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Un fai da te un po particolare

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  • Un fai da te un po particolare

    Premetto che non so niente di pirolisi...ma avrei un idea da sottoporre agli esperti.<br><br>Se prendo una buona lente fresnel, è poi un piccolo tubo con due tappi, e lo riempio di aghi di pino, metto il tubicino nel cuore del fuoco della lente e risco a raggiungere i 400-500 gradi (a seconda della lente e di quanto e piccolo il tubo)<br><br>se poi apro il tubo, ottengo un solido + gas + liquido più piccolo in volume ma allo stesso potenziale combustibile? (naturalmente il gas si disperde)

  • #2
    Troppo da pazzi?

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    • #3
      Nono Alex, con gli aghi di pino non fai la pirolisi ma la PINOlisi <img src="http://codeandmore.com/vbbtest/images/customimages/7b4c265d1c39220785a9071195f460a1.gif" alt=""><br>Prova pure, tanto non richiede alti costi, otterrai un po&#39;di aghi bruciacchiati.<br>Dosando invece l&#39;ossigeno dovresti gassificarli...

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      • #4
        <div align="center"><div class="quote_top" align="left"><b>CITAZIONE</b></div><div id="quote" align="left">Nono Alex, con gli aghi di pino non fai la pirolisi ma la PINOlisi</div></div><br><img src="http://codeandmore.com/vbbtest/images/customimages/60f3d2d5c9cbcde88203ea382aef7d27.gif" alt=""> <img src="http://codeandmore.com/vbbtest/images/customimages/60f3d2d5c9cbcde88203ea382aef7d27.gif" alt=""> <img src="http://codeandmore.com/vbbtest/images/customimages/60f3d2d5c9cbcde88203ea382aef7d27.gif" alt=""><br><br>Dovrei inserire dell&#39;ossigeno da una bombola?<br><br>Ma io vorrei liquefarli....come potrei fare?<br><br>

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        • #5
          <div align="center"><div class="quote_top" align="left"><b>CITAZIONE</b> (alex3comforum @ 14/8/2006, 18:26)</div><div id="quote" align="left">Ma io vorrei liquefarli....come potrei fare?</div></div><br>Liquefare un composto di carbonio col calore???<br>Gli aghi di pino nn sono ghiaccio... ma con la trementina puoi estrarne la resina, visto ke è un buon solvente per questa

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          • #6
            Ma quindi durante la pirolisi, quale è la componente che diviene liquida?

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            • #7
              La pirolisi è un processo di decomposizione termochimica di materiali organici, ottenuto mediante l’applicazione di calore, a temperature comprese tra 400 e 800°C, in completa assenza di un agente ossidante, oppure con una ridottissima quantit&agrave; di ossigeno (in quest’ultimo caso il processo può essere descritto come una parziale gassificazione). I prodotti della pirolisi sono sia gassosi, sia liquidi, sia solidi, in proporzioni che dipendono dai metodi di pirolisi (pirolisi veloce, lenta, o convenzionale) e dai parametri di reazione. Uno dei maggiori problemi legati alla produzione di energia basata sui prodotti della pirolisi è la qualit&agrave; di detti prodotti, che non ha ancora raggiunto un livello sufficientemente adeguato con riferimento alle applicazioni, sia con turbine a gas sia con motori diesel. In prospettiva, anche con riferimento alle taglie degli impianti, i cicli combinati ad olio pirolitico appaiono i più promettenti, soprattutto in impianti di grande taglia, mentre motori a ciclo diesel, utilizzanti prodotti di pirolisi, sembrano più adatti ad impianti di piccola potenzialit&agrave;.<br>La combustione diretta viene generalmente attuata in apparecchiature (caldaie) in cui avviene anche lo scambio di calore tra i gas di combustione ed i fluidi di processo (acqua, olio diatermico, ecc.). La combustione di prodotti e residui agricoli si attua con buoni rendimenti, se si utilizzano come combustibili sostanze ricche di glucidi strutturati (cellulosa e lignina) e con contenuti di acqua inferiori al 35&#37;.<br>I prodotti utilizzabili a tale scopo sono i seguenti:<br><br> * legname in tutte le sue forme;<br> * paglie di cereali;<br> * residui di raccolta di legumi secchi;<br> * residui di piante oleaginose (ricino, catramo, ecc.);<br> * residui di piante da fibra tessile (cotone, canapa, ecc.);<br> * residui legnosi di potatura di piante da frutto e di piante forestali;<br> * residui dell’industria agro-alimentare<br><br>Le caldaie a letto fluido rappresentano la tecnologia più sofisticata e dispendiosa che sta ricevendo, però, notevoli attenzioni, infatti essa permette il conseguimento di numerosi vantaggi quali la riduzione degli inquinanti e l’elevato rendimento di combustione.<br><br>o anche ...<br><br>La pirolisi è un processo di conversione che, a partire da materiale a base organica quale il rifiuto, genera sostanze solide, liquide o gassose aventi caratteristiche combustibili.<br><br>I rifiuti sono riscaldati a temperature comprese tra 300 °C e 500 °C in presenza di quantit&agrave; estremamente limitate di aria. In tale processo il materiale gassifica, viene cioè distillata la frazione organica dando origine ad un gas che, non essendo ancora stato ossidato, possiede un potere calorifico piuttosto elevato.<br><br>Il gas che si sviluppa rappresenta dal 15&#37; al 30&#37; in peso del materiale organico originario, a seconda della temperatura del processo. Esso è formato essenzialmente da anidride carbonica, ossido di carbonio, idrogeno, metano e idrocarburi leggeri.<br><br>Il potere calorifico inferiore del gas sviluppato risulta generalmente compreso tra le 2.000 kcal m-3 e le 3.000 kcal m-3.<br><br>Il residuo liquido ottenuto per condensazione della fase vapore è assimilabile ad un olio combustibile, si aggira sul 50&#37; - 60&#37; in peso del materiale iniziale ed è costituito da acqua, catrame e composti organici.<br><br>Il residuo solido, di volume e peso notevolmente ridotto rispetto all’inizio, contiene componenti combustibili e incombustibili ed è costituito essenzialmente da carbonio, inerti e ceneri. Il suo PCI è compreso tra 5.000 kcal kg-1 e 6.000 kcal kg-1.<br><br> ...................................<br><br>magari , prima , un giro su google potrebbe chiarire le idee , e la discussione andare in una direzione interessante ...<br><br>

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              • #8
                Finalmente qualcuno che parla la mia stessa lingua:<br><br>INCENERIMENTO<br><br>Per incenerimento si intende il processo di combustione dei rifiuti operato in condizioni d'eccesso d’aria rispetto alla quantit&agrave; stechiometrica; ossia il quantitativo totale d’ossigeno introdotto è superiore alla quantit&agrave; necessaria per permettere la completa ossidazione del materiale trattato.<br><br>La combustione è una reazione chimica di ossidazione, fra un combustibile ed un comburente, generalmente l’ossigeno, con sviluppo di energia. Da questa reazione si generano nuovi componenti, i prodotti della combustione.<br><br>Gli impianti di incenerimento possono essere classificati in tre gruppi fondamentali:<br>1. Forno a griglia fissa o mobile<br>2. Forno a tamburo rotante<br>3. Forno a letto fluido<br><br>Le stesse tipologie di impianti sono impiegate in altri trattamenti termici e prescindendo dalle condizioni operative hanno molti punti in comune con gli impianti per la gassificazione e la pirolisi.<br><br>FORNO A GRIGLIA FISSA O MOBILE<br><br>Sono caratterizzati da una griglia sulla quale sono immessi dal sistema di alimentazione i rifiuti da trattare. Il comburente necessario alla combustione è introdotto sia da sotto la griglia, in quantit&agrave; stechiometriche, sia da sopra, in modo da avere un eccesso d’ossigeno e garantire la completa ossidazione. I forni a griglia mobile, inoltre, hanno il vantaggio di permettere attraverso il movimento della griglia il rimescolamento del rifiuto aumentando l’efficienza del contatto combustibile comburente.<br><br>La metodologia d’immissione dell’aria rappresenta una caratteristica che di per se è utilizzata per la classificazione dei forni a griglia. L’aria può essere immessa in equicorrente ed in controcorrente rispetto al percorso dei rifiuti.<br><br>Lo schema di un impianto tipo prevede una tramoggia di carico, un sistema d’alimentazione dei rifiuti nel reattore, una griglia all’interno del reattore su cui deve essere deposto uno spessore appropriato di rifiuti; quasi sempre è presente una camera di post combustione, ed infine una zona di raccolta scorie di combustione, alla fine della griglia, in cui si raccoglie anche ciò che cade dalla griglia durante l’avanzamento.<br><br>FORNO A TAMBURO ROTANTE<br><br>Sono chiamati anche forni rotativi (rotary kiln) poiché costituiti fondamentalmente da un tamburo rotante, leggermente inclinato che fa da camera di combustione. Dalle estremit&agrave; si opera il carico dei rifiuti e la rimozione della scoria. I rifiuti si caricano dalla testata più alta insieme all’eventuale combustibile ausiliario per la combustione. La lenta rotazione fa sì che i rifiuti attraversino poco a poco l’intera camera di combustione.<br><br>La combustione avviene a contatto con la parete del forno che, per questo, è rivestita di materiale refrattario. In questa tipologia di forni le condizioni di contatto tra combustibile e comburente sono migliorate attraverso l’introduzione di palettature che trascinano verso l’alto i rifiuti.<br><br>Solitamente sono equipaggiati di una camera di post combustione poiché le sostanze volatili, generatesi all’interno del forno, non sempre arrivano alla completa combustione a causa dei brevi tempi di permanenza e della bassa efficienza di mescolamento. D’altro canto questi forni, meglio di quelli a griglia, hanno una migliore efficienza di distruzione del materiale introdottovi esponendone tutte le sue facce all’ossidazione. I tempi di permanenza del materiale solido può andare da qualche minuto ad un’ora ed oltre. Anche questi forni possono essere classificati in base al movimento dei gas rispetto ai rifiuti, si distinguono in equicorrente ed in controcorrente.<br><br>Uno schema d’impianto tipo prevede, oltre al forno, una seconda camera di combustione ed il sistema di lavaggio e pulizia del gas. Il forno rotativo presenta il vantaggio di poter trattare una ampia tipologia di rifiuti.<br><br>FORNO A LETTO FLUIDO<br><br>Il forno a letto fluido prevede la combustione dei rifiuti in un letto di particelle solide che vengono fluidizzate (cioè mantenute sospese) attraverso l’iniezione d’aria ascensionale ad alta velocit&agrave; dal fondo del reattore.<br><br>Si ricorda che la fluidizzazione è l’operazione mediante la quale una massa di particelle solide viene trasformata in uno stato fluido attraverso un flusso di gas ascensionale, in grado di sostenerne il peso. Questo flusso garantisce un buon grado di mescolamento del fluido e delle particelle, ma soprattutto una buona distribuzione dello scambio termico.<br><br>Il sistema è costituito da una sorta di cilindro verticale, rivestito da refrattario, contenente generalmente insieme ai rifiuti un materiale inerte, tipo sabbia, per migliorare i processi di scambio termico e fungere da volano termico del sistema.<br><br>L’immissione dell’aria avviene in due punti distinti; l’aria primaria è inserita dal basso e garantisce la velocit&agrave; di minima fluidizzazione, mentre quella secondaria è inserita al di sopra della “fase densa” del letto. I rifiuti sono pompati all’interno del letto, insieme all’eventuale combustibile ausiliario, dove avviene la combustione. A causa dei lunghi tempi di permanenza e della combustione spinta, le particelle solide diventano più piccole e leggere, tanto da dirigersi nella parte superiore della colonna e permettere la separazione dei componenti più volatiti, i quali sono solitamente inviati in una seconda camera di combustione.<br><br>I combustori a letto fluido possono essere classificati secondo i parametri funzionali (pressione) e le modalit&agrave; di fluidificazione (a letto bollente o trascinato).<br><br>Segue un esempio schematico di un combustore a letto fluido (da letteratura).<br><br>LA GASSIFICAZIONE<br><br>La gassificazione è un processo termochimico utilizzato per la conversione di qualsiasi materiale contenente carbonio in un gas di sintesi (Singas) composto principalmente da monossido di carbonio CO ed idrogeno H2. Il processo è distinto in due linee tecnologiche, quella convenzionale (seppur al giorno d’oggi presenti aspetti tecnologicamente innovativi) e quella che utilizza la tecnologia al plasma.<br><br>Il cuore degli impianti in cui avviene il processo è il Gassificatore, le cui tipologie fondamentali possono essere così classificate:<br><br>§ Moving Bed Gasifier (Gassificatore a letto mobile).<br>§ Fluidized Bed Gasifier (Gassificatore a letto fluido).<br>§ Entrained Bed Gasifier (Gassificatore a letto trascinato).<br><br>L’alimentazione del gassificatore è generalmente costituita da un combustibile a basso costo, generalmente:<br><br>- carbone, biomasse, residui, CDR, rifiuti solidi in genere, etc;<br><br>Tale combustibile, secondo la tipologia di reattore utilizzato, reagisce in un ambiente riducente (in difetto di ossigeno) ad alta temperatura, ed eventualmente ad alta pressione, per formare un gas di sintesi (singas) composto da monossido di carbonio CO ed idrogeno H2 con percentuali che possono raggiungere valori dell’ 85&#37; in volume.<br><br>Il singas è un combustibile sintetico che può essere utilizzato nell’industria chimica per la produzione di chemicals, oppure può essere impiegato come combustibile per la produzione di energia elettrica in motori a gas dedicati, in turbine a gas od in impianti a ciclo combinato a seconda delle potenzialit&agrave; dell’impianto.<br><br>La parte inorganica dell’alimentazione nella migliore delle ipotesi è ridotta in un materiale vetroso inerte da cui sono separati i metalli in essa contenuti; in altri casi rimane inglobata in un residuo carbonioso che deve essere inviato a successivi trattamenti o smaltito in discarica. La formazione di diossine, ossidi di zolfo SOx ed ossidi di azoto NOx è generalmente limitata per il fatto che la degradazione termica ha luogo in un ambiente in difetto di ossigeno.<br><br>Ad ogni modo è necessario sottolineare come le condizioni operative per condurre la gassificazione siano talmente differenti tra i vari processi da rendere difficile una sintesi generale.<br><br>Al variare della percentuale di ossigeno nel reattore, il processo di gassificazione, può spostarsi verso quello di Pirolisi (assenza pressoché totale di Ossigeno) o verso quello di incenerimento (combustione con percentuale di ossigeno O2 maggiore o uguale a quella stechiometrica [O2] ≥ [O2] Stechiometrico).<br><br>Se si tiene conto del fatto che la fonte di calore necessaria per la decomposizione termica nei processi tradizionali è fornita della combustione di quota parte del combustibile immesso nel reattore, si capisce perché alcuni autori definiscono la gassificazione come la combinazione di sottoprocessi noti, quali la Combustione, la Pirolisi e nel caso dell’utilizzo di vapore il “Reforming”.<br><br>Risulta quindi giustificato il poter generalizzare la gassificazione nei suoi processi convenzionali (e non nell’uso della tecnologia al plasma) come la somma due stadi.<br><br>Nel primo stadio, la Pirolisi rilascia i componenti volatili del combustibile a più bassa temperatura (anche inferiore ai 600 °C). Tutto ciò che non viene gassificato dalla Pirolisi prende il nome di “carbone” (CHAR) ed è costituivo principalmente da cenere e carbonio fissato.<br><br>Nel secondo stadio della Gasificazione, il carbonio restante dalla Pirolisi viene fatto reagire con vapore e/o viene combusto con aria od ossigeno puro. Dalla gassificazione con aria si ottiene un gas combustibile ricco di azoto (composti azotati) e con più basso potere calorifico.<br><br>Dalla Gasificazione con Ossigeno puro si ottiene una miscela di più alta qualit&agrave; composta di monossido di carbonio CO, Idrogeno H2, e teoricamente nessun composto azotato. La gassificazione con vapore è solitamente chiamata “reforming” e da questa si ottiene un gas di sintesi, come gia detto, ricco di idrogeno e monossido di carbonio CO.<br><br>Tipicamente, la reazione esotermica tra il carbonio e l’ossigeno apporta l’energia sufficiente per portare a termine la pirolisi e le reazioni di gassificazione del CHAR.<br><br>Di seguito vengono riportati da letteratura gli schemi dei principali gassificatori (dalla letteratura)<br><br>LA PIROLISI<br><br>La pirolisi è un processo termochimico tramite il quale un solido od un liquido subiscono una degradazione dei composti chimici che li costituiscono per trasformarli in molecole più piccole sotto l’azione del calore; e senza alcuna interazione con l’ossigeno o qualunque altro agente ossidante necessario per la combustione. In pratica però non è possibile operare in completa assenza d’ossigeno ed in realt&agrave; gli impianti per la pirolisi operano con atmosfere contenenti una quantit&agrave; d’ossigeno molto al di sotto della stechiometrica (al massimo il 30&#37. Per cui, a causa della presenza d’ossigeno, una parte del materiale trattato viene bruciato.<br><br>L’intervallo di temperatura in cui è condotta la pirolisi è compreso tra i 500-800 °C, ciononostante è possibile individuare tre livelli in cui il fenomeno prende nomi diversi:<br><br>§ Temperatura compresa tra i 100 - 300 °C: Degradazione Termica,<br>§ Temperatura compresa tra i 300 - 500 °C: Pirolisi “blanda” (mild),<br>§ Temperatura superiore agli 800 °C: Pirolisi “energica” (vigorous);<br><br>La pirolisi lenta, chiamata anche carbonizzazione, può essere utilizzata per massimizzare il rendimento della frazione solida, il carbone. Tale processo richiede una lenta decomposizione pirolitica a bassa temperatura con tempi di permanenza molto lunghi.<br><br>Un tipico esempio di questa metodologia è la produzione di carbone da legna.<br><br>Le pirolisi “Fast” e “Flash” prevedono elevate velocit&agrave; di riscaldamento a temperature medio elevate e sono utilizzate per la massimizzazione della frazione liquida.<br><br>Nel caso dell’ultra pirolisi, l’estremizzazione di tutti i parametri, temperatura, velocit&agrave; di riscaldamento insieme a tempi di contatto brevissimi, serve per la massimizzazione della frazione gassosa.<br><br>I principali sistemi di pirolizzatore sono:<br><br>§ a letto fisso,<br>§ a letto fluido, con o senza ricircolo,<br>§ a tamburo rotante,<br>§ altre tecnologie innovative;<br><br>Nella maggior parte degli schemi di impianto la sorgente di calore esterna al reattore è costituita dai fumi caldi provenienti dalla combustione del gas prodotto dalla pirolisi, convogliati in appositi sistemi di approvvigionamento termico del reattore, mentre nelle fasi di avviamento si utilizza una sorgente di combustibile ausiliare.<br><br><br>LIMITI TECNOLOGICI DEI TRATTAMENTI TERMICI TRADIZIONALI<br><br><br>1) Necessit&agrave; di pretrattamento dei rifiuti.<br> Molti dei reattori necessitano di trattamenti preliminari prima dell’alimentazione, come l’essiccamento e l’omogeneizzazione; ed in taluni casi la triturazione in pezzatura di piccole dimensioni. In altri casi è necessario eseguire un’adeguata separazione tra le varie frazioni.<br><br>2) Inquinamento.<br>La maggior parte dei processi esaminati utilizza come fonte di calore una sorgente interna al processo, tramite la combustione di una parte dei rifiuti da trattare o tramite il diretto utilizzo dei prodotti del processo (gas, carbone, ecc.). Il processo di combustione, per quanto sia condotto in condizioni ottimali, non è in grado di assicurare un’efficienza totale nella termodistruzione di tutte le sostanze inquinanti, quali diossine e furani, in particolare nei transitori.<br><br>3) Residui di processo e rifiuti secondari.<br>In molti dei processi esaminati a valle del trattamento termico si producono residui solidi, scorie e ceneri, che contengono residui carboniosi e metalli pesanti. E sebbene si sia operata una riduzione volumetrica rispetto al rifiuto in alimentazione, permane l’esigenza di utilizzo delle discariche per la messa in dimora finale di detti materiali. Inoltre, normalmente, i sistemi di depurazione fumi necessitano di acqua per l’abbattimento dei contenuti acidi o basici, il che comporta la successiva depurazione dei fluidi utilizzati.<br><br>TRATTAMENTO TERMICO DEI RIFIUTI CON TECNOLOGIE AL PLASMA<br><br>L’utilizzo della tecnologia del plasma per il trattamento termico dei rifiuti ha rappresentato nella seconda met&agrave; degli anni ’90 una proposta innovativa per il recupero di energia e materia dai rifiuti.<br><br>Il plasma si forma fornendo ad un gas energia sufficiente a rompere il legame molecolare ed atomico. Infatti nello stato di plasma non esiste più il legame molecolare (per un gas biatomico come Azoto ed Idrogeno), nè il legame atomico (per un gas monoatomico come Argon ed Elio). Gli atomi, per la perdita di uno o più elettroni, si scindono in ioni, con una o più cariche positive, ed elettroni (fenomeno di ionizzazione atomica).<br><br>Comunque il plasma, nella sua totalit&agrave;, è elettricamente neutro, in quanto la somma delle cariche positive (ioni) eguaglia la somma delle cariche negative (elettroni).<br><br>Le principali differenze - analogie tra lo stato gassoso ed il plasma sono schematizzate nella seguente tabella (da letteratura):<br><br>STATO GASSOSO STATO DI PLASMA<br>Integrit&agrave; struttura molecolare ed atomica Rottura struttura molecolare ed atomica<br>Urti elastici in sistema adiabatico Urti anelastici in sistema non adiabatico<br>Notevole potere dielettrico Alto potere elettroconduttore<br>Basse temperature (inferiori a 5000 °K) Alte temperature (maggiori di 15000 °K)<br>Basso contenuto entalpico Elevato contenuto entalpico<br>Incontenibilit&agrave; entro campi magnetici Contenibilit&agrave; entro campi magnetici<br>Leggi della meccanica classica Leggi della meccanica statistica<br><br><br>Il plasma ad arco viene ottenuto mediante il trasferimento di energia, sviluppata in una scarica ad arco, ad una massa gassosa.<br><br>Con riferimento alle condizioni operative e alle modalit&agrave; di collegamento del generatore di corrente d'arco con gli elettrodi, si possono distinguere sostanzialmente due diversi tipi di plasmi ad arco:<br><br>1) Il plasma ad arco non trasferito,<br>2) Il plasma ad arco trasferito.<br><br>tale differenziazione per le sue implicazioni tecnologiche distingue in due macrogruppi gli impianti fino ad oggi sviluppati per la decomposizione termica dei rifiuti.<br><br>REATTORE CON TORCIA AD ARCO NON TRASFERITO<br><br>La torcia ad arco non trasferito innesca un arco tra due elettrodi all’interno della torcia, la quale a sua volta è posta in modo tale da convogliare il plasma ad altissima temperatura all’interno di un reattore le cui dimensioni ovviamente dipendono dal tipo, dalla grandezza e dalla qualit&agrave; del rifiuto che si voglia trattare.<br><br>Le torce solitamente possono innestarsi nel reattore accedendo secondo multipli disposizioni con diverse configurazioni geometriche che variano a seconda del progetto effettuato dalla casa costruttrice.<br><br>Di seguito si riportano gli schemi da letteratura delle torce ad arco non trasferito e trasferito, tenendo presente che il plasma è evidenziato solo per dare valenza grafica al fenomeno.<br><br>REATTORE CON TORCIA AD ARCO TRASFERITO<br><br>La torcia ad arco trasferito innesca un arco tra due elettrodi, dei quali uno è solitamente costituito da una o più barre – spesso in grafite od in titanio - che discendono dall’alto all’interno del reattore, mentre il restante elettrodo è costituito da un opportuno rivestimento conduttore della base del reattore. Si possono avere varie configurazioni degli elettrodi al fine di favorire una migliore uniformit&agrave; della temperatura, non solo l’elettrodo solitamente superiore può essere singolo o multiplo e può inserirsi nel reattore da diversi punti con diverse angolature, ma in alcuni casi è dotato di mobilit&agrave; in modo da descrivere precise traiettorie e spaziare la maggior superficie possibile in direzione del fondo del reattore; in altri casi è l’elettrodo superiore a rimanere fisso ed il fondo a girare su se stesso.<br><br>La polarit&agrave; di ciascun elettrodo può variare a seconda della casa costruttrice assolvendo in alcuni casi la funzione di catodo ed in altre configurazioni quella di anodo.<br><br>L’arco si innesta tra gli elettrodi creando in tal modo una precisa regione all’interno del reattore dove è confinato il plasma; ciò fa si che i rifiuti, e perché vi cadono o perché ne sono investiti, entrino a diretto contatto con il gas ionizzato ad altissima temperatura e subiscano la dissociazione termica.<br><br>GLI IMPIANTI A TORCIA AL PLASMA<br><br>E’ possibile individuare alcuni particolari costruttivi e gestionali comuni per le varie tecnologie a torcia al plasma.<br><br>Uno dei punti di forza è rappresentato dal fatto che, in linea di massima, è possibile trattare qualsiasi tipo di rifiuto, siano essi urbani o speciali, pericolosi o non pericolosi. Il principio che sta alla base della tecnologia consiste nello sfruttare l’elevata densit&agrave; di energia sviluppata da una torcia nella regione delimitata dello spazio in cui è confinato il plasma, o nelle zone ad elevata temperatura da queste create, per operare la dissociazione termica del rifiuto, il quale passa da una complessa ed organizzata struttura molecolare ad uno stato semplice ed elementare; quindi non solo si assiste ad una disgregazione del rifiuto allo stato molecolare, ma per effetto dell’altissima temperatura cui è sottoposto anche queste ultime si dissociano negli atomi elementari che le costituiscono.<br><br>Si ricorda inoltre che il calore prodotto da una torcia al plasma è sostanzialmente diverso da quello prodotto dalla combustione in quanto è quasi privo di massa e può essere generato anche in completa assenza di ossigeno, in tal modo i composti organici facenti parte dei rifiuti vengono “scomposti” nei loro elementi costitutivi, tra i quali prevalgono il carbonio C, l’idrogeno H, ed in quantit&agrave; inferiori l’ossigeno O, gli alogeni tra cui prevale il cloro Cl, l’azoto N, e lo zolfo S.<br><br>Secondo quanto dichiarato all’unanimit&agrave; dalle aziende costruttrici di tali impianti è possibile ottenere la decomposizione termica di oltre il 99,99&#37; della materia organica, eliminando, in linea di principio, le emissioni di diossine, furani e simili.<br><br>Il gas di sintesi prodotto, definito come Singas, rappresenta la prima fonte utile per l’impianto per compensare il bilancio energetico. Il singas, infatti, opportunamente raffreddato e pulito può essere utilizzato, seppur con metodologie diverse, per la produzione di energia elettrica, della quale una quota parte è utilizzata per il funzionamento dell’impianto.<br><br>Il contenuto energetico del gas prodotto è circa un terzo (1/3) di quello del gas naturale ed è quindi facilmente sfruttabile, d’altro canto, i composti inorganici presenti nei rifiuti per effetto d’alta temperatura vengono fusi dando luogo ad un materiale vetroso, non lisciviabile ove rimangono imprigionati definitivamente i metalli pesanti eventualmente presenti.<br><br>L’alimentazione del reattore viene progettata per operare in modo da immettere automaticamente i rifiuti nella regione più calda del reattore, ossia in modo che entrino a contatto con il plasma o con la regione a più alta temperatura da questo creato.<br><br>Normalmente gli impianti prevedono una zona di stoccaggio rifiuti in alimentazione all’impianto. Si introduce cosi il vantaggio di un polmone d’accumulo legato all’alimentazione del reattore principale, evitando fermate,<br><br>LIMITI TECNOLOGICI DELLE TORCE AL PLASMA<br>Lo scarso successo avuto dagli impianti a torce al plasma, nonostante le ottime performances ambientali, è dovuto essenzialmente a problemi tecnologici e di durata dei materiali, così riassumibili in generale:<br><br>a) limitata durata dei materiali refrattari del reattore,<br>b) necessit&agrave; di combustibile per omogeneizzare la temperatura del reattore,<br>c) temperature elevate nel reattore a contatto dei refrattari,<br>d) limitata durata delle punte metalliche delle torce (che necessitano di raffreddamento)<br>e) dannosi cicli on-off che causano shock termici,<br>f) solidificazione del materiale fuso nei condotti di sversamento e necessit&agrave; di sovrariscaldare per effettuare lo spillamento,<br>g) volume ristretto del reattore per evitare che il materiale immesso esca senza essere trattato dall'unica fonte di calore,<br>h) mancanza di esempi industriali.<br><br><br><b>LE TECNOLOGIE TERMICHE INNOVATIVE</b><br><br>ELETTROFUSIONE OTTIMIZZATA DALLA ELETTRODISSOCIAZIONE<br><br>Gli anni di ricerca sulle tecnologie per risolvere la fase terminale del ciclo integrato di gestione dei rifiuti hanno dato come risultato l’individuazione di una tecnologia che raggiunge, e supera, le performances ambientali degli impianti con torce al plasma, ma soprattutto che ha risolto i problemi che ne hanno bloccato lo sviluppo.<br><br>Il sistema è nato nel 1990 dopo 15 anni di ricerca e sperimentazione sulla vetrificazione dei materiali ed è originato dalla sinergia di tecnologie utilizzate da più di trenta anni nell’industria siderurgica e nell’industria del vetro. Ha superato da tempo la fase dimostrativa ed attualmente può vantare impianti venduti e funzionanti.<br><br>Si tratta di una elettrofusione ottimizzata dalla presenza localizzata e controllata di gas ionizzato, ad alta temperatura, generato in un arco voltaico. Il materiale organico, in un ambiente povero di ossigeno, non subisce una combustione ma si dissocia in tempi brevissimi e, per la presenza di acqua si produce un gas di sintesi ad alto contenuto di idrogeno.<br><br>La parte inorganica fonde in un bagno di materiale vetroso che congloba tutti i metalli pesanti e le sostanze pericolose, producendo un materiale basaltico non lisciviabile, utilizzabile direttamente o per produrre fibra di vetro.<br><br>L’azione combinata elettrofusione - elettrodissociazione, la presenza stabile nella camera di elettrofusione di materiale fuso a temperatura pressoché costante, i particolari elettrodi in grafite a caricamento automatico esterno, la conterminazione del gas ionizzato in una zona ristretta a lambire la superficie del materiale fuso e lontana dalle pareti in refrattario, garantiscono, tra l’altro, stabilit&agrave; termica al sistema, lunga durata ai rivestimenti, omogeneizzazione della sostanza fusa, facilit&agrave; di spillamento del materiale prodotto e dei metalli e cattura di tutto il rifiuto immesso.<br><br>l gas di sintesi (“singas”) ha come caratteristica la pressoché assenza, sin dall’origine, di sostanze nocive e/o particelle e dopo il passaggio nel sistema di depurazione, ad alta efficienza, viene normalmente utilizzato in generatori associati a motori a gas in modalit&agrave; “lean burn” o a turbine a gas.<br><br>Il sistema ad “elettrofusione - elettrodissociazione” è in grado di trattare pressoché tutti i rifiuti ed in qualsiasi stato fisico si trovino.<br><br>GASSIFICAZIONE E DISSOCIAZIONE DEL SYNGAS<br><br>L’impianto di gassificazione ed elettrodissociazione risolve la fase terminale del ciclo integrato di gestione dei rifiuti con il recupero di energia e di materia stabile, immediatamente utilizzabile.<br><br>Si tratta di una tecnologia che utilizza processi industriali consolidati in una integrazione innovativa:<br><br>· Reattore di gassificazione (controcorrente)<br>· Camera di dissociazione molecolare al plasma<br><br>Esistono impianti industriali funzionanti di gassificazione-dissociazione.<br><br><br>Nel reattore di gassificazione avvengono tre processi in continuo:<br><br>· Nella parte superiore i rifiuti subiscono una prima evaporazione del contenuto d’acqua e nella parte volatile che va ad aggiungersi al singas.<br>· I rifiuti passano in una zona a 500-550°C in ambiente povero di ossigeno, producendo singas e residui carboniosi;<br>· I residui scendono per gravit&agrave; nella parte sottostante dove subiscono una parziale ossidazione e fusione mediante immissione di aria a 1500-1550°C.<br><br>Il singas in uscita dal reattore passa in una camera di dissociazione costituita da un reattore con torce al plasma, ove il singas rimane per il tempo sufficiente per rompere i legami organici complessi. Successivamente il singas viene trattato per essere alimentato in un motore a gas.<br><br>In alternativa all’utilizzo del singas in motori è stata avviata la sperimentazione della produzione di combustibile liquido, più facilmente fruibile e trasportabile.<br><br>Il materiale fuso viene versato dal fondo del reattore di gassificazione e raffreddandosi produce una sostanza inerte non lisciviabile.<br><br>L’energia per la gassificazione è data sia dall’aria calda immessa dal fondo del reattore, ottenuta da una frazione del singas prodotto e dall’energia dai rifiuti, mentre la dissociazione (plasma) è ottenuta con arco voltaico alimentato con energia elettrica.<br><br>TECNOLOGIE PER IL TRATTAMENTO A FEDDO DEI RIFIUTI<br><br>La tecnologia a freddo consente il riciclo e l’utilizzo totale dei rifiuti, oggi inutilizzati e destinati alla discarica o ai termodistruttori ed è nota come Tecnologia per il Riciclo Totale (Total Recycling Technology).<br><br>Tra le tecnologie utilizzabili si ricordano le seguenti:<br><br>A) Extreme Shredder Separator– ESS<br>B) Cold Molecular Transformation – COM.T<br>che consentono la produzione di manufatti per l’edilizia dai materiali recuperati dai rifiuti.<br><br>Il sistema ESS è un dispositivo innovativo che nel ridurre a “farina” tutti i materiali immessi, opera un’ulteriore separazione dei materiali riutilizzabili per l’industria del riciclo.<br>Il materiale non riutilizzabile, essiccato e disinfettato dalla tecnologia ESS, viene utilizzato per la produzione di manufatti.<br><br>Il sistema COM.T è una tecnologia che vanta molti anni di esperienza con prodotti utilizzati per costruire manufatti per l’arredo urbano, travetti, condotte per fognature, difese idrauliche, ecc.<br><br>Le caratteristiche in sintesi delle ZIP per il “ciclo a freddo”:<br><br>o Recupera al massimo i prodotti riciclabili in aggiunta alla raccolta differenziata;<br>o Garantisce prodotti finemente tritati, essiccati e disinfettati;<br>o E’ un processo di trasformazione molecolare a freddo che utilizza sostanze naturali;<br>o Il processo non produce rifiuti ed emissioni in atmosfera;<br>o I manufatti prodotti sono di facile ed immediato utilizzo, non rilasciano sostanze nocive ed hanno caratteristiche fisico-meccaniche migliorative rispetto ai materiali da calcestruzzo;<br>o I prodotti hanno dimostrato, negli anni, stabilit&agrave; nelle caratteristiche chimico-fisiche e meccaniche;<br>o E’ la tecnologia più economica ad oggi esistente per la gestione del ciclo finale dei rifiuti;<br>o Gli impianti sono di dimensioni ridotte e modulari da 15 ton/giorno a 300 ton/giorno e multipli, necessitano di limitati spazi industriali.<br><br>I prodotti hanno caratteristiche fisico-meccaniche simili ai materiali in calcestruzzo leggero, con le seguenti peculiarit&agrave;:<br><br>o Peso inferiore;<br>o Maggiore elasticit&agrave;;<br>o Migliore isolamento termico;<br>o Alta resistenza al gelo;<br>o Nessun rilascio di fumi tossici in caso di incendio.<br><br> <img src="http://codeandmore.com/vbbtest/images/customimages/2b4bbce2ec817211788b00116a8e3b1e.gif" alt="">

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                • #9
                  Armando questa descrizione cosi&#39; precisa delle varie tecniche di distruzione dei rifiuti immagino arrivi da internet... potresti segnalarci il link cosi&#39; ci sono anche le figure <img src="http://codeandmore.com/vbbtest/images/customimages/bdde120ffa89ca3e10fd1cba961573fa.gif" alt=""><br><br>alex

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                  • #10
                    <div align="center"><div class="quote_top" align="left"><b>CITAZIONE</b> (alexdoor73&#95;8 @ 16/8/2006, 21:40)</div><div id="quote" align="left">Armando questa descrizione cosi&#39; precisa delle varie tecniche di distruzione dei rifiuti immagino arrivi da internet... potresti segnalarci il link cosi&#39; ci sono anche le figure <img src="http://codeandmore.com/vbbtest/images/customimages/de77e4ca5545159f007f7508bfb9bc25.gif" alt=""><br><br>alex</div></div><br>No non arriva da internet, è uno studio e una presentazione&#33;<br>Ci sono le figure, molte è per questo che non le ho inserite, è un lavoraccio una a una&#33;&#33;&#33; <img src="http://codeandmore.com/vbbtest/images/customimages/2a8ee26fb73996e8169f5fc980ab590f.gif" alt="">

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                    • #11
                      Molto bene per la descrizione.<br><br>Per quanto ne so la vecchia e cara Fisher-tropp otteneva gasolio dalla conversione catalitica base ferro del gas ottenuto dalla gassificazione.<br>Come può la pirolisi, alla temperatura che lavora (dichiarata fra 500 ed 800 gradi), produrre direttamente un idrocarburo liquido che possa alimentare un motore/turbina ??? A detta temperatura tale idrocarburo non sarebbe gi&agrave; in fase gassosa?<br><br>Di fatto la gassificazione utilizza parte del combustibile con ossigeno per produrre calore ed avviare la gassificazione, mentre nella pirolisi il calore viene fornito dall&#39;esterno tramite combustione di altro.Certamente fissare un limite di demarcazione fra i due processi non è facile...

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                      • #12
                        Ok....grazie delle delucidazioni....mamma mia che precisione...<br>adesso è chiaro che, gassifico e poi condenso se vogli liquido (quello che posso condenzare, l&#39;idrogeno no&#33<br><br>Quindi, se ho una vite senza fine, in un conentratore parabolico è raggiungo i 400°C, trasformo la segatura in un composto gassoso e solido alla fine del concentratore, se non ho aria all&#39;interno del tubo.<br>Poi se voglio rende liquido parte dei composti, allora posso condenzare i gas è forse in base all&#39;organico inserito otterrò del liquido.<br>Alla fine quindi se porto gli agli di pino a 500°C otterrò uno aghi più secchi e un gas pronto per essere bruciato.<br><br>Ma allora perchè se i prodotti non sono granchè si effettua la pirolisi? Non è megli la combustione diretta?<br><br>

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                        • #13
                          Devo ancora capire dove vuoi arrivare ....<br>ma con sti aghi di pino , che vuoi fare.?.?.?<br>Hai tonnelate da smaltire e non sai come ???<br><br>Invece se hai un idea , sappi che non serve a molto esporla senza applicarla.Perchè non provi materialmente la tua idea .<br>Magari facendo vari esperimenti scoprirai da solo quello che vorresti sapere , anche perchè solo chi cerca e prova...<br>trova...<br><br>Non so , ma mi sa tanto di &quot;pappapronta&quot; , cioè di chi vuole risposte senza faticare e cercare, e questo sinceramente non f&agrave; avanzare molto le cose ...<br><br>Prova il tuo esperimento , vedrai cosi se è una boiata galattica o una cosa interessante da approfondire.<br><br>Per le tue domande , se è meglio un sistema o l&#39;altro , hai letto quanto ti è stato proposto ???<br>Se si , dovresti essere in grado di capire quale dei due sistemi è più adatto ,a seconda dell&#39;applicazione che uno vuole fare...No???<br><br>Magari poi scopri che basta compostare i tuo aghi , e ne ricavi energia ( calore ) sufficiente per scaldare casa ( sempre se ne hai abbastanza , diciamo qualche 2-3ton , e spazio/strutture adeguate per il compostaggio )<br>

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                          • #14
                            <div align="center"><div class="quote_top" align="left"><b>CITAZIONE</b> (alex3comforum @ 17/8/2006, 11:35)</div><div id="quote" align="left">Ma allora perchè se i prodotti non sono granchè si effettua la pirolisi? Non è megli la combustione diretta?</div></div><br>Penso dipenda quello che vuoi fare.Dalla fisher-trops si ottiene gasolio senza zolfo, difficile far entrare il cippato nelle valvole di un motore diesel <img src="http://codeandmore.com/vbbtest/images/customimages/6309e75959b6ab99c2735629bd65e12d.gif" alt=""><br>Tieni presente che quasi tutte le stufe a legna per riscaldamento sono a fiamma inversa pertanto gi&agrave; gassificano,ed i bruciatori industriali a pellet (a quanto mi ha detto un fornitore) gassificano gi&agrave; anche loro.<br>Evidentemente è il modo di ottimizzare la combustione.<br>Come dici tu:<br>&quot;Alla fine quindi se porto gli agli di pino a 500°C otterrò uno aghi più secchi e un gas pronto per essere bruciato&quot;<br>Penso sia vero,hai gassificato un composto del carbonio,gli aghi di pino <img src="http://codeandmore.com/vbbtest/images/customimages/6309e75959b6ab99c2735629bd65e12d.gif" alt=""><br>Fra la gassificazione e la pirolisi c&#39;è la stessa differenza che c&#39;è fra la focaccia ed il pane con olio e sale <img src="http://codeandmore.com/vbbtest/images/customimages/6309e75959b6ab99c2735629bd65e12d.gif" alt=""><br>Purtroppo oggi si parla con termini nuovi di quello che la scienza ha scoperto negli anni &#39;50, con tutti gli approfondimenti tecnologici che il progresso ha saputo dare in 50 anni di storia.

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                            • #15
                              Ciao a tutti,<br>bellissimi gli interventi tecnicissimi, perchè non vengano dimenticati in questa pagina e dispersi, sarebbe interessante se gli amministratori li riprendessero nella sezione manuali ad uso forum.<br>Saluti,<br><br>Valerio

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