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Dalle foreste impazzite fumi di CO2

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    Da La Stampa:<br>30/8/2006<br><br>Fermare lo sterminio e le sue conseguenze apocalittiche non è impossibile, secondo gli studiosi: a patto d’esser capaci di far rispettare la legge che stabilisce la proporzione tra aree forestali e agricole. Le aree protette, create dal presidente Lula, non sono sufficienti: i danni li fa la coltivazione selvaggia dei produttori di soia e la fame di nuove terre delle mandrie carioca. Lo stesso modello dice che applicare la legge dimezzerebbe le perdite: un milione di chilometri quadrati salvi. Andando avanti con le accette, invece, aumenteranno in modo esponenziale le emissioni di anidride carbonica. Il problema è che in Brasile il terreno costa poco e conviene sfruttare la terra a breve termine e a esaurimento. Persa la produttivit&agrave;, contadini e gauchos si spostano verso nuovi appezzamenti. In questo modo, negli ultimi 50 anni, il Brasile ha gi&agrave; perso il 15&#37; della superficie verde entro i suoi confini. Bisogna però tener presente che le foreste del pianeta hanno la capacit&agrave; di assorbire, tra tutte, più di mille miliardi di tonnellate di carbonio: equivale al doppio di quello che si trova nell&#39;atmosfera. Questo solo fino a quando il loro equilibrio non è alterato da incendi e disboscamenti. Perché in quel caso il meccanismo si inceppa e funziona al contrario: le aree devastate dell’Amazzonia rilasciano nell’atmosfera ogni anno sei miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Gas serra, veleno, quello per cui s’è fatto il Protocollo di Kyoto. La natura ha impiegato milioni di anni per fissare il carbonio, l’uomo bruciando petrolio e abbattendo alberi lavora per liberarlo a una velocit&agrave; sempre maggiore. Inevitabilmente il disboscamento cambia anche il clima. «Dobbiamo cercare di aumentare la superficie delle foreste sulla Terra», avverte Wulf Killmann, capo del gruppo di lavoro Fao sui cambiamenti climatici. Per ridurre le emissioni di carbonio si devono rimpiazzare i combustibili fossili e sostituirli con biocombustibili. «Per esempio i combustibili legnosi - spiega Killmann -, purché arrivino da foreste gestite in modo responsabile». Bisognerebbe usare più legno anche per i prodotti di lunga durata: «In modo che il carbonio immagazzinato resti più a lungo possibile fuori dell’atmosfera», imprigionato in un cassettone.<br>m. sod.<br><br><br>[TSCAP]C’[/TSCAP]E’ una data: se il disboscamento continua a questo ritmo, il 40&#37; della foresta amazzonica sar&agrave; sparito entro il 2050, convertito in coltivazioni di soia e soprattutto in pascoli. Non è il caso di avere dubbi, non è una buona notizia. Un gruppo di studiosi brasiliani e americani ha costruito un modello elettronico capace di simulare i risultati del taglio selvaggio delle piante in Amazzonia. Britaldo Soares Filho, ricercatore dell’Universit&agrave; federale di Minas Gerais e uno degli architetti del sistema, li riassume così: «Di questo passo la foresta tropicale più grande del mondo si rimpicciolir&agrave; da 5,4 a 3,2 milioni di chilometri quadrati, cambiando il clima tanto da cancellare sei fiumi amazzonici con i loro affluenti».<br>
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