Il “chip” delle macchine idro-eoliche di nuova generazione. - EnergeticAmbiente.it

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Il “chip” delle macchine idro-eoliche di nuova generazione.

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  • #31
    Ho dato un'occhiata a quegli allegati e ho qualche osservazione:

    1- l'effetto del vento (posto che sia nello stesso senso delle onde, il che non è detto) mi pare trascurabile, visto che l'aria ha una densità 800 volte minore dell'acqua

    2- quei cestelli che permettono il movimento dell'acqua in un senso solo, verso l'interno ma non verso l'esterno, non mi convincono. Non sono degli scolapasta con un foglio di politene dentro; ogni foro del cestello deve avere una valvola, cosa meno semplice (non dico che non si possa)

    3-non ho capito che c'entra la parola 'chip'

    4- il meccanismo che produce il movimento (figura 3 dell'allegato tecnico) mi pare un po' troppo macchinoso.
    Si tratta sostanzialmente di un dispositivo che sfrutta da un lato solo della ruota il movimento dell'onda, sia in salita che in discesa, in modo da creare una coppia di rotazione.
    Bene, un rotore Savonius posizionato con l'asse orizzontale potrebbe fare la stessa cosa in modo più semplice ! Basta che fosse disposto con l'asse normale alla direzione delle onde (ancorato al fondo e non galleggiante) e disposto in modo da sfruttare al meglio il moto rotatorio dell'acqua delle onde (quindi con la concavità delle pale nella parte superiore)

    4. il vero problema per sfruttare il moto delle onde non è tanto quello di far girare un rotore, ma di trasformare questo moto rotatorio più o meno transitorio in energia elettrica o meccanica. Come si pensa di realizzare questo in modo continuo ?

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    • #32
      Caro Stregatto,
      rispondo volentieri alle tue interessanti osservazioni. Consentimi però di dirti che, probabilmente per colpa mia (che non sarò riuscito a spiegare bene il meccanismo), le cose non stanno esattamente come tu credi.

      Punto 1: Il vento è una cosa, le onde un’altra. Questo agisce orizzontalmente, l’acqua verticalmente. Quindi la sua direzione è completamente slegata dal quella dell’acqua (il cui moto in mare aperto è rotatorio sul piano verticale, e non “cammina” con le onde!). Poi, che la sua azione sia trascurabile, non direi proprio (altrimenti nessuno investirebbe un solo euro in impianti offshore, non credi?).

      Punto 2: non ho capito cosa intendi per “quei cestelli che permettono il movimento dell’acqua... verso l’interno ma non verso l’esterno...”. Innanzitutto non sono i cestelli a muovere l’acqua, bensì viceversa. E questa si comporta esattamente come quella di un corso d‘acqua (ruscello, torrente, ecc.) che, precipitando giù, va a riempire le tazze di una ruota idraulica (come quella dei mulini di una volta). L’unica differenza è che le “nostre” tazze (ossia i cestelli valvolari) si riempiono soprattutto dal basso (oltre che dagli altri lati), eludendo in tal modo la legge di Archimede!
      Quanto alle valvole, non è affatto necessario applicarne una per ogni foro. Tutt’altro!

      Punto 3: il “chip” è solo un comodo eufemismo per dire tante cose con una sola parola. In campo elettronico “chip” sta a significare un microscopico insieme di valvole. Ebbene, anche qui siamo in presenza di apparati, sia eolici che marini (di qualsiaisi grandezza), realizzabili con gli stessi (piccoli) pannelli valvolari.

      Punto 4: il meccanismo è “macchinoso” quanto lo erano le ruote idrauliche di una volta.
      Inoltre il paragone col rotore Savonius mi pare un po’ forzato. Se lo posizioni come dici tu, esso si comporterebbe come un qualsiasi natante soggetto a quella legge d’Archimede cui prima ho fatto cenno: riceverebbe più o meno la stessa spinta da entrambe le facce, per cui rimarrebbe praticamente immobile.
      Ma l’aver tirato in ballo il “Savonius” denota che stai ragionando come se fossimo in presenza di un ambiente marino dinamico (quello di una corrente per esempio) in cui entrano in gioco le leggi della fluidodinamica, e non di quello sostanzialmente statico in cui è della forza di gravità che invece dobbiamo tenere conto!

      Punto 5: La trasformazione del moto rotatorio discontinuo (dovuto ai “periodi” delle onde, la cui media è di 5 secondi) è facilmente ottenibile mettendo in parallelo più RIEM sfalsate quanto occorre per superare i tempi morti.

      Se ci sono altri dubbi, sono sempre a disposizione per chiunque voglia discuterne.
      Ciao.

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      • #33
        un disegnino, non e' possibile vederelo?

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        • #34
          al post N° 15 c'è il link

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          • #35
            Bella idea, ma credo tecnicamente poco praticabile

            Intanto mi scuso se non mi sono ancora presentato in un topic apposito ma confesso una certa diffioltà di orientamento in questo forum. Non vuole essere una critica, sono sicuro che con l'utilizzo risolverò la cosa.

            Per quanto riguarda il progetto mi piace per la fantasia, e il principio di funzionamento studiato, il fatto è che temo che sia un sistema inefficace, ti spiego perchè a mio parere. Osservando la tua presentazione ne osservo subito un problema di natura concettuale, ovvero che ho l'impressione che non hai falsificato le tesi di funzionamento. Cosa intendo, nella descrizione è presentato il funzionamento del modello nelle condizioni per cui è pensato.... ma esistono tali condizioni? A questo posto risponderti io che vivo sul mare da quando sono nato, e la risposta è no! Per diverse ragioni. Innanzi tutto il moto ondoso è per sua natura variabile, è pertanto impossibile dimensionare in modo efficiente il sistema, la lunghezza d'onda cambia, ben che vada la puoi trovare costante per 24 ore. Variando la lunghezza d'onda è del tutto probabile che spesso non si creino le differenze di potenziale, in riferimento all'altezza delle creste, tra un lato e l'altro del sistema, non so se mi sono fatto capire. Detto questo, quante volte all'anno si verificheranno le condizioni di onda sufficienti a far lavorare la ruota? Un numero imprecisabile, ma senz'altro basso per giustificare lo sforzo economico e progettuale. Un secondo aspetto è il vento, non è vero che il cucchiaio superiore sfrutta la forza del vento a meno che questo non abbia direzione parallela al moto ondoso e ciò si verifica raramente. La direzione del vento e delle onde coincide rarissimamente, almeno qui in Liguria. Questo significa che se va bene puoi sfruttare una componente vettoriale del vento ma non tutto, la restante componente vettoriale lavorerebbe per abbattere da un lato la ruota, e su questo tema si dovrebbe sviluppare tutto un ragionamento, considerando che la ruota è vincolata al fondo con il sistema pensato.
            E' per questo motivo che dico che non sono state valutate le condizioni "false" all'ipotesi di partenza. Infine un ragionamento prettamente economico, considerate (questo calcolo lo devi fare) le perdite di potenza per il necessario sistema di trasformazione in energia elettrica, che se non si trova a bordo si dovrà trovare sulla costa (nuovamente sorgono perplessità sulla realizzabilità) quanto grande dovrebbe essere suddetta ruota per garantire un ricavo economico sull'investimento? Ammesso pure che le mie perplessità siano errato. Saluti Luca

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