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Le nanotecnologie e la medicina.

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  • Le nanotecnologie e la medicina.

    Buonasera,

    ho notato che in molti post si è già avviato questo discorso.però ritengo opportuno e essenziale avviare un 3D ove discutere delle implicazioni che le nanotecnologie avranno nella medicina.
    A mio parere è questo il campo dove le nanotecnologie avranno maggiore successo e importanza.
    Nel campo strettamente medico secondo me le nanotecnologie avranno un impiego secondo solo alle biotecnologie, che già stanno facendo enormi passi avanti anche grazie al progetto genoma umano.
    Sopratutto si distingueranno nella somministrazione dei farmaci.
    Pensiamo infatti, che quando assumiamo un farmaco lo facciamo in maniera assolutamente INEFFICIENTE.Ne assumiamo quantità spropositate che inevitabilemente destabilizzano il nostro equilibrio fisico, e a volte anche quello psichico.
    Ciò è tristemente visibile in una delle più discusse tecniche di lotta contro il cancro: la chemioterapia.In essa il farmaco assunto è talmente potente che oltre a uccidere cellule tumorali danneggia anche tessuti sani.In molti casi invece di combattere il male abbrevia la vita al paziente.Con le nanotecnologie sarà diverso: ci saranno nanorecipienti in grado di penetrare nel nostro organismo in maniera indolore e liberare quantità centellinate di farmaco nel posto giusto e al momento giusto.Con l'evolversi della nanoelettronica si costruiranno nanomacchine capaci di svolgere compiti all'interno del corpo umano come interagire con delle macromolecole o sintetizzare particolari sostanze, fino inevitabilmente a entrare in ambito bellico con nanomacchine capaci di ledere e uccidere.
    Concludo segnalandovi alcuni link di approfondimento sulle nanotecnologie implicate nel settore medico,che trattano di argomenti da me proposti e di altri più complessi e articolati li potete trovare:
    qui, qui, , e qui.

    RIOVANDAINO

  • #2
    Cari amici,

    vi segnalo una interessante scoperta, compiuta da un gruppo di ricerca del MIT, in grado potenzialmente di avere ripercussionui positive sulla degenze ospedaliere. Il testo e' tratto dal notiziario di Galileonet.it del 10 ottobre scorso.


    NANOTECNOLOGIE
    Cicatrici in un baleno

    Arriva dai ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Cambridge e dall’Università di Hong Kong la notizia di un liquido biodegradabile capace di bloccare il sanguinamento di una ferita in soli 15 secondi. Il liquido, testato sui topi, è composto da frammenti proteici chiamati peptidi, capaci di auto-assemblarsi su scala nanometrica formando una specie di gel protettivo che blocca la fuoriuscita di sangue. Guarita la ferita, il gel (non tossico) viene degradato dalle cellule e utilizzato per riparare i tessuti, mentre la ferita rimane sigillata come da una sutura. Gli esperimenti sui ratti hanno dato buoni risultati in tutti i tipi di tessuto su cui sono stati effettuati: cervello, fegato, pelle, midollo spinale e intestino. La scoperta, pubblicata sul numero di ottobre di Nanomedicine, segna la prima volta che una nanotecnologia è applicata a un simile problema. Se l'efficacia sarà confermata anche sui pazienti, il gel nanotech potrebbe ridurre del 50 per cento il tempo necessario nelle operazioni chirurgiche, accelerando la coagulazione del sangue e e guadagnando tempo negli interventi più delicati.


    Saluti,
    Massimo

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    • #3
      un articolo ottimista...
      Microparticelle anti-cancro?
      di BRANDON KEIM





      È UNA SCENA che ormai conosciamo a memoria: di fronte alla minuscola astronave del protagonista si staglia la mastodontica base nemica. Il momento dello scontro decisivo. Ora provate a rimpicciolire quella scena di un miliardo di volte circa, e al posto di Luke Skywalker e della Morte Nera mettete rispettivamente uno sciame di molecole trasporta-farmaco e una cellula cancerosa degenere. Fuoco! È solo una delle possibilità oggi offerte dalla disciplina emergente della nanotecnologia oncologica, che prevede la sintesi di minuscole molecole appositamente progettate per combattere una patologia che uccide milioni di persone ogni anno. «È la medicina del Ventunesimo secolo», spiega Vicki Colvin, del Center for Nanoscale Science and Technology della Rice University. «Un settore che si situa nel punto di intersezione tra alcuni dei più significativi progressi compiuti recentemente nei più svariati ambiti di ricerca, dalle scienze dei materiali alla biologia cellulare alla fisica alla diagnostica per immagini». Il National Cancer Institute, che di recente ha annunciato due tornate di finanziamenti per la ricerca e la progettazione sul nanotech, considera la nanotecnologia un elemento cruciale per il raggiungimento del suo obiettivo dichiarato che è quello di «debellare la sofferenza e le morti causate dal cancro entro il 2015».

      A chi abbia una qualche familiarità con l’annosa e spesso infruttuosa ricerca di una cura contro i tumori, o per chi abbia ben presente le promesse finora disattese del nanotech, il traguardo potrebbe sembrare a dir poco ambizioso. Ma negli ultimi anni, gli scienziati hanno imparato molto su come il cancro agisce a livello cellulare. E sono riusciti a costruire molecole in grado di rilevare e distruggere le cellule cancerose, facendo delle terapie dolorose e generalmente inefficaci del passato solo un lontano ricordo. Benché il salto dal laboratorio all’effettiva cura del paziente sia lungo, gli esperti sono fiduciosi che si possa compiere. «Progettare un farmaco o un metodo diagnostico è un processo laborioso, e questo caso non fa eccezione», osserva Greg Downing, direttore dell’Office of Technology and Industrial Relations at the National Cancer Institute. «Ma la nuova tecnologia ha il potenziale per superare gli ostacoli che attualmente non riusciamo ancora a vincere». I dispositivi in via di progettazione non assomigliano alle complesse macchine in miniatura solitamente associate al concetto di nanotecnologia, bensì particelle dello spessore di qualche nanometro (tanto per avere un’idea, un capello umano è spesso in media 100 mila nanometri, e una cellula ematica ha un diametro di quattromila nanometri).

      Probabilmente, le prime applicazioni oncologiche del nanotech riguarderanno la diagnostica. Le nanoparticelle possono infatti riconoscere la firma molecolare del tumore, raccogliendo le proteine prodotte dalla cellule tumorali o segnalando eventuali alterazioni genetiche sospette. A tale proposito, i ricercatori hanno già utilizzato in questo senso una proteina denominata albumina – che viene considerata una nanoparticella naturale - per rilevare le proteine presenti nel tessuto di un carcinoma ovarico. Altre nanoparticelle, invece, riescono ad attaccarsi alle cellule cancerose e quindi, sottoposte a risonanza magnetica o luminescenza, rivelano la presenza di tumori nascosti. «Il nanotech ci dà l’opportunità di individuare il tumore su un campione di mille cellule, mentre adesso riusciamo a osservarlo solo su un milione di cellule. Attualmente, al momento in cui vengono diagnosticati, alcuni tumori non sono già più curabili e tutto ciò che si può fare è solo tentare di prolungare le aspettative di vita», spiega Sri Sridhar, direttore del Nanomedicine Science and Technology Program della Northeastern University.

      Non meno importante è il possibile utilizzo della nanotecnologia per raccogliere informazioni sui processi molecolari. Combinati con approfondimenti sulle interazioni tra cellule e tessuti, dati del genere potrebbero portare all’elaborazione di modelli digitali ultradettagliati di cancro. «Puntiamo a ottenere simulazioni al computer in grado di prevedere come un dato tumore effettivamente si svilupperà in un dato paziente», puntualizza Vito Quaranta, docente di Biologia oncologica presso l’Integrative Cancer Biology Center della Vanderbilt University. «Uno dei maggiori inconvenienti allo stato attuale della ricerca sul cancro è che non siamo in grado di sapere fino a che punto e con quali ritmi di proliferazione un particolare tumore si rivelerà invasivo, con che velocità si diffonderà dalla prostata alle ossa, dai polmoni al cervello. È la proliferazione del male che uccide». Gli specialisti potrebbero sfruttare tale conoscenza più approfondita per indirizzare meglio il trattamento. Non solo, aggiunge Quaranta: potrebbero addirittura arrivare a predire l’esito di una terapia simulando la sua azione sul tumore nel tempo, magari anche a distanza di anni.

      È ancora difficile fare delle previsioni su quando queste nanotecnologie oncologiche potranno essere effettivamente commercializzate. Il Cancer Nanotechnology Plan del National Cancer Institute punta a sperimentazioni sulle applicazioni extra-organismo entro tre anni e intra-organismo e diagnostiche entro cinque, ma i ricercatori restano cauti, non se la sentono di promettere troppo. «La strada da fare è ancora molta», commenta Colvin. A parte l’ovvia difficoltà di replicare sui pazienti i risultati ottenuti in laboratorio, rimangono ancora da stabilire standard universali sull’uniformità e qualità delle nanoparticelle. Oltretutto, le nanomolecole saranno molto più complicate da testare dei farmaci tradizionali, che sono più caratterizzati, meno complessi e interagiscono con i tessuti in maniera diversa. «L’aspetto tossicologico è estremamente problematico», spiega Robert Best, genetista e bioetico del NanoCenter della University of South Carolina. «A questo livello di dimensioni, entrano in gioco la chimica di superficie e gli effetti quantici». Comunque, data l’inadeguatezza della maggior parte dei trattamenti al momento disponibili, la tossicità non sempre è il problema più pressante, specialmente per individui che soffrono di tipologie di cancro particolarmente aggressive e letali. «Non stiamo parlando di trattare il colesterolo», continua Best. «Stiamo parlando di cancro, ed è un qualcosa che non possiamo fermare con i mezzi oggi a nostra disposizione».

      © Wired News

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      • #4
        Ricercatori della Universita' della California a San Diego, Santa Barbara e del MIT hanno sviluppato nanodispositivi in grado di attraversare la corrente sanguigna senza essere immediatamente attaccati dal sistema immunitario. I dipositivi, che hanno un diametro di 50 nm, possono contenere agenti di contrasto (per essere visualizzato), sarebbero funzionalizzate con proteine in grado di aderire selettivamente a cellule tumorali, e conterrebbero sostanze in grado di attaccarle.
        Ecco il link all'articolo originale:
        Researchers develop nano-sized 'cargo ships' to target and destroy tumors

        Saluti,
        Massimo
        http://www.fluttuaedevia.blogspot.com
        http://www.daysofmangoo.blogspot.com

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        • #5
          Alcuni ricercatori stanno pensando di usare gli ormai immancabili nanotubo come nanodetonatori per tumori. La loro idea e' di riempire i nanotubi con acqua o con altri liquidi chemoterapici, iniettare i nanotubi nel tumore (i nanotubi sarebbero funzionalizzati con specifici recettori che selettivamente sono attratti dalle cellule tumorali) e quindi irradiare i nanotubi con luce di particolare lunghezza d'onda. In questo modo il liquido entro i nanotubi bollirebbe, e la pressione sviluppata distruggerebbe le cellule tumorali, mentre il liquido chemoterapico rimanente potrebbe eliminare le restanti cellule tumorali non attaccate.

          Per maggiori informazioni:
          Invention: Cancer nanobomb - tech - 10 November 2008 - New Scientist

          Mangoo
          http://www.fluttuaedevia.blogspot.com
          http://www.daysofmangoo.blogspot.com

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