2. Il biochar (cos'è, come si produce, ricadute positive, ecc.) - EnergeticAmbiente.it

annuncio

Comprimi
Ancora nessun annuncio.

2. Il biochar (cos'è, come si produce, ricadute positive, ecc.)

Comprimi
Questa discussione è chiusa.
X
Questa è una discussione evidenziata.
X
X
 
  • Filtro
  • Ora
  • Visualizza
Elimina tutto
nuovi messaggi

  • 2. Il biochar (cos'è, come si produce, ricadute positive, ecc.)

    2. Il biochar

    2.1 La carbonificazione
    Il carbonio organico del suolo costituisce circa due terzi del carbonio negli ecosistemi
    terrestri, e corrisponde a più del triplo di quello contenuto in atmosfera. La disponibilità
    di ampie superfici e il tempo di residenza relativamente lungo fanno di questo comparto
    un sink potenzialmente importante per lo stoccaggio del carbonio atmosferico.
    Un metodo innovativo per aumentare la stabilità del carbonio stoccato nel suolo prende
    spunto dalla “Terra Preta do Indios”. L’espressione si riferisce a suoli particolarmente
    fertili della foresta amazzonica caratterizzati da colore nero, pH alcalino, elevata
    concentrazione di nutrienti, alto contenuto in materiale carbonioso, altrimenti noto come
    “biochar” o carbone vegetale, prodotto dalla combustione incompleta di parti vegetali e
    introdotto volontariamente nel terreno dalle popolazioni locali migliaia di anni fa (Glaser
    et al. 2004, Falcão et al. 2003, Erikson et al. 2003).
    La carbonificazione di biomasse e l'interramento nei suoli agricoli del biochar così
    ottenuto rappresenta potenzialmente una tecnica per gestire i residui vegetali alternativa
    alla combustione (che produce immediatamente grosse quantità di CO2), all'abbandono
    in superficie o all'interramento dei residui secchi, ma anche al compostaggio, da cui si
    origina humus stabile destinato però alla progressiva decomposizione nel giro di pochi
    anni. Per massimizzare le dimensioni dello stoccaggio in grado di immobilizzare
    rapidamente e permanentemente grosse quantità di anidride carbonica, è necessario
    utilizzare processi controllati che consentano di trasformare le biomasse in biochar con
    un alto rendimento.

    2.2 La gestione sostenibile del suolo (SLM)
    A fronte di un aumento delle rese agricole, l'impiego del biochar comporta un apporto
    netto di nutrienti, una minore lisciviazione e il miglioramento della fertilità biologica,
    consentendo un minor impiego di concimi chimici, con minori spese per gli agricoltori e
    minor impatto sull'ambiente, minor consumo di risorse ed energia. Il suo impiego appare
    così ideale anche per le colture che impiegano tecniche biologiche, che nonostante siano
    fondate sulla sostenibilità ambientale e il rispetto dell'ambiente, attualmente si basano
    sull'utilizzo di compost, la cui produzione rilascia una notevole quantità di CO2 in
    atmosfera (Harris e Hill, 2007).
    I cambiamenti nelle proprietà chimico-fisiche del suolo ammendato con biochar
    determinano mutamenti anche nell'ecosistema del terreno, dove si instaurano nuove
    relazioni tra radici, batteri e funghi. La disponibilità di nutrienti e l'elevata porosità crea
    degli habitat dove i batteri terricoli e le ife fungine possono crescere al riparo dai
    predatori, consentendo lo sviluppo di efficienti simbiosi micorriziche.
    Un'ulteriore proprietà del biochar consiste nella capacità di adsorbire e trattenere
    inquinanti persistenti e cancerogeni. Questo fatto apre interessanti prospettive per
    l'utilizzo del biochar anche negli interventi di ripristino ambientale.
    Una maggior fertilità si traduce in una maggior efficienza fotosintetica, in un maggior
    sviluppo della biomassa e quindi in un maggior sequestro di carbonio e, se la biomassa
    viene infine utilizzata per produrre biochar, il ciclo si autoalimenta.

    2.3 Come si produce il biochar
    Il biochar può essere ottenuto mediante pirolisi: la decomposizione termochimica di
    materiali organici viene ottenuta mediante l’applicazione di calore in assenza di agenti
    ossidanti (processo anaerobico). Reazioni radicaliche di cracking, a temperature di 400-
    800°, causano la scissione dei legami delle molecole di partenza, e il riassemblamento
    successivo origina un residuo carbonioso solido (char), un liquido nero viscoso (tar) e
    una miscela gassosa composta sostanzialmente da CO e H2 (syngas). Il processo è
    esotermico, cioè dopo l'apporto di calore iniziale si autosostiene e porta alla formazione
    di quantità minime anidride carbonica. A differenza dei sistemi a combustione la pirolisi
    valorizza la biomassa riducendo drasticamente le emissioni di particolato sottile,
    sequestrando carbonio nel biochar e quindi riducendo la concentrazione di gas serra in
    atmosfera. Rispetto alla combustione il processo permette, inoltre, di sviluppare dalla
    biomassa temperature molto più elevate, migliorando notevolmente il potenziale di
    efficienza energetica.
    La temperatura di pirolisi e il tipo di materiale usato determinano la formazione di
    biochar con caratteristiche diverse, tra cui, fra le proprietà di interesse agronomico,
    differenze nelle concentrazioni di nutrienti, nella capacità di scambio cationico (CSC) e
    nel pH tra i vari tipi di prodotto. Il biochar, infatti, può essere ottenuto a partire da
    numerosi tipi di residui: stocchi di mais, gusci di noce o di arachide, pula di riso, scarti di
    potatura e di lavorazione del legno. La pirolisi di rifiuti tal quali, utilizzata per lo
    smaltimento dei rifiuti, non è applicabile per la produzione di biochar a causa della
    presenza di metalli pesanti che andrebbero ad inquinare il suolo, ma è possibile utilizzare
    la frazione organica proveniente da raccolta differenziata, in alternativa al compostaggio.
    Con opportune condizioni di pirolisi, dalla biomassa si ottiene, oltre al biochar, syngas
    combustibile, in cui si ritrova circa il 50% del carbonio iniziale. Questo può essere
    utilizzato, oltre che per ottenere gas tecnici come l'idrogeno, come fonte di energia per
    avviare una nuova pirolisi (il processo, una volta iniziato, è esotermico), per essiccare le
    biomasse fresche da avviare a pirolisi o come combustibile per scopi diversi. In questo
    modo, l'energia ottenuta dalla pirolisi non comporta un ulteriore incremento dell'effetto
    serra, perché solo metà del carbonio assorbito dalla biomassa viene re-immesso in
    atmosfera, mentre la parte rimanente viene immobilizzata nel suolo e ha un'altissima
    stabilità. Con la combustione ossidante dei vegetali nelle centrali a biomassa, al
    contrario, quasi tutta la CO2 viene restituita all'atmosfera per la produzione di energia,
    determinando un bilancio pressoché in pareggio (viene prodotta CO2 anche durante le
    colture).
    Anche l'interramento dei residui colturali tal quali porta ad una degradazione pressoché
    totale della sostanza organica (in pochi anni) con liberazione del 100% del carbonio in
    atmosfera, ma in questo caso tutta l'energia viene persa. Per produrne la stessa quantità
    si dovranno utilizzare altre fonti. Impiegando combustibili fossili si avrebbe però
    un’ulteriore liberazione di CO2.
    La produzione di energia dalla pirolisi di biomasse e l'interramento del biochar, consente
    di ottenere un bilancio negativo del carbonio immesso in atmosfera. Inoltre il riutilizzo
    dei residui (come anche il recupero degli scarti di lavorazione del legno) anziché la
    coltivazione di piante a rapida crescita per la produzione di biochar ed energia, evita la
    competizione con la produzione di derrate alimentari.

    Continua su Obiettivi del progetto (generale e specifici)
    Ultima modifica di en.ergo; 02-11-2009, 14:41.
Attendi un attimo...
X