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elettrodi multicomponente

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  • elettrodi multicomponente

    Salve a tutti, è da qualche mese che leggo gli interventi, ma scrivo ora per la prima volta...
    Sto facendo un po' di lavoro "sperimentale" - nel tempo libero (poco!)
    mi sono proposto di di realizzare una cella elettrolitica "classica", e sono partito dagli elettrodi...
    in breve; ho realizzato degli elettrodi (in forma di piastrine), utlizzando metalli diversi e impiegando la tecnica della metallurgia delle polveri (formatura a pressioni di qualche centianaio di bar e sinterizzazione a temperature fra 600 e 1100°C) Sto lavorando in particolare con Ni-Ti-W e titanati. Mi accingo a utilizzare degli idruri di metalli di transizione.

    Ho fatto alcune prove su cella con elettroliti deboli allo scopo di verificare la tenuta "meccanica" di questi elettrodi. I risultati,da questo punto di vista sono stati positivi...
    I dati raccolti fino ad ora soffrono però della difficoltà di valutare in particolare la quantità di calore prodotta...
    Considerando il problema da un punto di vista teorico e utilizzando un modello realistico (spero), del sistema soluzione, parete della cella, ambiente circostante (e considerando gli altri fattori in gioco, quali riscaldamento della soluzione, dissociazione della molecola d'acqua, reazioni esotermiche di ossidazione), arrivo a dei rapporti "energia in uscita/energia in ingresso" fin troppo favorevoli!
    In realtà ho dei dubbi sul dimensionamento delle ev. reazioni esotermiche, e dovrò migliorare la misura dei valori di input (alimentazione DC).
    Sto costruendo una cella più sofisticata della precedente in modo da ridurre al minimo il calore perso verso l'esterno.
    Per concludere; c'è qualche "sperimentatore" nel forum che ha già acquisito esperienza nelle misure delle energie in gioco su celle tipo F&P desideroso di un (spero), proficuo scambio di informazioni?

  • #2
    Caro piolos benvenuto fra noi!

    Hai scelto una strada meno battuta (relativamente alle sperimentazioni domestiche) e per questo molto interessante.

    Una mano sulle misure e sui modelli possibili per eseguirle possono giungere da molti, validissimi, sperimentatori del forum.

    Come punto di partenza però potresti indicarci come esattamente esegui le misure IN/OUT dell'energia?

    Da là si può dipanare tutto il discorso.

    Ciao e ancora benvenuto .
    ?"Se pensi che una cosa sia impossibile, la renderai impossibile" (Bruce Lee)

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    • #3
      elettrodi multicomponente-misura energie in gioco

      Per quanto riguarda l'input della cella, l'energia è stata calcolata/stimata come di seguito:
      1]misurando i valori di V-I con un semplice multimetro, ad intervalli regolari (ed assegnando il valore a tutto l'intervallo).
      2]ho stimato l'energia ceduta alla cella dalla reazione di ossidazione dell'anodo (conduttore per saldatrice a filo) valutando la perdita in peso del materiale e calcolando le moli presumibilmente coinvolte nella reazione esotermica.

      Per quanto riguarda l'output:
      1]ho campionato ad intervalli regolari la temperatura interna della cella, e contemporaneamente la temperatura dell'ambiente extracella.
      Ottenuti i valori di deltaT ho utilizzato le note relazioni che definiscono la trasmissione di calore per conduzione (parete cella), convezione (interno ed esterno cella) e per irraggiamento (trascurabile rispetto alle precedenti modalità di trasmissione)
      I coefficienti di trasmissione utilizzati sono stati desunti dalla bibliografia.
      Ottenuti i watt di potenza trasmessa ho ricavato, per ciascun intervallo di tempo in cui ho "suddiviso" l'intera prova, la energia dissipata all'esterno e quindi la totale.
      2]Ho calcolato l'energia spesa per l'innalzamento della temperatura dell'acqua e per la dissociazione (in base alla quantità di carica elettrica erogata nell'intervallo di tempo di alimentazione della cella)

      Considerato che (forse per le basse energie in gioco e le 4 ore di alimentazione - in due fasi distinte), il catodo è rimasto inalterato, non ho preso in considerazione reazioni al catodo.

      Devo però dire che le correnti in gioco sono state misurate con un multimetro non professionale e ha dei dubbi sulla accuratezza delle stesse.
      La stima della perdita di calore è poi l'altro grosso problema - al momento sto preparando una cella a doppia parete con un rudimentale riscaldamento della intercapedine con lo scopo di ridurre al minimo il deltaT fra soluzione elettrolitica e ambiente, ciò ovviamente per ridurre al minimo la trasmissione di calore.
      Per la misura della corrente immessa mi sto attrezzando con una strumentazione un tantino più professionale!

      un saluto ancora a tutti

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      • #4
        ciao piolos,
        potresti mettere tutto ciò che dici su uno o più grafici, cosi capisco meglio.

        grazie
        I miei file li trovate qui: http://file.webalice.it
        username: genni.rom
        password: martina

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        • #5
          ...per mgb2 che chiede qualche grafico

          Ho inserito in allegato il grafico delle temperature registrate all'interno di una cella e all'esterno di essa (a distanza di circa 1 metro dalla parete) - I grafici sono ottenuti dalle due serie di dati registrati a intervalli circa-regolari.
          L'intervallo di tempo totale di campionatura è di 7500 secondi.
          la temperatura della soluzione elettrolitica (1900cc) è salita da 9 a 47°C - contemporaneamente la temperatura ambiente è andata da 9 a 17°C.
          Ho calcolato gli integrali definiti sottesi dalle due curve e ho ottenuto i valori rispettivamente di 209365 K*sec, 98512K*sec...
          Ovviamente vi è un notevole scambio di calore fra cella e ambiente; la prova andrebbe condotta con un calorimetro ma non potendo costruirne uno cercherò empiricamente di fare in modo che le due curve siano il più vicino possibile!
          La differenza fra i valori degli integrali è proporzionale al calore scambiato è dovrebbe essere portata a zero (nella pratica sarà impossibile, ma almeno si potrà ridurre sensibilmente il calore scambiato cioè il peso di uno dei fattori fisici in gioco difficili da quantificare, se non con strumenti e attrezzature adeguate).
          cercherò di "mettere in pratica" quanto sopra e contemporaeamente raffinare le misure elettriche in ingresso in modo da avere dati più certi su cui discutere.

          cordialissimi saluti
          File allegati

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          • #6
            Ciao Piolos

            A che tensioni e correnti lavori? ottieni plasma?

            Renzo Mondaini (Ravenna)

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            • #7
              Originariamente inviato da remond Visualizza il messaggio
              Ciao Piolos

              A che tensioni e correnti lavori? ottieni plasma?

              Renzo Mondaini (Ravenna)
              Le prove che ho eseguito finora sono state con valori di tensione e corrente bassi;
              tensione da 6V a 24V;
              corrente 0,1A o poco superiore.

              Non ho pertanto osservato fenomeni diversi da una "abbondante" produzione di bollicine di idrogeno al catodo.
              Come evidenziato in precedenza, ho eseguito alcune prove su celle con soluzione di NaHCO3 0,1 molare, con lo scopo preventivo di verificare il comportamento degli elettrodi (catodo in particolare), che avevo realizzato con la tecnica della metallurgia delle polveri.
              Questa prima fase di lavoro è stata piuttosto impegnativa poiche ho dovuto affrontare il problema "pratico" di portare a pressioni di oltre 250 bar il materiale che poi và a costituire l'elettrodo con sezione di 3,6cm2 e successivamente la sinterizzazione a medio-alte temperature.
              A questo punto del lavoro ho acquisito una certa "pratica" nella preparazione degli elettrodi e posso "spaziare" su più di un materiale costituente; nel prosieguo penso di testare valori di V-I su range diversi dalle prime prove (fino a un'ordine di grandezza superiore).

              Ciao e a risentirci

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              • #8
                domanda ho seguito i test di remond e vorrei fare una domanda forse un po stupida abbi pazienza. non riesco a capire perche usare corrente continua per innescare la reazion dff. grazie.

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                • #9
                  deuterio

                  ho letto sui quotidiani di una nuova vittoria sulla Fusione fredda da parte di uno scienziato giapponese ,ma la mia domanda e' questa come puo' un litro di gas deuterio dare energia per 500 anni ,non riesco a capire, se invio questo gas deuterio a pressione su delle nanoparticelle di palladio produco calore ma comunque il gas viene trasformato in elio 4 poi che cosa succede chi di voi mi puo dare un spiegazione in merito.
                  Grazie

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                  • #10
                    Originariamente inviato da thegabry Visualizza il messaggio
                    domanda ho seguito i test di remond e vorrei fare una domanda forse un po stupida abbi pazienza. non riesco a capire perche usare corrente continua per innescare la reazion dff. grazie.
                    molto semplicemente si potrebbe dire questo:
                    una alimentazione a corrente alternata produrebbe una inversione delle polarità degli elettrodi, che energizzano la cella, con una elevata frequenza (es. i normali 50Hz).
                    Ora l'obbiettivo è (nel caso della ff alla F&P), di caricare il metallo di ioni di H e/o D.
                    Questi si addensano alla superficie dell'elettrodo come ioni H+ ,D+ grazie alla polarità negativa dell'elettrodo stesso.
                    Se questa polarità si inverte il fenomeno si arresta, per riprendere alla succesiva inversione...
                    L'efficienza del processo verrebbe meno...
                    Mi risulta invece che siano state realizzate esperienze con correnti di intensità variabile, secondo curve predefinite per alimentare le celle.

                    ciao

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