trasmissione di energia - EnergeticAmbiente.it

annuncio

Comprimi
Ancora nessun annuncio.

trasmissione di energia

Comprimi
X
 
  • Filtro
  • Ora
  • Visualizza
Elimina tutto
nuovi messaggi

  • trasmissione di energia

    salve,
    un articolo interessante delle scienze...
    riguarda la trasmissione di energia senza cavi...
    non sapendo bene dove non è ot...
    ho aperto una nuova discussione...
    Corrente senza cavi
    Allo studio al MIT una nuova tecnologia di alimentazione elettrica


    La tecnologia wireless è sempre più diffusa. E forte di questo successo sta pensando di estendere il suo campo d’azione, passando dalla sola trasmissione dati alla trasmissione dell’energia che serve per far funzionare l’apparecchio stesso. A eliminare il cavo di alimentazione per la periodica ricarica delle batterie di laptop, cellulari e altri apparecchi domestici ci sta pensando un gruppo di ricerca del Massachusetts Institute of Technology (MIT) diretto da Marin Soljacic che ha illustrato i loro studi all’American Institute of Physics Industrial Physics Forum (IPF) in corso a San Francisco sotto gli auspici dell’American Institute of Physics.
    Ovviamente, che l’energia possa essere trasferita a distanza è in sé un fatto banale, il problema è piuttosto l’efficienza del trasferimento. Essa non è garantita né da una tecnologia che preveda prima la trasformazione della corrente elettrica in radiazione luminosa e poi la successiva riconversione in energia elettrica (che richiede oltretutto una linea di mira perfettamente sgombra) né dal ricorso all’ordinaria radiazione elettromagnetica, che si disperde nell’ambiente e potrebbe comportare rischi.
    Soljacic ha pensato che il fenomeno dell’induzione a corto raggio - quella che ha luogo per esempio in qualsiasi trasformatore - potrebbe trasferire energia anche su distanze un poco maggiori, delle dimensioni di una stanza, a patto di far assumere al campo una forma opportuna. Invece di irradiare l’ambiente con onde elettromagnetiche, un trasmettitore di potenza dovrebbe riempire lo spazio circostante di un campo elettromegnetico “non radiativo”, dal quale l’energia verrebbe prelevata da un apposito apparecchio progettato per “risuonare” con esso, mentre l’energia non assorbita dal ricevitore dovrebbe venire riasorbita dall’emettitore. "All’inizio non era né chiaro né ovvio se il sistema potesse realmente funzionare, soprattutto per i limiti imposti dai materiali attualmente disponibili” ha detto Soljacic, ma secondo i calcoli e le simulazioni sviluppate dal suo gruppo di lavoro, quanto meno l’alimentazione senza cavi di piccoli elettrodomestici potrebbe essere una realtà non troppo lontana



    sempre sullo stesso tema
    Il futuro senza fili

    Ricaricare portatile, telefonino e altri dispositivi elettronici come molti navigano su Internet: wireless, cioè senza fili. È la prospettiva aperta da uno studio del Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Cambridge (Usa) presentato all’American Institute of Physics, in cui i ricercatori spiegano in che modo l’energia senza fili potrebbe fornire potenza elettrica a futuri dispositivi elettronici. Alla base del progetto, ci sono due principi della fisica: il primo è la legge della mutua-induzione, che afferma che una corrente che passa per una spira generatrice ne induce un’altra in una spira ricevente, senza che queste siano in contatto fisico; il secondo è la la capacità delle onde radio di trasferire energia quando vengono convogliate su un’antenna. Il trasferimento di energia attraverso radiazioni elettromagnetiche è molto inefficiente e può risultare pericoloso: le onde tendono a diffondersi in tutte le direzioni e molta dell’energia si disperde nell’ambiente. Tuttavia, Marin Soljacic, primo autore della ricerca, afferma di poter ricorrere solo alla parte “non-radioattiva” del campo elettromagnetico e di poter trasmettere energia solo a dispositivi appositamente creati per essere “in risonanza” con la fonte. Nonostante le difficoltà nella realizzazione del sistema e nell’ideazione dei dispositivi per la ricezione, il ricercatore è convinto che l’energia trasmessa senza fili possa avere anche futura applicazione industriale. Tuttavia, nell'ambiente accademico c'è ancora scetticismo: bisognerebbe trovare una frequenza “magica” per mantenere i dispositivi riceventi in “risonanza” con il trasmettitore, in quanto ogni cambiamento nell’ambiente circostante potrebbe de-sintonizzare il sistema.

  • #2
    Caro rabazon,
    per non incorrere in rischi per il gestore del forum dovresti citare esattamente da dove hai copiato quei pezzi (titolo rivista e numero della stessa).
    Altrimenti dovremo cancellarla (a meno che nel maxi-emendamento alla finanziaria non abbiano ricambiato le regole).
    ------------------
    Sulla possibilita' presentata sono estremamente scettico. Secondo me, anche con sistemi sintonizzati non si riuscita' a trasferire abbastanza energia elettromagnetica senza rischi per il corpo umano.
    ------------------
    Notare cosa scrive la rivista scientifica
    CITAZIONE
    Tuttavia, Marin Soljacic, primo autore della ricerca, afferma di poter ricorrere solo alla parte “non-radioattiva”

    :P

    Grazie
    Ciao
    Mario
    Molto urgente: cerco socio: Collaborazione a Milano
    -------------------------------------------------------------------
    Mala tempora currunt, non contattatemi piu' per questioni riguardanti il forum, grazie, il mio tempo e' finito.
    -------------------------------------------------------------------
    L'energia non si crea ne' si distrugge, ma ne sprechiamo troppa in modo irresponsabile. Sito personale: http://evlist.it
    Se fate domande tecniche e volete risposte dal forum precise e veloci, "date i dati" specificando anche l'ambiente operativo e fornendo il maggior numero possibile di informazioni.
    ------------------------------------------------

    Commenta


    • #3
      CITAZIONE (mariomaggi @ 18/11/2006, 07:43)
      Caro rabazon,
      per non incorrere in rischi per il gestore del forum dovresti citare esattamente da dove hai copiato quei pezzi (titolo rivista e numero della stessa).

      Come milionesimo membro del club "rabazon, cita le fonti" siamo lieti di offrirti una medaglia al valore, certi della crescita del circolo.
      a parte che non è free energy, rimedio io.. qui qui qui
      ma anche già l'altro ieri su questo forum, anche se mi sfugge dove.
      pare che le metodologie di trasmissione sfruttino i metodi di tesla e le frequenze di Schumann.

      Commenta


      • #4
        Il problema è che qualsiasi onda che attraversa un mezzo interagisce con questo e viene attenuata, dissipando energia. L'interazione fra onda e mezzo è anche condizione necessaria per una eventuale riconversione.
        In parole povere il trasformatore funziona perchè un campo elettromagnetico può interagire, ma è anche vero che i mezzi hanno una certa resistenza ed attenuano le onde elettromagnetiche.
        Quindi l'efficienza di un tale sistema di trasferimento viene abbattuta se la distanza aumenta. Un modo di rendere un pò più efficiente il sistema consiste nel dirigere le onde nella direzione dell'apparecchio, ma anche qui, sebbene l'attenuazione è molto inferiore, non si può certo raggiungere l'efficienza di un cavo elettrico.
        Poichè il problema energetico inizia a farsi serio, credo sia da stupidi usare la trasmissione di energia (a bassa efficienza) quando di energia ne abbiamo poca...

        Commenta


        • #5
          Mi sembra piu' una antenna ... o come gli spazzolini da denti che si ricaricano senza fili ..
          Non e' che stia inventando chissa' che cosa ...

          Commenta


          • #6
            Mario,
            ma che cancelli...la notizia è vera, l'ho letta anche io. Probabilmente non funzionerà...ma questo è un dettaglio.
            Bolle
            PS:Abbasso i moderatori mani di forbice...ovviamente scherzo!!! hehehe

            Commenta


            • #7
              CITAZIONE (mariomaggi @ 18/11/2006, 07:43)
              Notare cosa scrive la rivista scientifica
              CITAZIONE
              Tuttavia, Marin Soljacic, primo autore della ricerca, afferma di poter ricorrere solo alla parte “non-radioattiva”

              Penserei al classico lapsus giornalistico-traduttivo: probabilmente il testo originale parla di 'parte non-radiativa' del campo, dato che accennava sopra a campi magnetici non radianti.
              "Una nuova verità scientifica non trionfa perché i suoi oppositori si convincono e vedono la luce, quanto piuttosto perché alla fine muoiono, e nasce una nuova generazione a cui i nuovi concetti diventano familiari." Max Planck

              Commenta


              • #8
                mario sicuramente si riferiva alle problematiche connesse con il diritto d'autore.

                cmq interessante magari uno passa tra la sorgente e il portatile e si fa una bella risonanza magnetica di microonde.
                a parte il rendimento, credo non ci serva una ulteriore fonte di inquinamento elettromagnetico.
                e poi per evitare cosa? il filo? mi pare un po scarsino come argomento.

                sarebbe più intelligente rendere il filo superfluo pittosto che sostituirlo con un pennello di onde elettromagnetiche ad alta energia.
                come? per esempio con delle batterie migliori magari con delle fuel cell e con dei sitemi che consumino meno energia.

                Commenta


                • #9
                  ok, ricevuto...
                  beh, l'articolo aveva un errorre,
                  doveva dire non radiativa...
                  nel senso di trasmissione di energia con onde...
                  mah... anch'io sono pittosto scettico..
                  però è un'idea comunque interessante...

                  Commenta


                  • #10
                    il principio di funzionmento dovrebbe ricalcare (da quanto ho letto), indicativamente questo.

                    Commenta


                    • #11
                      unm altro articolo più esaustivo sulla trasmissione di energia
                      ENERGIA
                      Per ricaricare la batteria non servono i fili
                      di KATE GREENE





                      GRAZIE a dispositivi a batteria sempre più piccoli, oggi possiamo portare ovunque con noi un’enorme potenza di calcolo. Sfortunatamente, resta periodicamente la necessità di ricaricare telefonini, laptop, videocamere e lettori mp3, e per far questo bisogna comunque collegarsi a una rete elettrica con dei cavi. Un team di ricercatori del Mit ha proposto di risolvere il problema rifornendo di energia i dispositivi in modalità wireless. “È possibile e semplice trasmettere informazioni senza fili”, spiega Marin Soljačić, professore di fisica al Mit. Ma finora è sempre stato molto più difficile trasmettere nello stesso modo energia per alimentare delle apparecchiature elettroniche. Soljačić, selezionato da Technology Review tra i 35 migliori innovatori del 2006, e i suoi colleghi del Mit Aristeidis Karalis e John Joannopoulos hanno elaborato uno schema teoretico di transfer energetico wireless in grado di caricare o alimentare dispositivi in un raggio di due metri a partire da una piccola “stazione base” collegata a una presa elettrica. Il team ha presentato il progetto nei giorni scorsi in occasione dell’Industrial Physics Forum dell’American Institute of Physics di San Francisco.

                      L’idea di trasmettere energia incanalandola nell’aria esiste da circa due secoli, e ad oggi viene sfruttata in un certo senso per alimentare alcune tipologie di tag di identificazione a radiofrequenza (Rfid). Il fenomeno alla base di questo trasferimento wireless di energia si chiama accoppiamento induttivo, e si verifica, per esempio, quando una corrente elettrica passa attraverso i fili di un lettore Rfid. Quando la corrente passa, genera un campo magnetico intorno ai fili, che a sua volta innesca una corrente in un cavo vicino, come per esempio quello di un tag Rfid. La tecnica però ha un raggio d’azione limitato, e pertanto non funziona per l’alimentazione di più apparecchiature.
                      Per creare una soluzione a medio raggio d’azione, i ricercatori propongono uno schema radicalmente nuovo, in cui una stazione base è inserita in una presa elettrica ed emette radiazioni elettromagnetiche a bassa frequenza tra i 4 e i 10 megahertz, spiega Soljačić. A quel punto si può appositamente progettare un ricevitore installato nell’apparecchio – un analogo di un circuito di raccolta elettricità – che risuoni alla stessa frequenza emessa dalla base e, quando arriva a due metri di distanza da quella, ne assorba l’energia. Per un dispositivo non risonante, al contrario, la radiazione è impercettibile.

                      Quel che è più importante, l’energia a cui il dispositivo ha accesso non è radioattiva, ovvero non si propaga sulle lunghe distanze. Ciò dipende dalla bassa frequenza delle onde radio, spiega John Pendry, professore di fisica all’Imperial College di Londra. Le radiazioni elettromagnetiche sono di due tipi: in campo lontano e in campo vicino. L’intensità di una radiazione a bassa frequenza cala rapidamente via via che una persona si allontana dalla stazione base. In altre parole, la radiazione che si propaga in tutte le direzioni a frequenze basse non è molto forte, e quindi è pressoché inutile (i segnali wi-fi, invece, si mantengono forti per decine di metri, perchè operano a frequenze più elevate, intorno ai 2,4 gigahertz).
                      Tuttavia la radiazione in campo vicino, che resta vicino alla stazione base, racchiude in sé un buon quantitativo di energia. “Se non devi farci niente, rimane lì”, spiega Pendry. “Non scappa”. Quest’energia vincolata, che si estende per un paio di metri, è quella che viene estratta quando un ricevitore risonante installato su un’apparecchiatura entra nel suo raggio d’azione.
                      Ad oggi, si tratta ancora di un progetto fermo allo stadio teorico, ma il team ha presentato dei brevetti e sta lavorando alle realizzazione di un prototipo che dovrebbe essere pronto nell’arco di un anno. Anche senza prototipo, comunque, le basi fisiche sono allettanti, commenta Freeman Dyson, professore di fisica all’Institute for Advanced Study di Princeton (New Jersey). “È un’ottima idea e non c’è ragione di credere che non possa funzionare”.

                      Pendry crede che il pubblico potrebbe mostrarsi schizzinoso all’idea di un’energia wireless che viaggia nell’aria. “Ovunque si ha a che fare con fonti di energia potenti, la gente si preoccupa della sicurezza”, spiega. A seconda dell’applicazione, si potrebbe gestire sia la porzione elettrica che quella magnetica della radiazione in campo vicino. Usare un campo elettrico potrebbe costituire un rischio per la salute, perciò sarebbe meglio ricorrervi quando non ci sono persone nei paraggi, continua. Al contrario, il campo magnetico è molto più sicuro e può essere creato altrettanto facilmente. “Non riesco a ipotizzare eventuali motivi di preoccupazione [per la salute]”, conclude, “ma la gente sicuramente si preoccuperà”.
                      Anche Soljačić, sulla base dei calcoli effettuati e degli effetti noti delle onde radio a bassa frequenza, è convinto che i sistemi di alimentazione wireless saranno sicuri. Idealmente, la nuova tecnica garantirebbe il 50 per cento di efficienza rispetto alla presa elettrica, il che significa che per ricaricare un apparecchio potrebbe volerci di più. Ma l’idea è quella di posizionare dei centri di alimentazione dislocati per esempio sul soffitto di ogni stanza per far sì che il telefono o il portatile si ricarichino costantemente ovunque si trovino all’interno dell’abitazione.

                      © Technology Review

                      Commenta


                      • #12
                        Mi dovrebbero spiegare perche' sulle onde corte si ricevono stazioni da tutto il mondo mentre sul WiFi non riesco a fare dal piano superiore alla taverna. A parte questo, c'e' da dire che un campo magnetico a 5-10 Mhz origina un campo elettrico equipollente secondo teoria Maxwell ... beh ... un po' di radioterapia mentre ricarichi il cell non fa male ... pensandoci ... e' vero che ad un dispositivo non risonante la radiazione e' impercettibile ma e' anche vero che ad un dispositivo dissipativo, come e' il corpo umano, la radiazione puo' far male eccome.
                        Non lo vorrei mai.

                        Commenta


                        • #13
                          ma è un forno a microonde o sbaglio?

                          Commenta


                          • #14
                            CITAZIONE (Elektron @ 1/12/2006, 16:03)
                            mentre sul WiFi non riesco a fare dal piano superiore alla taverna.

                            L'ambiente interno ("indoor") ha alcune caratteristiche peculiari, dal punto di vista della propagazione em a radiofrequenza, che lo contraddistinguono da un ambiente esterno:
                            1) la propagazione multipercorso è molto accentuata;
                            2) spesso non esiste un percorso propagativo "a vista";
                            3) le caratteristiche dell'ambiente propagativo possono cambiare drasticamente sia nello spazio (presenza dei più svariati tipi di materiali, moltissimi spigoli, ecc.) sia nel tempo (movimento di persone, apertura d'infissi, sportelli, ecc.).
                            Da ciò, ci si rende conto di quanto un ambiente indoor sia "ostile" per la propagazione em e quanto sia difficile crearne un valido modello matematico. Infatti, nella quasi totalità dei casi, si ricorre a modelli statistici, a loro volta suddivisi in due grandi classi: modelli sito-specifici e sito-generici. Comunque lo scopo comune a tutti i modelli è quello di fornire una stima accettabile del valore dell'attenuazione di percorso che affliggerà il segnale a radiofrequenza.
                            Ciao <img src=">

                            Commenta


                            • #15
                              “È un’ottima idea e non c’è ragione di credere che non possa funzionare”.

                              Peccato che funzionava da almeno un secolo .

                              17 Aprile 1906 domanda di brevetto n.124.063 OTTAWA Dipartimento dell'agricoltura

                              Arte di trasmettere energia elettrica attraverso i mezzi naturali (terreno e non aria)

                              Brevettato il 18 marzo 1912

                              Brevetto n.142.352

                              Nikola Tesla

                              http://www.uploading.com/it/files/KSMWK9XM...a_Fili.pdf.html

                              Per chi lo vuole leggere in italiano , per gli amanti dell'inglese :

                              http://www.keelynet.com/tesla/C0142352.pdf

                              Non basta il nome altisonante di un emerito istituto per rendere attendibili persone che spacciano per proprie , idee vecchie di un secolo e già allora funzionanti , solo perchè lavorano al MIT .

                              Per caricare le vostre pile senza sforzo :

                              http://www.wisepower.it/stampa/index.html

                              Anche questa è una idea di Tesla ma almeno sono degli Italiani .

                              Nel pdf in italiano in una pagina si afferma che :

                              III) il requesito più essenziale è , tuttavia ,quello che indipendentemente dalla frequenza l'onda o il treno d'onda ,dovrebbe continuare per un determinato intervallo , che ho valutato essere non meno di 1/12 di secondo o probabilmente 0.08484 secondi , tempo trascorso tra l'andata e il ritorno dalla regione diametralmente opposta il polo sopra la superficie della terra con una velocita media di circa 471240 km/sec .

                              471240 km/sec Vi dice qualcosa questo valore ?


                              Edited by ernest3327 - 6/12/2006, 17:15

                              Commenta


                              • #16
                                471240 km/sec la velocità dichiarata da Tesla contro 300000km/sec la velocità massima "ammissibile" dov'è l'errore nella teoria o nella pratica ?

                                Commenta


                                • #17
                                  OHI :wacko:

                                  Commenta


                                  • #18
                                    QUOTE
                                    471240 km/sec la velocità dichiarata da Tesla contro 300000km/sec la velocità massima "ammissibile" dov'è l'errore nella teoria o nella pratica ?

                                    Direi che l'errore è nella teoria.
                                    La pratica dice che la velocità della luce viaggia, nel vuoto, a circa 300.000 Km/sec.
                                    La teoria di Tesla è perlomeno bislacca, visto che nessuno, tranne lui, l'ha mai verificata.

                                    Stiamo raschiando il fondo del barile

                                    Ciao
                                    tersite

                                    Commenta


                                    • #19
                                      Certo che Tesla con quattro fulmini e quattromila brevetti ... dopo un secolo stiamo ancora parlando delle sue invenzioni ... ma manco uno che sia riuscito nelle sue mirabolanti imprese. Se rinasco rinasco inventore.

                                      Commenta


                                      • #20
                                        CITAZIONE
                                        Direi che l'errore è nella teoria.
                                        La pratica dice che la velocità della luce viaggia, nel vuoto, a circa 300.000 Km/sec.

                                        Qui non si parla di luce ma di energia elettrica trasmessa tramite il suolo mi sembra differente , la luce se è "vuoto" come fa a trasmettersi ?
                                        Qualcuno a mai misurato la velocità della corrente elettrica in un qualsiasi mezzo ?

                                        gennaio 2001 le scienze
                                        Più veloce della luce?
                                        Daniela Mugnai


                                        Il testo integrale dell'articolo si trova su «Le Scienze» di gennaio 2001

                                        Anche tra coloro che hanno messo fine ai loro interessi scientifici con l’esame di maturità pochi hanno dimenticato che la velocità della luce è un limite invalicabile. Per le più svariate ragioni, nella mente di tutti è ben impresso questo concetto: nulla può superare la velocità della luce. Non solo, ma ammettere il suo superamento porta a quelli che in fisica si chiamano «paradossi», che sono alla base della moderna fantascienza.
                                        E forse è per questo che la notizia di recenti misure, relative alla propagazione in aria di onde elettromagnetiche, nelle quali si evidenziava un comportamento «superluminale» ha valicato il confine dei laboratori per invadere i mezzi di comunicazione.
                                        Nell’esperimento condotto a Firenze - all’Istituto di ricerca sulle onde elettromagnetiche «Nello Carrara» del Consiglio nazionale delle ricerche - si è indagata proprio questa zona, considerando un particolare insieme di onde noto come fascio di Bessel. Nelle misure eseguite con il nostro apparato sperimentale, il ritardo relativo alla distanza di un metro è pari a 3,155 nanosecondi, più breve rispetto a quello di 3,333 nanosecondi che si sarebbe ottenuto per una velocità di propagazione uguale a quella della luce: la velocità del fascio di Bessel è superiore a c del 5 per cento. In un altro caso, la velocità è risultata di circa il 25 per cento maggiore di quella della luce.
                                        Per comprendere i risultati dell’esperimento è bene ricordare che le onde elettromagnetiche sono caratterizzate da tre diverse velocità: la velocità di fase, la velocità di gruppo, e la velocità del segnale, che è la più importante, poiché da essa dipende il trasporto dell’informazione. Le prime due possono essere superiori a c, mentre la velocità del segnale ha come limite invalicabile la velocità della luce. Così, nell’esperimento descritto, la modulazione di una portante origina un pacchetto d’onde e la velocità a esso legata è una velocità di gruppo ma, a rigore, non si può parlare di velocità del segnale.
                                        Viene perciò da chiedersi perché l’esperimento abbia destato tanto clamore. I motivi principali sono due. Il primo è che la grande semplicità dell’esperimento non lascia spazio a fantasiose speculazioni e a modelli teorici ad hoc. Nel nostro caso, le leggi che governano la propagazione sono quelle ben note.
                                        Il secondo motivo si basa sulle seguenti considerazioni: se supponiamo di avere impulsi sempre più rarefatti, può la misura subire dei cambiamenti rispetto a quella già fatta? E ancora: l’esperimento si è svolto in assenza di dispersione e in questa situazione, per le onde elettromagnetiche, le tre velocità coincidono. Si può estendere questa conclusione anche ai fasci di Bessel?
                                        Speculazioni teoriche di questo tipo sembrerebbero non escludere la possibilità che anche la velocità del segnale possa superare la velocità della luce nel vuoto. Occorre tuttavia grande cautela: per chiarire il problema sono necessarie ulteriori indagini, sia teoriche sia sperimentali.
                                        Ma se risultasse che anche la velocità del segnale è superiore a c, che cosa succederebbe? Sarebbe una scoperta interessante, ma certo non un annullamento delle leggi fisiche preesistenti. Nuove scoperte porteranno sempre a un allargamento della conoscenza e a un suo arricchimento, mai a un annullamento.

                                        © 1999 - 2006 Le Scienze S.p.A.

                                        CITAZIONE
                                        La teoria di Tesla è perlomeno bislacca, visto che nessuno, tranne lui, l'ha mai verificata.

                                        Stiamo raschiando il fondo del barile

                                        La verifichi tu stesso ogni giorno accendendo il computer o qualsiasi altra cosa di elettrico hai .

                                        Si può andare anche sotto il barile (presumo di petrolio o di vino ? ) e uscire dall'altro lato.

                                        Commenta


                                        • #21
                                          cirowsky ha segnalato in Tag Board:

                                          articolo dal Corriere della Sera

                                          Questo sistema nasce con delle premesse che non mi piacciono:
                                          - bassa efficenza, necessariamente, quindi spreco di energia elettrica
                                          - generazione di inquinamento elettromagnetico ad alta intensita', chi conosce l'elettromagnetismo ed un po' di fisiologia umana non si esporrebbe a tali campi.

                                          Ricordo le operazioni di litotripsia (distruzioni di calcoli renali mediante impiego di frequenze risonanti sulla dimensione del calcolo). Nel nostro corpo potremmo avere qualche parte che si metterebbe a risuonare, surriscaldandosi fino a distruggersi. Meglio evitare questo rischio.

                                          Ciao
                                          Mario

                                          Edited by mariomaggi - 9/6/2007, 09:15
                                          Molto urgente: cerco socio: Collaborazione a Milano
                                          -------------------------------------------------------------------
                                          Mala tempora currunt, non contattatemi piu' per questioni riguardanti il forum, grazie, il mio tempo e' finito.
                                          -------------------------------------------------------------------
                                          L'energia non si crea ne' si distrugge, ma ne sprechiamo troppa in modo irresponsabile. Sito personale: http://evlist.it
                                          Se fate domande tecniche e volete risposte dal forum precise e veloci, "date i dati" specificando anche l'ambiente operativo e fornendo il maggior numero possibile di informazioni.
                                          ------------------------------------------------

                                          Commenta


                                          • #22
                                            Molto tempo fa stavo camminando per il corridoio principale di un istituto tecnico ITIS, involontariamente ho sentito parlare dall'interno di una stanza e ho sentito dire che in banale trasfomatore monofare la trasmissione di energia tra primario e secondario è molto efficiente circa 99%.
                                            Pertanto chi volesse intraprendere lo studio sulle trasmissioni di energia a distanza consiglio prima di studiare la trasmissione di energia tra primario e secondario in un banale trasformatore monofase.

                                            Commenta


                                            • #23
                                              beh, ho deciso di mettere assieme tutt gli artcoli che ho postato sulla rete wicitry sat....

                                              beh, a proposito di rete ...

                                              il progetto che posterò e basato sulla wicitry..
                                              o elettriciità senza fili...

                                              con un pò d fantsia,
                                              si potrebbe immaginare un migliaio d antenne, collegate tra loro, e con una cinquantina di centrali nuke ,
                                              che trasmettono energia elettrica alle auto, e alle case,,,


                                              niente pù benzina, inquinamento,petrolio...
                                              ma con l'elettrosmog...
                                              come la mettiamo?

                                              L'energia sarebbe trasferita grazie a un sistema di piattaforme a terra Trasporti del futuro: arriva lo zaino volante Una società californiana ha creato un jetpack, un supporto che permette di volare grazie alla propulsione a ioni
                                              LOS ANGELES (USA) - A guardare i progetti viene in mente Leonardo Da Vinci con le sue macchine volanti. Ma i bozzetti che accompagnano il progetto della società californiana Personal Flight Systems descrivono un sistema di trasporto futuribile forse nemmeno il grande Leonardo avrebbe saputo immaginare. Si tratta di un jetpack, ovvero uno zaino hi-tech in grado di far volare una persona, che utilizza la propulsione a ioni elettromagnetici: in pratica come avviene per i motori dei velivoli spaziali progettati dalla Nasa, si carica con cariche elettriche un fluido (di solito un gas) in modo che i suoi atomi possano essere espulsi in direzione contraria a quella in cui deve muoversi il mezzo di trasporto. Fin qui non ci sarebbe nulla di strano, perché questo tipo di soluzione è ampiamente conosciuta in ambito scientifico.
                                              IL FUNZIONAMENTO - La vera portata rivoluzionaria, cui è stato riconosciuto valore dall’Ufficio brevetti americano, è il sistema con cui verrebbero alimentati i motori: un sistema di piattaforme a terra in grado di trasmettere a distanza le cariche elettriche, garantendo di fatto l’inesauribilità dell’energia a disposizione del pilota. L’idea del jetpack non è certo una grande novità, anzi risale addirittura ai primi anni ’60 quando la Bell Aerospace costruì la Bell Rocket Belt, una cintura cui erano collegati dei razzi, in grado di far volare un uomo, e che divenne celebre in tutto il mondo nel ’96, quando fu mostrata all’inaugurazione delle Olimpiadi di Atlanta. I problemi maggiori di questa tecnologia e di tutte quelle che sono seguite è legato proprio alla continua necessità di rifornirsi di propellente e alla conseguente breve durata dei voli. Persino le compagnie come la Jet Pack International, che hanno aggiornato le tecnologie di quell’epoca, non sono riuscite a spingere il loro modello più avanzato di zaino volante oltre i 19 minuti di durata e i 43 chilometri di autonomia.
                                              RIVOLUZIONE DEL VOLO - L’invenzione della Flight Personal Systems promette, almeno sulla carta, di rivoluzionare il volo personale, con un sistema garantito come eco-compatibile, silenzioso, e più sicuro di razzi ed elicotteri; gli scettici tuttavia nutrono qualche riserva sul fatto che troppa aria ionizzata potrebbe causare gravi problemi di salute al pilota. Anche se venissero fugati questi dubbi e arrivasse sul mercato un jetpack economico in grado di trasportarci velocemente da un luogo all’altro facendoci dimenticare i problemi del traffico, la sua riuscita commerciale non è certo sicura: basta vedere che fine ha fatto il Segway, sulla carta rivoluzionario mezzo di trasporto personale che avrebbe dovuto finire in ogni casa e invece si è ritagliato solo una nicchia di mercato. Sconfiggere l’automobile non sarà facile, nemmeno volando.

                                              salve,
                                              beh,
                                              ho postato l'articolo,
                                              propio perchè pensavo, se si progetta di dare energia elettrica, con una rete, a zaini volanti,
                                              diventa molto più semplice dare energia ad un semplice motore elettrico in un'auto...
                                              e anche a case fisse...
                                              il principo sarebbe quello delle reti gsm...
                                              calcolo che un 100 Gw possa essere la potenza mediamente necessaria per muovere tutti gli automezzi...
                                              mettiamo altri 50 Gw per usi civili normali...potrebbero aumentare i cosumi, se sostituiamo anche il riscaldamento a metano...
                                              beh ,per stare sicuri, bastano un 50 centrali nuke da 4.000 Mw l'una...
                                              collegate con cavi sotterranei al migliaio di antenne...fino a 10.000...
                                              (naturalmente , si possono pensare anche altri tipi di centrali)

                                              potremmo annullare tutti gli inquinamenti,, elminare i cavi sospesi,
                                              eliminare moltissimi collegamenti,addio al petrolio ...ecc..ecc...(rimane in sospeso solo l'elettrosmog)...
                                              le auto migliorerebbero le prestazioni,basterebbe solo una piccola batteria d'accensione del circuito risuonante...
                                              l'unico problema,come i telefoninii, potrebbero funzionare solo in presenza di "campo" o dove esiste la rete...ma non si può avere tutto...

                                              leggevo anche che non sarebbe possibile far pagare le utenze senza fili...
                                              beh, semplice... basta vedere come si paga tim...
                                              abbonamenti vari,schede prepagate...ecc...
                                              no problem...
                                              beh,che ne penste d 'uno scenariio così?
                                              beh, non conosco bene iil sistema di trasmissione...
                                              qundi per l'elettrosmog sospendo il giudizio..
                                              ora ,tanto per giocare...
                                              la rete di energia che più mi piace...

                                              la rete wicitry, potrebbe essere pensata composta da un 200 centrali a pannelli solari in plastica ,anche a non altissimo rendmento...7/10%
                                              ma resistenti, leggeri, robusti ed affidabili...
                                              da 1000 Km2 l'una, iin orbite varie attorno alla terra,
                                              100 Gw l'uno,
                                              che trasmettono potenza 24 ore su 24, con rendimento almeno del 60% ,
                                              a tutte le auto, le navi, le apparecchiature elettriche,compresi condiizionatori ,ecc, agli elicotteri, e motori a ioni per aerei e anche zaini per voli individuali...
                                              questo permetterebbe di elimnare petrolo e nucleare come sorgenti di energia,
                                              inqunamentii, effetti da CO2,
                                              autonomie illimitate su ogn punto della superficie terrestre,
                                              elminazone di tuttii i cavi...eccc...

                                              adesso voglio vedere... postato il progetto,qualcuno dirà che qualche "illuminato" gà lo usa...

                                              per giocare...
                                              calcoliamo quanta potenza riceve medamente la terra dal sole...
                                              con forti approx,che però rendono bene l'ordine di grandezza deii valori in gioco...

                                              mettiamo un Kw per m2,
                                              dicamo allora un Gw per Km2,
                                              dicamo 100 milioni di km2 utiili mediamente illumnati...
                                              siamo a 100 milioni di Gw dii potenza medamente incassata dalla terra...
                                              beh, i 20.000 Gw, di un rete wicitry satelliitare..
                                              sembrano veramente trascurabili... una frazione di un 100.000 ...

                                              di certo non contribuiamo in maniera significativa ad un surriscaldamento....

                                              dunque, tanto per gocare,
                                              una rete wictry satellitare,,
                                              avrebbe d certo un iimpatto minore di altri progetti, dove si pensava di convogliiare l'energia delle micronde prodotte da grandi satelliti a pannelli solarii, in piccole zone ,per essere raccolte da poche antenne... e poi spedite in rete...
                                              qui l'energiia verrebbe suddivisa in pratica su tutta la superficie terrestre,, secondo le utenze...senza punt di concentrazone particolari

                                              per es...
                                              calcoliamo il consumo di una città di 10.milioni di abitanti,
                                              su 1000Km2,
                                              calcoliamo un kw per abitante,
                                              siamo a 10 Gw, mettamo 20 Gw,per stare sicuri,

                                              dal sole , riceve circa 1.000Gw,
                                              beh, la rete dà un 2% di potenza,
                                              un mezzo grado di calore in pù, su 25° di temperatura media...
                                              meno del surriscaldamento antropico normale delle città....

                                              riguardando alcune specifiche della wicitry,
                                              mi sembra che basta allontanarsi di pochissmo dalle antenne risonanti riceventi,
                                              per pratiicamente anullare l'elettrosmog...
                                              perfetto per reti , meglio se satellitari, ma anche fisse...
                                              se satellitari...le antenne trasmittenti sono sicuramente troppo lontane per dare effettii,
                                              per le riceventii,non dobbiamo pensare che si possano usare in frullatorii, rasoi, lavatrici , piccoli elettrodomesticii...
                                              1-penso che dentro le mura, la ricezione sia troppo disturbata..
                                              2- ogni antenna ricevente deve avere un elaboratore e trasmettitore di dati..e un contatore...troppo costosi e relativamente ingombranti per un rasoio...
                                              3-l'uso in piccoli ambienti chiusi potrebbe essere vietato...per motivii di elettrosmog...
                                              quindi niente vasca a microonde...

                                              allora possiamo pensare ad antenne sul tetto delle case ,o condomiini,
                                              connesse alle normali prese casalinghe...
                                              magari solo in ambienti molto grandi, si possono mettere antenne per usi particolari.
                                              per auto,il circuito risonante e antenna , si mette sul tetto...
                                              basta prevedere una piccola batteria, sia per l'accensione, sia per piccole emergenze,tipo l'attraversamento dii tunnel particolari. senza ripetitori..

                                              beh,l'uso wicitry satelltare, potrebbe facilmente dare energia a basso prezzo anche ai paesi poveri, che non devono installare impianti fissi costosi...ecc..eccc




                                              beh, ho messo in un'altra discussione un'idea abbastanza fanta scientifica di rete globale satellitare ad energia elettrica wireless,
                                              o wicitry...
                                              beh, naturalmente è solo un'dea....
                                              certo, le perplesstà maggori riguardano oltre che l'effciienza del trasporto su lunghe distanze, gli effetti sul corpo umano, e effettii sull'atmosfera...

                                              su haarp, per quel poco che ne so,
                                              si usano fasci di microonde per riscaldare parti di ionosfera,
                                              che si alzano e si stabilizzano, per poterli usare come specchi potenzatii per trasmissioni radio, anche in presenza di shok prodotti da esplosioni nucleari...
                                              per le scie..boh..poi mi ripartono i soliti...

                                              beh,tengo a precisare che i dspositivi wicitry consumano energia elettrica prodotta da centrali,
                                              con rendimenti del 50%...a piccole distanze...per ora... qundi, tesla...
                                              ok...ma solo per quanto riguarda questa parte di idea moolto generale......

                                              per problemi della salute, e dell'ambiente,
                                              penso sia possibile riuscire a risolverli...
                                              nel caso di una rete wicitry satellitare,
                                              che dovrebbe poter funzionare a molti giga herz...o tera...
                                              la grande distanza da terra, rende le antenne di trasmissione non pericolose,mentre le antenne riceventi, basta non siano a drettissimo contatto con corpi umani, distanze di un metro ,o meno se interposti da materiali non permittivi...
                                              annullano in pratica gli effetti...
                                              da notare come nella rete sat, l'antenna ricevente, deve essere di discrete dimensioni,circa un metro,collegata con un computer alla trasmittente, per ottimizzare il trasferimento,
                                              rende impossiibile l'accendersi casuale di parti del corpo umano,,,
                                              e rende non possibile l'uso diretto wicitry di piccoli elettrodomestici dentro le mura di casa...
                                              quindi diminuiscono le pericolosiità...

                                              mentre le antenne si possono pensare poste sui tetti delle case e delle auto...

                                              per l'atmosfera, la rete sparerà i fasci non in zone concentrate,
                                              ma diffusamente su tutta la superficie,secondo le utenze...
                                              e non avendo circuiti risonanti..
                                              avremo riscaldamenti piccolissimi, nell'ordine di centomillesimi ,di quelli naturali dovuti alla radiazione solare...

                                              interessante ,
                                              per abbassare gli enormi costi delle centrali orbitantii,
                                              potremmo pensare motori a ioni per shuttle,
                                              alimentati wicitry,con partenze ed arrivi come normali jet,

                                              beh, potremmo costrure motori a plasma,
                                              con usciita di un Mev,
                                              consumo carburante un kg d'acqua/sec,
                                              motori di oltre 1000 tons di spinta,
                                              potenza trasferita wicitry dell'ordine d i un Gw,
                                              beh...potremmo abbassare i costi nell'ordine dei 100 euri/kg in orbita...

                                              beh,potremmo avere l'energia ad un centesimo per Kwh...non male....

                                              salve leon,
                                              beh ,il progetto riguarda una rete a trasmissione senza fili...
                                              se si produciamo 100 w, e li mettiamo in rete, potremmo utiilizzarne 50.......
                                              gli altri si perdono....
                                              questo è....
                                              per iil resto..non so propio......


                                              il fatto veramente iimportante,
                                              è che se il trasporto d energiia può avvenire su lunghe distanze...mettiamo 1000km,rendmenti superior al 50%,
                                              diventa possibile utlizzare iil pù grande generatore d'energia che abbiamo...il sole...
                                              calcola una produzione di 10+18v gigawatt...
                                              beh..ne produce...il tutto senza problem di inquiinamento, ecc..eccc.vantaggii enormi...

                                              se poi potessimo avere antenne che nello spazio ,ripotenziano e ritrasmettono energia a centinaia di milioni di Km,
                                              potremmo arrivare a colonizzre anche la nube di oort...
                                              ma chiarmente per ora è solo un progetto fantascientifico....

                                              beh,
                                              per quel che ne so...
                                              finora il trasferimento di energia senza fili è sempre stato molto deludente,in termini di rendimento....
                                              poi... il rifermento a tesla era un omaggio all'idea generale...

                                              comunque il mio progetto è di usare come bidone d'energia quella prodotta dal sole...
                                              che è free energy, nel senso che quell'enorme reattore a fusione sparge circa 10+18 GW,a gratis, e lo farà ancora per qualche miliarduccio di anni...

                                              considera che attualmente l'umanità consuma 2000 Gw....
                                              per conquistare il sistema solare dovrebbe arrivare a 10+8 Gw...
                                              c'è nè di potenza.....nel sole...
                                              beh, io ho calcolato una rete di 200 sat da 100 Gw l'uno...
                                              1000 Km2 di pannelli,
                                              peso di ognuna 10.000 tons...
                                              anche costruendo shuttle al plasma...
                                              e portando il costo di un kg in orbita a 100 euri...
                                              una stazione spaziale ce costa un miliardo di euri...
                                              200 miliardi in totale, più sviluppo del progetto, eccc... minimo siamo a 500 miliardi di euri..con tutte le infrastrutture magari arriviamo a 1000 .....
                                              abbastanza .....per un privato....non trovi?

                                              Commenta


                                              • #24
                                                questi sono i pannelli per la rete sat free...

                                                Silicon free
                                                Celle realizzate con nanotubi di carbonio: così ricercatori dell’Istituto Tecnologico del New Jersey promettono l’abbattimento dei costi del solare

                                                Un gruppo di ricercatori dell’Istituto Tecnologico del New Jersey, guidati da Somenath Mitra, hanno sviluppato una cella fotovoltaica economica e facile da usare che non impiega silicio. E grazie ai nanotubi di carbonio di cui è costituita, potrebbe essere disegnata o stampata su pannelli di plastica flessibili . L’idea si è conquistata la prima pagina della rivista Journal of Materials Chemistry e, come sostengono gli stessi ideatori, “le opportunità per le future applicazioni sono infinite”.


                                                “Sviluppare celle solari organiche dai polimeri è un’alternativa economica e semplice”, afferma Mitra. Per fabbricare le celle solari convenzionali, unità di base dei pannelli, è infatti indispensabile avere silicio altamente purificato, ottenuto con un processo che è molto dispendioso. Le celle solari sviluppate dai ricercatori del New Jersey usano nanotubi a parete singola e di forma cilindrica combinati con altri a struttura ultrafine, 50 mila volte più piccola di un capello, detti fullereni. Quando la luce cade su una cella solare organica, l’energia genera cariche positive e negative. Se le cariche vengono separate e mandate verso diversi elettrodi, si crea un flusso di corrente. Per questo i ricercatori hanno realizzato strutture di nanotubi a forma di serpente, che conducono l’energia in modo più efficiente del rame.


                                                “Un giorno sarà possibile crearsi in casa i pannelli solari con apposite stampanti e installarli su una parete o sul tetto creando una stazione fotovoltaica. Si potrà guidare la propria macchina ibrida con il pannello disegnato sul tetto”, sostiene Mitra.

                                                (s.m.)
                                                e li stampiamo su questi tipi di teli...
                                                magari meno costosi
                                                Maciste ultrasottile
                                                Un foglio spesso solo 50 atomi ma resistente come il plexiglass. Lo hanno messo a punto all’Argonne’s Center for Nanoscale Materials

                                                Una piccola meraviglia, lo ha definito uno dei suoi scopritori. All’apparenza un fragile foglio, in realtà una membrana robusta e resistente, anche se spessa solo 50 atomi. Anche quando è sospeso sopra una piccola cavità, infatti, questo materiale dimostra una forza equivalente a quella di uno strato ultrasottile di plexiglass, capace di mantenere la sua integrità strutturale fino a temperature relativamente alte.

                                                Le caratteristiche di questo insieme di nanoparticelle sono descritte da Xiao-Min Lin e colleghi dell’Argonne’s Center for Nanoscale Materials su Nature Materials, dove i ricercatori spiegano come il materiale sia un ottimo candidato per la realizzazione di un sensore a pressione estremamente sensibile, utile nelle applicazioni tecnologiche di precisione. “Se usiamo diversi tipi di nanoparticelle per realizzare lo stesso tipo di membrana sospesa, possiamo immaginare di usare questi apparecchi come filtri chimici per promuovere reazioni catalitiche su scala piccolissima”, ha dichiarato Lin. Oppure questo strato di atomi potrebbe essere usato per realizzare mattoni per costruire nano-oggetti.

                                                I ricercatori hanno immerso in una soluzione un insieme di particelle di oro separate da cuscinetti di materiale organico. Il liquido è stato quindi versato sopra un piccolo chip di silicio. Quando la soluzione si è seccata sui buchi del chip, minuscole fessure che misurano centinaia di nanoparticelle di diametro, si è formato uno strato sottile di materiale la cui forza è stata messa alla prova grazie a un microscopio atomico.

                                                Il risultato, come detto, è stato simile a quello del plexiglass, anche se questo materiale deve la sua forza alle lunghe catene polimeriche che lo compongono. Il materiale messo a punto all’Argonne, invece, deve la sua forza alla compressione delle molecole di oro. (l.g.)



                                                interessante....

                                                http://www.galileonet.it/news/8717/vado-al...simo-senza-fili

                                                Commenta


                                                • #25
                                                  potremmo pensare anche ad una rete wicitry con centrali solari poste a terra,)oppure anche altri tipi di centrali,nuke,eolche...ecc)
                                                  che rimandano ad una rete sat di centinaia di satelliti relativamente piiccoli,con uno schermo risuonante di un centinao di mq2,ognuno,
                                                  che rimandano l'energia agli utenti...
                                                  forse meno costoso, ma di certo meno efficiente...
                                                  e piiù inquinante...


                                                  meno costoso solo se non si mettono a punto motori a plasma wicitry...

                                                  progetti per pannelli

                                                  Bright outlook for solar cells
                                                  Features: July 2007

                                                  Nanotechnology could transform solar cells from niche products to devices that provide a significant fraction of the world's energy, as Edwin Cartlidge discusses

                                                  The burning of skin on a hot summer's day, the awesome power of a tornado or the existence of a simple blade of grass all testify to one thing: the huge amount of energy transmitted to us from the Sun. In a single hour the Sun delivers the same amount of energy as consumed by all of humanity in a year – about 5 × 1020 J – and in 36 hours releases as much energy as exists in the Earth's estimated oil reserves. When you combine this with the fact that solar energy is essentially inexhaustible, available to everyone the world over and generates no greenhouse gases or other harmful pollutants, it seems hard to imagine why we do not make greater use of it.



                                                  Blue-sky thinking
                                                  The main reason is cost. Electricity produced by solar (or photovoltaic) cells costs about $0.30 per kilowatt hour (kWh), whereas that derived from wind costs in the region of $0.05 per kWh and from natural gas about $0.03 per kWh. Technologically, the difficulty in deriving energy from the Sun's rays – as opposed to, say, fossil fuels – is that they have a relatively low energy density. The upshot is that in the US, for example, photovoltaic cells generate only about 0.02% of electricity, with the vast majority of the rest coming from coal, gas and nuclear power.

                                                  This situation is set to change, however. Gradual improvements to the basic single-crystal silicon solar cells have already reduced the cost of photovoltaic electricity by about a factor of 20 in the past 30 years, and the continuing development of cheaper crystalline materials should see this trend continue. According to a report produced by American scientists George Crabtree and Nathan Lewis for the US Department of Energy in 2005, solar cells will become competitive enough – generating electricity at $0.02 per kWh – to be implemented on a massive scale in about 20–25 years' time.

                                                  But some believe that the rise of solar energy could be far more dramatic. Crabtree and Lewis themselves estimate that the widespread use of photovoltaic cells could happen as soon as 2015 if physicists can perfect a new generation of more advanced devices built using nanotechnology. These include cells based on quantum dots or nanocrystals devices, which are potentially both cheaper and more efficient than existing cells. Indeed, such is the promise of these technologies that a report produced for the German government in 2003 predicted that by 2050 photovoltaics could be meeting a quarter of the world's energy needs.

                                                  Such a transformation would require huge political will. However, the increasing urgency with which governments are addressing, or at least discussing, the issue of climate change suggests that this will may emerge. Although the world's emissions of greenhouse gases could be reduced using other non fossil-fuel energy sources, some researchers, such as solid-state physicist Keith Barnham of Imperial College London, believe that photovoltaics could take much of the strain on their own. He points out that if the UK expanded its photovoltaic capacity by 40% each year – which is less than occurred globally in 2004 – then it could more than make up for the loss of generating capacity caused by the closure of its ageing nuclear reactors over the next 20 years.


                                                  Solar-cell basics


                                                  The silicon solar cell has remained essentially unchanged since it was invented at Bell Labs in the US over 50 years ago. Part of a wafer of silicon is doped to create an excess of holes (i.e. a p-type semiconductor) while another part of the wafer is doped to contain an excess of electrons (an n-type semiconductor). At the junction between these two regions, electrons and holes combine to create a potential barrier, which keeps the remaining electrons and holes apart. However, when a photon with sufficient energy strikes the cell, it promotes electrons from the valence band to the conduction band, creating electron–hole pairs. Pairs formed on or near the p–n junction are forced by the electric field to separate so that the holes pass to the p-type region and the electrons to the n-type region, thereby producing a current.

                                                  The performance of a solar cell is measured by its efficiency: the ratio of the electrical power generated to the power of the light incident on the cell. In 1961 physicists William Shockley – who shared the 1956 Nobel Prize for Physics for the invention of the transistor – and Hans Queisser calculated that the simplest kind of solar cell can achieve a maximum efficiency of 31%. This is a cell that consists of a single p–n junction, generates just one electron–hole pair for each incoming photon, is exposed to unconcentrated sunlight, and wastes as heat any incoming photon energies in excess of the semiconductor band gap.

                                                  The vast majority of solar cells on the market today are so-called first-generation cells, which are made from single crystals of silicon. The best-performing (which is considerably less than the record achieved in the lab, by Martin Green and colleagues at the University of New South Wales in Australia, of 24.7%). However, first-generation cells are expensive to produce because of the high costs of purifying, crystallizing and sawing the single silicon wafer. "Second-generation" solar cells aim to reduce these costs by using thin films of silicon and other, compound, semiconductors, such as copper indium diselenide and cadmium telluride, mounted on glass substrates. But while much cheaper than monocrystalline silicon cells, these second-generation devices suffer from structural defects that make them less efficient than their single-crystal counterparts.



                                                  Generation gap
                                                  To try and overcome these limitations, researchers are working on third-generation cells that, if practicable, would yield extremely high efficiencies but be as cheap to produce as thin-film devices (see "Generation gap" figure). The way to make these third-generation devices is to violate one or more of the Shockley–Queisser criteria. One option is to concentrate the sunlight using mirrors or lenses. The number of electron–hole pairs, and therefore the current from a cell, is proportional to the rate of photons arriving at the cell. This effect in itself would not yield a higher efficiency since the current per unit flux of sunlight does not increase. But because the output voltage of a p–n junction increases logarithmically with the current, the power output and therefore the efficiency do in fact increase logarithmically. If all other aspects of the cell remain equal, focusing the incoming sunlight can increase efficiencies up to 41%.

                                                  Another option is to stack multiple cells with different semiconductor band gaps on top of one another. This arrangement allows the device to generate a current from a much wider range of photon wavelengths than a single-crystal silicon cell. Already used to power spacecraft, where cost is not such a big issue, multi-junction cells have an efficiency limit of 43% if they contain two separate junctions, 49% for three junctions and 66% with an infinite number of junctions.

                                                  A further option for exceeding the conventional 31% limit is to convert some of the excess photon energy (i.e. the difference between the photon energy and the semiconductor band gap) into useful energy. One way to do this is to create multiple electron–hole pairs for each incoming photon. For decades it has been known that this phenomenon takes place inside bulk semiconductors, where energetic conduction electrons knock other electrons from the valence band into the conduction band. But this effect is very limited – in silicon, for example, it leads to only just more than one electron per incoming photon.

                                                  However, according to physicist Victor Klimov at the Los Alamos National Laboratory in New Mexico, this so-called carrier multiplication can be enhanced by making solar cells from networks of billions of tiny pieces of semiconductor known as quantum dots, rather than one large piece of semiconductor. In experiments performed last year, Klimov was able to generate up to seven electron–hole pairs per incoming photon by illuminating single 5 nm-sized crystals of lead selenide with extremely brief laser pulses. He says that this process could lead to solar cells with efficiencies of over 40%.

                                                  Klimov admits that he does not know exactly how the quantum dots manage to achieve this photon multiplication, but he believes it may be due in part to the process that occurs in bulk semiconductors and also, possibly, because of the creation of "virtual electrons". This latter process would involve an electron gaining more energy than was deposited from an incoming photon, albeit for a very brief period of time, and then transferring some of its excess energy to an electron in the valence band.

                                                  Quantum dots could also be used to make "hot-carrier" cells, in which the extra energy supplied by a photon is not lost as heat – as it is in conventional solar cells – but instead results in higher-energy electrons and therefore a higher voltage than in a standard cell. Green at the University of New South Wales is one physicist working on this technology. "When building a material from the bottom up in the form of quantum dots, it is possible to manipulate the properties of the material on the micro-scale," he explains. "So by changing the stiffness of the interaction between the quantum dots and the material that they are embedded in, we can reduce the amount of heat that is lost due to atomic vibration."

                                                  Although it could be 10–15 years before this technology reaches the market, Green's group has now built its first cell based on quantum dots, and he thinks that commercial devices based on this technology could reach efficiencies of 20–30%. "I would be very surprised if in 30 years' time solar cells were not using nanotechnology in some way," he adds.


                                                  The quantum-well cell


                                                  Before quantum dots can be used to make solar cells based on either carrier multiplication or hot carriers, however, two crucial hurdles must be overcome. One is how to separate out the electrons and holes generated in such devices – i.e. the function performed by the p–n junction in a silicon solar cell – while the other is to find a way to connect the individual quantum dots. This could perhaps be done by using nanowires or by simply placing the dots close to one another and relying on quantum tunnelling.

                                                  An alternative third-generation device that also takes advantage of nano-scale structures is the so-called quantum-well solar cell. Barnham and colleagues at Imperial College London have built such a cell by sandwiching 50 slices of the semiconductor indium gallium arsenide, which has a relatively low band gap, with each slice just a few nanometres thick, between slightly thicker pieces of gallium-arsenide phosphide, which has a higher band gap. Each slice of lower-band-gap material bounded on either side by the higher-bandgap substrate forms a potential well, into which photons are absorbed and from which electrons and holes then escape thanks to their thermal energy.

                                                  The quantum wells shift the energy range over which the cell operates downwards, and in doing so reduce the band gap of the gallium arsenide so that it can capture a greater fraction of the spectrum of photons striking the cell. This slightly decreases the voltage from the cell (since the average energy of the electron– hole pairs produced is lower), but this drop in voltage is more than compensated for by the increased current, resulting in a higher power output overall. A more obvious way to reduce the band gap of a gallium-arsenide cell is simply to grow a layer of indium gallium arsenide on top of it. But according to Barnham, mismatches in the atomic spacing between the two materials introduce dislocations that reduce the efficiency of the compound material.

                                                  Like other third-generation solar cells, the quantum-well cell would be exposed to concentrated sunlight. Relatively cheap optics focus the incoming light onto a much smaller area of solar cell, thereby lowering the area of cell needed and the overall cost of the system. Since the cell itself makes up a lower fraction of the overall system costs it makes sense to use a more expensive, but higher efficiency, cell. Barnham and coworkers have so far recorded efficiencies of up to 27% in their cell when it was exposed to sunlight that has been concentrated 300 times. The researchers claim that the efficiency of their cell could in fact go beyond 30% by recycling the photons when the electrons and holes recombine, as they inevitably do. Barnham and colleagues recently set up a company, QuantaSol, to commercialize their technology, and plan to sell their quantum-well cells to concentrator manufacturers within the next six to nine months.


                                                  Dyes and plastics


                                                  An entirely different type of third-generation device is the "dye-sensitized" solar cell. Pioneered by Michael Grätzel of the Swiss Federal Institute of Technology and co-workers, it uses a combination of a chemical dye and the wide-band-gap semiconductor titanium dioxide, which is cheaper than silicon. Photons arriving at the cell liberate electrons from the dye molecule, which are then transferred to the conduction band of the semiconductor and out to an electrode. The hole left in the dye, meanwhile, recombines with an electron in a layer of electrolyte that sits between the semiconductor and a second electrode.



                                                  Solar innovators
                                                  One of the virtues of the dye-based solar cell is that the band gap of the semiconductor does not have to be matched to the spectrum of light impinging on the cell; the absorption spectrum of the dye can be easily tuned to this – which is why the cheap semiconductor titanium dioxide, with its wide band gap, can be used. As the semiconductor layer need not be thick, the dye cell can also be mounted on flexible substrates. In addition, because the cells are transparent they can be embedded into windows.

                                                  According to Grätzel, scientists had abandoned this concept because of the limited intensity of light gathered by the dye. But he and his co-workers have shown that this problem can be overcome by using a nano-crystalline form of titanium dioxide. A network of nanometre-sized semiconductor crystals provides a multitude of nooks and crannies in which the dye molecules can bond, multiplying the surface area available to the dye by over 1000 times. Grätzel says that his group's best-performing cell to date has an efficiency of just over 11%, which should, he estimates, make commercially manufactured dye-sensitized cells between three and four times cheaper than conventional silicon cells. This year the company G24 Innovations started the first commercial production of dye-sensitized solar cells at a plant in Cardiff in the UK.

                                                  Finally, a much younger technology than dye-sensitized cells, but one with considerable potential, is the organic solar cell. Such devices, which use plastics as the active component, are potentially far cheaper to make than semiconductor devices. They are also flexible, which means they could be wrapped around surfaces, rolled up or perhaps painted onto structures. Earlier this year David Carroll, a physicist at Wake Forest University in North Carolina, and colleagues claimed to have created a polymer-based solar cell with an efficiency of 6%. Although low by the standards of silicon, this efficiency is nevertheless impressive for polymers, which have a high band gap and are not as good at separating out electron–hole pairs.



                                                  Attention to detail
                                                  Carroll and colleagues achieved their high efficiency by creating nanometre-sized "veins" within the polymer poly(3-hexylthiophene) that guided the electrons and holes rapidly out of the device before they could recombine. However, the researchers believe that they can attain efficiencies as high as 10% by wrapping a polymer around a piece of fibre optic cable. The fibre has two roles: holding the photons within the polymer until they are absorbed; and capturing photons from a greater range of incident angles. This latter point increases the fraction of the day that a cell can perform at peak levels – from about an hour with a thin-film cell to about five hours.

                                                  "Plastic solar cells are definitely here to stay," says Carroll, whose team is currently building prototypes of both the thin-film and fibre varieties. "They make very good flexible cells that are capable of providing more power over the course of a day than silicon. Even six months ago I would not have said this."


                                                  Overcoming the storage problem


                                                  Building efficient, and therefore cheap, photovoltaic cells is not, however, a guarantee that solar power will become a major part of the world's energy mix. Even if these devices can be converted into high-performance commercial products, there still remains the problem of actually building and installing the enormous number of panels that would be needed. Humans currently consume energy at a rate of 13 terawatts (TW), and many experts predict that population growth and economic expansion will increase this figure to about 45 TW by 2050. Generating 20 TW of that energy with panels that are 10% efficient would, according to Crabtree and Lewis, mean installing such panels over 0.16% of the Earth's land surface. Given that only a fraction of this will be met by installing panels on people's homes, vast "farms" will have to be built in areas with significant amounts of sunshine. Attempting to build such farms in the West could, ironically, be opposed on environmental grounds.

                                                  Another hurdle is the infrastructure needed to deliver the solar electricity to where it is needed (when the cells are built in farms). Perhaps the biggest challenge, however, is how to store solar electricity, given that the Sun does not shine all the time. One option, which is already used by producers of nuclear power, involves pumping water up hill when the demand for energy is low and then releasing the water when demand is high thereby generating electricity in the process. Solar energy could also conceivably be stored using batteries or flywheels (see "Energy storage takes off" by Bob Swarup on page 42, print version only) or even through the creation of hydrogen. However, the infrastructure needed to pump the hydrogen to where it is needed would be extremely expensive.

                                                  It therefore remains to be seen whether the current rapid growth in photovoltaic capacity can be maintained. In particular, it is uncertain to what extent governments will back solar power. Germany has set up a programme that guarantees in law that generators of solar energy will be paid a certain minimum amount for their electricity by companies operating electrical grids, which share the extra cost that they incur between their customers. This has resulted in a number of large photovoltaic companies, including Q-cells based near Leipzig in Germany, which is now valued at several billion dollars and is growing extremely quickly. Meanwhile, Japan – which is home to the world's largest photovoltaic manufacturer, Sharp – has plans to increase its solar-cell capacity to about 100 gigawatts (about 30 times the current global capacity) by 2030.

                                                  But other countries do not appear as enthusiastic. In the US, for example, money for photovoltaic research is still hard to come by. The US Department of Energy currently spends about $100m a year on developing solar energy, but only a small fraction of this goes on research into novel technologies. "There are no technical challenges that cannot be overcome," says Carroll. "That is, there are no physical laws that prevent really high-efficiency devices from being built. The technology will be commercialized if the public sector invests."

                                                  Like others, Carroll believes that solar power will account for a significant fraction of world energy production in 10 to 20 years' time. But he thinks that this could happen much sooner – in as little five years – if politicians were willing to fund more research. "You can solve anything with science," he adds. "But you have to pay scientists to do it."

                                                  Edited by superabazon - 31/7/2007, 03:43

                                                  Commenta


                                                  • #26
                                                    Anche antonino zichichi , parla della trasmissione senza fili , e accenna ,al discorso che l'etere ti ri da indietro l'energia di parecchie volte , l'etere funge d'amplificatore , per cui il tuo progetto costerebbe molto meno se questo fosse dimostrabbile ,che bisogno ce di tanta energia , se bastano pochissime migliaia di kwora iniettata nel'etere perche ti amplifichi l'energia ? scusami tanto pero sarebbe una cosa d'aprofondire , visto che potrebbe dimezzare i costi del tuo progetto , a quel punto veramente si puo pensare di proporlo sul serio , visto che hai accesso a tante info particolari non puoi informarti anche su questo , o magari qualcuno del forum . ciao

                                                    ps: perdi il 50% di energia ,ma quel 50% viene amplificato chi sa quanto.

                                                    Commenta


                                                    • #27
                                                      beh, a me basterebbe arrivare a trasmettere un 70% di energia prodotta...
                                                      a quel limte la wiicitry sarebbe più economca comunque di quella con fili...anche se queste mediamente disperdono un 11%....

                                                      certo la rete sat ha enormi vantaggi,
                                                      compresa quello di un mnore impatto sull'atmosfera...

                                                      ma ..non so..in termini economici dovremmo comunque mandare in orbita un 500 sat,
                                                      con antenne risonanti di un 100mq2....
                                                      beh..costa...(un cento miliardi dii euri,,,forse anche 200)

                                                      poi penso ad una rete dii generatori eolici galleggantii,

                                                      al largo e in mari ventosi...
                                                      torri di un 200mt di altezza,con diiametro pale di 200mt..
                                                      potenza 10/15 Mw l'uno..(magari anche 300 mt, con 20/25 Mw...)beh un 10 milioni di euri l'uno dovrebbe bastare....
                                                      due milioni...20 Tw,(2000 miliardi di euri!)
                                                      con una flotta di rimorchiatori ad assisterli...
                                                      oguno trasferisce autonomamente alla rete sat l'energia prodotta...
                                                      non ha bisogno di essere collegato a nulla..qundi basta un ancoraggio in alto oceano, per es.. nella fascia antarchica dove tirano venti a 30 nodi quasi costantemente...
                                                      la rete sat trasferisce agli utenti in ogni punto sulla terra...
                                                      (magari qualcuna andrà in bonaccia... ma in totale sara una piccola percentule)

                                                      beh...magari i costi si abbassano...in attesa degli shuttle al plasma...



                                                      Commenta


                                                      • #28
                                                        ah...
                                                        magari potremmo anche costruire centrali solari, nelle zone desertiche, ad alta insolazione...
                                                        con pannelli a polimeri, molto economici ,rendimento 10%....

                                                        potremmo pensare a molte centrali dii un km2,
                                                        potenza 100 Mw ...
                                                        ,ognuna autonoma...non collegata a niente se non ai satelliiti...
                                                        bstano strade di collegamento per auto per le manutenzioni...

                                                        naturalmente se dovesse sostenere completamente la rete,
                                                        dovremmo pensare a un 500.000 centrali... distribuite lungo tutto l'equatore...

                                                        circa una metà sarà quindi sempre illumiinata...
                                                        qundi ...la rete sat sarà sempre alimentata...

                                                        ma non conosco i costii ,se e dico se..
                                                        arrivvassimo a 10 euri/mt2, arriviamo a 10 milioni l'una...5.000 miliardi..
                                                        per andare sotto le eoliche dovremmo portare il costo sotto a 4 ....

                                                        ma attualmente siamo a molto di più...qundi oltre 100 euri/mq2..

                                                        che le rendono certamente più costose delle eoliche...






                                                        Commenta


                                                        • #29
                                                          ci sono anche i vari sistemi marini ,che sfruttano la sua forza , ponte di archimede ect.
                                                          cmq sarebbe un aiuto al'eolico, al solare e l'eolico galleggiante .ciao

                                                          Le centrali elettriche , potrebbero diventare dei trasmettitori via sat , cioe tutte le case e i palazzi avrebbero i pannelli solari sul tetto e collegati alla rete , inviando l'energia alle centrali (l'opposto di oggi),poi le centrali con dei trasmetitori inviano l'energia via sat a tutte le parti del mondo.

                                                          Commenta


                                                          • #30
                                                            beh,potrebbe essere un' idea...quella della rete dffus solare... non so l'elettrosmog,
                                                            e comunque occorre una rete di generatori.....
                                                            questo per la rete eolica...
                                                            torri d 200 mt,con diametro pale d 300 mt,
                                                            dovremmo essere sui 12 Mw....
                                                            i costii poi si abbassano perchè non dobbiamo collegarle con cavi......


                                                            I record della torre dei venti




                                                            Installata al largo della Scozia “Beatrice”: è la più potente turbina eolica del mondo. Costata 41 milioni, è la prima fase di un progetto europeo per realizzare una maxi-centrale


                                                            ROBERTO RIZZO

                                                            Quando l’elicottero sorvola le acque del Mare del Nord, siamo a una quindicina di minuti dalla meta: la prima installazione in mare della più potente turbina eolica mai costruita al mondo, a circa 25 chilometri dalla costa nord-orientale della Scozia.

                                                            Le turbolenze a cui è soggetto l’apparecchio che ci trasporta al sito sperimentale «Beatrice» evidenziano come il vento da queste parti soffi proprio forte. Anche le mappe eoliche lo confermano: il potenziale del Mare del Nord è enorme, ma è difficile sfruttarlo a causa dei due limiti dell’eolico offshore rispetto alla terraferma: la maggiore complessità tecnologica degli impianti e i costi di manutenzione.

                                                            In media un chilowattora eolico offshore costa il doppio rispetto al kWh onshore, che nei siti più ventosi ha prezzi confrontabili con quelli delle centrali da fonti convenzionali. Si spiega così perché meno del 2% della potenza eolica europea è installata in mare e perché l’Ue promuove «DOWNVInD» («Distant Offshore Windfarms with No Visual Impact iN Deepwater»: Centrali eoliche lontane dalla costa senza impatto visivo in acque profonde), il suo maggiore programma di ricerca nelle energie rinnovabili. «Beatrice» è la prima sperimentazione di «DOWNVInD»: vista dal finestrino, la turbina appare affascinante, ma piccola. In realtà le punte delle tre pale raggiungono i 230 metri, quanto un grattacielo di 75 piani.

                                                            La torre che supporta le pale è di 59 metri ed è incastrata in una struttura di sostegno ultraleggera in lattice e acciaio di 70, ancorata sul fondo marino a 45 metri di profondità, un record per le applicazioni eoliche: finora la «windfarm» più profonda nel Mare del Nord arriva a una ventina di metri. Usata per la prima volta nell’eolico, la struttura è in grado di sopportare sia le rigide condizioni climatiche del sito sia l’urto dell’onda più grande registrata in 50 anni: 15,6 metri.

                                                            Gli effetti del rumore
                                                            I piloni della struttura di sostegno sono protetti dalla corrosione tramite una combinazione di protezione catodica e un insieme di resine. La copertura catodica non è efficace nella zona di impatto dell’onda e qui è stato spruzzato un rivestimento a base di alluminio. Nessuna di queste sostanze ha attività aggressiva sulle specie marine e un gruppo dell’Università di Aberdeen analizzerà i movimenti degli uccelli e l’effetto del rumore della turbina sui mammiferi marini.
                                                            Anche l’impatto visivo dalla costa è trascurabile: si avvista la turbina quando ci siamo lasciati alle spalle già da un po’ la terraferma. Facciamo un giro sopra le piattaforme petrolifere «Beatrice Alpha», «Bravo» e «Charlie» che distano un paio di chilometri dalla turbina e sono di proprietà di Talisman Energy, partner del progetto con il governo scozzese. Non è un caso che la turbina si trovi nelle vicinanze di piattaforme petrolifere: uno degli obiettivi di «DOWNVInD» è infatti dimostrare come alcune delle tecnologie usate per la costruzione delle piattaforme di estrazione offshore di petrolio possano essere trasferite con successo al settore eolico, diminuendone così i costi. Ciò è avvenuto per la realizzazione della struttura di sostegno e per la procedura di installazione, effettuata in due tempi.
                                                            Paradossalmente, l’elettricità del generatore eolico (realizzato dalla tedesca Repower) approvvigionerà le tre piattaforme petrolifere tramite un cavo sottomarino: verrà prodotto il 70% dell’energia consumata sulle piattaforme (si stima che il generatore soddisfi il fabbisogno annuo in elettricità di 5 mila famiglie). Costata 41 milioni, la sperimentazione prevede l’installazione anche di una seconda turbina identica alla prima, cioè di 5 MW di potenza, la maggiore mai raggiunta. Tanto per fare un confronto, la potenza media delle turbine installate in Europa nel 2004 era di 1,3 MW onshore e di 2,1 MW offshore, cioè da due a tre volte meno.

                                                            Appuntamento al 2012
                                                            Tornati all’eliporto di Aberdeen vediamo la squadra di tecnici già pronta a salire sull’elicottero per raggiungere una piattaforma petrolifera che ha bisogno di manutenzione. Tra qualche anno sullo stesso elicottero potrebbero salire i tecnici che controlleranno la centrale eolica offshore che verrà costruita a partire dai risultati dei tre anni di sperimentazione di «Beatrice».
                                                            Si tratterà di una fra le più grandi centrali eoliche del pianeta (200 macchine da 5 MW), che dal 2012 soddisferà il 20% del fabbisogno elettrico della Scozia.


                                                            beh, 41 milion....
                                                            dovrebbe abbassarsi nella produzione in serie a 15 miilioni,,,,

                                                            Commenta

                                                            Attendi un attimo...
                                                            X