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riflessioni economiche su Kyoto

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  • riflessioni economiche su Kyoto

    Al di l&agrave; delle considerazioni di principio, che animano tutti e che provengono dalle convinzioni personali e che spingono alcuni a valutare ogni temporale come prova inappellabile dell&#39;apocalisse imminente, altri a rifiutare qualsiasi dato allarmante archiviandolo come “fluttuazione senza significato”... ritengo che il problema del trattato di Kyoto vada analizzato anche sotto altri aspetti. Più concreti.<br>Tralascio volontariamente ogni considerazione sui rischi ambientali e sui rischi di approvvigionamento, se ne parla diffusamente in altre discussioni comunque, non perchè non esistano, ma per limitare la riflessione a un campo non soggetto alla visione ideologica individuale.<br><br>Il trattato di Kyoto esiste, l&#39;Italia lo ha sottoscritto e presto comincer&agrave; a far sentire i suoi effetti completi. Non parlo degli effetti di riduzione della CO2 a livello climatico, ma più banalmente degli effetti economici. Che si creda o meno alla catastrofe climatica penso che questi vadano considerati seriamente.<br><br>Come sappiamo tutti il trattato di Kyoto è stato firmato nel 2001 da 120 paesi. Ne sono esclusi soltanto Croazia, Kazakhistan e Monaco ( ) e ce ne importerebbe poco, ma sopratutto<b> Australia e USA</b>.<br>L&#39;adesione al trattato da parte degli USA in effetti c&#39;era stata con Clinton, poi il Bush Junior l&#39;ha ritirata, ma molti fattori lasciano pensare che il prossimo presidente USA, chiunque esso sia (non Bush perchè è gi&agrave; al secondo mandato... se Dio vuole <img src="http://codeandmore.com/vbbtest/images/customimages/249e04b40910d02743e49ee4f469b01b.gif" alt=":P"> ) aderir&agrave;, magari con qualche distinguo e occhio di riguardo, ma aderir&agrave;.<br><br>Quindi con gli effetti del trattato occorrer&agrave; fare i conti. E non sono conti da nulla. Entro il 2012 (domani&#33 l&#39;Italia dovrebbe ridurre del 6.5&#37; le emissioni. Ma l&#39;attuale tendenza è in aumento.<br>Secondo alcuni si potrebbe sfondare di 600 milioni di tonnellate il limite.<br>Inoltre L&#39;UE ha gi&agrave; rivisto al rialzo questi obiettivi di riduzione, ora siamo al 20&#37;.<br>Le sanzioni previste (40€ per tonnellata nel triennio 2005 – 2008 100€ per tonnellata dopo) non sono leggere e obbligheranno a un utilizzo pesante delle “emission trading” obbligandoci ad acquistare all&#39;estero quote di CO2 emissibili, con esborsi comunque notevoli.<br><br>A questo andr&agrave; aggiunto il probabile continuo aumento della “bolletta energetica”, cioè del costo che il sistema Italia sostiene ogni anno per l&#39;importazione di energia e fonti energetiche dall&#39;estero.<br><b>Nel 2006 è stata di circa 48 miliardi di euro. Oltre il 3&#37; del PIL.</b><br><br>A questo occorrer&agrave; aggiungere probabilmente altro. Gi&agrave; qualcuno pensa a una tassa sulla CO2 (<a href="http://www.uvek.admin.ch/dokumentation/00476/00477/01185/index.html?lang=it" target="_blank">http://www.uvek.admin.ch/dokumentation/004...ex.html?lang=it</a>) e la cosa potrebbe diventare meno improbabile di quanto si pensi se davvero le preoccupazioni climatiche salissero bruscamente di livello.<br><br>Oltre ai doverosi e fondamentali discorsi su risparmio e ottimizzazione energetica credo che questi nuovi dati economici mettano in una luce totalmente nuova e da ricalcolare da zero tutti i conti economici che si fanno sull&#39;economicit&agrave; di molte scelte.<br><br>Il discorso si può fare anche per il nucleare è ovvio, ma a me interessa puntualizzare che in quest&#39;ottica gli sforzi verso le rinnovabili acquistano un senso ben diverso dai soliti calcoli sul costo al kWh alla produzione.<br><br>Un kW installato di fotovoltaico permette un risparmio di oltre una tonnellata di CO2 in Italia. Molto di più che in altri paesi europei. Che questo <b>ora</b> non cambi di granchè il fatto che <b>ora </b>il FV ed il solare termoelettrico non sono convenienti e bisogna incentivarli concordo. Che le cose restino uguali nel 2025 non ci metterei la mano sul fuoco però.<br>Consideriamo inoltre che se decidiamo di ridurre le emissioni intervenendo su altri aspetti (coibentazione edifici, norme all&#39;industria, ecc) questo non sar&agrave; mai a costo zero. O servono incentivi o si dovranno accettare cali di competitivit&agrave; industriale. Non si sfugge. <img src="http://codeandmore.com/vbbtest/images/customimages/bc51f4af07e480749d4571ccb60061ac.gif" alt=""><br>Ed anche le soluzioni adattabili alle tecnologie tradizionali per il recupero della CO2 immagino non saranno proprio gratuite.<br><br>Tralasciando la tentazione di aggregarci a Australia e Monaco, la domanda è &quot;Davvero investire nelle rinnovabili è inutile e costoso? Non è che si tende a trascurare qualche possibile costo imprevisto (o non considerato <img src="http://codeandmore.com/vbbtest/images/customimages/fe93a8aeadd3d33f4b94c4c2aef284c2.gif" alt="&lt;_&lt;"> ) che alla fine salta fuori e ribalta tutto? &quot;<br><br>Non voglio indicare risposte, ma solo stimolare la riflessione.
    “Il fatto che un'opinione sia ampiamente condivisa non è affatto una prova che non sia completamente assurda.” Bertrand Russell

  • #2
    effettivamente, se il trattato di Kyoto fosse davvero una bufala (niente di strano), chi se lo è inventato potrebbe averlo fatto in visione di far aderire il maggior numero di Stati del mondo, per poi rivelare sottobanco l&#39;inghippo ad alcuni Stati per i quali si è pianificato di far riemergere l&#39;economia in confronto agli altri. Del resto le conseguenze analizzate da Bright sono proprio esclusivamente sul piano economico ... pare infatti che sul lato ambientale ci siano tanti pareri discordanti tra loro.<br>Che sia la strada giusta?<br><br>A proposito ... chi gestir&agrave; il mercato del credito/debito CO2 e relativi interessi? ... dalla risposta a questa domanda penso si otterrebbero molte più informazioni di quante ce ne occorrano ... è il &quot;qui prodest&quot; (sempre che si scriva così)

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    • #3
      qui c&#39;è qualcosa di attinente ... almeno un punto di vista in più (abbastanza completo direi)<br><a href="http://www.disinformazione.it/mondo_idrogeno.htm" target="_blank">http://www.disinformazione.it/mondo_idrogeno.htm</a><br>... in particolare quando dice <div align="center"><div class="quote_top" align="left"><b>CITAZIONE</b></div><div id="quote" align="left"><i>aderire al misero Protocollo di Kyoto, che per il clima è poco più di un’Aspirina che tenta di sconfiggere un febbrone da cavallo?<br>Il Protocollo è troppo “politico” affermano gli USA: in altre parole, se noi aderiamo perdiamo tot punti percentuali di crescita, tot valore del dollaro ed avvantaggiamo altri paesi.</i></div></div><br>

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      • #4
        In effetti il problema del protocollo di Kyoto è che appare poco più di un pannicello caldo. Però non tanto o non solo perchè l&#39;America non vi ha ancora aderito, quanto perchè si sa perfettamente che i più pericolosi emettitori di gas serra ne restano esclusi.<br>E&#39; vero che finora i maggiori emettitori sono stati i paesi occidentali, ma le cose stanno cambiando in fretta e presto Cina ed India (che sono esclusi da Kyoto&#33 arriveranno a produrre addirittura più dell&#39;occidente.<br>Il fatto di tenere fuori da questo accordo i paesi emergenti è ovviamente stato deciso per evitare di penalizzare quelle economie, ma è altrettanto ovvio che la penalizzazione dovr&agrave; esserci per tutti. Il fatto che altri abbiano iniziato da decenni non può essere un pretesto per penalizzarli, o almeno non si può realisticamente pretendere che si facciano carico solo loro del problema rassegnandosi ad accettare forti limitazioni unilaterali.<br>Anche perchè si sa perfettamente che in caso di vera crisi climatica non saranno gli Stati Uniti a reggere il maggiore urto.<br>Serve un Kyoto due che ponga obiettivi credibili e fattibili a tutti, paesi emergenti compresi. La pressione demografica in quei paesi è sicuramente un problema, ma non è un motivo realisticamente proponibile ora per sognare improbabili riconversioni eroiche di economie come quella americana.<br><br>Una volta deciso che la rotta da seguire è quella della riduzione dei gas serra quella rotta va imposta a tutti, ovviamente gradualizzandola secondo le possibilit&agrave; di ogni realt&agrave;. <img src="http://codeandmore.com/vbbtest/images/customimages/82aa2b22b65e6366c5c0b0a088563be7.gif" alt="">
        “Il fatto che un'opinione sia ampiamente condivisa non è affatto una prova che non sia completamente assurda.” Bertrand Russell

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        • #5
          Caro compositore<br><div align="center"><div class="quote_top" align="left"><b>QUOTE</b></div><div id="quote" align="left">A proposito ... chi gestir&agrave; il mercato del credito/debito CO2 e relativi interessi? ... dalla risposta a questa domanda penso si otterrebbero molte più informazioni di quante ce ne occorrano ... è il &quot;qui prodest&quot; (sempre che si scriva così)</div></div><br>Aggiungerei anche come si calcola l&#39;emissione di CO2 &quot;consentita&quot;.<br>Ovvero ogni nazione può emettere, senza incorrere in penalizzazioni, tot tonnellate per abitante o un tot per km2?<br>In entrambi i casi si avrebbe ad esempio il caso della Libia che ci vende il petrolio e poi anche le quote di CO2.<br>Vivranno di rendita per i prossimi 50 anni, senza cambiare nulla nelle emissioni.<br>Altra possibilit&agrave;, sempre con la Libia come esempio, invece di comprare dalla suddetta il petrolio e le quote CO2, potrebbe essere conveniente costruire centrali termolettriche direttamente vicino ai pozzi petroliferi.<br>E si risparmia la quota.<br>Inutile dire che tale soluzione non cambierebbe di una virgola il problema inquinamento, lo sposterebbe di qualche grado di latitudine a sud, ma sappiamo anche che i venti espatriano facilmente.<br>La quota presa come riferimento &quot;accettabile&quot; è quella degli USA o quella media mondiale?<br>Nel caso che il riferimento sia, ad esempio, una produzione pro capite attuale di un cittadino occidentale, sarebbe possibile per la Cindia continuare ed incrementare a dismisura la produzione di CO2.<br>Se invece si usa un parametro medio o attuale si costringono i paesi meno sviluppati a non progredire, pena multe o sospensione dei contributi.<br>Anche questo non è bello.<br>Al di l&agrave; del problema vero o presunto dell&#39;incidenza antropica sul fenomeno riscaldamento globale, la soluzione appare come un tentativo maldestro di fare qualcosa, tanto per mettere a tacere la coscienza.<br>L&#39;Italia, infine, non ha la minima possibilit&agrave; di rientrare nel novero dei paesi &quot;virtuosi&quot;, per cui dobbiamo prepararci a pagare il petrolio a prezzi crescenti ed in più le multe per le emissioni (siamo gi&agrave; fuori di un 20&#37; e peggioriamo).<br><br>Ciao<br>Tersite
          Ogni problema complesso ha una soluzione semplice. Ma è sbagliata
          Quando gli dei sono adirati contro un popolo mandano un filosofo a governarlo

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          • #6
            io la vedo pure peggio di così<br><br>secondo me solo inizialmente ci sar&agrave; lo sbilanciamento che prevedi tu.<br>in un secondo momento le quote verranno ristrette sempre più per innescare un fenomeno di credito globale di tutti gli Stati in maniera indiscriminata ... perchè no?<br>Alla fine gli interessi sul debito sono gestiti sempre dalle stesse persone ...

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