da 450 V lavoro. L'abbassamento di tensione è dovuto alla mancanza di retroazione nel circuito e può essere ripristinata variando manualmente il duty cicle.

              Il mio scopo non era comunque quello di replicare esattamente l'esperimento ( ho letto più volte del discorso del Variac, ponte raddr ,condensatori vari ecc, ecc. ) ma quello di vedere se era possibile ottenere qualcosa di simile a quanto da voi verificato mantenendo costante la densità di corrente ma riducendo l'intensità della stessa; per questo ho utilizzato un catodo di sezione molto inferiore a quella da voi consigliata. Forse questo non è possibile ma ho comunque tentato, ringrazio quanti hanno voluto rispondermi e chiedo scusa per aver occupato lo spazio con queste, per voi, banalità.

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              • #8
                prova a togliere il diodo veloce e relativo condensatore e alimenta la cella ad impulsi

                a frequenza e duty cycle variabili.

                trova la miglior concentrazione della soluzione e divertiti

                ciao

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                • #9
                  no non farlo!
                  quello che hai è un boost. se togli il diodo veloce e il condensatore al drain ottieni delle sovratensioni pazzesche che ti uccidono il MOS!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
                  piuttosto regola il duty con controllo in retroazione, magari prelevando il valore della corrente da una resistenza shunt in serie con la cella.

                  Commenta


                  • #10
                    CITAZIONE (andrea83banzai @ 4/7/2005, 19:21)
                    no non farlo!
                    quello che hai è un boost. se togli il diodo veloce e il condensatore al drain ottieni delle sovratensioni pazzesche che ti uccidono il MOS!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
                    piuttosto regola il duty con controllo in retroazione, magari prelevando il valore della corrente da una resistenza shunt in serie con la cella.

                    Ti ringrazio per il suggerimento; non l'ho fatto. Forse comunque il carico presentato dalla cella avrebbe limitato le oscillazoni armoniche smorzate che si generano nel caso in esame. Per quanto riguarda la retroazione vedrò di inserirla e magari utilizzerò un integrato apposito con protezioni varie.

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                    • #11
                      Se a qualcuno interessasse vedere il filmato dell'esperimento più in alto descritto e che è stato definito una ossido-riduzione dell'anodo "a Bagliore" fornisco il link da cui poterlo scaricare: http://mio.discoremoto.virgilio.it/disco_diego/ ( OUT_1 circa 4,5 MB )

                      Rendo noto inoltre di aver notato un comportamento anomalo dell'Alluminio e per il quale avevo chiesto, senza risposta, una spiegazione. In breve avevo notato che a parità di condizioni iniziali la corrente che circolava tra gli elettrodi di Alluminio era molto inferiore a quella circolante ad esempio tra 2 elettrodi di Tungsteno. Per cercare di capire lo strano comportamento ho provato a sostituire prima 1 e poi entrambi gli elettrodi con del semplice fil di ferro e in questo caso la corrente aumentava ai valori da tutti riscontrati nella fase di preinnesco. La cosa strana ( forse per molti banale ) è apparsa facendo le prove con un elettrodo di Alluminio e uno di Ferro. In questo caso ho notato infatti un comportamento asimmetrico della cella nel senso che alimentandola ( 200 V circa) con il positivo sull' Alluminio la corrente, dopo un breve transitorio iniziale, restava molto bassa ( 50 mA circa) e si generavano sull' Alluminio i bagliori nel mio primo intervento descritti. Invertendo la polarità invece la corrente andava bruscamente a valori di vari Ampere ( facendomi sedere l'alimentatore). La cella cioè si comporta come una specie di diodo, non certo ideale ma comunque un diodo. Ho provato a mettere una resistenza in serie alla cella e ad alimentare il tutto con una tensione alternata, mi sono collegato con l'oscilloscopio ai capi della resistenza e ho avuto conferma di quanto detto. Probabilmente si tratta della semplice ossidazione dell'alluminio che impedisce il passaggio della corrente in un verso oppure una qualche forma di barriera di potenziale tipo giunzione p-n. Comunque sia l'esperimento di FF, per quanto ho potuto appurare, con l'alluminio non può essere replicato.

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                      • #12

                        Caro VermeSolitario
                        Sono rimasto molto incuriosito dell'effetto diodo che hai riscontrato nella cella ferro alluminio. La ragione del mio interesse scaturisce dal fatto che circa 15 anni fa (in modo fortuito) sperimentai lo stesso fenomeno in celle ad elettrolita acido che utilizzavano elettrodi di piombo e tallio.

                        Comunque stai tranquillo il fenomeno è perfettamente conosciuto. Hai generato una F.E.M. galvanica. Sarebbe interessante studiare la cella Ferro alluminio dal punto di vista di generatore di tensione, chissà

                        Ti abbraccio

                        P.S. approfitto per salutare anche l'amico Daniloz

                        Commenta


                        • #13
                          Grazie Ennio...aspettavo una tua risposta,visto che,oltre al processo di ossido-riduzione che si ha all' anodo non sapevo spiegare il bagliore.. per questo ho illazionato "a bagliore"ma avevo bisogno di una mano esperta!!...Cmq lo sai che lo stesso fenomeno l' ho ottenuto tempo fa anche io sull'anodo della mia cella..forse ne parlai con Quantum!!Cmq Grazie di aver tolto anche a me questo dubbio....
                          Beh il pacco?Hai ricevuto niente?Ti ho mandato l'email con la scansione della raccomandata..hai indagato?Fammi sapere cosi possa indagare anche dalla mia parte!

                          Un abbraccio al grande chimico alchimista!!

                          Fernando

                          Commenta


                          • #14
                            Sulla scia delle osservazioni già fatte, ho un suggerimento per Verme Solitario: prepara la soluzione di bicarbonato e acqua come se volessi fare un esperimento tipico, introduci gli elettrodi di ferro e alluminio e misura la differenza di potenziale ai capi di questa "pila" E FACCI SAPERE.

                            Un saluto a tutti quanti. A chi va in ferie, a chi resta, a chi torna .
                            ?"Se pensi che una cosa sia impossibile, la renderai impossibile" (Bruce Lee)

                            Commenta


                            • #15
                              una volta provai a fare l'elettrolisi in una soluzione di NaOH abbastanza concentrata (non ricordo le quantità forse 40 gr in 200ml di H2O) ad una tensione DC di 37V. Usai dei carboncini da disegno come elettrodi.

                              Successe che al catodo si formarono delle spaccature longitudinali e delle scalfiture profonde. Inoltre si potevano sentire dei forti crepitii... Mi sapete dire la causa del fenomeno?

                              Edited by andrea83banzai - 6/7/2005, 18:38

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                              • #16
                                CITAZIONE (Quantum Leap @ 6/7/2005, 12:50)
                                Sulla scia delle osservazioni già fatte, ho un suggerimento per Verme Solitario: prepara la soluzione di bicarbonato e acqua come se volessi fare un esperimento tipico, introduci gli elettrodi di ferro e alluminio e misura la differenza di potenziale ai capi di questa "pila" E FACCI SAPERE.

                                Un saluto a tutti quanti. A chi va in ferie, a chi resta, a chi torna .

                                Ho provato a misurare la ddp ai capi della cella a vuoto e questa corrisponde a circa 0,5 V ( positivo sull' alluminio). Ho provato anche ad alimentarla e quindi a rifare la misura dopo aver scollegato i morsetti; la tensione si aggirava sui 0,6 V. Ho scaldato quindi la soluzione quasi fino all'ebollizione senza che i valori di tensione cambiassero significativamente. La prova però più importante è stata quella di provare ad inserire un carico alla cella ( resistenza da 10 K ) e in queste condizione la tensione è scesa a pochi millivolt con correnti erogate di pochi microA. Penso che le superfici in gioco siano troppo piccole comunque per delle misure significative della corrente erogata.
                                Sinceramente comunque l'interesse per il quale avevo scritto i miei primi interventi era quello di capire 2 cose:

                                1 perché la corrente nella cella con l'inserimento di 1 o 2 elettrodi di alluminio non raggiunge valori elevati come con altri metalli
                                2 ( penso strettamente legato al punto 1) come si possono giustificare le scariche che si producono all'anodo quando questo è di Al.

                                Vi ripropongo questi quesiti in quanto sinceramente sono rimasto un po' deluso per le risposte datami ed in particolare quella che dava per certa una definizione dei fenomeni che avevo visto e che invece tanto certa non era. Dico questo perchè tendo sempre a credere a coloro che reputo più sapienti di me e come tali mi aspetto che affermino solamente ciò di cui sono veramente convinti. Anche l'intervento che spiega il comportamento della cella come una Forza Elettro Motrice galvanica pur essendo corretto ( misure che per quel poco che può significare io stesso ho effettuato ) mi sembra non sufficiente a giustificare il comportamento della cella per quanto riguarda le scariche ben visibili anche nel video che ho linkato.
                                Mi scuso per lo sfogo e, come mi è stato fatto notare, per aver occupato uno spazio destinato ad argomenti di più alto livello e sinceramente vi ringrazio per l'attenzione.

                                Commenta


                                • #17
                                  Caro vermesolitario,
                                  tu dici:
                                  CITAZIONE
                                  Mi scuso per lo sfogo e, come mi è stato fatto notare, per aver occupato uno spazio destinato ad argomenti di più alto livello e sinceramente vi ringrazio per l'attenzione.


                                  questo spazio non è un area riservata o chissà che, è solo una sezione in cui si cercherà di trattare l'argomento con fare tecnico, scientifico e il più approfondito possibile. Questo non significa che qualcuno non vi possa scrivere se non ha buone conoscenze. Ma solo che le domande poste, esattamente come hai fatto tu, siano strettamente attinenti e interessate alla comprensione scientifica.
                                  Quindi non scusarti ma continua a porre domande e, soprattutto, leggi bene le risposte. E, magari, non aspettarti tutto su un piatto d'argento... le conoscenze vanno conquistate con passione e tenacia!
                                  Roy
                                  Essere realisti e fare l'impossibile

                                  Commenta


                                  • #18
                                    Saluto con estremo affetto Eroyka (e famiglia)

                                    Rispondo a VermeSolitario...


                                    CITAZIONE
                                    1 perché la corrente nella cella con l'inserimento di 1 o 2 elettrodi di alluminio non raggiunge valori elevati come con altri metalli
                                    2 ( penso strettamente legato al punto 1) come si possono giustificare le scariche che si producono all'anodo quando questo è di Al.  


                                    Caro Amico, nella cella elettrolitica Iorio-Cirillo ci sono due correnti principali che in qualche modo vengono accuratamente misurate e studiate per cercare di comprendere sempre meglio il fenomeno (infatti, che sia chiaro,.... qui non ci sono esperti, ci sono solo studiosi che cercano di capire come te).
                                    Una di esse è la corrente statica di regime che come abbiamo già detto si attesta intorno a valori di circa 1 ampere. L'altra (che Caserta chiama il picco di corrente) è un valore molto variabile che dipende fortemente dalla molarità della soluzione e da altri parametri geometrici, nonchè anche da alcune modalità di innesco. Questa corrente assume normalmente valori pari a 6 o 7 ampere per molarità 0,5M ma, alla stessa concentranzione dell'elettrolita a volte ha assunto valori anche prossimi a 10 ampere. Il più basso valore sperimentato è stato di 3 ampere circa ma, con una concentrazione dell'elettrolita pari a 0,2 M.

                                    Attenzione, cosa importantissima. Le condizioni fin qui elencate si riferiscono alla cella Iorio-Cirillo che come sai è provvista di due elettrodi della stessa natura chimica.

                                    La cella Iorio-Cirillo proprio per aver adoperato una configurazione di questo tipo non presenta F.E.M. (tensione galvanica). Questo fatto già risponde in qualche modo se non ha te direttamente a qualche lettore o a qualche sperimentatore che aveva già fatto in precedenza questa domanda o qualcuna molto simile a questa.

                                    Per quanto riguarda celle che lavorano con elettrodi di diversa natura chimica bisogna che lo sperimentatore consideri anche queste fenomenologie, che, ... fino a quando la cella lavora in regime di Faraday, valgono le equazioni di Nerst per lo studio analitico del fenomeno.

                                    Probabilmente nella tua domanda tu ti riferisci proprio a questa corrente, e quindi come vedi per risponderti in maniera corretta ed efficace bisogna assolutamente mettersi nelle condizioni normali.

                                    Io personalmente fino ad ora non ho mai usato elettrodi di alluminio (farò qualche prova proprio per te fra qualche giorno), ma ritengo che questo valore di corrente dipende da così tanti fattori che è molto difficile risponderti in modo esauriente e soprattutto in modo corretto in questo momento.

                                    Farò qualche prova nelle mie condizioni standard e ti risponderò certamente.

                                    Per quanto riguarda il punto 2 (scarica all'anodo) Quantum Leap ha risposto a più riprese in precedenza (vecchissimi post). Se però, amico mio tu necessiti di chiarimenti ulteriori, fammi sapere al prossimo post se desideri che anche io ti risponda, e cercherò di accontentarti.


                                    Un abbraccio per te amico mio

                                    Edited by Ennio Vocirzio - 7/7/2005, 17:32

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                                    • #19
                                      CITAZIONE (Ennio Vocirzio @ 7/7/2005, 17:27)

                                      Per quanto riguarda il punto 2 (scarica all'anodo) Quantum Leap ha risposto a più riprese in precedenza (vecchissimi post). Se però, amico mio tu necessiti di chiarimenti ulteriori, fammi sapere al prossimo post se desideri che anche io ti risponda, e cercherò di accontentarti.

                                      Un abbraccio per te amico mio

                                      Ringrazio e saluto quanti come Ennio Vocirzio hanno cercato di rispondere alle mie domande. Sinceramente sarei anche curioso di rileggere i post di Quantum Leap riguardanti la scarica all'anodo ma purtroppo il tempo è sempre poco mentre i post scritti sono ormai innumerevoli e quindi la ricerca risulterebbe lunga.

                                      Vorrei ora porre alla vostra attenzione una mia teoria sul comportamento della mia cella che non ha nulla a che fare con la FF ma che da quando oggi mi è balenata per la mente mi sembra essere la più logica e talmente semplice da diventare banale e oltretutto giustificherebbe il comportamento della cella come diodo.

                                      Ipotizziamo di avere il solito tondino di Al come anodo e il catodo indifferentemente di Al o altro metallo. Nel momento in cui alimentiamo la cella inizia un processo di ossido-riduzione che termina, o meglio che tende a zero, con la comparsa di uno strato isolante attorno all'anodo ( penso ossido di Alluminio ). Se la tensione ai capi della cella rimane sotto a certi limiti ( circa 150 V ) tutto si ferma lì e noi abbiamo creato un semplice condensatore elettrolitico che ha come armature l'anodo di alluminio (positivo), la soluzione di acqua e bicarbonato (negativo) e come dieletttrico l'ossido formatosi. Se aumentiamo gradualmente la tensione, come succede con gli elettrolitici commerciali, si arriva ad un punto in cui il dielettrico presente cede (circa 180-200V) e si forma una scarica tra le armature. Questa scarica ripulisce in quel punto l'anodo dall'ossido e quindi la zona lasciata pulita, per la forte tendenza dell' Alluminio ad ossidarsi, si ricombinerà con l'ossigeno presente nella soluzione liberando idrogeno ( per ogni piccola scarica infatti si può vedere formarsi una bollicina di gas che, per il ragionamento fatto e in virtù di un articolo che avevo letto sulla produzione dell'idrogeno tramite scarica elettrica in acqua, dovrebbe essere proprio H ). A questo punto se invertiamo la polarità della tensione applicata ( tondino di Al negativo ) l'ossido viene a scomparire e la corrente, con l'anodo diverso da Al, può circolare "liberamente". Ecco, secondo il mio parere, giustificato l'effetto diodo.

                                      Vi richiedo un parere su questa mia grossolana interpretazione e in particolare la conferma o meno del formarsi di Idrogeno al catodo. Se questo fosse confermato sarebbe interessante verificare il rendimento della cella utilizzata per ricavare l'Idrogeno.

                                      Grato per un vostro riscontro porgo cordiali saluti a tutti.

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                                      • #20

                                        Rispondo al caro amico VermeSolitario:

                                        Sono perfettamente d'accordo con te. Premetto che non ho ancora potuto verificare in modo pratico l'uso dell'alluminio nella cella, sono comunque d'accordo con te per la spiegazione teorica che hai fornito. C'è solo un punto che ritengo sia giusto correggere. Io credo che le bollicine di gas che vedi all'anodo siano comunque ossigeno e non idrogeno.

                                        Per quanto,...in soluzioni alcaline, senza necessariamente la presenza di potenziali applicati, l'alluminio (anche isolato)tende a reagire nei confronti della soluzione rilasciando idrogeno.

                                        Comunque fra poche ore, scendo in laboratorio per fare qualche prova anche io.

                                        P.S. In internet ho visto alcuni anni or sono un brevetto americano che utilizzava l'alluminio in una cella elettrolitica per la produzione dell'idrogeno con rendimenti molto elevati, non ho però studiato bene la cosa, quindi non posso esprimermi su questo punto, ho voluto parlarti di questa cosa solo per incoraggiare le tue ricerche.

                                        Ti saluto e ti abbraccio con estrema gioia

                                        Comunicazione per Area51::::: TUTTO OK FERNANDO HO RICEVUTO FINALMENTE LA CARTOLINA POSTALE MI RECHERO' LUNEDI IN POSTA PER PRELEVARE LA RACCOMANDATA.


                                        Un Abbraccio ulteriore a tutti

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                                        • #21


                                          Rispondo a VermeSolitario

                                          Caro Amico, Come promesso ho fatto qualche prova in laboratorio. ho usato elettrodi di alluminio da 9,5 mm di diametro (erano gli unici che tenevo) e li ho connessi uno al catodo e uno all'anodo. Quello connesso al catodo è stato circondato da un coprielettrodo ceramico secondo la prassi Iorio-Cirillo, inoltre la soluzione , costituita da carbonato di potassio 0,2 M è stata preriscaldata a circa 70 gradi. La cella a mostrato un'impedenza di circa 90 ohm nelle fasi iniziali per poi calare a 9 ohm poco prima dell'innesco plasma. La corrente media a regime è stata piuttosto alta , circa 4 ampere. Il plasma non è stato dei migliori ma questo è dovuto certamente al diametro troppo elevato dell'elettrodo catodico. Ho osservato delle scariche anodiche molto caratteristiche che si sviluppavano a pelo d'acqua, certamente dovute alla distruzione del velo di ossido di alluminio. Devo dirti che il rendimento della cella è stato inaspettatamente alto (ma forse non è proprio così inaspettato) e il catodo si è consumato pochissimo (sempre grazie alla sezione troppo elevata adoperata). Ho postato una foto degli elettrodi, inoltre ho inviato un rapporto dell'esperienza a Caserta per scambiare opinioni sulla prova con gli amici Campani.

                                          Attenzione, voglio ricordare che il calore di formazione termodinamico degli ossidi di alluminio varia da 389 a 399 kcalorie per mole quindi più del doppio di quello del tungsteno. Questo fatto è molto importante e spiegherebbe la grande quantità di energia in uscita.

                                          Inoltre il calore di fusione dell'alluminio è più basso di quello del tungsteno, quindi, sommando i due parametri termodinamici, celle Alluminio/alluminio lavorerebbero fornendo più energia ma, questo è solo apparente,...capisci ?

                                          Comunque la prova è stata molto interessante.

                                          Inoltre ho provato anche il ferro e scambiandolo fra catodo e anodo ho ottenuto l'effetto che tu avevi già riportato. Ma, questo è normalissimo (come ti avevo già detto) l'alluminio ha un potenziale di ossidoriduzione pari a circa -2,35 mentre il ferro è -0,56. Attenzione i valori sono riferiti all'ambiente basico (appunto quello normalmente in uso nelle celle) in ambiente acido (sarebe interessante fare qualche prova ) è ancora più elevato.

                                          Foto che mostra gli elettrodi di alluminio adoperati

                                          user posted image

                                          Ti saluto caro amico con un abbraccio elettrolitico


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                                          • #22
                                            CITAZIONE (Ennio Vocirzio @ 10/7/2005, 16:55)
                                            Ho osservato delle scariche anodiche molto caratteristiche che si sviluppavano a pelo d'acqua, certamente dovute alla distruzione del velo di ossido di alluminio.

                                            Come ho detto in un altro mio post anch'io ho notato quelle scariche che, almeno nella soluzione con bicarbonato di sodio, si sviluppavano sia dentro la soluzione che nella parte di metallo fuori dalla soluzione. Sinceramente se da una parte posso capire la scarica dentro la soluzione ( rottura del dielettrico tra due armature cariche) e quella sul pelo della soluzione (strato isolante in soluzione maggiore di quello fuori soluzione con conseguente scarica nel punto con le armature più vicine e dielettrico inferiore) dall'altra non riesco ancora a trovare un senso logico per le scariche che avvengono, come visualizzato nel filmino che ho reso disponibile, non a pelo d'acqua ma a distanze di 1 ed anche 2 cm da questo. Verso cosa avviene la scarica ?

                                            Ho notato più volte che in corrispondenza di queste scariche fuori liquido ci sono dei microgetti sembrerebbe quasi di vapore perpendicolari all'asse del tondino usato come anodo. Mi chiedo di cosa possano essere se l'elettrodo in quel punto è asciutto e la soluzione è a temperatura ambiente.

                                            Ti chiedo poi se hai potuto appurare il tipo di gas che si sviluppa all'anodo in fase di preinnesco.

                                            Un'ultima precisazione riguarda l'impedenza della soluzione utilizzata: con quella a base di acqua e bicarbonato di sodio con 200V applicati la corrente non è mai andata oltre i 50-60mA anche portando la soluzione quasi all'ebollizione. Ti chiederei ,se fosse possibile, di replicare la prova con questa soluzione invece di quella a base di bicarbonato di potassio riportando anche la tensione a cui iniziano le scariche all'anodo e quella in cui avviene il calo dell'impedenza della cella.

                                            Ringraziandoti di cuore ti auguro buon lavoro.

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                                            • #23

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                                              Una felice notte a tutti

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                                              • #24


                                                Carissimo VermeSolitario, ho letto attentamente tutti i post prececenti che hai fatto e ho potuto molto sinceramente, sviscerare meglio il tuo problema solo adesso. Tuttavia, amico mio, avrei anche diverse domande da farti, per esempio:

                                                La Cella che ho osservato attentamente nel filmato da 4,5Mb come è costituita ? L’elettrodo sottile è connesso al positivo ? ( vedo una boccola rossa in alto). Si tratta di un filo di alluminio o ferro ? L’altro invece è chiaramente costituito da alluminio ?
                                                A parte la tua eventuale e gradita risposta a queste domande che serviranno a farmi capire esattamente se ho inquadrato bene il problema ti voglio anche dire quanto segue:

                                                Caro Amico, io credo (come qualcuno ti ha fatto anche notare) che il tuo alimentatore influenza leggermente gli effetti macroscopici che poi tu riesci ad osservare nella cella.

                                                L’alimentatore che tu usi ha probabilmente una resistenza serie equivalente non trascurabile e credo di non sbagliarmi se ritengo che anche l’induttanza equivalente sia oltremodo elevata. Come immagino tu possa capire questo stato di cose determina un comportamento instabile che contribuisce certamente ad introdurre altri parametri fisici non facilmente controllabili. Ti dico questo poiché, viceversa, la mia stazione di prova per la cella, usa un alimentatore autocostruito a variac abbastanza simile a quello adoperato dalla maggior parte degli sperimentatori che possiede un’impedenza serie assolutamente trascurabile. Come conseguenza di questo fatto io non riesco a mettermi nelle stesse condizioni di lavoro da te impostate.

                                                Alcuni effetti osservati (mi azzardo molto a pronunciarmi adesso) potrebbero essere prodotti anche da auto-oscillazioni.

                                                Attenzione, con questo mio modo di esprimermi non sto assolutamente dicendo che il tuo circuito non è idoneo. Anzi, proprio grazie alle tue peculiari condizioni sperimentali il fenomeno potrebbe dare vita a interessanti risvolti tutti da studiare.

                                                Inoltre, non confonderti con cose che forse hai sentito dire da altri sperimentatori che avrai trovato in altre discussioni o altri forum tipo ,… elettrodo più immerso, elettrodo poco immerso ecc.. La Cella a Bagliore è un fenomeno che viene certamente innescato da un’asimmetria di cella ma, giocano in modo molto incisivo parametri molto delicati che sono l’interfase soluzione metallo, la temperatura e la geometria, nonché ovviamente la qualità delle materie utilizzate.

                                                Vedi amico mio noi ci troviamo al cospetto di due conduttori importanti, la soluzione (conduttore di seconda specie) e gli elettrodi (conduttori di prima specie). Giocoforza in questo circuito abbiamo due interfacce, quella catodo soluzione e quella soluzione anodo. Ognuno di questi circuiti ha un impedenza caratteristica con parametri di conduzione purtroppo non sempre lineari. Ora che succede, … nel punto dove si stabiliscono per certe particolari condizioni, l’impedenza più elevata, … quello è il punto dove si verifica la scarica a bagliore, qualora le condizioni elettriche lo permettano.

                                                Il giochetto è tutto qui.

                                                Vedi, sono molto contento di parlare con te, poiché mi permetti finalmente di far luce su questo fatto (e ci sarebbero da spendere ancora fiumi di parole e formule analitiche da analizzare) Ma, fino ad ora purtroppo la presunzione e la testardaggine di alcuni occasionali amici non mi avevano ancora fatto chiarire questi punti importanti.

                                                Ora capirai certamente che una cosa e la scarica a bagliore, e un’altra è un plasma stabile che si verifica solo in determinate condizioni operative.

                                                Il plasma stabile è un’altra importante materia di studio e di applicazioni sperimentali. Caserta per esempio (Quantum Leap) lavorano specificamente su questa strada. Ottenere un plasma stabile è importante per studiare determinati effetti della cella.

                                                Inoltre, è importante precisare che le condizioni di “fusione fredda” termine quanto mai improprio in questo caso, possono verificarsi solo in determinate e precise situazioni. Non è che si fa sempre fusione fredda se si accende la luce nella bottiglia he…he…he… (sto ovviamente parlando a giovani lettori non esperti).
                                                Diciamo che il fenomeno è da studiare ancora accuratamente.


                                                Per esempio, pochi sanno, che Caserta (e anche io con la mia cella) non abbiamo ancora la certezza che le trasmutazioni, che in alcuni casi si verificano, siano legate agli eccessi di energia.

                                                Gli eccessi di energia sembrano verificarsi più facilmente delle trasmutazioni stesse. I due fenomeni, semprerebbe in prima approssimazione non collegati. Come vedi si tratta di qualcosa di meraviglioso ma, da studiare ancora attentamente.

                                                Caro VermeSolitario, mi ha fatto molto piacere parlare con te e ti assicuro che oggi pomeriggio cercherò di fare le prove che ti avevo promesso.

                                                Un abbraccio armonico a te e a tutti i cari amici che ci fanno l’onore di leggerci.

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                                                • #25
                                                  CITAZIONE (Ennio Vocirzio @ 11/7/2005, 13:48)
                                                  La Cella che ho osservato attentamente nel filmato da 4,5Mb come è costituita ? L’elettrodo sottile è connesso al positivo ? ( vedo una boccola rossa in alto). Si tratta di un filo di alluminio o ferro ? L’altro invece è chiaramente costituito da alluminio ?

                                                  La cella del filmatino è costituita da 2 elettrodi di alluminio immersi nella solita soluzione di acqua e bicarbonato di sodio e, come hai visto, il positivo è collegato a quello sottile. Come visibile nell'altro filmino condiviso effetti simili si verificano anche sull'altro elettrodo ( quello grosso) purchè alimentato positivamente e a prescindere dalla natura del catodo. ( alluminio o ferro )
                                                  Per quanto rigurda l'alimentatore lungi da me aver pensato di replicare quanto da molti verificato con potenze dell'ordine di 1,5Kw. Sono cosciente infatti che, l'elevatore di tensione autocostruito, più di una ventina di W in uscita non eroga ma per quel che mi permetteva volevo cercare, almeno a grandi linee, di comprendere quanto accadeva nella cella. Sinceramente anch'io avevo pensato ad una qualche forma di risonanza indotta dai circuiti oscillanti dell'alimentatore come spiegazione di quello che vedevo ma avevo allontanato l'idea dopo aver provato a variarne la frequenza in modo consistente ed aver constatato che l'effetto visibile non subiva variazioni. Ti dico inoltre che il segnale all'ingresso della cella l'avevo collegato ad un canale dell'oscilloscopio e che ho verificato che a 150-180 V la tensione risulta quasi perfettamente continua e con un ripple, alla frequenza di commutazione dell'astabile, praticamente insignificante; solo aumentando la tensione oltre i 180 V aumenta la corrente richiesta dalla cella e con questa aumenta il rumore sovrapposto alla continua. La scariche sono comunque visibili già sotto ai 180V e quindi, in una zona in cui la tensione, essendo la corrente erogata molto bassa, è perfettamente continua. Ritenevo quindi che a parità di tensione applicata il comportamento della cella dovesse essere lo stesso del caso di variac + ponte + condensatori.

                                                  Sempre pronto ad accogliere consigli e ad ammettere i miei errori rimango in attesa di una tua risposta e colgo l'occasione per salutare tutti.

                                                  Edited by VermeSolitario - 11/7/2005, 18:38

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                                                  • #26
                                                    Da un paio di giorni ho modificato leggermente l'elevatore di tensione da me costruito e così sono riuscito a fargli erogare una potenza doppia rispetto all'origine. Questo mi ha permesso di individuare un altro comportamento particolare della cella che ,per chi non avesse letto in precedenza, risulta essere composta da un elettrodo di alluminio del diametro di 1 cm e l'altro elettrodo di un altro metallo ( ferro ) immersi in una soluzione di acqua e bicarbonato di sodio. Con questo configurazione ho notato un effetto che con una prima approssimazione accomuna il comportamento della cella a quello di un condensatore elettrolitico. Alimentando la cella con una tensione inferiore ai 150V col positivo sull'elettrodo di Al dopo un breve transitorio la corrente tende a zero. Provando invece ad invertire le polarità la corrente raggiunge immediatamente valori di svariati ampere. Se ora ci poniamo nella condizione di positivo sull'elettrodo di Al e proviamo ad aumentare la tensione applicata ( > 150V ) noteremo la comparsi di varie scariche lungo tutta la superficie dell'elettrodo compresa la parte non immersa nel liquido. Avendo aumentato la possibile potenza in uscita dall'alimentatore ho provato a girare il trimmer che mi permette , con un normale carico resistivo, di aumentare la tensione ma con mia sorpresa ho verificato che la tensione ai capi della cella resta fissa a circa 200 V mentre la corrente che vi circola aumenta e con questa aumentano anche le scariche sia in numero che in intensità; sembrerebbe cioè, cercando un'analogia in campo elettronico, che la cella si comportasse come un grosso Zener con un valore di scarica a valanga di 200V circa. Volendo cercare un circuito equivalente teorico questo diventerebbe, a questo punto, un condensatore con in parallelo un diodo Zener. Mi restava comunque il dubbio, come suggerito da vari post, che questi comportamenti fossero legati strettamente all'elevatore di tensione autocostruito. Ho deciso quindi di alimentare il tutto con un circuito simile a quello da molti proposto e cioè ponte raddrizzatore direttamente collegato alla tensione di rete, condensatore elettrolitico da 220 microF, resistenze per la scarica del condensatore allo spegnimento del circuito. Mi veniva ora però un dubbio e cioè ipotizzando che la cella effettivamente si comporti come uno zener ed essendo l'alimentatore con una resistenza o meglio impedenza serie molto bassa non è che collegandolo alla cella si inneschino dei processi che portano alla distruzione dell'anello debole della catena ? Nel dubbio ho preferito quindi inserire tra alimentazione e cella prima una lampadina ad incandescenza da 60W ( le resistenze di potenza costano troppo) poi una da 100W e quindi un fornelletto elettrico da 900W. In tutti i casi la tensione ai capi della cella rimaneva pressochè invariata ma aumentavano proporzionalmente l'intensità dei bagliori prodotti e i gas prodotti tra cui un "fumo" non meglio identificato probabilmente provocato dalle scariche fuori dal liquido.

                                                    Sono proprio i gas e il fumo a spingermi a chiedervi nuovamente, se possibile, di indicarmi la loro natura in quanto non vorrei che fossero nocivi.

                                                    Se potrete tranquillizzarmi sulla loro naturà sarò lieto di filmare quanto accade nella cella con la resistenza in serie di più basso valore che pur non avendo nulla a che fare con la FF presenta degli aspetti molto "coreografici" e penso non del tutto chiari.

                                                    Cordiali saluti a tutti.

                                                    Edited by VermeSolitario - 13/7/2005, 22:21

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                                                    • #27
                                                      Caro VermeSolitario,
                                                      Sto aspettando degli elettrodi di alluminio di sezione opportuna in modo da poter realizzare altre prove sulla cella configurata a tuo modo. In ogni caso, mio caro amico, voglio provare a risponderti a seguito della tua ultima comunicazione.
                                                      Il comportamento zener della cella e’ facilmente spiegabile, non e’ un problema. La cella lavora compensandosi continuamente, cioè lavora come un generatore di corrente (entro certi limiti ovviamente) quindi e’ chiaro che ponendo in serie ad essa un carico resistivo, questo influenza il funzionamento standard della cella. Il circuito di cella deve essere studiato graficamente con la retta di carico e da un analisi in tal guisa si osserva che per un certo tratto la caratteristica di carico della cella e’ piatta, un po simile alle caratteristiche di collettore di un transistore visto nel diagramma Vce/Ice.
                                                      Per quanto riguarda i fenomeni da te indicati penso (a spanne) che possano essere dovuti alla reattivita’ chimica dell’alluminio. L’alluminio e’ un elemento che in soluzioni alcaline reagisce prontamente fornendo idrogeno. Anche se per essere precisi, in soluzioni che usano l’ NaHCO3, il sale che tu dici di adoperare, non e’ fortemente basica come invece risulta essere il carbonato Solvay Na2CO3,… ma, comunque il fenomeno debolmente accade ugualmente.
                                                      In pratica quindi, l’elettrodo di alluminio, soprattutto se posto all’anodo, da una parte vuole produrre ossido Al2O3 che protegge e isola l’elettrodo stesso (anodizzazione) e questo avviene quando la corrente si appresta a circolare, dall’altra, lo stesso alluminio reagisce e produce gas idrogeno che scivola sulla superficie fino a salire verso l’alto. Questo gas si produce anche semplicemente nei punti dove l’elettrodo e’ solo bagnato e quindi ecco che, le scariche che vedi, sono nient’altro che piccoli archi fra zone dell’elettrodo in cui si sprigiona idrogeno. Questo accade quando l’anodo e’ l’alluminio poiche’ in quelle condizioni esiste piu’ differenza di potenziale fra interfase alluminio soluzione e la soluzione stessa.

                                                      Sono sempre a tua disposizione

                                                      Abbraccio tutti gli altri amici e li saluto

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                                                      • #28

                                                        Dimenticavo,
                                                        Per quanto riguarda i gas, e' sempre molto prudente non respirarli, nel caso da te indicato c'e' idrogeno ossigeno e vapore d'acqua, forse solo in parte potrai trovare una piccolo dispersione di ossidi dei metalli. Ovviamente se il plasma e' forte a questo punto nell'ambiente si riversano forti quantita' di ossidi di alluminio e ferro e metalli vaporizzati.

                                                        Un Abbraccio

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                                                        • #29
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                                                          http://mio.discoremoto.virgilio.it/disco_diego File : Exp_140705_NoAudio

                                                          Saluti a tutti

                                                          Edited by VermeSolitario - 14/7/2005, 19:00

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                                                          • #30
                                                            CITAZIONE (Ennio Vocirzio @ 14/7/2005, 11:38)
                                                            L’alluminio e’ un elemento che in soluzioni alcaline reagisce prontamente fornendo idrogeno. Anche In pratica quindi, l’elettrodo di alluminio, soprattutto se posto all’anodo, da una parte vuole produrre ossido Al2O3 che protegge e isola l’elettrodo stesso (anodizzazione) e questo avviene quando la corrente si appresta a circolare, dall’altra, lo stesso alluminio reagisce  e produce gas idrogeno che scivola sulla superficie fino a salire verso l’alto. Questo gas si produce anche semplicemente nei punti dove l’elettrodo e’ solo bagnato e quindi ecco che, le scariche che vedi, sono nient’altro che piccoli archi fra zone dell’elettrodo in cui si sprigiona idrogeno. Questo accade quando l’anodo e’ l’alluminio poiche’ in quelle condizioni esiste piu’ differenza di potenziale fra interfase alluminio soluzione e la soluzione stessa.

                                                            Salve a tutti e ben ritornati dalle ferie, per quanti hanno avuto la possibilità di andarci.

                                                            Vi scrivo per rendere noto di ever reso diponibili altri spezzoni di filmato(http://mio.discoremoto.virgilio.it/disco_diego) che riproducono il solito esperimento variando solamente la forma dell'elettrodo di Alluminio utilizzato come anodo e il carico in serie alla cella.
                                                            Come ho avuto modo di vedere l'interpretazione di quanto avviene all'interno della soluzione non ha una spiegazione condivisa da tutti ed inoltre questa viene in parte perturbata dai fenomeni che avvengono in superficie. Per permettere quindi di filtrare questi fenomeni ho pensato di accorciare l'anodo e di immergerlo completamente nella soluzione collegandolo al positivo tramite un cavo per impianti elettrici inserito in un foro praticato nell'elettrodo. Ho quindi collegato l'alimentazione e ho filmato il tutto come risulta da EXP_200805_DivX6_parte1. Ho quindi sostituito il fornelletto elettrico in serie alla cella con un ferro da stiro da 2KW e i risultati sono riportati in EXP_200805_DivX6_parte2. Stesse condizioni con immagini ingraindite su EXP_200805_DivX6_parte3 ed infine stesse prova con illuminazione supplemmentare su EXP_200805_DivX6_parte4. La tensione riscontrata ai capi della cella è sempre di 200 volt circa anche diminuendo il valore della resistenza posta in serie. Questo conferma quanto già osservato circa il funzionamento della cella come un grosso diodo Zener. Si può notare inoltre una intensificazione dei fenomeni sulla superficie anodica rispetto al filmato Exp_140705_NoAudio dove l'elettrodo positivo aveva una estensione maggiore.
                                                            Permangono in me i seguenti dubbi:

                                                            se è vero che all'anodo, in corrispondenza delle scariche, si sviluppa Idrogeno come può questo salire in superficie senza bruciare ?

                                                            Se non brucia perchè non c'e' Ossigeno libero che reazione è quella che sembrerebbe proprio una combustione ?

                                                            Se in qualche modo avviene una combustione dell'Idrogeno quali gas arrivano in superficie ? Forse solo vapor d'acqua ? Ho provato infatti a portare una fiamma su un foro presente su coperchio della cella in funzione e non ne ho notato variazioni della fiamma e nemmeno piccole esplosioni .Forse le quantità di gas sono troppo limitate ?

                                                            Certamente le domande fatte dimostrano ulteriormente la mia ignoranza in materia ma essendo molto interessato al fenomeno gradirei una risposta chiarificatrice. Forse l'avete già data ma probabilmene non l'ho capita.

                                                            Cordiali saluti a tutti.

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