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PBMR, Reattore modulare su letto di ciottoli

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  • PBMR, Reattore modulare su letto di ciottoli

    Leggo su internet che un nuovo impianto PBMR (reattore nucleare modulare su letto di ciottoli) e' nelle fasi finali di progettazione e verra' presto costruito in South Africa nella zona di Koeberg circa 180 km a nord di Cape Town (io ci sono stato li).
    Non avendo molta idea di quella che si stava parlando sono andato a vedere che diceva Wikipedia sull'argomento prendendo spunti (che qui ho incollato per vostro semplice riscontro) per capire e nel caso apprezzare la tecnologia.
    Leggo con piacere che il sistema e' costruito in modo da riscaldare direttamente i fluidi per far girare la turbina che a sua volta produce energia anche se la cosa non mi e' molto chiara, le centrali tradizionali producono calore che produce vapore e con quello si fa girare una turbina multistadio, approfondiro' anche questo argomento.

    Quello che e' importante e' scoprire come questo nuovo tipo di reattore funziona, le sue potenzialita' e, ovviamente le possibili applicazioni in Italia.

    Aggiungo qui l'articolo trovato in rete che parla di questo nuovo tipo di reattore.
    A voi come sempre i commenti.

    SB

    CITTÀ DEL CAPO, SUDAFRICA – Il Sudafrica è la sede più improbabile per il lancio di una rivoluzione globale nel settore dell’energia nucleare: l’unica centrale africana occupa un tratto di costa desolata a nord di Città del Capo. Eppure, all’estremità meridionale del continente – all’ombra di un vecchio, obsoleto reattore a raffreddamento idrico – il gigante a partecipazione statale Eskom e i suoi partner internazionali vogliono costruire il primo reattore commerciale pebble-bed (letteralmente “a letto di ciottoli”) del mondo. Agli occhi di chi lo ha progettato, il reattore modulare a letto di ciottoli è la promessa del “Rinascimento africano”, l’inizio di una seconda vita a partire dal nucleare. Il Pbmr (questa la sigla con cui viene indicato l’impianto, n.d.t.) è più sicuro, più pulito, più piccolo e gestibile di una centrale nucleare tradizionale, spiega Tom Ferreira, portavoce del consorzio Pbmr. I sostenitori del progetto, inoltre, sottolineano che le caratteristiche del reattore lo rendono «a prova di fusione e di dispersione». «Con un impianto del genere è praticamente impossibile che si verifichino incidenti della gravità di quelli di Three Mile Island e di Cernobyl», continua Ferreira.

    Una scelta obbligata?

    Per gli scettici, però, il progetto Pbmr è solo un inutile ritorno a una forma di energia da tempo abbandonata perché ritenuta troppo pericolosa e costosa. La costruzione di nuovi reattori era stata infatti bloccata in seguito all’atteggiamento antinucleare diffusosi nell’opinione pubblica mondiale dopo il disastro di Cernobyl del 1986. È dagli anni Settanta che in America non viene commissionata la realizzazione di una nuova centrale, e la maggior parte delle associazioni ambientaliste vorrebbe che le cose restassero così. Ma dal momento che attualmente il Sudafrica, gli Stati Uniti e molti altri paesi si trovano a dover soddisfare fabbisogni energetici sempre maggiori – e allo stesso tempo cresce la preoccupazione in merito al problema del riscaldamento globale – questo orientamento nei confronti del nucleare deve per forza di cose cambiare. In Finlandia si sta costruendo un nuovo reattore, e lo stesso sta avvenendo in Giappone e in altre nazioni asiatiche. La stessa amministrazione Bush, ansiosa di ridurre la dipendenza americana dal petrolio straniero, sta spingendo per un revival del nucleare.

    Nel frattempo, il governo sudafricano è impegnato nel tentativo di garantire l’energia elettrica a milioni di cittadini che non ne hanno beneficiato nel periodo dell’apartheid. Il carbone, che attualmente copre il 90 per cento del fabbisogno energetico nazionale, è sì economico e abbondante, ma anche altamente inquinante. E le rinnovabili – come il solare e l’eolico – hanno anche loro dei limiti. Le centrali idroelettriche, d’altra parte, al momento non rappresentano una soluzione praticabile. Rimane, almeno per ora, solo il nucleare.


    Un sistema a prova di imprevisti

    Secondo Andrew Kadak, docente del dipartimento di ingegneria nucleare del Mit, tutto questo fiorire di interesse per il Pbmr, e per il nucleare di nuova generazione, indica una volontà di recupero a livello mondiale di tale forma di energia. «Ora bisogna solo costruire gli impianti e spiegarne i vantaggi all’opinione pubblica», commenta. Le ridotte dimensioni e la relativa semplicità sono, secondo i suoi sostenitori, le doti principali del reattore modulare. Per costruire una nuova centrale di questo tipo ci vogliono appena due anni, a fronte dei sei, come minimo, richiesti per la realizzazione di un impianto tradizionale. E al contrario delle vecchie centrali, con una potenza costante di 1100 megawatt, il Pbmr è adattabile alle oscillazioni del fabbisogno energetico locale. Una volta completato il nucleo da 165 megawatt, si possono aggiungere dei moduli addizionali.

    Un reattore modulare produce energia allo stesso modo di quelli tradizionali, sfruttando il calore generato da una reazione nucleare a catena per alimentare una turbina elettrica. La differenza principale tra i due sistemi consiste nelle modalità di immagazzinamento del combustibile a base di uranio arricchito, e nella trasmissione del calore all’impianto. Invece che di vecchie barre di alimentazione, il Pbmr è disseminato di “ciottoli” di grafite grandi quanto palle da tennis, ognuno dei quali contiene migliaia di minuscole particelle di diossido di uranio. Inoltre, un sistema modulare alimenta le turbine con elio surriscaldato e non con il vapore. A detta di Ferreira, il Pbmr sarebbe quindi per sua natura più sicuro, perché il suo funzionamento impedisce il surriscaldamento eccessivo, e quindi la fusione, del materiale radioattivo. «Con un reattore convenzionale, bisogna adottare tutta una serie di precauzioni per evitare che la reazione a catena sfugga al nostro controllo», spiega. «In un Pbmr, il difficile è solo innescarla». In caso di malfunzionamento del sistema, il reattore si spegne automaticamente, il calore si disperde e la radioattività è contenuta.


    Cogliere al volo un’occasione

    Il sistema modulare ha già ottenuto dei significativi successi. Un prototipo costruito negli anni Sessanta in Germania ha funzionato senza intoppi per oltre ventun’anni, finché il governo non lo ha chiuso in seguito al disastro di Cernobyl. Nel 1993, un ricercatore tedesco ha portato il progetto alla Eskom, che ha deciso di commercializzare tale tecnologia. Ora, il gruppo spera che questo programma da un miliardo di dollari possa guadagnare al Sudafrica una posizione leader nel Pbmr. C’è ancora bisogno dell’autorizzazione governativa, però, e bisogna risolvere molti altri problemi. Earthlife Africa, un’associazione ambientalista, ha trovato un cavillo che potrebbe insabbiare il piano prima del definitivo via libera. Il maggiore motivo di preoccupazione per gli ecologisti è il fatto che gli ingegneri che hanno progettato il Pbmr sono talmente convinti della sicurezza del sistema da sostenere l’inutilità delle misure di controllo periodico e degli impianti di contenimento necessari per i reattori tradizionali. In teoria, è proprio questa maggiore semplicità a rendere la costruzione del Pbmr più economica di quella delle centrali a raffreddamento idrico. «Se fosse possibile affermare con sicurezza che eventuali incidenti e sabotaggi sono così improbabili da risultare straordinari, allora l’assenza di protezioni potrebbe essere giustificata», scrive Edwin S. Lyman,responsabile scientifico del Nuclear Control Institute di Washington. «Ma nel caso del Pbmr rimangono dei margini di incertezza».

    Ciò nonostante, se il primo Pbmr funzionerà, il consorzio spera di riuscire a dominare entro il 2010 un mercato globale delle centrali energetiche da cento miliardi di dollari. Non solo: il gruppo ha intenzione di offrire anche servizi aggiuntivi, come la desalinizzazione dell’acqua per la produzione di idrogeno tramite il calore generato dalla reazione nucleare. E proprio per l’idrogeno, il consorzio vuole chiedere l’anno prossimo il finanziamento degli Stati Uniti. Ferreira riconosce che il Sudafrica ha poche possibilità di soddisfare tutte queste aspettative. Il programma Pbmr africano è in una fase molto avanzata, ma anche la Cina e il Mit stanno lavorando a iniziative analoghe. Imprevisti e ritardi potrebbero impedire a questo paese in via di sviluppo di cogliere l’occasione, più unica che rara, di entrare a far parte delle nazioni leader del mondo in ambito tecnologico. «Nel mondo verranno costruiti prima o poi dei reattori pebble-bed, non importa se saremo noi i primi a farlo», conclude Ferreira. «C’è uno sforzo talmente grande per raggiungere questo obiettivo che mi sembra impossibile non si realizzi».




    Reattore nucleare modulare pebble bed
    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
    Il reattore nucleare modulare pebble bed noto anche come PBMR (acronimo inglese di Pebble Bed Modular Reactor), oppure come come PBR (Pebble Bed Reactor) o come HTGR (High Temperature Gas Reactor) é una serie di progetti avanzati di reattore nucleare a fissione con caratteristiche innovative.
    I fautori di questa tecnologia dichiarano un aumento notevole del livello di sicurezza e di efficienza energetica. Invece di acqua, il reattore utilizza ciottoli di grafite pirolitica come moderatore di neutroni, ed un gas inerte o semi-inerte come elio, azoto o anidride carbonica come refrigerante, a temperature molto alte, per muovere una turbina direttamente. Questo elimina il complesso sistema di gestione del vapore ed aumenta l'efficienza di trasferimento (rapporto tra potenza elettrica e termica) a circa il 50%.
    Inoltre, questi gas non disciolgono contaminanti o assorbono neutroni come invece fa l'acqua, dunque il nucleo contiene meno fluidi radioattivi da contenere e risulta più economico rispetto ad un reattore BWR oppure PWR, ad acqua leggera o pesante
    Storia
    Il concetto di base venne ideato dal prof. Rudolf Schulten nel 1950, allo scopo di costruire un reattore molto semplice e sicuro, con un combustibile standardizzato. Il punto cruciale fu l'idea di combinare combustibile, struttura, contenimento, e moderatore in una piccola e resistente sfera. Ciò venne reso possibile dalla disponibilità di forme di carburo di silicio e grafite pirolitica che erano molto resistenti, anche a temperature di 2000°C. La geometria naturale delle sferule strettamente impaccate provvede alla formazione degli spazi di raffreddamento ed alla giusta densità di combustibile per il nucleo del reattore. Per rendere la sicurezza ancora più semplice, il nucleo ha una densità di potenza bassa, circa il 3,3% di quella di un reattore nucleare ad acqua leggera. Questa tecnologia venne sviluppata in Germania ma per ragioni politiche e tecniche si decise di abbandonarla. È attualmente allo studio in varie forme da parte del MIT, e dalle società PBMR (Sud Africa), General Atomics ed Adams Atomic Engines INL (USA), Romawa B.V. (Olanda), e Chinergy (Cina, in collaborazione con la università di Tsinghua).
    Nel novembre 2005, venne annunciato che un nuovo PBR sarebbe stato costruito nella località di Koeberg, in Sud Africa.
    Disegno di base
    Come ogni reattore nucleare a fissione, il PBMR produce calore, impiegato per muovere una turbina che é collegata ad un generatore elettrico. Il combustibile nucleare, che può essere uranio, torio oppure plutonio, comunque fortemente arricchito, è costituito da sfere di grafite in cui sono disperse sferette di ossido di uranio con rivestimento multistrato in carbonio inerte, carburo di silicio e grafite pirolitica (che è un modesto moderatore dei neutroni) dispersi in grafite contenuta dentro ciottoli sferici in grafite pirolitica. Questi ciottoli si trovano in un recipiente a pressione in acciaio di forma cilindrica con calotte emisferiche; il contenitore (caldaia) è internamente rivestito in grafite, che ha un effetto riflettente sui neutroni emessi dalla reazione. Un gas inerte (elio) viene fatto circolare attraverso la caldaia e sottrae calore alle sfere; uscendo dalla caldaia a circa 900 °C; scambia quindi calore con un circuito d'acqua separato, un po' come nel reattore reattore Magnox, che vaporizza inviando quindi il vapore in una turbina convenzionale. In alternativa, il gas caldo viene inviato alla turbina, che sfrutta il salto entalpico, muovendo sia gli alternatori che un compressore.
    Comparazione con i reattori convenzionali
    Il principale vantaggio dichiarato del reattore "pebble bed" é di essere intrinsecamente sicuro. Infatti, all'aumento della temperatura si modifica l'orientamento della grafite pirolitica, che quindi varia le proprie capacità moderatrici: i neutroni emessi dal combustibile diventano più veloci, e non sostengono la fissione perché aumenta la cattura da parte del U238, limitando la potenza generata. Dato che la caldaia è progettata in modo da disperdere più calore di quanto non se ne produca nelle condizioni critiche descritte, si riesce ad ottenere una condizione di stallo nella quale il reattore, pur non interrompendo del tutto la generazione di calore, si pone spontaneamente in condizioni di limitazione dell'emissione di neutroni. Un secondo importante vantaggio sta nella continuità del funzionamento. Infatti le sfere di grafite, del diametro di circa 60 mm (una pallina da tennis), circolano all'interno del reattore in modo continuo (ve ne sono costantemente qualche centinaio di migliaia), e una certa quantità ne esce, mossa dal flusso di elio, viene separata dal gas e rimessa nel reattore, meno qualche sfera spurgata se trovata esaurita al controllo, ed ovviamente reintegrata. Non è quindi necessario fermare il reattore per il refueling (ricarica).
    Un vantaggio economico del PBMR sui reattori moderati/raffreddati ad acqua, leggera o pesante, è che opera a temperature maggiori. Il PBMR può riscaldare direttamente fluidi per turbine a bassa pressione.
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