Decrescita, involuzione "sostenibile"? - EnergeticAmbiente.it

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Decrescita, involuzione "sostenibile"?

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  • #61
    Originariamente inviato da ggavioli Visualizza il messaggio
    esiste un problema di limitazione delle risorse disponibili e quale può essere un modo equo per gestirle stimolando la creatività umana?
    Bel tema. Ambizioso, e poco gestibile praticamente. La mia esperienza mi porta a dire che è meglio fare un passo per volta, magari discutendo quale sia la direzione giusta!

    Per "risorse" cosa intendiamo?
    L'aria, l'acqua, il suolo; i generi alimentari; l'energia; la cultura...
    Esiste una "disponibilità globale", ed esiste la distribuzione e fruizione.

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    • #62
      Originariamente inviato da Smilzo Visualizza il messaggio
      La mia esperienza mi porta a dire che è meglio fare un passo per volta, magari discutendo quale sia la direzione giusta!
      Tu hai perfettamente ragione circa la complessità del tema, ma se si vuol parlare di "decrescita" in contrapposizione a "sviluppo sostenibile", è inevitabile prendere in considerazione tutte le risorse implicate in tutte le attività umane.
      Diversamente occorre cominciare a restringere i concetti di decrescita e sviluppo.
      Ad esempio ci si può limitare a parlare di "decrescita economica" e di "sviluppo economico sostenibile".
      Allora le risorse di cui verificare la disponibilità e l'equa fruibilità sarebbero quelle economicamente rilevanti.
      Certamente tra queste le risorse energetiche, ma non solo quelle.

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      • #63
        decrescita o sviluppo sostenibile; in economia

        Se restringiamo la discussione a "decrescita economica" o "sviluppo economico sostenibile", posso riportare alcune mie considerazioni, vecchie di quattro anni, riferite ai moventi statisticamente significativi dell'agire dei "decisori economici" in una sana economia di mercato in cui si devono supporre sostanzialmente libere d'agire, sia la domanda, sia l'offerta.
        Naturalmente, per definizione e per scopo, la pubblicità distorce l'equa concorrenza dei soggetti economici e dei consumatori a fornire a se ed agli altri beni e servizi vitali.
        " Anche se gli eventi percepiti come relativi ad una attività economica sono i più vari e spesso non confrontabili tra loro, per tutte le attività economiche reattive alle modifiche percepite in uno o più dei mercati economici dei consumi e delle risorse coinvolte, è apprezzabile un movente unico, cioè che il soggetto titolare dell’attività ritenga possibile aumentare il valore aggiunto realizzabile dall’insieme delle iniziative assunte.
        In un’economia di libero mercato (o meglio dei liberi mercati delle risorse e dei prodotti), l’unico indice di attività capace di confrontare i livelli di attività tra attività economiche diverse è quello che economicamente ed equamente giustifica il loro sorgere, o l’eventuale abbandono:
        Valore Aggiunto annuo prodotto, non reddito annuo percepito a fronte del capitale usato nell'attività.
        Occorre che tutti concordino sul fatto che la ricompensa del capitale e del rischio di impresa è solo una parte del VA prodotto, traendone tutte le logiche conseguenze, anche sociali e politiche."
        D’altro canto è proprio sulla somma del valori aggiunti delle attività economiche e sul loro sviluppo nel territorio, che complessivamente si confrontano tra loro le economie di territori diversi.
        Il confronto sul PIL ha senso tra sistemi economici con analoghe strutture delle attività economiche e quasi stabili.
        Infatti possono essere molto diversi i pesi relativi delle principali categorie di attività economiche (agricola, industriale, terziaria, terziaria avanzata, finanziaria).
        In tal caso il confronto deve essere arricchito per poter predire i comportamenti economici, specie se si stanno modificando i pesi relativi delle categorie d’attività, o se cambia la disponibilità e quindi la remunerazione delle risorse necessarie per svolgerle.
        Ultima modifica di ggavioli; 01-09-2009, 14:44.

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        • #64
          Sono molte le risorse necessarie

          Si dovrebbe sempre tener presente che sono ben più di una o due le risorse necessarie per trasformare delle opportunità tecniche in benefici per se e/o per gli altri.
          Tra le risorse necessarie vi sono certamente, in misura assai variabile: ambiente, territorio, infrastrutture, strutture edilizie, impianti, materie prime, energia, competenze, assunzione del rischio, iniziativa, capitali.
          Di ciascuna di queste risorse esiste il mercato corrispondente e le persone fisiche aventi la titolarità di una particolare attività umana (i decisori economici) non è detto che siano portatrici di una o di un'altra risorsa.
          ((A mio personale parere, in un'attività che sia ritenuta un "soggetto economico" sono da considerare interni all'impresa i portatori di risorse umane che non fatturano ma ricevono stipendi e quelli che portano risorse economiche ricevendo solo la parte di utili d'impresa non reinvestiti nell'attività.
          Anche le risorse economiche necessarie per gli acquisti da ammortizzare possono infatti essere acquistate pagando interessi di mercato ed in definitiva nell'impresa economica nessuno dovrebbe ritenersi il proprietario.
          Dentro l'impresa economica, l'insieme di tutti i portatori interni delle risorse necessarie all'attività dovrebbe essere consultato prima di decisioni molto rilevanti per la vita dell'impresa.))

          Molte ideologie fondamentaliste (e quindi liberticide, ma qualcuno ritiene opzionale anche la libertà) tendono invero a ritenere appunto fondamentale un solo tipo di risorsa contrapponendola di fatto ad altre o ad una in particolare (capitale contro manodopera; ambiente contro iniziative umane; territorio contro assunzione del rischio d'impresa; merito contro pari dignità umana; ......).
          Ovviamente qualunque fondamentalismo è un errore che può essere fatale e questo sì che è fondamentale.
          In verità è il giusto dosaggio di tutte le risorse disponibili che permette il successo di un'impresa economica.
          Successo che non è mai assoluto, ma sempre relativo a quello dei soggetti economici suoi naturali concorrenti.
          Ultima modifica di ggavioli; 02-09-2009, 11:02.

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          • #65
            Parliamo di decrescita economica. Perchè hai introdotto il Valore aggiunto?

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            • #66
              Attenzione!
              Questo è un Forum che tratta tematiche inerenti le forme di Energia Rinnovabili.
              Prego, evitate le divagazioni sociopolitiche, di fatto OT, quindi sanzionabile da Regolamento.

              Pace!
              Gym
              Dal giorno 08/02/2017 questo account è inattivo.
              Per favore non inviate alcun messaggio (soprattutto mail) al sottoscritto riguardante questo Forum poiché non otterrete alcuna risposta.
              Grazie!

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              • #67
                Parliamo di: decrescita economica e/o sviluppo economico sostenibile

                Per non generare confusione ho appunto ristretto alla sfera economica il confronto tra "decrescita" e "sviluppo sostenibile".
                L'ulteriore restrizione della discussione;
                - dall'opportunità o necessità della moderazione dell'uso in generale delle risorse a riscontro economico,
                - all'opportunità della moderazione dell'uso dell'energia;
                è la sfera più ristretta che stò indagando nella discussione:
                http://www.energeticambiente.it/disc...-duratura.html
                Mi sembra che sia comunque opportuna una visione un po' più ampia della gestione delle risorse a riscontro economico.
                Il punto che in questa discussione vorrei fosse esaminato è l'intercambiabilità delle risorse e l'opportunità di ridurre in generale l'uso delle risorse (non solo energetiche) non rinnovabili utilizzando risorse rinnovabili, o, ancor meglio, risorse molto più sviluppabili di quanto lo siano ora.
                Parlando in termini economici è usuale confrontare realtà economiche anche diverse, in base al Valore Aggiunto prodotto.
                Questo, per qualunque soggetto economico, tecnicamente non è altro che la differenza tra il corrispettivo economico dei servizi o dei beni offerti al mercato e la somma delle fatture pagate per le risorse necessarie alla loro produzione da parte di quel soggetto economico.
                Nell'intervento n. 63 ho giustificato il fatto che ogni uso economico di risorse (di qualunque tipo) debba avere riferimento al VA.
                D'altro canto questo è il tipo di riferimento usato dall'Agenzia delle Entrate (IVA), come pure da parte dell'ENEA quando valuta l'efficienza energetica delle attività economiche.
                Ovviamente in caso di decrescita economica non sparisce il Valore Aggiunto, caso mai si riduce.
                In caso di sviluppo economico sostenibile, generalmente il Valore Aggiunto cresce (come pure il PIL di un territorio, che è somma di tutti i valori aggiunti prodotti dai soggetti economici del territorio), ma senza intaccare le risorse non rinnovabili (non solo quelle energetiche).
                ((Credo che questo forum sull'energia e sull'ambiente possa permettersi una visione un po' più ampia delle risorse da salvaguardare o sviluppare per rendere sostenibile un passaggio non doloroso dell'umanità su questo pianeta.))
                Ultima modifica di ggavioli; 05-09-2009, 03:12.

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                • #68
                  Azioni di pubblico interesse e dinamiche di mercato

                  E' bene chiarire (indipendentemente dalle mie preferenze circa i rapporti tra le persone interne ad essa) che un'impresa economica, nei mercati delle risorse e dei prodotti agisce come un soggetto giuridico unico (soggetto economico con propria partita IVA).
                  All'interno dei mercati delle risorse e di prodotti è equivalente ad uno stato sovrano nel commercio internazionale.
                  Ai mercati delle risorse e dei prodotti in un territorio (in genere corrispondente ad uno stato) si sovrappone l'azione regolatrice della Pubblica Amministrazione per salvaguardare gli interessi generali per il territorio di competenza, ritenuti tali per decisioni assunte nelle dovute forme.
                  Non so se a livello di una comunità territoriale si possa decidere che è possibile uno sviluppo economico sostenibile o che occorre una decrescita economica.
                  Più spesso la comunità territoriale, direttamente o tramite suoi rappresentanti, decide se è necessario preservare o sviluppare talune risorse presenti nel territorio o nelle competenze dei suoi abitanti.
                  Una delle risorse principali che mi risulta si debba preservare è la libertà personale e di iniziativa economica degli italiani.
                  In via generale, l’azione della Pubblica Amministrazione deve però garantire che la domanda sia davvero libera di selezionare le iniziative che offrono i migliori beni e servizi richiesti da altre attività economiche, o dai consumatori, evitando, se possibile, che le richieste siano distorte da pubblicità fallace.
                  Tipico campo di attività direttamente od indirettamente gestito dalla Pubblica Amministrazione è la promozione e/o la salvaguardia di risorse che i soggetti economici usano (almeno indirettamente), però dandone per scontata la disponibilità (con remunerazione per equilibrio domanda/offerta e trascurando gli aspetti non legati alle attività economiche).
                  Tipiche risorse trattate come illimitate e quindi con prezzo inadeguato sono l'ambiente e le risorse umane (salute, cultura....).
                  In via generale le attività economiche non si impegnano a promuovere e salvaguardare direttamente le risorse sociali strategiche.
                  Vi è impegnata invece la P.A. fornendo (direttamente o indirettamente) servizi specifici pagati con prelievi fiscali sul valore aggiunto prodotto dai soggetti economici e sulla remunerazione di alcune risorse (incluse le risorse umane).
                  Ultima modifica di ggavioli; 06-09-2009, 15:24.

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                  • #69
                    Differenze tra interessi generali e particolari

                    Se tra i consumatori fosse adeguatamente diffusa la consapevolezza della necessità di preservare od incrementare le risorse socialmente strategiche ed altrettanto diffusi fossero i mezzi monetari corrispondenti ai costi reali per ottenere la fornitura dei relativi servizi, i consumatori potrebbero richiedere quegli stessi servizi a libere attività economiche tra loro in concorrenza.
                    Questa potrebbe risultare un’opzione meno costosa, a pari qualità di servizio, di quella che può predisporre la Pubblica Amministrazione.
                    L’offerta da parte di libere attività economiche potrebbe anche adattarsi meglio alle richieste del singolo consumatore, certamente più articolate (ma non è detto più sagge) delle richieste stimate dalla P.A.
                    Molti “se” condizionano il “mercato dei consumatori” nel richiedere talune risorse di valore strategico.
                    Spesso le risorse più strategiche hanno valenza solo collettiva (ambiente e territorio), oppure gli effetti negativi del loro sperpero sono dilazionati nel tempo (energia e clima), o pesano su soggetti (giovani) non in grado, al momento della fornitura dei servizi (cultura di base), di remunerarli e/o valutarne la necessità a confronto con altri beni e servizi (comunicazione di svago), la cui richiesta è magari più stimolata dalla pubblicità, spesso fuorviante.
                    Se però si vuole correggere i comportamenti “naturalmente miopi” delle singole attività economiche (che hanno orizzonte temporale medio di cinque anni), occorre che l’azione della Pubblica Amministrazione quantomeno possa convincere i soggetti economici a ridurre l’uso di talune risorse che, per consapevolezza collettiva (per legge o referendum), debbano essere non dilapidate; o essere usate, ma ripristinate alle caratteristiche iniziali (come fossero catalizzatori); od utilizzate a tassi non superiori a quello di un naturale ripristino.
                    Ultima modifica di ggavioli; 08-09-2009, 06:03.

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                    • #70
                      Originariamente inviato da ggavioli Visualizza il messaggio
                      Nell'intervento n. 63 ho giustificato il fatto che ogni uso economico di risorse (di qualunque tipo) debba avere riferimento al VA.
                      ... come pure da parte dell'ENEA quando valuta l'efficienza energetica delle attività economiche.
                      Questa non la sapevo. Puoi dare maggiori dettagli?

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                      • #71
                        Non con obblighi e divieti, che creano repressione

                        Mi sembra davvero ragionevole auspicare che la gente riconosca la priorità alle attività vitali ed eviti (o riduca) i consumi inutili, specialmente se fondamentalmente promossi solo da pubblicità martellante.
                        Mi sembra però ampiamente dimostrato che l'appello alla buona volontà non raggiunge un quorum sufficiente ad incidere sulle medie dei consumi in Italia e quindi sugli effetti ambientali (nemmeno con Pubblicità Progresso).
                        D'altro canto spero bene che nessuno, anche se credesse di essere depositario della verità su consumi e spese utili o inutili, intenda procedere per via di obblighi e divieti.
                        Non si dimentichi poi che l'Italia, almeno ufficialmente, ha un'economia di libero mercato inserita in un mercato europeo e mondiale che dovrebbe essere di libero scambio delle merci e di libera circolazione delle persone.
                        Lo ricordo perché avviare la decrescita (anche solo economica) di una singola persona, o di un gruppo liberamente costituito di tutte persone consenzienti, è relativamente possibile basandosi sulla loro buona volontà, ma risulta difficilmente sostenibile man mano che l'ambito territoriale cresce.
                        Le stesse ragioni di libertà personale alla base della prospettiva di decrescita impediscono che ai componenti di un gruppo di persone territorialmente circoscritto si vieti una personale (o famigliare) crescita economica, se tale stimolo è personalmente percepito prevalente sull'ideologia della "decrescita solidaristica obbligatoria".

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                        • #72
                          Una via liberista per ottenere benefici collettivi

                          Per me è tuttavia possibile trovare un equilibrio condiviso tra l'esasperazione autocentrica del darvinismo sociale ed una società fondamentalista ideologizzata e tendenzialmente repressiva verso visioni di vita diverse.
                          Alcuni valori che ritengo condivisibili (soliderietà, democrazia, impegno personale, sussidiarietà) non sono pura mediazione tra fondamentalismo e relativismo, bensì sono vie maestre del convivere umano in modo che l'aspirazione del singolo non penalizzi il bene della collettività sociale in cui agisce, né avvenga il contrario.
                          E' poi dai risultati di benessere percepito e di pace sociale, che si può giudicare la sostenibilià di una qualunque idea di società.
                          ((Personalmente ritengo che ci sia modo di valutare la ragionevolezza della remunerazione delle risorse che ogni persona investe per contribuire a fornire a se ed agli altri beni e servizi per consentire e migliorare la vita umana.
                          Anche dall'equità della ripartizione del valore aggiunto prodotto tra i partecipanti ad un'impresa economica si può valutare la sostenibilità o meno del fondamentalismo della decrescita (o della crescita comunista) e del fondamentalismo capitalista.))

                          Aumentare la convenienza economica relativa delle soluzioni tecniche più favorevoli agli obbiettivi d'interesse generale pare la meno liberticida tra le opzioni politiche disponibili.

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                          • #73
                            Originariamente inviato da ggavioli Visualizza il messaggio
                            ...Sviluppo o Decrescita che sia o che si voglia che sia,
                            esiste un problema di limitazione delle risorse disponibili e quale può essere un modo equo per gestirle stimolando la creatività umana?
                            Mi limito a questa frase in quanti mi sono un pò perso nel mare delle tue riflessioni.
                            La limitazione delle risorse esiste, ovvio. Tra l'altro sulle Scienze di settembre c'è un ottimo articolo che riconsidera le famose previsioni del "club di Roma", ridicolizzate e respinte per anni, dimostrando come fossero in realtà abbastanza corrette se riparametrate su un arco temporale più lungo.
                            In sostanza NON era catastrofismo smentito dai fatti, ma una lucida analisi che ha sbagliato soltanto la previsione dell'inizio della crisi.
                            E l'articolo non ha peli sulla lingua a indicare anche il principale vettore che spinge alla crisi, che non è la carenza relativa di risorse o l'organizzazione socio-economica, ma l'esplosivo ed inarrestabile fattore demografico inteso non solo come crescita numerica semplice della popolazione (che già è un problema), ma anche e sopratutto come crescita delle aspettative e dei bisogni della stessa popolazione.
                            In sostanza si comincia a dire chiaramente quello che in realtà già si sapeva. Non esiste decrescita o comportamento virtuoso con diminuzione dell'impronta ambientale che tenga! Questi sono solo "sollievi intellettuali" che concediamo alle nostre coscienze. La realtà è che non esiste alcun possibile comportamento, anche generalizzato, da parte della minoranza benestante della popolazione mondiale che possa ormai arginare le dinamiche tendenziali macroeconomiche del mondo.
                            Se pure domani l'intera popolazione occidentale riuscisse ad accordarsi per "decrescere" del 30% (cosa ovviamente del tutto utopica) questo non porterebbe a disposizione del singolo del resto del mondo una maggiore quantità di risorse!! Anzi, la depressione degli scambi internazionali porterebbe a una forte riduzione dei mezzi di scambio a disposizione delle popolazioni povere per accedere alle risorse.
                            In sostanza è possibile che il conto delle riserve teoricamente disponibili per ogni persona al mondo salirebbe di un pochino, ma è sicuro che molte persone perderebbero, con la decrescita del sistema economico, ogni mezzo finanziario per accedere non solo a quella parte di riserva, ma anche a tutto il resto!
                            Dato che la crescita esponenziale della popolazione è stata possibile solo grazie all'enorme aumento di produttività alimentare del mondo e dato che questo aumento è prodotto ESCLUSIVAMENTE dall'enorme aumento di utilizzo delle fonti energetiche fossili a sua volta determinato dall'abbassamento dei costi di queste è OVVIO e BANALE che qualsiasi aumento di costo di queste ultime o diminuzione della possibilità di spesa delle popolazioni che da queste dipendono alimentarmente condurrà a una spaventosa crisi alimentare per nulla mitigata dall'eroico sforzo occidentale di rinuncia al SUV! Con quali conseguenze sull'armonia mondiale è facile prevedere.
                            A voler essere perfidi si potrebbe interpretare una decrescita occidentale, con rinuncia agli scambi commerciali, come il perfetto mezzo per garantire alla propria popolazione un arco più lungo di durata delle risorse togliendo di mezzo nel contempo e senza colpo ferire una parte enorme di possibili pretendenti in futuro allo stesso livello di benessere! Non male per un'ideologia che si richiama alla "socialità".


                            Questo, a mio modestissimo parere, dovrebbe essere la prima pietra tombale sulle visioni decrescitrici, comprese quelle banalmente solidaristiche, se non francamente caritatevoli, tipiche degli ambienti religiosi (che già portano un grande fardello di responsabilità per le sciagurate posizioni pro-demografiche comunque). Non sto dicendo che siano inutili. Sto dicendo che sono negative, da combattere attivamente! Esattamente come le posizioni svagatamente ed ironicamente ottimistiche di chi si illude che "come sempre qualcosa faremo". Sono due facce della stessa medaglia.

                            Compreso questo si tratta semmai di mettersi d'accordo su una terza via, alternativa ad entrambe, che possa evitare la catastrofe.
                            “Il fatto che un'opinione sia ampiamente condivisa non è affatto una prova che non sia completamente assurda.” Bertrand Russell

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                            • #74
                              l'età della pietra, non è terminata per carenza di materia prima
                              l'età del bronzo, non è terminata per carenza di materia prima
                              il mondo non è morto di fame per la carenza di nitrati preconizzata nel XIX° secolo

                              quando una risorsa diviene costosa, ci si ingegna per trovarne di nuove e, sviluppare tecnologie che superino l'impasse

                              se conviene, si cercano le soluzioni

                              Odisseo
                              (n.b. modifica effettuata per correggere la firma)
                              Ultima modifica di odisseo; 09-09-2009, 15:08.
                              (E d'un tratto capii che il pensare è per gli stupidi, mentre i cervelluti si affidano all'ispirazione. (cit. Arancia meccanica) - Ma se quella non arriva, il cervelluto stà inguaiato assai (Odisseo - Gigantosaurus Carinii Patagoniae)

                              Commenta


                              • #75
                                Originariamente inviato da Smilzo Visualizza il messaggio
                                maggiori dettagli?
                                certamente
                                http://www.enea.it/produzione_scient...ati_Prima.html
                                http://it.wikipedia.org/wiki/Valore_aggiunto
                                http://it.wikipedia.org/wiki/Pil
                                Ultima modifica di ggavioli; 09-09-2009, 15:05.

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                                • #76
                                  Originariamente inviato da BrightingEyes Visualizza il messaggio
                                  Questo, a mio modestissimo parere, dovrebbe essere la prima pietra tombale sulle visioni decrescitrici, comprese quelle banalmente solidaristiche....... Non sto dicendo che siano inutili. Sto dicendo che sono negative, da combattere attivamente! Esattamente come le posizioni svagatamente ed ironicamente ottimistiche di chi si illude che "come sempre qualcosa faremo". Sono due facce della stessa medaglia.
                                  Personalmente preferisco non usare preconcetti ideologici generalizzati.
                                  Non portano nemmeno a risultati parziali.
                                  Leggi i miei primi 6 interventi a partire da #21

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                                  • #77
                                    Originariamente inviato da ggavioli Visualizza il messaggio
                                    Personalmente preferisco non usare preconcetti ideologici generalizzati.
                                    Non portano nemmeno a risultati parziali.
                                    Mah, forse non ho compreso totalmente i tuoi interventi (del resto abbastanza pesanti da gestire in toto visto che ne inserisci molti a ripetizione su aspetti diversi e abbastanza complessi) però non mi pare proprio che tu non adotti "preconcetti ideologici". Alla fine tutto ciò che è discutere di decrescita è ideologia politica, e di per sè il termine non ha nulla di negativo. Ovviamente si discute per confrontare visioni diverse sul come indirizzare i "decisori economici e politici" e questa è ideologia.
                                    Io ho capito una tua forte avversione alla pubblicità, che vedi come provocatrice di consumi inutili. Posizione rispettabilissima ma di ideologia (preconcetta è una precisazione inutile, se è una mia posizione ideologica è quasi certo che è "preconcetta" in quanto sintesi di un precedente percorso di riflessione, ovviamente). Altri hanno posizioni opposte, pur sempre ideologiche. Tutte sono utili in una discussione, solo una porta a risultati perchè viene applicata. E' su quei risultati previsti e prevedibili che si fissa la mia attenzione.
                                    Hai poi inserito riflessioni come questa:
                                    Originariamente inviato da ggavioli Visualizza il messaggio
                                    -------------
                                    Veramente ciò avviene anche perché i decisori economici, specialmente nella grande industria, hanno la cattiva abitudine, quando cala la richiesta del prodotto tipico, di ridurre in proporzione il personale attivo.
                                    In verità ho potuto constatare che spesso, avendo già gli impianti e mantenendo il personale, è possibile e conviene di più, ridurre i consumi energetici in proporzione maggiore.
                                    Riflessione che mi trova del tutto contrario e che ritengo frutto di visioni ideologiche preconcette. Lascia trasparire l'immagine (molto "pubblicizzata" da certe ideologie) dell'imprenditore ottuso e grezzo che pensa solo a come tagliare senza rendersi conto che basterebbe... ecc...
                                    Chiunque abbia un minimo di conoscenza del mercato del lavoro sa perfettamente che il costo annuale di un lavoratore ai livelli salariali minimi (i famosi 1000€/mese) per l'azienda raggiunge e supera i 30.000€/anno. Le aziende in grado di intervenire in risparmi energetici su cifre superiori (impegnando oltretutto, come dici, altre "risorse umane" che costano) per singolo lavoratore non sono certo la maggioranza, anzi... Io rispetto ogni opinione, ma sinceramente sul fatto che questa sia una ricetta fattibile per combattere la disoccupazione... ho rispettosamente qualche dubbio. In caso di crisi produttiva le aziende per sopravvivere DEVONO ridurre la forza lavoro (insieme ai consumi). E' il semplice rovescio della medaglia dell'aumento dei posti di lavoro in caso di crescita economica. Se lo vuoi evitare o eviti la decrescita o studi soluzioni di assistenza alternative, scaricare una presunta responsabilità sulle spalle delle aziende è esiziale. E' già stato fatto in passato e ha condotto soltanto alla scomparsa di una parte importante di aziende che han delocalizzato, chiuso, ristrutturato, accorpato, esternalizzato ecc. ecc.
                                    Tornando al tema, io ho detto la mia. Forse non ho ancora chiara la tua proposta, ma non credo che invitare a rileggere gli interventi, che evidentemente non sono stato in grado di comprendere totalmente, risolva molto. Alla fine, in parole semplici, qual'è la proposta da fare ai decisori politici?
                                    Ultima modifica di BrightingEyes; 10-09-2009, 13:49.
                                    “Il fatto che un'opinione sia ampiamente condivisa non è affatto una prova che non sia completamente assurda.” Bertrand Russell

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                                    • #78
                                      Comunque, vediamo di limitare il discorso alla definizione di un percorso possibile (che vuol dire sopratutto realistico) verso un obiettivo condiviso e mantenerci collegati con l'argomento primario del forum.

                                      Si è parlato di pressione sui decisori politici per una scelta orientata al rispetto dell'ambiente. Sul punto credo siamo tutti in accordo.
                                      A mio parere esiste una sola strada. L'idea di una importante decrescita volontaria da parte della popolazione "ricca" la vedo del tutto utopica, però molto meno utopico è orientare i consumi di ogni cittadino in modo da tendere, se non raggiungere, un sostanziale equilibrio fra risorse prodotte e risorse consumate.
                                      Questo, in senso astrattamente letterale, dovrebbe significare ricostituire ogni grammo di risorsa consumata, ma è ovviamente impossibile pensare che ogni famiglia coltivi 10 chili di grano o 6 caschi di banane in nome dell'equilibrio!
                                      Dato che però ogni risorsa alla fine si traduce in un costo energetico (e gli alimenti non fanno eccezione) ecco che si può configurare una soluzione che permetta da un lato di "rinunciare" di fatto anche al 100% del fabbisogno energetico che ora acquistiamo o ci prendiamo dalle riserve del mondo (ottenendo quindi una decrescita di domanda energetica più efficace di qualsiasi comportamento irrealisticamente virtuoso e che davvero può lasciare a disposizione delle popolazioni del terzo mondo riserve per loro preziose), ma dall'altro di mantenere una dinamica di consumi che salvaguardi gli scambi commerciali e di riflesso occupazione e benessere diffusi.
                                      L'obiettivo sta nel raggiungere una totale autonomia di produzione energetica, pulita e rinnovabile, da parte di ogni stato occidentale, rinunciando allo sfruttamento delle fonti fossili. Anche a costo di un graduale rivoluzionamento completo del sistema produttivo.
                                      E' una cosa che solo l'occidente ricco può affrontare. Perchè necessita di investimenti, tecnologie e spazi di manovra impossibili in molti paesi arretrati.
                                      E' del resto del tutto ridicolo sperare che Cina, India, Africa e c. si mettano ora la mano sulla coscienza e accettino di non fare quel che abbiamo fatto noi, divertendoci parecchio, perchè ora ci siamo resi conto che è pericoloso. E' una pretesa inaccettabile ed infatti non la accettano!
                                      Invece noi possiamo iniziare un grande cambiamento del sistema di produzione energetica che porti, in decenni, ad avere tantissime persone occupate (con relativo reddito) nella produzione di energia e pochissime occupate nella produzione di beni, che resteranno appaltati ad altri paesi. L'esatto contrario di cosa abbiamo adesso e che tanti problemi sta creando al sistema sociale in quanto nè l'industria nè il settore pubblico assorbono più gli aspiranti al reddito garantito.
                                      Per fare questo servono decisioni politiche e sociali. Serve l'accettazione da parte della gente del fatto che l'era dell'energia a bassissimo costo da noi è finita e serve (per i nostri figli) cambiare registro. Che poi lo si faccia solo con le FER o con anche il nucleare (a fissione pulita e a fusione fredda o calda possibilmente) è argomento di decisione della singola comunità. Le due soluzioni presentano vantaggi e svantaggi e tutto sta nel dare gli strumenti conoscitivi alla gente per fare scelte informate. Cosa che ad es. non è stata fatta nell'87 lasciando credere che la rinuncia al nucleare di allora non fosse costosa, ma anzi un guadagno ed impedendo così qualsiasi seria iniziativa di sviluppo FER che a quest'ora avrebbe potuto renderci il paese leader in Europa nel settore!
                                      “Il fatto che un'opinione sia ampiamente condivisa non è affatto una prova che non sia completamente assurda.” Bertrand Russell

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                                      • #79
                                        Originariamente inviato da BrightingEyes Visualizza il messaggio
                                        La limitazione delle risorse esiste, ovvio. .... La realtà è che non esiste alcun possibile comportamento, anche generalizzato, da parte della minoranza benestante della popolazione mondiale che possa ormai arginare le dinamiche tendenziali macroeconomiche del mondo.
                                        (Rispondo in ritardo, ma nell'ordine, ai tuoi utili interventi)
                                        Caro e lungimirante interlocutore, non è assolutamente mia intenzione dimostrare che sei (o eventualmente dodici) miliardi di esseri umani possono trovare sulla terra risorse rinnovabili (a tempo indefinito, non infinite) per godere di beni e servizi equivalenti a quelli di cui gode circa la metà della popolazione dei paesi più sviluppati.
                                        In verità, potrei far notare che le risorse energetiche rinnovabili (continuamente provenienti direttamente o indirettamente dal sole) sarebbero materialmente sufficienti per molte più persone di quelle ora servite con le fonti energetiche minerali.
                                        (vedi allegato)
                                        A mio parere uno grosso problema sta nel fatto che i paesi ricchi hanno depredato per centinaia d'anni e senza criterio le risorse presenti nei territori che abitavano ed in quelli abitati da altri, senza preoccuparsi delle future disponibilità.
                                        Molte popolazioni sono state depredate anche delle loro culture di sopravvivenza nei loro territori con tecnologie per noi primitive (età della pietra, oppure medioevali) e che noi non sapremmo utilizzare, ma adatte ad un equilibrio possibile.
                                        Ora le aspettative di abbondanza inculcate anche nelle popolazioni povere dalla globalizzazione non possono essere soddisfatte in mancanza di cultura adatta, che non può essere assimilata in poche decine d'anni da intere popolazioni.
                                        Infatti le popolazioni degli attuali paesi ricchi hanno avuto centinaia d'anni di tempo per modificare le tecnologie e adeguare le culture (e viceversa).
                                        (vedi in #21): "Peraltro il 90 % della popolazione dei paesi più poveri (con 80 % della popolazione modiale) non ha alcun mezzo economico per consumare risorse non rinnovabili."
                                        Ultima modifica di ggavioli; 12-09-2009, 22:40.

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                                        • #80
                                          L'allegato mostra la disponibilità teorica di risorse energetiche rinnovabili.
                                          File allegati

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                                          • #81
                                            Originariamente inviato da BrightingEyes Visualizza il messaggio
                                            la crescita esponenziale della popolazione è stata possibile solo grazie all'enorme aumento ...... di utilizzo delle fonti energetiche fossili
                                            Tra le molte risorse necessarie per svolgere le attività umane l'energia commerciale è necessaria solo per compiere attività che sono fotocopia di quelle svolte nei paesi ricchi ed a prevalente favore economico dei soggetti più ricchi attivi nei paesi ricchi.
                                            Per ridurre in modo equo l'uso delle risorse energetiche non rinnovabili, occorre che al più presto (entro il 2080) sia assegnata ad ogni persona umana la stessa quantità di risorse energetiche minerali (in pratica la stessa emissione di CO2 da carbonio minerale).
                                            Sulle possibilità tecnologiche di ottenere in Italia risultati compatibili con questo obbiettivo, la discussione è pienamente aperta in
                                            http://www.energeticambiente.it/disc...-duratura.html
                                            In questa discussione preferirei mantenere una visione più generale sulle possibilità di indirizzare intere popolazioni all'uso ottimale delle risorse utili alla vita dell'uomo ed effettivamente a loro disposizione.
                                            Naturalmente non sono esenti da questi problemi nemmeno le popolazioni dei paesi ricchi e raggiungere un ragionevole equilibrio parte dalla possibilità di concordare all'interno della popolazione residente il livello di uso delle risorse effettivamente disponibili.
                                            La conoscenza degli effettivi limiti d'uso ragionevole delle risorse apparentemente disponibili è quindi preliminare a raggiungere una duratura pace sociale anche all'interno di popolazioni tecnologicamente evolute.
                                            Così una valutazione del perché, ad esempio, occorra limitare a livello mondiale l'uso delle energie non rinnovabili è un tema che deve essere ben noto alla popolazione ed è giusto sia sviluppato, possibilmente altrove nel forum.
                                            Alcune mie considerazioni in materia sono comunque riportate in allegato.
                                            Ne ricavo solo una breve citazione:
                                            "Certamente con le tecnologie più efficienti disponibili già nel 1985, il consumo d'energia fossile per unità di PIL dei paesi più ricchi ora sarebbe la metà. ........
                                            Parimenti se lo sviluppo tecnologico nei paesi emergenti si fosse basato sulle tecnologie più efficienti man mano disponibili invece che sul riciclo di tecnologia obsoleta dei paesi ricchi, il loro sviluppo reale non sarebbe stato comunque ostacolato ed ora il loro consumo annuale di fossili sarebbe un terzo dell'attuale."
                                            File allegati
                                            Ultima modifica di ggavioli; 13-09-2009, 17:15.

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                                            • #82
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                                              A mio parere uno grosso problema sta nel fatto che i paesi ricchi hanno depredato per centinaia d'anni e senza criterio le risorse presenti nei territori che abitavano ed in quelli abitati da altri, senza preoccuparsi delle future disponibilità.
                                              Si, concordo perfettamente. Non penso però che questo possa essere interpretabile come una "colpa" a cui rimediare. Da sempre l'uomo si comporta in questo modo, conquista e predazione sono il leitmotiv di tutta la storia umana. La cosa è parzialmente cambiata soltanto con l'abbondanza energetica. Al tempo dei nostri nonni una preoccupazione su un supposto diritto di benessere sui livelli occidentali per le popolazioni asiatiche od africane sarebbe stato argomento di grasse risate.
                                              Anche ora per il 99% della popolazione l'argomento è secondario alle sempre maggiori preoccupazioni quotidiane.
                                              Il "criterio" nello sfruttamento delle risorse non c'è stato semplicemente perchè era del tutto impossibile che ci fosse. La situazione dei paesi colonizzatori fra il 600 e fine 800 era forse peggiore, come livello medio di vita, della situazione in cui sono ora moltissimi paesi in via di sviluppo che, come giustamente fai notare, non sono minimamente in grado di affrontare questa corsa al benessere con "criterio". Quello che in occidente ha preso decenni di tempo in questi paesi si fa in anni o mesi con numeri moltiplicati. L'attenzione alla conservazione della natura e delle risorse conseguentemente è molto, ma molto, peggiore.
                                              Se l'indonesia sta distruggendo le proprie foreste a ritmo suicida lo è per la globalizzazione che richiede la risorsa legname in numeri altissimi, ma anche per l'immane spinta di moltissime persone che non hanno alternative economiche per raggiungere quel benessere economico di tipo occidentale che non so se gli abbiamo "inculcato", ma che certamente non era nemmeno possibile nascondere loro! Se a fornire il legname delle foreste indonesiane fossero quattro gatti localmente pur con tutta la voglia di guadagno eticamente scorretta che le multinazionali possono avere non ci sarebbe alcun problema. Il legname dall'Indonesia sarebbe carissimo e utilizzato da pochissimi. E' l'aumento della disponibilità di manodopera a bassissimo costo unita all'abbondanza di riserve naturali ad aver trasformato queste società in formicai occupatissimi a scavarsi letteralmente il terreno sotto i piedi, e l'aumento di manodopera deriva dalla esplosione demografica supportata dalle risorse energetiche fornite dal mondo occidentale, non dalla globalizzazione che è solo il risultato perverso del sistema economico occidentale sguinzagliato senza controllo in queste regioni!
                                              E' un pò ridicolo e strumentale illudersi che le culture tradizionali siano volutamente attaccate da un qualche complotto pubblicitario della cultura prevalente, spesso è la semplice esistenza nel mondo reale della cultura avanzata che annichilisce l'arretrata.

                                              Tipico esempio: l'esploratore che trova la tribù nella giungla ancora all'età della pietra. Se c'è contatto fra le due culture, per quanto amichevole e rispettoso sia, la cultura più arretrata viene sbranata. Semplice e inevitabile "Shock culturale" Secoli di tradizione e fede vengono spazzate via in un secondo. Basta un bambino con un'infezione curata con la pomata antibiotica e l'intera cultura sciamanica perde qualsiasi credibilità. Nessuno in realtà impedisce alle popolazioni dei paesi in via di sviluppo di mantenere le proprie tradizioni e stili di vita. Sono i singoli che decidono. Sono le singole famiglie che decidono che una vita in una bidonville è preferibile alla sana vita della giungla che facevano i suoi bisnonni (portando alla pubertà 2 bambini su 10!), non la pubblicità! Non c'era in realtà nessuna alternativa (pratica, sul teorico possiamo sbizzarrirci!) al comportamento delle nazioni colonizzatrici. Anzi.. a dirla tutta io sono convinto che solo l'ormai avanzato livello di sfruttamento tecnologico dell'energia da parte delle culture colonizzanti ha evitato che queste colonizzazioni si risolvessero come si sono risolte nei secoli precedenti tutte le colonizzazioni. Conquista ed assoggettamento totale con cancellazione di ogni retaggio culturale precedente e imposizione della cultura vincitrice! Cosa che è stata parzialmente fatta, ad esempio, anche con le colonizzazioni recenti di Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda. In questi casi il colonizzatore si è limitato a prendere il territorio (non a saccheggiarlo) mirando ad assorbire la cultura locale. In forma più o meno soft in base alla resistenza locale, ma alla fine il risultato è quello. Ed è perfettamente naturale per la razza umana.
                                              E' abbastanza patetico pensare che esista la possibilità che Australiani, Neozelandesi o Americani di discendenza europea abbandonino queste terre a ciò che resta delle "culture locali" no? Altrettanto patetico è immaginarsi una "critica" a questo comportamento che è stato molto meno violento di quello adottato dai romani con il resto d'Europa. Che facciamo? Obblighiamo i romani attuali a scusarsi coi sanniti? I biondi di Sicilia e Puglia discendenti dai normanni a scusarsi e tornare in Danimarca? E' molto arduo andare a decidere chi è il legittimo proprietario di una terra, come sanno bene nei dintorni di Gerusalemme da millenni!.
                                              Ed allora prendiamo atto della cosa e spettiamola con le ipocrisie di maniera sul "saccheggio" e i finti sensi di colpa storica. 1000 persone che vogliono stare a pancia piena al caldo e comodi consumano un tot di risorse. Due miliardi ne consumano in proporzione di più e sono disposti a pagare chi gliele procura. Questo è l'unica legge a cui volenti o nolenti tocca obbedire! E a questo devi dare risposta.
                                              L'unica eticamente corretta è obbligarle a smettere il saccheggio per via commerciale (se compri energia sei tu che la saccheggi in Nigeria, non la perfida Shell! Non solo almeno) e prodursi da sè, in modo non dannoso all'ambiente quell'energia lasciando l'energia fossile più facilmente utilizzabile alle popolazioni del sud del mondo, che la sprecheranno inquinando e tagliandosi la gola a vicenda sicuramente, ma prima o poi dovranno arrivarci a patti. E non pensare che il destino del mondo ricada sulle spalle nostre e il resto del mondo sia composto da povere vittime irresponsabili da proteggere a tutti i costi.
                                              La cosa si può fare nei paesi avanzati disincentivando duramente l'uso delle fossili (vuol dire tassandole!) e incentivando in maniera permanente l'uso delle rinnovabili (vuol dire pagarle quel che costano. Sia quel che sia!). Questo NON aiuterà automaticamente i paesi poveri, anzi è possibile che determini un peggioramento di certe situazioni (le esportazioni di fonte energetica sono vitali per molti stati), ma è un modo per disimpegnarci perlomeno nel settore energetico da zone del mondo molto delicate fornendo nel contempo tempo e modo alle tecnologie delle rinnovabili di crescere e diventare disponibili anche per i paesi in via di sviluppo.

                                              E' responsabilità dei decisori e dei consiglieri non solo di proporre soluzioni, ma anche di accertarsi che queste soluzioni siano fattibili e la soluzione di decrescita volontaria del consumo energetico può forse esserlo, quella di decrescita volontaria del servizio che il consumo energetico garantisce no! In parole semplici: puoi convincermi ad usare un'auto ibrida, una moto, un mezzo pubblico efficiente invece di un'auto pesante, ingombrante, che consuma troppo. Non hai speranze di convincermi a rinunciare a fare quei 100 km perchè in Sudan non se lo possono permettere e non intendono tornare al cammello!
                                              “Il fatto che un'opinione sia ampiamente condivisa non è affatto una prova che non sia completamente assurda.” Bertrand Russell

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                                              • #83
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                                                Non penso però che questo possa essere interpretabile come una "colpa" a cui rimediare.
                                                .......
                                                E' responsabilità dei decisori e dei consiglieri non solo di proporre soluzioni, ma anche di accertarsi che queste soluzioni siano fattibili e la soluzione di decrescita volontaria del consumo energetico può forse esserlo, quella di decrescita volontaria del servizio che il consumo energetico garantisce no!
                                                Sono d'accordo sul fatto che i paesi tecnologicamente progrediti non debbano automaticamente sentirsi in colpa per errori che anche gli altri sono tentati a compiere.
                                                Tuttavia le ragioni della questione energetica ed il suo legame con le continue guerre commerciali ed armate tra poveri e ricchi e tra detentori e consumatori di fonti energetiche fossili ci sono tutte e richiedono rimedi politici di lungo respiro.
                                                Qui possiamo discutere le ragioni della questione energeticacon l'occhio più al futuro che al passato, ma lascierei i particolari specifici della gestione politica delle risorse energetiche alla discussione
                                                http://www.energeticambiente.it/disc...-duratura.html
                                                Tuttavia, proprio esaminamdo quella discussione si possono valutare le analogie della gestione delle risorse energetiche almeno con la gestione delle altre risorse essenziali per qualunque attività umana a sfondo economico(vedi #60, #63, #64):
                                                ambiente, territorio, infrastrutture, strutture edilizie, impianti, materie prime, energia, competenze, assunzione del rischio, iniziativa, capitali.
                                                Vorrei che trovasse risposta in questa discussione la domanda:
                                                Per le altre risorse necessarie alle attività economiche si possono utilizzare politiche di gestione analoghe a quelle utilizzabili per le risorse energetiche?
                                                Ultima modifica di ggavioli; 14-09-2009, 17:17.

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                                                • #84
                                                  Perché orientare la concorrenza

                                                  Esaminando molte situazioni di uso di varie risorse economicamente rilevanti, risulta evidente che per ogni raggruppamento di soggetti concorrenti naturali, intorno ad una media di uso di una determinata risorsa per ottenere risultati analoghi per i mercati d'acquisto, vi sono gestioni di quella risorsa più favorevoli e gestioni meno favorevoli dal punto di vista generale.
                                                  Infatti, per ragioni di interesse generale e non solo economico, l'uso di una risorsa potrebbe doversi ridurre ed invece l'uso di un'altra potrebbe dover o poter crescere rispetto all'andamento usuale (BAU).
                                                  Se tutti i soggetti concorrenti che usano una determinata risorsa scelgono spontaneamente (o per adeguato stimolo specifico) le gestioni già ora migliori (per l'interesse generale) rispetto a quelle con risultati medi, la gestione media di quella risorsa in quell'ambito merceologico migliora spesso di almeno il 20 %, senza che i singoli facciano alcun cambio di tecnologia.
                                                  Con tale avvicinamento alle prestazioni migliori, non servono subito nuovi modi per gestire le risorse, ma con uno stimolo adeguato, chi ne ha la capacità tecnica è sufficientemente motivato a perfezionare i modi attuali ed a studiarne di nuovi, ancora più favorevoli dal punto di vista degli obbiettivi di interesse generale.
                                                  Insisto a dire che "decisori politici" fanno quasi solo danni se promuovono particolareggiate tecnologie per migliorare l'efficenza d'uso di una risorsa.
                                                  Ne fanno tanti di più se usano il metodo comando+controllo+repressione per definire le tecnologie di tutte le attività umane.
                                                  Ce n'è che usano tale metodo perfino per la gestione della risorsa fondamentale per ogni persona (la propria vita).
                                                  E' però loro compito cercare ed attuare l'azione politica meno costosa e meno liberticida per stimolare i liberi "decisori economici" (soggetti economici e consumatori) a passare da sotto a sopra la media attuale nell'efficenza d'uso di una data risorsa.
                                                  In sostanza occorre che tale direzione di cambiamento diventi premiante attraverso una convenienza economica specifica in grado di smuovere e quindi orientare la concorrenza tra i fornitori degli stessi beni o servizi.

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                                                  • #85
                                                    Condizioni generali per una politica di gestione di una risorsa strategica

                                                    La politica energetica differenziale è solo un'applicazione mirata di un più generale "modello di azione pubblica" per la gestione delle risorse strategiche ed economicamente significative disponibili sui liberi mercati delle risorse.
                                                    Tale modello di azione pubblica consiste essenzialmente nel premiare i soggetti che utilizzano una data risorsa con maggior efficacia macroeconomica rispetto alla media di concorrenti noti, utilizzando speculari penali a carico dei soggetti meno efficaci su quella risorsa rispetto alla media.
                                                    I premi e le penali differenziali vanno ovviamente giocati solo tra competitori alla pari, cioè tra concorrenti naturali a fornire beni o servizi che il mercato di consumo valuta di uso intercambiabile e confrontabili in base a prezzo e qualità.
                                                    Premi e penali sono ovviamente a bilancio nullo per ogni raggruppamento di concorrenti, quindi il prezzo medio per un prodotto tecnicamente equivalente non cambia per effetto della politica differenziale specifica, ma cresce invece la convenienza soggettiva a gestire quella risorsa nel modo più conveniente per il territorio.
                                                    Ne consegue anche che i bilanci pubblici non vengono dissanguati dalla promozione del cambiamento delle modalità di gestione della risorsa nel senso di maggior interesse generale, né i cittadini vengono tartassati.
                                                    Per efficacia qui non si intende solo il minor uso di una risorsa economicamente valutabile, ma, in via generale, l'uso più conveniente dal punto di vista sociale e macroeconomico.
                                                    Per talune risorse ciò può anche consistere in un maggior uso a parità di beni e servizi resi disponibili al mercato.
                                                    Se premi all'efficacia e penali all'inefficacia sono adeguati, l'uso della risorsa si sposta verso quello che è stato democraticamente definito di maggior interesse generale (aumento o diminuzione).
                                                    Si intende quindi valutare l'applicabilità di questo modello d'azione pubblica nell'ottimizzare l'uso di varie risorse strategiche e per scopi anche più generali, riferibili non solo ai soggetti economici strettamente in concorrenza verso mercati d'acquisto.
                                                    Infatti misembra chiaro che l'applicabilità di qualunque azione di stimolo a modificare le abitudini d'uso d'una risorsa dipende dall'esistenza di:
                                                    - Opzioni di gestione della risorsa con diversi livelli di convenienza per l'interesse generale;
                                                    - Possibilià di semplice valutazione della convenienza generale d'ogni opzione d'uso della risorsa;
                                                    - Possibilità di coscienti scelte soggettive tra la opzioni disponibili;
                                                    - Possibilità di identificare un valore complessivo od efficace per la gestione ottimale della risorsa.
                                                    Ultima modifica di ggavioli; 17-09-2009, 13:10.

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                                                    • #86
                                                      Una premessa su costi e benefici (parliamo di PIL?)(1)

                                                      Non intendo esaminare a fondo la correlazione tra PIL e sviluppo reale (o benessere) umano.
                                                      Il tema è certamente significativo per la "Decrescita", ma è anche ampiamente dibattuto a molti livelli ed in via ufficiale (vedi allegato UE_st12739.it09.pdf).
                                                      Per i fini di questa discussione, mi accontento di notare che il valore aggiunto ricavato da ogni attività economica (qualunque, anche la più criminale) è ovviamente destinato ad acquistare beni e servizi richiesti dai consumatori finali.
                                                      Infatti i consumatori finali ricevono (in quote più o meno eque) tutto il valore aggiunto ricavato dall'attività economica entro la quale operano usando le risorse di cui sono portatori.
                                                      Strettamente in tal senso (valore aggiunto ricavato e disponibile per il consumo) tutte le attività (e tutto il PIL) sono di sviluppo dei consumi.
                                                      L'ottica mercantilistica per cui "l'unico beneficio rilevante è il valore aggiunto ricavato dalle attività economiche" deve però essere almeno accompagnata (se non sostituita) dalla valutazione, in termini di benessere umano, dei beni e dei servizi che le le filiere di attività economiche offrono.
                                                      Si può quindi ragionevolmente affermare che parte del PIL corrisponde ad una perdita di benessere dei consumatori, ad esempio la parte destinata solo a riparare danni probabilmente evitabili.
                                                      La distinzione si può effettuare misurando l'utilità delle attività economiche, non essendo tutte svolte su richiesta diretta dei consumatori.
                                                      Infatti le filiere di attività economiche possono indifferentemente fornire ai consumatori beni e servizi fruibili (tra cui quelli culturali e turistici, ma anche d'evasione), o riparare danni di varia natura (tipici quelli creati dalle guerre, ad alto costo economico e di benessere per tutti), mentre le risorse economiche sono comunque limitate.
                                                      Suddividendo il PIL in base alle finalità delle attività che lo creano (cioè in ordine decrescente di fruibilità al consumo dei beni e servizi realizzati dalle filiere di attività economiche e dai settori della pubblica amministrazione) si vedrà che:
                                                      - alcune voci di spesa sono d'utilità per i consumatori,
                                                      - altre voci di spesa sono di manutenzione di beni strumentali,
                                                      - altre voci di spesa sono di ricostruzione,
                                                      - altre sono di puro danneggiamento, cioè sperpero di risorse.
                                                      E' vero che alcune attività di utilità (che cioè rispondono a precise richieste dei consumatori) offrono beni e servizi non molto utili (o perfino dannosi), tuttavia (se non si vuol parlar male della pubblicità) l'utilità delle richieste dei consumatori non può essere messa in dubbio senza cadere nello stato etico.
                                                      Dal lato opposto i beni e servizi finalizzati a danneggiare cose e persone vanno ridotti il più possibile (ma non è chiaro a tutti).

                                                      E' permesso constatare che le spese militari sono quelle meno controllate e per questo sono predilette da taluni imprenditori?
                                                      Del resto, non essendo generalmente richiesti dal mercato di consumo, gli armamenti non sono nemmeno vagliati da una vera domanda critica e generalmente l'offerta pecca anche di inefficenza interna (cioè costa troppo di più del suo minimo teorico).
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                                                      • #87
                                                        Una premessa su costi e benefici (parliamo di PIL?)(2)

                                                        Tuttavia i maggiori danni non vengono inferti a cose e persone volutamente, bensì sono effetti collaterali di attività che sono segmenti di filiere produttive di beni e servizi richiesti dai consumatori.
                                                        Anche in tal caso le spese per prevenire danni probabili e quelle per riparare danni inattesi non sono di pari accettabilità.
                                                        Infatti, le spese per riparare danni evitabili, oltre ad essere generalmente maggiori ed avvenire quasi sempre nel momento meno opportuno, riducono sempre le possibilità di rendere disponibili ai consumatori migliori beni e servizi.
                                                        E' infatti evidente che, se da un lato le risorse economiche sono rimesse in circolo, molte altre risorse non rinnovabili sono sprecate ed altre male utilizzate (tra cui risorse umane di adeguata capacità).
                                                        In definitiva occorre qualificare le attività economiche e della P.A. come appartenenti a quattro categorie:
                                                        1. attività dirette a rispondere a bisogni (da vitali a superflui) percepiti come tali dai consumatori
                                                        2. attività di prevenzione dei danni diretti o indiretti ai consumatori (tra cui la manutenzione programmata)
                                                        3. attività di riparazione dei danni (ricostruzione di beni che mancano prima dell'ammortamento tecnico)
                                                        4. attività di prematura distruzione di beni e servizi al consumo, nonché di risorse d'ogni tipo (definizione generale di danno).
                                                        Ogni attività, qualunque fine abbia, prevede la remunerazione del lavoro e dei costi sostenuti da chi la realizza.
                                                        Però ogni attività può procurare danni collaterali più o meno prevedibili, che vanno valutati in termini di costo di ripristino, sempre riducibile con prevenzione e manutenzione.
                                                        In termini di benessere per i consumatori, si può rappresentare l'apporto di benessere dei quattro tipi d'attività citate moltiplicando il VA grezzo prodotto per un "coefficiente di benessere" decrescente da (+1) per il primo tipo, a (-1) per il quarto tipo.
                                                        Il fatto che attività di per sè orientate al benessere producano danni collaterali, sottrae decimi ai corrispondenti coefficienti di benessere, così la "contabilità del benessere prodotto" dalle attività si può precisare meglio e risultare lontana da quella del PIL grezzo.
                                                        Certamente cambiano le priorità.
                                                        Quanto fin qui esposto apre un'indagine assai vasta ed i cui esiti ora possono essere solo intravisti in prima approssimazione.
                                                        Ultima modifica di ggavioli; 06-10-2009, 10:01.

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                                                        • #88
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                                                          I due precedenti interventi hanno solo inteso mostrare che ogni spesa è un costo, ma non corrisponde sempre ad un beneficio per chi spende.
                                                          E' pur vero che chi riceve denaro può traformarlo in benefici per se e per i suoi, tuttavia considerare solo il PIL come indice di progresso umano corrisponde a vedere solo le ragioni di chi riceve denaro ignorando quelle di chi lo spende.
                                                          Per valutare il benessere corrispondente ad un dato PIL, è quindi del tutto ragionevole assegnare le filiere produttive di beni e servizi alle quattro categorie già indicate:
                                                          1. attività dirette a rispondere a bisogni (da vitali a superflui) percepiti come tali dai consumatori;
                                                          2. attività di prevenzione dei danni diretti o indiretti ai consumatori (tra cui la manutenzione programmata)
                                                          3. attività di riparazione dei danni (inclusa la ricostruzione di beni persi prima dell'ammortamento tecnico)
                                                          4. attività di prematura distruzione di beni e servizi al consumo, nonché di risorse d'ogni tipo (definizione generale di danno).
                                                          Dal punto di vista della "Decrescita", se si aumentano le attività di tipo 1 e di tipo 2, riducendo le attività di tipo 3 e di tipo 4, si può ridurre il PIL pur aumentando il benessere dei consumatori, ma ovviamente questo spostamento di attività non è spontaneo.
                                                          Inoltre mettendo in concorrenza analoghe attività di tipo 1 (o di tipo 2) nel ridurre i danni collaterali, è pure possibile aumentare il grado di benessere dei consumatori a parità di PIL.
                                                          La tecnica di stimolazione differenziale dell'economia generale in base alle esplicite richieste dei consumatori, può stimolare i decisori della spesa privata e pubblica a ridurre lo spreco di risorse disponibili che conseguono alle attività di tipo 4 (e danni collaterali) ed evidenziate dalle spese sopportate per le attività di tipo 3.
                                                          La politica energetica differenziale si inquadra in tale logica, poiché confronta attività umane analoghe e le mette palesemente in concorrenza nel ridurre l'uso di risorse energetiche non rinnovabili.

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                                                          • #89
                                                            Spreco di risorse = danno da ridurre (1)

                                                            Nell'intervento #64, con riferimento alle attività umane a valenza economica, scrivevo:
                                                            "Si dovrebbe sempre tener presente che sono ben più di una o due le risorse necessarie per trasformare delle opportunità tecniche in benefici per se e/o per gli altri.
                                                            Tra le risorse necessarie vi sono certamente, in misura assai variabile:
                                                            ambiente, territorio, infrastrutture, strutture edilizie, impianti, materie prime, energia, competenze, assunzione del rischio, iniziativa, capitali."
                                                            D'altro canto, entrando nel merito dei servizi e dei beni forniti dalle filiere produttive private e pubbliche (in #86, #87, #88), si è fatto notare che è vero che ad ogni spesa corrispondono benefici potenziali per il percettore del denaro (che non puzza).
                                                            Tuttavia i servizi ed i beni forniti (non tutti richiesti dai consumatori) non sono affatto equivalenti per il benessere della popolazione ed i danni da riparare (che sarebbe meglio prevenire) provengono anche da filiere che producono beni e servizi che la popolazione (concordemente o in parte) ritiene utili.
                                                            Beni e servizi inutili sono sempre negativi per il benessere collettivo, poiché le risorse dapprima citate dovrebbero essere usate per produrre beni e servizi utili invece che per riparare danni.
                                                            Si elencano alcuni problemi di interesse generale (danni diffusi) che gli attuali sistemi di gestione non stanno risolvendo, o che risolvono con un rapporto costi/benefici più elevato del ragionevole.
                                                            a) Danni alla salute da fumo di tabacco
                                                            b) Danni alla salute da uso improprio di sostanze psicotrope
                                                            c) Danni a persone e cose per troppi incidenti stradali
                                                            d) Danni generali da uso improprio del territorio
                                                            e) Errata gestione di parte dei rifiuti speciali
                                                            f) Errata gestione di parte dei rifiuti solidi urbani
                                                            g) Evasione fiscale di parte dei soggetti economici
                                                            h) Evasione fiscale di parte delle persone fisiche
                                                            i) Infortuni sul lavoro e malattie professionali
                                                            l) Opere pubbliche tecnicamente inadeguate e in ritardo
                                                            m) Pensioni a troppi soggetti con ampia capacità lavorativa
                                                            n) Rifiuti tossici e nocivi
                                                            Si deve notare che tali problemi (definibili come danni = evenienze a cui sono legati costi importanti per la collettività, o per molti individui e che non creano benefici diretti ai consumatori), sono certamente causati da cattive gestioni di talune risorse, o ne causano il peggioramento.
                                                            La correlazione di tali problemi con l'aumento dei costi che la collettività deve affrontare per garantire a tutti almeno un livello minimo di servizi vitali è utilizzabile per individuare un costo corrispondente all'inadeguata gestione della risorsa più coinvolta, o dell'evenienza critica con riflessi su una risorsa.
                                                            Invero tale correlazione non è esaustiva e misurare i danni in costi economici di riparazione può apparire brutalmente mercificante di risorse, tra cui quelle umane, a cui è difficile assegnare valori del tutto condivisi.
                                                            Ultima modifica di ggavioli; 14-10-2009, 14:24.

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                                                            • #90
                                                              Originariamente inviato da ggavioli Visualizza il messaggio
                                                              ... Invero tale correlazione non è esaustiva e misurare i danni in costi economici di riparazione può apparire brutalmente mercificante di risorse, tra cui le umane, a cui è difficile assegnare valori del tutto condivisi.
                                                              Secondo me non ti seguono in molti su queste riflessioni ggavioli. Articoli molto esaustivamente i concetti, ma un riassunto finale a vantaggio di chi passa di fretta credo aiuterebbe.
                                                              Comunque passando all'argomento in esame, che un maggior numero di incidenti stradali o di fumatori sia un danno per la comunità è una ovvia verità che però io non riesco a vedere come possa essere utilizzata per spiegare il vantaggio della decrescita.
                                                              Se domani gli incidenti stradali scendono del 90% scenderà forse una minima quota di PIL legata alle riparazioni ed alle cure, ma salirà probabilmente in misura maggiore una quota di PIL legata alla produttività di chi non perde salute o vita nell'incidente.
                                                              Molte delle altre problematiche che hai citato rientrano in questa categoria. Che sia vantaggioso ridurre gli incidenti sul lavoro penso lo possano affermare con sicurezza anche i bimbi dell'asilo... ma in che modo c'entrerebbe la decrescita?? Rifiuti, evasione fiscale e pensioni allegre sono problemi che ci portiamo avanti da decenni. In cosa dovrebbe essere rivoluzionaria la visione delle decrescita?
                                                              Il discorso degli indici più adeguati a valutare il benessere poi è condivisibilissimo, ma appunto se serve a "valutare" il benessere.
                                                              Se l'Italia ha una perdita di PIL del 10% questo si traduce essenzialmente in due cose, entrambe visibilissime a chiunque sappia vedere un telegiornale in questi giorni:
                                                              1) Perdita di occupazione
                                                              2) Calo delle entrate fiscali
                                                              La perdita di occupazione determina un aumento della necessità di supporto assistenziale a chi resta senza reddito. Il calo delle entrate determina una riduzione delle risorse. I due fattori agiscono sinergicamente per ridurre pesantemente la possibilità di intervento pubblico. In situazioni come quella italiana dove già si è tagliato e venduto l'inverosimile negli anni passati, si è esaurito il polmone del debito pubblico, si è già raggiunto il tetto sostenibile di pressione fiscale.... a me pare che l'unica utilità di una visione di decrescita sia quella legata alla possibilità di convincere chi si vede tagliare servizi e possibilità di lavoro che è meglio che se ne faccia una ragione e viva felice accontentandosi di fare le vacanze dalla nonna semmai! A me pare un discorso un pò duro da far digerire a chi sta ancora sognando le "deprecarizzazioni", comunque ben lieto di cambiare idea se i fatti mi "coseranno"!
                                                              Se ci sono altre strade io forse non le ho capite. Limite mio, sicuramente, ma a parte i grandi discorsi generalistici anche una banale discussione in tre righe e parole semplici potrebbe chiarire no?
                                                              “Il fatto che un'opinione sia ampiamente condivisa non è affatto una prova che non sia completamente assurda.” Bertrand Russell

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