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    salve , ora posterò articoli propagazione luce al completo

    Teoria generale propagazione luce


    Giancarlo Gazzoni


    Parte prima.
    Heuristic propagation.

    Propagazione della luce
    e dei gravitoni in effetto tunnel nel vuoto.

    Teoria euristica
    per la propagazione della luce e dei gravitoni nel vuoto,
    comprensiva della natura dualistica onda-particella e
    una interpretazione fisica dell’onda piana di de Broglie con una possibile soluzione in accordo con la propagazione nei diagrammi di Feynmann e con la teoria quantistica dei campi.


    Il fotone non viaggia mai a velocità esattamente pari a c,
    la velocità nel vuoto della luce pari a
    velocità luce=29.979.249.800cm /sec circa,
    ma a velocità leggermente inferiore o superiore a c ,
    in maniera tale che la media delle velocità è uguale a c,
    e attraversa la barriera c-la barriera degli infiniti-
    con un effetto tunnel ,a velocità tendente ad infinito.

    Se il fotone( e il gravitone) non ha massa statica,
    può viaggiare a velocità C,
    ma se trasporta energia,l'energia ha comunque massa e
    anche una piccolissima massa per infinito =infinito,
    quantità moto e di energia complessiva p = infinito
    ( per osservare la quantità P si adopera di solito un sistema di misura
    diverso:la differenza di potenziale elettrico ev=1.6*10-19 J-).

    la velocità C e lunghezza d'onda di De Broglie.

    h
    formula di De Broglie -- lunghezza d’onda = --- .
    p
    De Broglie risolve brillantemente il rebus con l’onda interna(frequenza)del corpuscolo trasportata da una onda piana con velocità superiori C e in fase.
    Il sughero (corpuscolo) deve galleggiare (frequenza interna del corpuscolo) e seguire in fase i movimenti dell’onda piana.
    L’onda piana (frequenza)salta di fase e diventa un’energia al cambio del sistema di riferimento
    e il corpuscolo viaggia a velocità c.

    Possiamo risolvere il rebus in altro modo.
    Dobbiamo modificare questo risultato assumendo come sistema di
    riferimento assoluto la velocità c e fare riferimento a c per i cambi di fase
    con il principio della traslazione degli assi all’attraversamento di c:
    Possiamo ipotizzare che il fotone,
    se trasporta energia,possa muoversi per metà tempo, a velocità
    inferiore a c , e l'altra metà superiore. a C attraversando in tunneling
    la barriera c degli infiniti, velocità C.

    Analisi del fotone, con le sue oscillazioni attorno a C .
    La frequenza in questo caso
    oltre all’energia e massa trasportata,incorpora le differente dell’oscillazione attorno a C,
    con un rapporto con ampiezza frequenza e lunghezza d’onda molto complesso ma ricostruibile
    e possibile da individuare e tale da
    poter mantenere tutte le normali propietà del fotone,e le velocità
    angolari associate, perché la traslazione degli assi non cambia la forma d’onda in sé.
    Se consideriamo il salto di fase delle onde di gruppo,possiamo definirlo
    come traslazione degli assi temporali e
    spaziali nell'attraversamento di C, con velocità media =C.
    Per noi osservatori, che non possiamo attraversare la barriera C,
    l'onda piana di De Broglie salta di fase per forza, con la traslazione
    degli assi per poter mantenere tutte le normali propietà del fotone,e le velocità
    angolari associate perché la traslazione degli assi non cambia la forma d’onda.



    Il fotone,se seguiamo fino in fondo la meccanica quantistica non ha possibilità di mantenere esattamente sempre la stessa velocità C, deve oscillare con piccolissimi aumenti
    di velocità,meno o più,attorno a C con velocità media =C
    nell’asse C ,velocità luce, la lunghezza d’onda delle masse è infinita,
    mentre a velocità zero, oppure infinita,la lunghezza è uguale a zero
    infatti il fotone a lunghezza zero o non ha velocità o si muove oltre il nostro universo a velocità infinita e non è riscontrabile nel nostro universo.

    Questo fatto potrebbe avere implicazioni molto importanti;
    se il fotone trasporta energia ha solo due regioni dove può esistere ;
    attorno all’asse C,
    mentre attorno agli assi velocità infinita, velocità nulla pari a zero,
    non esiste praticamente, perché non ha frequenza, non è rilevabile comunque,non trasporta il quanto minimo d’energia rilevabile nel nostro universo.
    La pista su cui investigare sono le variazioni di frequenza e ampiezza di oscillazione del fotone, che oscillando attorno a C scambia continuamente gli assi del tempo e dello spazio
    assieme con l’intensità d’impulso dell’onda o lunghezza d’onda
    La massa scompare alla velocità infinita, oppure a velocità zero , quindi se
    noi misuriamo i nostri corpi, e troviamo che hanno massa,dobbiamo inferire
    che viaggiamo normalmente a una velocità assai prossima a C,sicuramente
    molto più vicina a C dei 300 km/sec che sembra ci dividono dalla
    velocità del fondo termico cosmico,se così ci risulta è per le
    contrazioni temporali relativistiche a cui siamo sottoposti.

    Scambio di assi nel salto di fase.

    L’attraversamento in tunnel impone che a velocità superiori a C, il fotone misuri un tempo immaginario i e uno spazio immaginario i,
    derivabile dalle normali trasformazioni di Lorentz,
    Accettando di dare alle equazioni con radice immaginaria
    (quando v diventa >C)
    una reale esistenza fisica,
    possiamo inferire che il tempo immaginario trasli e diventa spazio,
    e lo spazio immaginario trasli e diventi tempo.
    L’onda piana di trasporto del corpuscolo di De Broglie è l’effetto tunnel.
    Potremmo inferire che lo spin intero riguardi le propietà delle particelle bosoniche che riescono ad attraversare facilmente la barriera c,e
    attribuirgli un comportamento simile allo zig e zag delle particelle fermioniche
    con elicità sinistrorsa per lo zig, elicità destrosa per lo zag.

    Accettando queste due condizioni troveremo che l’universo di chi viaggia a velocità superiore a c è perfettamente simmetrico a chi rimane al di sotto,
    la velocità C rimane una barriera ,
    ma i fotoni possono attraversare la barriera trasportando energia,massa ed informazione molto facilmente,anzi è il loro modo di propagarsi

    image

    Fig1. diagramma delle velocità simmetriche sotto c e sopra c.
    url=http://imageshack.us][img=http://img87.imageshack.us/img87/2052/vattori0wl.jpg][/url]

    Fig2. diagramma di Minkoski a due dimensioni con lunghezza d’onda infinita al centro e con lunghezza zero ai due lati a 45 °.
    diagramma velocità infinita e velocità 0.



    Abbiamo uno scambio tra le due zone di esistenza del fotone
    nel vuoto con velocità C ,alternativamente leggermente inferiore a c e leggermente superiore a c ,
    con scambio di assi e con velocità media pari a C
    e la possibilità di mantenere la velocità media C senza dover raggiungere frequenze infinite e di poter trasportare energia .

    .



    —anche i gravitoni dovrebbero comportarsi in questo modo, con cambio di fase e l’inversione degli assi, con attraversamento in tunneling della barriera C a frequenza infinita ,
    e la comparsa nelle due zone normali alternativamente a scambio di assi temporali e spaziali e a salto di fase.

    Quanto minimo d’energia per un fotone



    -energia e frequenza
    se assumiamo l'energia come termine di riferimento
    possiamo per propietà transitiva lineare
    inferire l'equivalenza di due diverse equazioni
    la formula classica di Einstein e la formula di Plank
    che la trattano in maniera diversa .
    - nelle formule il simbolo ^ significa elevazione a potenza

    MC^2=energia=hV

    deriviamo
    h
    M = ------ v(lunghezza d’onda)
    C^2

    otteniamo la costante

    h
    ---- = 6.8*10^-48 erg*cm^-2* sec*-1
    C^2

    quanto minimo d’azione per il fotone =costante kf

    h = costante di Plank=6,626176 10^-27erg.sec
    C = velocità luce nel vuoto=29.979.245.800 cm/sec
    V = lunghezza d’onda -1/cm


    Se consideriamo i risultati del gedanken ,possiamo inferire che gli assi temporali e spaziali di Minkoscki dell’ipotetica particella si scambiano all’attraversamento periodico in tunnelig della barriera velocità luce nel loro normale moto a velocità media costante C.

    L’energia/massa in fondo diviene solamente una lunghezza d’onda
    moltiplicata una costante-
    costante o quanto minimo d’energia di un fotone rilevabile nel nostro universo,
    al di sotto il fotone non è più rilevabile, diventa solo un’onda virtuale dei campi quantistici.
    La massa diventa zero a velocità infinita, oppure quando è assolutamente ferma,
    cosa che permette ai corpuscoli di attraversare il tunnel a velocità infinita, avendo massa zero
    e quindi la lunghezza d’onda diventa zero.

    Possiamo fare un interessante confronto con la propagazione di un elettrone , con la propagazione dei diagrammi di Feynmann degli elettroni,
    e assumere anche per i fotoni la propagazione a zig e zag,con la definizione del quanto minimo d’energia.

    image

    Fig3.propagation of foton in zig-zag


    Anche con il quanto minimo, possiamo avere uno zig sinistrorso , e uno zag destroso ,
    ma come nella teoria dei campi quantistici, il fotone può interagire con la forza debole sia nello zig, sia nello zag e nel cambio di vertice ,interagire con il campo di Higgs, e acquistare la massa per l’energia trasportata.

    URL=http://img87.imageshack.us/my.php?image=img20327ll.jpg]image[/URL]


    Fig4.. i diagrammi di Feynmann sono sovrapposizioni di un numero enorme di possibili particelle,
    ognuna delle quali contribuisce al propagatore totale.
    In figura sono presentati diagrammi di interazione fotone-elettrone senza zig-zag a sinistra, con zig-zag a destra-


    In questo caso, mentre per i diagrammi di Feynmann, o integrali sui cammini delle particelle a spin ½ definiamo un cambio di spin tra zig e zag,,
    per i fotoni definiamo un salto per lo zag a velocità superiore a C, inferiore per lo zig.
    Come per le rappresentazioni della propagazione di un elettrone di Dirac,possiamo rappresentare la propagazione del fotone con salti di fase a velocità superiori a C e inferiori, a zig e zag,
    Potremmo pensare ad una specie di movimento “zitterbewegung”, e mentre nel caso dell’elettrone avviene avanti ed indietro,a velocità istantanea,con velocità media inferiore a quella luce ,a causa del movimento altalenante,
    la velocità media del fotone risulta C, perché non torna indietro, non ha cambi di spin,
    ma va sempre avanti… solo a velocità inferiori o superiori a C.
    image
    Fig5. interazione della massa/energia trasportata dal fotone con il campo di Higgs

    Inferiamo che l’interazione con il campo di Higgs, per il fotone, sia nei cambi di vertice tra zig e zag.
    Abbiamo interazione pari a 2^1/2 M con il campo di Higgs,, o quanto minimo d’azione per il fotone,o massa minima per il fotone,
    come costante di accoppiamento tra zig e zag.
    Naturalmente nei diagrammi di Feynmann abbiamo la sovrapposizione di un enorme numero di stati , di processi fisici differenti,anche nel caso del fotone.

    parte seconda.


    Quanto minimo di energia gravitazionale nel campo relativistico
    a tre dimensioni + quella temporale.


    Un'onda gravitazionale è una deformazione del tensore metrico Gik , dovuta
    ad una perturbazione del medesimo, ottenibile matematicamente sviluppando
    in serie il tensore stesso.

    L'equazione di Einstein è composta da 16
    equazioni (riducibili a 10) alle derivate parziali seconde del tensore
    metrico e sono equazioni non lineari.
    Possiamo definire quindi con la relatività generale un’onda come caso classico limite e quantizzarla partendo dalla costante trovata di quanto di gravitone .
    Dalla relatività generale, per quantizzare il gravitone partiamo dalla costante
    trovata da Einstein .


    Il valore di k (costante gravitazionale di Newton) nel sistema CGS :

    k = 6.67 * 10 ^ (-8) cm^3 * g^(-1)*s^(-2) costante di Newton

    C==velocità luce nel vuoto in Cm/sec
    G=grammo in sistema CGS
    Semplificando l’equazione otteniamo il quanto minimo d’esistenza per il gravitone



    k. 8pigreco
    -------------- =1.6* 10^- 48 *cm*-1*g^-1*1s^2

    C4



    Questo valore è molto simile al precedente quanto minimo per il fotone,,
    in valore assoluto siamo a ¼ circa di un fotone,
    e per la propagazione del gravitone stabiliamo gli stessi criteri del fotone
    presentate nella prima parte dell’articolo.


    Il gravitone ,come bosone mediatore di forze a spin intero,
    ha valore inferiore di circa ¼ rispetto al fotone, per effetti di autointerazione che il fotone non ha,
    potrebbe indicare una costante d’accoppiamento
    con il campo di higgs pari a pigreco ^1/2*M.

    image

    Fig6. un’interazione per intermediazione di un bosone vettoriale della forza debole(W+/- o Z°)
    Qui un W.

    Il gravitone ha uno spin intero, quindi potremmo pensare che ha una propagazione intermedia ,
    con uno zig , zag, ed uno zog, dove ha possibilità di interagire con i campi di Higgs
    e con la forza debole.



    Teoria rabazon propagazione luce in mezzi trasparenti

    la propagazione della luce in mezzi trasparenti, tipo acqua,vetro,
    aria ,cristalli,
    avviene a velocità ridotte rispetto al vuoto, e con angolazioni di riflessione tipiche
    derivate dalla legge di minima azione studiata da Maupertis .

    fig1a. .effetto tunnel su diffusione di fotoni tre vetro e aria e mantenimento delle angolazioni.

    In figura mostriamo un caso di propagazione con “ teoria classica” della luce tra vetro ed aria.


    In questo articolo tratteremo dei principi generali della propagazione e come potrebbe avvenire fisicamente questo fenomeno,con una descrizione olistica generale .

    Per semplificare l’esposizione della teoria, tratteremo il caso particolare dell’acqua,
    e semplificheremo i calcoli, per evidenziare al massimo il principio fisico generale.
    Daremo come velocità di attraversamento di un Cm d’acqua 200.000 Km/sec,come numero di molecole 10^21 in un cm3,
    — velocità c 300.000 Km/sec (noterete come siano semplificati ed approssimati) .
    considerando la frequenza e lunghezza d’onda media nel visibile del fotone di circa 6* 10^-7 cm, diametro medio di una molecola 6*10^-7 cm—
    considerando che per avere una buona probabilità di interazione l’onda del fotone deve sovrapporsi per almeno 2/3 alla dimensione della molecola, considerando i moti browniani delle molecole, ecc..
    la sezione d’urto utile deve essere circa 3* 10^-13 cm2.

    Supponiamo che un fotone, con le caratteristiche frequenze e lunghezze d’onda dello spettro visibile,
    urti una molecola, e per interferenza con le particolari frequenze degli elettroni della molecola,con le geometrie della stessa, con le particolari frequenze di scambio degli elettroni che legano gli elementi della molecola,abbia una interferenza d’onda,solo nella finestra spettrale del visibile, e l’interferenza modifichi frequenza e lunghezza d’onda assorbendo in pratica gran parte dell’energia del fotone,costringendolo a seguire il perimetro esterno della molecola, e il fotone venga riemesso con frequenze uguali a quelle che si ritrovava prima dell’urto , dopo un semigiro medio di 180° attorno alla molecola,con il caratteristico angolo di riflessione dell’acqua.
    Notare che la velocità C del fotone rimane sempre quella del vuoto..
    Notare come l’eventuale deformazione della molecola, in seguito all’urto, rimanga nella casistica di urto elastico, perché la molecola ritorna normale e fa sparire la deformazione ricedendo il fotone alle stesse energie dopo 10^-18 sec circa..
    Notare che se ipotizziamo solo una interferenza attrattiva del fotone con gli elettroni,, non abbiamo salti negli orbitali degli elettroni,e quindi non abbiamo le frequenze caratteristiche che i fotoni hanno quando sono emessi dagli elettroni per tornare negli orbitali base.
    Notare come la velocità dell’interferenza permetta solo lievi sfasamenti dovuti ai moti browniani dell’acqua, con piccole imperfezioni al fascio di luce riemesso dal cm d’acqua.
    Possiamo ipotizzare che le dimensioni particolari delle molecole , abbastanza simili alle lunghezze d’onda dei fotoni collidenti, abbiano qualche ruolo in questo comportamento anomalo..
    Ipotizziamo questo particolare comportamento solo per le sostanze trasparenti e solo per le frequenze del visibile…
    Possiamo ipotizzare esperimenti di falsificazione, con le dimensioni di altre molecole, tipo quelle a base di silicio nei vetri o nei cristalli.
    Se troviamo un materiale con molecole di dimensione simile a quelle dell’acqua, con sezione d’urto e probabilità simili,con densità doppia su cm3,
    dovremmo registrare un rallentamento della velocità della luce proporzionale, in questo caso diminuire da 200.000 Km/sec a 100.000 Km /sec.
    Forse potremmo anche individuare comportamenti simili , per altri sostanze, con dimensioni molecolari diverse, per altre frequenze d’onda…
    Se le dimensioni sono simili a quelle dell’acqua, questo dato possiamo portarlo a favore della teoria.
    Per una trattazione matematica più profonda dell’interferenza tra il fotone e gli elettroni di legame della molecola d’acqua rimandiamo in altro capitolo..
    Il fotone , se la molecola fosse sferica,
    sarebbe costretto ad allungare il cammino, rispetto alla normale retta, di una mezza circonferenza, di circa 1.6 volte.
    Considerando che la molecola non ha una forma sferica , ma dovrebbe avere una conformazione più simile a quelle di orecchie di topolino, inoltre la molecola in seguito all’urto potrebbe assumere una forma a discoide, mediamente il percorso dovrebbe raddoppiare.
    Per percorrere 6*10^-7cm, un fotone impiega 1.8* 10^-17 sec.
    Nel caso del percorso sulla mezza circonferenza distorta il doppio ,circa 3* 10^-17sec.
    Per percorrere un cm d’acqua a 200.000 Km /sec
    impiega 5* 10^-11sec.

    Se fosse alla normale velocità C, nel vuoto,
    impiegherebbe 3 10^-11 sec circa..
    - la luce ha un ritardo di 2*10^-11sec ,circa ,
    dividendoli per il ritardo medio di 1.8* 10 ^-17 sec,dovuti ad un urto.
    -avremmo circa 10^+6 urti.. per giustificare il ritardo della luce a percorrere un cm d'acqua.


    Consideriamo ora che se in un cm3 abbiamo 10^+20 molecole, in uno spessore simile al diametro della molecola, 6*10^7-cm,
    abbiamo circa 10+12 molecole.

    Consideriamo che le molecole presentino al fotone incidente una superficie di cattura ,
    una specie di sezione d’urto utile , compresi i movimenti browniani e la lunghezza d’onda del fotone con sovrapposizione di 2/3, per avere probabilità di cattura molto alte,, una superficie media di circa 10^-13cm2.
    Se moltiplichiamo il numero delle molecole 10^+12 per la superficie di cattura ,
    abbiamo una probabilità d’urto di un fotone di 1 su 10 ,
    per ogni spessore di 10^-7 del centimetro cubo.

    Gli urti sono in totale circa 10^+6, per centimetro attraversato,
    con probabilità 1/10 ,su 10^+7 abbiamo 10^+6 urti,
    che sono in accordo con il rallentamento medio calcolato prima in altro modo , per il fotone.
    Questa teoria giustifica come mai il fotone rallenti,
    e pur subendo tanti urti,1 milione , mediamente non venga diffuso a caso in tutte le direzioni, come ci si aspetta da urti elastici con riflessione e basta.. ma seguendo solo la riflessione coerente alla minima azione..
    inoltre abbiamo spiegato perché il fotone pur continuando a viaggiare a velocità c, impieghi più tempo ad attraversare il cm d’acqua ..semplicemente perché è costretto a percorrere più strada..
    Una falsificazione rapida della teoria la otteniamo con un confronto con la diffusione in aria della luce.
    Abbiamo molecole di azoto e di ossigeno in gran parte, con dimensioni simili a quelle dell’acqua,con una densità all’incirca di 1 millesimo dell’acqua.
    Solo con questi dati e rispettando le condizioni che abbiamo posto precedentemente, possiamo interferire che il ritardo della luce è di un millesimo di quello dell’acqua,
    Nell’aria la luce subisce ,per attraversare un cm, mediamente un millesimo degli urti che subisce in acqua,
    un millesimo di 10*+6=1.000 urti per centimetro.
    Anche il ritardo diventa un millesimo, considerando
    i 100.000 Km/sec precedentemente fissati, abbiamo un ritardo
    di 100 Km/sec,che con calcoli più precisi, è nell’ordine di grandezza che troviamo realmente.
    Da queste argomentazioni possiamo desumere:

    Equazione rabazon statistica propagazione luce in materia trasparente.




    (Lcm/Cmol – Lcm/C)
    ----------------------------- =Nmol/Lcm^3*Rmol^2 *Ksez
    Kdef* Rmol/C


    Lcm =lunghezza di riferimento-in sistema cgs=1cm
    Cmol =velocità luce nel mezzo trasparente
    C =velocità luce nel vuoto
    Rmol = raggio medio molecola del mezzo trasparente
    Nmol = numero di molecole del mezzo-in sistema cgs su cm3
    Kdef = indice di deformazione molecolare
    ( Pi greco per un numero compreso tra 1 e 3)
    Ksez = indice di sezione d’urto onda/ fotone –diametro molecola
    (comprende Pi greco per un numero compreso tra 2 e 5)

    Possiamo semplificare ulteriormente l’equazione e ottenere



    C (Lcm/Cmol – Lcm/C)= Nmol /Lcm^3*Rmol^3 *Ksez*Kdef

    Ulteriore semplificazione

    C(Lcm/Cmol – Lcm/C)K° = Nmol/Lcm^3 *Rmol^3*Kn*Pigreco^2

    K°= costante accoppiamento spessore = 1/ Lcm(in cgs=1cm)
    Kn= indice in numero puro di deformazione e sezione d’urto

    Kn diventa l’indice comprensivo delle deformazioni della molecola rispetto ad una sfera,
    Diventa l’indice o parametro statistico della sezione d’urto data dal rapporto della sezione della lunghezza d’onda del fotone incidente sovrapposto alla sezione
    reale massima della molecola del materiale trasparente.
    Kn è un numero compreso tra 2.5 e 15, dipende appunto da molti parametri, comprensivo anche dei moti caotici delle molecole dovuti alle temperature presenti durante la misurazione.


    Gli indici sono le parti più variabili dell’equazione statistica,
    variano perché può variare mediamente la lunghezza d’onda del fotone incidente,variare di un 30% massimo in più o meno rispetto al diametro della molecola, che può essere più o meno deformata ,
    e avere anche piccole variabili dovute alla temperatura..
    e tener conto dei movimenti caotici browniani..
    con questa equazione possiamo trovare dal rallentamento della luce, interessanti particolari sulla reale conformazione delle dimensioni delle molecole, desumendolo dal numero di urti elastici subiti dal fotone sulle molecole del mezzo nell’attraversamento dello stesso e dal numero o densità delle molecole del materiale attraversato dalla luce.

    Nell’equazione otteniamo due numeri puri, nella parte destra e sinistra, che coincidono…
    Possiamo inserire nell’equazione dati sperimentali che già ampiamente conosciamo,
    ad esempio,la velocità di propagazione della luce nell’acqua, il n° di molecole su un volume , in sistema cgs,, e trovare in questo modo il fattore Kn, con una reale valutazione delle dimensioni e della conformazione delle molecole d’acqua
    e avere per ogni materiale un’idea delle reali deformazioni e dimensioni della molecola.


    Gazzoni Giancarlo



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    • #32
      salve,
      mi è rimasta un'equazione sballata,e non sono venuti tutti i diagrammi...

      abbiamo h
      ------
      p

      per hell, intervieni come vuoi, mica avrai paura di una polemica?

      se propio mi vuoi attaccare, sulle considerazioni sui gravitoni sono stato molto audace, forse imprudente,
      magari lì mi potrai beccare meglio...

      Commenta


      • #33

        CITAZIONE
        sono stato molto audace, forse imprudente,

        Si, in effetti hai alzato un po' il gomito.

        Per la teoria completa di rabazon clikkatevi a questo sito (scusa, ma non lo potevi linkare tu?)

        Stupefacente :woot: ...

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        • #34
          hei arqui,
          io pubblico solo quello che mi pare,
          nel link ho postato un articolo come dire ? a brutta copia,
          quando me pare li tiro fuori... e li metto a postol...
          da dove sbuchi fuori?
          io almeno me firmo...


          '

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          • #35
            E' dallo scorso ottobre che sono iscritto a questo forum.
            Sono intervenuto e ho letto a sufficienza per capire tante cose.
            CITAZIONE
            io pubblico solo quello che mi pare

            però una volta pubblicato, nel bene e nel male, te ne assumi la responsabilità.

            Commenta


            • #36
              CITAZIONE
              per hell, intervieni come vuoi, mica avrai paura di una polemica?

              Quando non intervengo è perchè:

              1) C'e' poco da dire
              2) C'e' troppo da dire e non posso scrivere post enormemente lunghi perchè ho anche io "qualcosina" da fare.
              3) Non mi interessa l'argomento



              Edited by Hellblow - 14/7/2006, 20:54

              Commenta


              • #37
                Rabazon!
                Ho letto il tuo articolo su
                http://spazioinwind.libero.it/inrabazon/Gedanken1.htm

                All'inizio c'è scritto che:
                infinito per zero =zero

                Tutti i numeri moltiplicati per ZERO da' come risultato ZERO.
                Ma infinito non è un numero, esso è un'entità astratta immaginaria.

                Infinito per ZERO fa UNO

                Qualsiasi numero moltiplicato per il suo inverso fa UNO.

                sebbene che "infinito" non sia un numero esso non sfugge alla regola di un numero moltiplicato per il suo inverso.
                ---------------------
                Ora: dal principio di Heisenberg stabilisce che possiamo prendere a prestito una certa energia che però dopo un tempo piccolissimo deve essere restituita.

                Ora: noi sappiamo che il trascorrere del tempo è sempre esistito da sempre, quindi davanti al nostro naso abbiamo un tempo infinito.
                Dopo miliardi di fluttazioni al secondo l'energia viene restituita, la domanda importante è la seguente....
                Che probabilità abbiamo che l'energia non venga restituita dopo un tempo infinito?

                E' tutto un discorso di probabilità e di matematica, dopo un tempo infinito è certo che si verifica l'errrore che l'energia non venga restituita e quindi abbiamo la creazione dell'universo.
                L'improvvisa comparsa dell'universo fu causata dell'infinito trascorrere del tempo e quest'ultimo c'è l'abbiamo già sotto i nostri occhi.



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                • #38
                  CITAZIONE
                  Infinito per ZERO fa UNO

                  Qualsiasi numero moltiplicato per il suo inverso fa UNO.

                  Infinito per zero non ha significato e si dice indefinito. Non vale nè uno, nè nessun altro numero, o infinito stesso. Semplicemente non è definito.

                  Stessa cosa per zero fratto zero (anche se si possono fare alcune considerazioni di limite) e uno elevato ad infinito ecc...

                  Edited by Hellblow - 14/7/2006, 23:59

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                  • #39
                    CITAZIONE
                    infinito per zero = zero

                    CITAZIONE
                    Infinito per ZERO fa UNO

                    È una gara di castronerie? <_<

                    Ora vi trascrivo cosa dice un libro di analisi diffuso nella mia facoltà (ma potrei andare a prendere il Giusti, se questo che segue fosse troppo poco autorevole per voi), il Bramanti, Pagani, Salsa, Matematica. Calcolo infinitesimale e algebra lineare, Zanichelli, I ed., 2000, pag. 100:
                    CITAZIONE
                    [...]
                    +inf - inf, 0*inf, 0/0, inf/inf.
                    Queste espressioni si chiamano forme di indecisione, poiché nessuna regola può essere stabilita a priori per determinare il risultato, come vedremo negli esempi sotto illustrati.

                    Quindi, tale forma indeterminata va "studiata". Alla fine di questo "studio", può essere che risulti un numero, ±inf, 0 oppure può anche essere che resti indeterminata.
                    Volete presentare dei calcoli, magari attendibili? Benissimo. Solo attenetevi alle regole della matematica.
                    Se volete vi consiglio qualche libro di analisi del liceo. -_-
                    Saluti.

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                    • #40
                      salve,

                      ho provveduto ad eliminare l'imprecisione nell'articolo,
                      infatti dovevo dire un numero enorme, ma definito per 0=0,
                      ma eliminando l'errore, non cambia il senso dell'articolo...

                      per arqui, io discuto di quello che pubblico nel forum,

                      per hell. su, su con la vita,
                      me stai depresso...

                      per genco,
                      non c'è bisogno di errori,
                      per noi , nelle nostre condizioni,
                      un tempo di 10-104 sec misurato da altri osservatori in condizioni diverse, potrebbe risultare di 10+104 sec,
                      considerando che il nostro universo sta evaporando, raggiungerà un limite minimo di densità d'energia, e quando lo supererà potremmo pensare che sparisce , quindi ha restituito il debito...

                      ora un copiaincolla...
                      Dalle matite la materia simile a quella del Big Bang
                      Un sottile strato di carbonio dello spessore di un solo atomo apre la strada a nuove scoperte

                      Dentro una semplice matita si nascondono la chiave per la superconduttività e molte altre scoperte del futuro. Se n'è accorto per primo un gruppo di ricercatori dell'Università di Manchester, guidati da Andre Geim, che è riuscito a ricavare dalla striscia di grafite lasciata dalla mina un film sottile di un materiale chiamato grafene, le cui proprietà mimano quelle della materia presente nell'Universo nei primi istanti dopo il Big Bang. Secondo alcuni studi, il grafene ha delle qualità nella conduzione dell'elettricità che potrebbero aprire la strada a nuovi dispositivi elettronici superveloci.




                      Il grafene è un "foglietto" di carbonio dello spessore di un solo atomo. I ricercatori sono riusciti ad ottenerlo semplicemente "strappando via" ripetutamente con del nastro adesivo degli strati di grafene da un blocchetto di grafite, ottenendo alla fine dei film spessi due o tre, o anche un solo atomo. Un metodo più preciso e ancora più semplice è passare un blocchetto di grafite su una superficie adatta, in modo da fargli lasciare un singolo strato di materiale.




                      Le proprietà elettriche del grafene sono particolari: a differenza degli altri conduttori, infatti, in cui gli elettroni si muovono caoticamente, in questo materiale percorrono spazi enormi senza rimbalzare, raggiungendo velocità molto più elevate. Inoltre, ad essere particolari sono anche le proprietà globali degli elettroni del grafene: essi infatti visti nell'insieme si comportano come quasi-particelle, delle strutture che gli studiosi di norma ottengono con degli acceleratori di particelle.




                      Proprio le quasi-particelle sono oggetto di studio degli astronomi perché nello spazio si trovano solo in determinate situazioni, vicino alle stelle di neutroni o appunto poco dopo il Big Bang. Lo studio delle proprietà di questo materiale potrebbe essere utile anche a verificare alcune teorie della meccanica quantistica sulle particelle la cui velocità è prossima a quella della luce, finora rimaste sulla carta per l'impossibilità di osservare fenomeni così veloci.



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                      • #41
                        ANALITICAMENTE PARLANDO:

                        A QUANDO IL "FINIS GLORIAE MUNDI" ????

                        <img src="> <img src="> :woot: :woot:
                        Saluti a tutti.
                        NaOH

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                        • #42
                          per soda, beh,
                          nà pizza .fai in tempo a magnartela..

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                          • #43
                            beh, per soda,
                            se vuoi una risposta più seriosa...

                            la fine dell'universo è un tema molto dibattuto e controverso,
                            molte teorie...

                            una , per riassumere velocemente, mamma mia, me sembra di esserre hell,
                            predice un big crunch,un collasso totale,
                            tra 60 miliardi di anni o giù di lì,

                            un'altra , lo stato stazionario, predice che l'universo continuerà l'espansione infinitamente, decelerando infinitamente,

                            ad un certo punto decelererà talmente piano da sembrare stazionario, quasi immobile...quindi avrà un tempo infinito...

                            quella che io preferisco , l'accellerazione dell'universo verso una densità nulla, ha tempi contrastati,
                            io preferisco la versione con accellerazione ad aumenti esponenziali nel tempo,quindi già tra 50-60 miliardi di anni dovremmo essere in fase di evaporazione...
                            il tempo per una pizza ci dovrebbe stare...
                            nun te preoccupà...
                            per tutti,
                            l'articolo sulla propagazione della luce conteneva alcune inesattezze nelle formule,
                            ora le postero corrette...
                            la costante

                            h
                            ---- = 7*10^-48 erg*cm^-2* sec^+3*
                            C^+2

                            quanto minimo d’azione per il fotone =costante kf
                            h=costante di plank


                            costante d'accoppiamento gravitone
                            k=costante gravità

                            k. 8pigreco
                            -------------- =2.1* 10^- 46 erg*cm*^-3*s^-4

                            C^+4


                            mi aspettavo che welch me lo facesse notare...

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                            • #44
                              Ipotesi...
                              Ma l'universo, non potrebbe essere una piccolissima particella virtuale appartenente ad un universo molto più grande, cioè appartenente ad un'altra dimensione ?

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                              • #45
                                beh,genco,
                                potrebbe,
                                ma come possiamo osservare questo universo dall'esterno
                                per falsificare questa ipotesi?

                                Commenta


                                • #46
                                  Forse NON è necessario osservare dall'esterno.
                                  Quando sento dire che...
                                  L'universo non ha forma sferica, ma ovale come se qualche forza esterna influisse. (di solito quando esplode qualcosa i pezzi se ne vanno in tutte le direzioni)




                                  Quando sento dire che...
                                  In qualunque direzione si guardi l'infinito per mezzo di telescopi, ci sono 3 gradi kelvin sopra lo zero (quest'ultima non l'ho capita bene).

                                  Commenta


                                  • #47
                                    hei genco,
                                    non sono portato alla pedagogia,
                                    comunque ,in attesa che hell decida se la meccanica quantistica è scienza o un complotto di bush,---te rispondo...

                                    noi non possiamo mai guardare nessun infinito, siamo condannati ad avere orizzonti degli eventi definiti, magari relativamente molto grandi...
                                    2.7 kelvin è la temperatura media dell'orizzonte degli eventi...o radiazione cosmica di fondo...
                                    per noi...



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                                    • #48
                                      salve,
                                      un articolo sulla propagazione luce

                                      Creare materia oscura in laboratorio
                                      Un apposito laser potrebbe produrre assioni, particelle senza carica e senza spin


                                      Entro la fine dell’anno i ricercatori del Centro di Amburgo che ospita l’elettrosincrotrone DESY potrebbero arrivare a creare in laboratorio un assione, ipotetica particella priva di carica elettrica e di spin e dotata di massa minuscola che, secondo alcune teorie, costituirebbe la materia oscura.
                                      All’inizio dell’anno, nel quadro della collaborazione internazionale PVLAS, i fisici del centro di Trieste dell’Istituto di fisica nucleare (INFN) avevano scoperto che un fascio di luce che attraversi il vuoto può essere ruotato imponendo al vuoto stesso un opportuno campo magnetico. Secondo la meccanica quantistica, il vuoto è in realtà molto attivo, e in esso si ha la continua creazione e distruzione di coppie particella-antiparticella. Il campo magnetico interferisce con esse, “disturba” il vuoto e induce una torsione nel raggio luminoso che lo attraversa. I risultati ottenuti a Trieste non erano completamente spiegabili nei termini della meccanica quantistica classica, inducendo alcuni fisici a ipotizzare che nel processo potessero venire create particelle simili agli assioni.
                                      Per verificare l’ipotesi e rendere rilevabili gli assioni, i fisici di Amburgo sfrutterano le capacità del laser a elettroni liberi FLASH, l’unico al mondo attualmente in grado di generare un intenso fascio laser alla altissima frequenza richiesta dall’esperimento.

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                                      • #49
                                        salve,
                                        un articolo interssante
                                        molto intrigante.

                                        una possibile spiegazione sulla discrepanza che si ha tra la costante d'accoppiamento dei fotoni e dei gravitoni...
                                        come evidenziato dalle mie ricerche,abbiamo una costante d'accoppiamento dei fotoni è circa 300.000 volte piu piccola dei gravitoni,
                                        forse l'idea di barrow non è così peregrina...

                                        Dubbi sulla costante gravitazionale
                                        Ipotizzato un valore di G diverso per i fotoni


                                        Una delle costanti fondamentali della natura - quella gravitazionale - potrebbe non essere la stessa per ogni tipo di particella nell’universo. Lo suggeriscono nuovi calcoli che potrebbero risolvere il mistero della quantità di elio creata nei primissimi minuti successivi al big bang.
                                        La costante gravitazionale G, stimata per la prima volta da Isaac Newton e nota anche come costante di Newton, descrive la forza dell’attrazione gravitazionale che i corpi esercitano l’uno sull’altro. Per particelle a riposo come protoni, neutroni ed elettroni, questa forza dipende dalla loro massa, mentre nel caso della luce - i fotoni - dipende dall’energia.
                                        Nei modelli convenzionali, la costante è la stessa sia per le particelle di materia sia per i fotoni della luce. Ma John Barrow dell’Università di Cambridge, in Inghilterra, e Robert Scherrer della Vanderbilt University di Nashville, negli Stati Uniti, si sono chiesti che cosa accadrebbe se fosse differente per materia e luce.
                                        “Volevamo solo mettere alla prova questa idea, - spiega Scherrer - in modo da escluderla o limitarla in qualche modo”. Ma, con loro sorpresa, i due fisici hanno scoperto che cambiando la costante gravitazionale in un modello al computer non si osservavano contraddizioni nello sviluppo dell’universo primordiale. Se per i fotoni G avesse un valore più piccolo rispetto a protoni e neutroni, il modello spiegherebbe anzi perché l’elio sembra essere meno abbondante nei primi istanti dell’universo di quanto le teorie prevedono.




                                        ,


                                        salve..
                                        ormai posto qui le mie ricerche...
                                        questo articolo per l'effetto raman dei fotoni nella propagazione in materiali semi-trasparenti...

                                        Un nuovo convertitore Raman
                                        La luce viene intrappolata in un cristallo fotonico contenente idrogeno


                                        Una fibra ottica cava potrebbe essere in grado di tappare i "buchi" nella lista dei colori dei laser che molti scienziati possono permettersi. I ricercatori biomedici sarebbero felici di avere laser piccoli ed economici che producano luce ultravioletta per la rivelazione di tumori e altri tipi di analisi dei tessuti. Ora un gruppo di scienziati, in un articolo pubblicato sulla rivista "Physical Review Letters", riferisce di aver sviluppato un semplice dispositivo in grado di convertire la luce dei laser comunemente disponibili in queste ed altre lunghezze d'onda. Il convertitore è una fibra ottica cava realizzata a partire da un cosiddetto cristallo fotonico e riempita di idrogeno gassoso. La fibra è molto efficiente e richiede dal laser di ingresso un'energia un milione di volte inferiore rispetto ai convertitori già esistenti.
                                        I comuni laser a diodo, il tipo usato nei puntatori laser e negli scanner, sono economici per i colori che vanno dall'arancione all'infrarosso. Ma per quanto riguarda le lunghezze d'onda al di fuori di questo range, diventano molto più costosi e ingombranti. Ai ricercatori sarebbe dunque più comodo convertire la luce di un laser a diodo in altre lunghezze d'onda. Un modo di farlo è quello di sfruttare l'effetto Raman, facendo passare la luce attraverso un gas come l'idrogeno. Le molecole del gas assorbono i fotoni del laser ed emettono fotoni di lunghezza d'onda maggiore. Ma i normali laser a diodo non producono abbastanza fotoni per sfruttare questo processo.
                                        Il gruppo guidato da Philip Russell dell'Università di Bath aveva già dimostrato un nuovo principio per un efficiente convertitore Raman a bassa energia e ora ha migliorato notevolmente le sue prestazioni. La luce viaggia attraverso il nucleo cavo di un cristallo fotonico che impedisce a uno stretto range di lunghezze d'onda di sfuggire dal materiale.




                                        un articolo sulle misure di laboratorio sulla costante d'accoppiamento o massa dei fotoni...

                                        Un nuovo limite per la massa del fotone
                                        Il nuovo valore è inferiore a un milionesimo di milionesimo di milionesimo di elettronvolt


                                        Un esperimento effettuato da fisici cinesi, guidati da Jun Luo dell'Università Huazhong di Scienza e Tecnologia, ha permesso di ottenere un nuovo limite superiore per la massa del fotone. Il nuovo valore, che rappresenta un miglioramento di venti volte rispetto al limite precedente, è inferiore a 10 elevato a -51 grammi, ossia a 7 per 10 alla -19 elettronvolt.
                                        La misura è stata effettuata dirigendo la luce su una bilancia di torsione molto sensibile. Se la luce avesse una massa, sulla bilancia agirebbe una coppia di forze addizionale, per quanto minuscola.
                                        La massa del fotone viene presunta come uguale a zero dalla maggior parte dei fisici. Tuttavia, questa assunzione deve essere verificata sperimentalmente. Una massa diversa da zero causerebbe seri problemi alla teoria della relatività speciale, alle equazioni di Maxwell e alla legge di Coulomb.
                                        Jun Luo e colleghi, che avevano in passato eseguito una misura della costante di gravitazione universale G, stanno attualmente misurando anche la forza di gravità a scale microscopiche (uno scostamento dalla legge di Newton potrebbe suggerire l'esistenza di dimensioni extra-spaziali) e stanno studiando l'effetto Casimir, un particolare fenomeno di attrazione quantistica. I loro studi sono stati pubblicati sulla rivista "Physical Review Letters".



                                        beh, se la costante d'accoppiamento dai calcoli teorici è circa
                                        10-55J,,
                                        dobbiamo superare abbondantemente il limite di laboratorio di 10-38J

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                                        • #50
                                          salve,
                                          questo riguarda la teoria generale sui fotoni..


                                          Posizione e velocità dei fotoni

                                          --------------------------------------------------------------------------------

                                          Domanda Il principio di Heisenberg afferma che è impossibile conoscere contemporaneamente con esattezza il valore di due variabili coniugate (per esempio energia e tempo o posizione e velocità).

                                          Sappiamo che la velocità della luce è 300000 Km/s e possiamo conoscere anche il percorso di un fascio di luce in certe condizioni. Perchè quindi non possiamo determinare esattamente la posizione e la velocità dei fotoni? Forse conosciamo la traiettoria del fascio ma non dei singoli fotoni?.



                                          --------------------------------------------------------------------------------

                                          Risposta Un modo per entrare nel merito del significato del principio di indeterminazione di Heisenberg (e del perché valga anche per un fascio di luce che sappiamo muoversi nel vuoto con una velocità c di modulo costante) è quello di analizzare i procedimenti operativi che portano a raccogliere informazioni sulla posizione e sulla quantità di moto di un sistema quantistico (ad esempio, un fotone). Prendiamo in considerazione l’esperimento della singola fenditura, utilizzando il passaggio da una piccola fenditura come procedimento operativo per localizzare una particella (per esempio, un fotone) con la precisione che si desidera.

                                          In riferimento alla figura, si consideri un fascio di particelle che si muove lungo una direzione x e che passa attraverso una fenditura posta perpendicolarmente alla direzione di propagazione del fascio (lungo y). Se la larghezza della fenditura è confrontabile con la lunghezza d’onda associabile alle particelle (o con quella dei fotoni), al di là della fenditura si forma una figura di diffrazione. Analizziamo ora l’esperimento in termini di informazioni che si possono avere sulla posizione e sulla quantità di moto delle particelle del fascio.

                                          Il fascio è preparato in modo tale che la velocità di ogni particella, prima di passare attraverso la fenditura, abbia soltanto la componente lungo l’asse x. In linea di principio si può affermare che la componente lungo y della quantità di moto di ogni particella è nulla con un’incertezza arbitrariamente piccola, intendendo con questo che la teoria non pone alcun limite alla precisione con cui il valore di py può essere conosciuto.

                                          Quando il fascio passa attraverso la fenditura, e quindi le particelle sono localizzabili entro la larghezza della fenditura (Δy ≅ d), si produce una figura di diffrazione tanto più larga quanto più piccolo è il valore d (cioè quanto più la misura di posizione è precisa). Si può pertanto affermare che, poiché le particelle oltre la fenditura possono propagarsi lungo una qualsiasi direzione entro l’angolo di diffrazione, il procedimento di localizzazione spaziale ha introdotto una incertezza sulla componente y della quantità di moto. In particolare si può mostrare che:


                                          Δpy ≥ (h/4π) / Δy

                                          dove h è la costante di Plank.

                                          Questo classico esperimento permette di sottolineare un punto importante per rispondere alla domanda posta: le “variabili coniugate non misurabili contemporaneamente con esattezza” sono le componenti della posizione e della velocità lungo la medesima direzione e il procedimento di localizzazione spaziale (individuazione ad esempio della componente y della posizione) non modifica il valore del modulo della velocità delle particelle; introduce invece un’incertezza sulla componente y. A completamento della risposta facciamo qualche considerazione sulla differenza che c’è tra interpretare la relazione di Heisenberg in relazione a un fascio di particelle o a una singola particella.

                                          Se si considera un fascio di particelle, la relazione


                                          Δy Δpy ≥ h/4π

                                          è interpretabile come una relazione “statistica” tra dispersioni di sequenze di misure ripetute di posizione o di quantità di moto. In questa interpretazione le incertezze acquistano il significato di deviazioni standard di due variabili coniugate e la relazione può essere ricavata come conseguenza del formalismo della meccanica quantistica, oltre a essere argomentabile sulla base di dati sperimentali (analisi della figura di diffrazione che si ottiene).

                                          Se invece si considera una singola particella, la relazione deve essere interpretata come un principio che afferma l’esistenza di una “limitazione” nella precisione con cui è possibile fare una previsione su una variabile, qualora si sia precedentemente misurata, con una determinata precisione, la sua variabile coniugata. In altri termini e facendo riferimento all’esperimento della singola fenditura, il principio afferma che la misura della componente y della posizione di una singola particella limita la precisione con cui si può fare una previsione circa il valore della componente y della sua quantità di moto. Gli argomenti che sorreggono il principio di indeterminazione in questa formulazione sono innanzitutto esperimenti mentali ma, allo stato attuale delle nostre conoscenze, è anche possibile affermare che nessun esperimento reale lo ha finora falsificato.





                                          A cura di Olivia Levrini
                                          Dipartimento di Fisica
                                          Università di Bologna

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                                          • #51
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                                            che non riguarda una fantomatica temperatura centrale,
                                            ma interessanti comportamenti di plasmi in vortice magnetico,
                                            con emissioni di energia altissime...
                                            Osservato il "punto zero" della riconnessione magnetica
                                            Si trova all'interno di un inaspettato vortice di campi magnetici


                                            La costellazione di satelliti dell’Agenzia spaziale europea (ESA) “Cluster” è riuscita a osservare una regione dello spazio in cui il campo magnetico della Terra si stava spontaneamente riconfigurando.
                                            È la prima volta che gli astronomi riescono a osservare direttamente un fenomeno che è responsabile di alcune delle più potenti “esplosioni” visibili all’interno del sistema solare: la riconnessione magnetica.
                                            Nello spazio, si possono formare regioni con magnetismo differente, all’interno delle quali restano isolate enormi “bolle” di plasma. Quando queste si incontrano o si trovano spinte una verso l’altra, i loro campi magnetici si possono rompere per formare una configurazione magnetica più stabile. In questo processo vengono generati potenti getti di particelle e plasma.
                                            Al cuore di questo evento c’è la regione di spazio in cui il campo magnetico si rompe per poi riconnettersi, che viene chiamato “punto zero”, ben noto teoricamente, ma finora mai osservato sperimentalmente.
                                            Nell’impresa sono ora riusciti quattro satelliti dell’ESA, che hanno rivelato come il punto zero si trovi all’interno di una struttura a vortice di 500 chilometri, del tutto inaspettata perché non prevista da un punto di vista teorico né osservata nelle simulazioni al computer.
                                            I fenomeni di riconnessione magnetica si presentano, a scale molto maggiori in tutto l’universo, dando luogo a getti di radiazioni e plasma di energia pari a miliardi di bombe nucleari; per questo una loro migliore comprensione è di grande interesse in campo astrofisico; ma questo tipo di studi ha riflessi anche molto più pratici. In particolare la conoscenza dei meccanismi che generano la riconnessione magnetica sarà utile per adottare misure e procedure che, all’interno dei futuri reattori a fusione nucleare, evitino il suo verificarsi.



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                                            • #52
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                                              da notare come in tutte le risposte non c'è una spiegazione del ritardo della velocità di diffusione rispetto al vuoto..
                                              è propio a questa parte che risponde la mia personale teoria

                                              La trasparenza alla radiazione ottica

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                                              Domanda
                                              A quali proprietà è riconducibile la trasparenza alla radiazione ottica di alcuni mezzi (per esempio il vetro o l'aria stessa)?
                                              --------------------------------------------------------------------------------

                                              Risposta
                                              La risposta è di natura essenzialmente quantistica, e dunque difficile da tradurre in termini "intuitivi".
                                              La radiazione elettromagnetica si compone, in realtà, di corpuscoli (detti fotoni), ognuno dei quali trasporta un'energia ben determinata, proporzionale alla frequenza della radiazione stessa. Perché un fotone venga "intercettato", è necessario che nel materiale attraversato dalla luce, esistano "bersagli" in grado di assorbire (totalmente o parzialmente) l'energia del fotone. Per fotoni corrispondenti alle frequenze visibili, i bersagli privilegiati sarebbero gli elettroni singoli. Tuttavia gli elettroni legati a una molecola (aria), o racchiusi in un solido non conduttore (vetro), possono, singolarmente, compiere transizioni solo fra stati separati da ben definiti "salti quantici" di energia. Nel caso del vetro e delle molecole dell'aria, questi salti quantici corrispondono a energie molto superiori (dieci volte e più) all'energia di un singolo fotone ottico. Dunque, nessun fotone ottico è in grado di fornire ad alcun elettrone l'energia sufficiente a fargli compiere anche il più piccolo dei salti quantici. Di conseguenza, i fotoni non trovano bersagli e attraversano il materiale pressoché indisturbati. Se i fotoni hanno, invece, energia molto minore, molto minore, corrispondente, per esempio, alle frequenze infrarosse (calore), i loro bersagli privilegiati non sono più i singoli elettroni, ma strutture più complicate (e più grandi), che coinvolgono anche i moti ionici. I salti quantici di queste strutture sono molto "più piccoli" di quelli dei singoli elettroni, il che permette ai fotoni di cedere la loro (questa volta piccola) energia, tipicamente attraverso vibrazioni reticolari (solidi) o vibrazioni molecolari (gas). Ciò succede, appunto, per il vetro e per i gas che danno origine all'effetto-serra. Questi materiali sono trasparenti alla luce solare, ma non alla radiazione infrarossa. La luce solare li attraversa e viene trasformata in radiazione infrarossa (cioè termica), attraverso assorbimento e riemissione da parte dell'ambiente (rocce, mari, terra sulla superficie terrestre, oppure le stoffe dei sedili di un automobile). A questo punto, però, la radiazione infrarossa non può più uscire e l'ambiente (atmosfera ricca di gas-serra, oppure automobile coi finestrini chiusi) si surriscalda.

                                              A cura di Loris Ferrari
                                              Dipartimento di Fisica
                                              Università di Bologna

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                                              Risposta La trasparenza alla radiazione ottica va considerata come caso particolare dell'interazione tra le onde elettromagnetica e la materia (o meglio, come vedremo più avanti alla mancanza d'interazione). Dato che la retina umana è sensibile a onde elettromagnetiche la cui frequenza sia compresa tra nr ≈ 4 x 1014 Hz e nv ≈ 8 x 1014 Hz cui corrispondono lunghezze d'onda comprese tra lr = 780 nm a lv = 380 nm ed energie dei fotoni compresse tra Er = 1,6 eV e Ev = 3,2 eV, col nome di "luce" (o spettro del visibile) ci riferiamo alle onde elettromagnetiche con frequenze comprese nell'intervallo sopraddetto.
                                              Quando un'onda elettromagnetica attraversa una sostanza, avvengono alcuni fenomeni che fanno diminuire l'energia trasportata dall'onda in particolare l'assorbimento e la diffusione.

                                              L'assorbimento genera una serie di fenomeni che hanno come effetti finali: il riscaldamento del mezzo, la ionizzazione dell'atomo o della molecola, le reazioni fotochimiche, la fotoluminescenza, il passaggio di un elettrone da uno stato energetico a uno di energia superiore ecc.
                                              Le onde elettromagnetiche vengono emesse dalle particelle che compongono la materia come conseguenza di un aggiustamento interno del loro moto. Nell'intervallo energetico che caratterizza la luce l'emissione è prodotta dagli elettroni e più precisamente da un cambio energetico dell'elettrone.
                                              Se un elettrone passa da uno stato di energia Em a uno di energia En con Em maggiore di En, emette un fotone di energia Em - En e di frequenza n con:

                                              n = (Em - En):h

                                              dove h è la costante di Plank che ha valore 6,626 x 10-34 Js.

                                              Si può avere l'assorbimento di un'onda elettromagnetica come processo inverso dell'emissione: ciascuna sostanza può assorbire un fotone se la sua frequenza coincide con una delle frequenze che la sostanza può emettere, vale a dire che ogni corpo è in grado di assorbire solo le radiazioni che è in grado di emettere. Se si invia su uno strato di materia un fascio di luce la cui distribuzione spettrale sia continua, lo spettro della luce che emerge presenta delle zone oscure che corrispondono allo spettro di emissione della materia considerata.
                                              A causa dell'interazione tra atomi e molecole lo spettro di emissione di una sostanza, e quindi anche quello di assorbimento, dipende dallo stato di aggregazione della sostanza: un gas rarefatto monoatomico (ad esempio un metallo) presenta uno spettro di assorbimento formato dalle righe emesse dagli atomi, in presenza di molecole si hanno anche bande di assorbimento molecolare. Nell'aria l'assorbimento della luce nello spettro del "visibile" interessa poche lunghezze d'onda e quindi l'aria è praticamente trasparente alla luce solare. Tuttavia se utilizzassimo una luce monocromatica avente una delle lunghezze d'onda che possono essere emesse dai componenti l'atmosfera (esempio una delle righe emesse dall'ossigeno) per spessori sufficienti l'aria apparirebbe opaca.
                                              I dielettrici, liquidi o solidi, hanno spettri di assorbimento continui che sono costituiti da bande di frequenza relativamente larghe, al di fuori di tali frequenze l'assorbimento è praticamente nullo e quindi i dielettrici sono trasparenti.
                                              L'assorbimento genera un'attenuazione esponenziale dell'intensità di un'onda elettro magnetica che attraversa uno spessore d di sostanza. Detta l la sua lunghezza d'onda e IO e I le intensità incidenti ed emergenti, l'assorbimento della luce nel mezzo è descritto dalla legge di Lambert:

                                              I = Ioe-m(l)d

                                              dove m(l) è il coefficiente di assorbimento che dipende dalla sostanza e dalla lunghezza d'onda. Nel caso in cui il coefficiente è pari all'inverso della distanza d, l'intensità della radiazione viene diminuita di un fattore e ≈ 2,71.
                                              Questa legge implica che una sostanza non presenta lo stesso coefficiente assorbimento per tutte le lunghezze e, quindi, che nessuna sostanza è completamente trasparente per tutte le possibili lunghezze d'onda.

                                              L'altra causa di attenuazione è la diffusione, cioè il processo che genera una variazione della direzione di propagazione della radiazione quando questa attraversa la materia. Tale fenomeno avviene nei mezzi in cui l'indice di rifrazione non è costante, ma varia irregolarmente da punto a punto, e si manifesta con una luminescenza diffusa.
                                              Anche la diffusione genera un'attenuazione della luce incidente con una legge esponenziale analoga alla legge di Lambert.

                                              Il vetro ottico, è una sostanza dielettrica omogenea, il suo assorbimento per lunghezze d'onda visibili è minimo e quindi risulta praticamente trasparente per la luce visibile. Se si analizza la curva di attenuazione di una fibra ottica, si riscontra che l'attenuazione è dell'ordine di pochi decibel per chilometro, in buona parte dovuti a impurità presenti nel vetro.

                                              A cura di Giulio Calvelli
                                              Dipartimento di Fisica Galileo Galilei
                                              Università di Padova

                                              --------------------------------------------------------------------------------

                                              Risposta La trasparenza o più in generale il colore di una sostanza dipende dalla sua capacità di assorbire la radiazione elettromagnetica. La possibilità di assorbire la radiazione è a sua volta legata alla presenza di livelli energetici opportuni per gli elettroni. È infatti noto che a radiazione elettromagnetica di una data frequenza è associata una energia proporzionale a tale frequenza. Gli elettroni nel materiale potranno essere eccitati SOLO di tale energia. Poiché però l'energia dei livelli elettronici nei materiali è quantizzata, non necessariamente la eccitazione può avvenire, nel senso che potrebbero non esserci livelli energetici disponibili per la transizione. Così, ad esempio nel diamante la minima energia per eccitare un elettrone è di 5.5 eV (elettron volt) che corrispondono a una lunghezza d'onda di 2254 Angstrom. Tale lunghezza d'onda cade nell'ultravioletto e quindi il diamante risulta trasparente nel visibile. Nei metalli, invece, la minima energia è 0 (zero) e quindi la radiazione visibile non viene trasmessa ma riflessa.

                                              A cura di Giorgio Paolucci
                                              Experimental Division
                                              Sincrotrone Trieste SCpA


                                              hei, spero che hell non se la prenda troppo,
                                              magari dà un'occhiata e potrebbe convenire che ...
                                              magari qualche volta ce prendo...


                                              il problema dell'interazione tra fotoni..
                                              una risposta classica..
                                              forse tra non molto proverò a indicare il trait d'union tra queste ricerche apparentemente così scombinate e la F.F

                                              Scontro tra raggi luminosi

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                                              Domanda Vorrei sapere se esiste un tipo di raggio luminoso che, scontrandosi con un altro di eguale intensità e tipo, cambia direzione come quando due flussi di acqua si scontrano e creano una sorta di Y.


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                                              Risposta Due getti d'acqua si scontrano e cambiano direzione perché le goccioline d'acqua interagiscono durante l'urto.

                                              I fotoni che compongono i fasci luminosi, non interagiscono tra loro (non hanno carica elettrica né massa) per cui la risposta alla sua domanda è no, in generale: i fasci di luce, com'è noto, si attraversano liberamente senza cambiare direzione, colore o altro.

                                              Vi sono però eccezioni: fasci luminosi molto intensi possono interagire all'interno dei materiali trasparenti. Si possono osservare, in tal caso, combiamenti di colore, passaggio di energia da un fascio all'altro e anche deviazione dei fasci interagenti. Tali fenomeni sono studiati da un ramo particolare dell'ottica dei materiali, noto come "ottica nonlineare".

                                              L'ottica nonlineare è nata negli anni Sessanta, dopo l'avvento delle sorgenti laser che hanno permesso di ottenere le alte densità di energia luminosa necessarie. L'interazione tra fasci luminosi è, in questi casi, mediata dal materiale attraverso cui la luce si propaga. Resta aperto il problema se i fotoni possono interagire (ovvero, "scontrarsi") tra loro in assenza di materia, cioè nel vuoto.

                                              Secondo le visioni scientifiche attuali, i fotoni non interagiscono nel vuoto tranne che in due casi: il primo riguarda fotoni di altissima frequenza (raggi gamma), invisibili all'occhio umano, quando hanno energia sufficiente (circa 0,5 megaelettronvolt ciascuno) per generare una coppia formata da un elettrone e dalla sua antiparticella, il positone. In questo caso non si ha deviazione dei fasci nello scontro, ma i due fasci semplicemente scompaiono (in gergo, si annichilano) trasformandosi in materia (elettrone e positone, appunto). Questo processo di annichilazione avviene, di fatto, negli acceleratori di particelle e in alcuni eventi astrofisici.

                                              Il secondo caso ipotizzabile è l'interazione gravitazionale tra fotoni: un fascio di luce trasporta energia e ogni forma di energia è equivalente a una massa, secondo al nota formula di Einstein E = mc2. Un fascio molto intenso genera un campo gravitazionale intorno e un secondo fascio potrebbe essere deviato dal campo gravitazionale creato dal primo. Questo è possibile, in principio, ma se si prova a calcolare la densità d'energia luminosa necessaria per avere un'apprezzabile deviazione, si ottengono valori così elevati da essere possibili, forse, solo nelle fasi iniziali del big bang dell'Universo. Ovviamente, lo scontro gravitazionale tra fotoni non è stato mai osservato e, quasi certamente, non lo sarà mai.

                                              A cura di Enrico Santamato
                                              Dipartimento di Fisica
                                              Università di Napoli


                                              Il comportamento corpuscolare di un fotone

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                                              Domanda Cosa si intende per comportamento corpuscolare di un fotone? In un rivelatore, dato che il fotone è l'evento di misura, ovvero il click dello strumento, non mi sembrerebbe strano che un'onda elettromagnetica, interagendo con lo strumento di misura, venga rivelata o non rivelata. Dove sta il dualismo onda-particella?


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                                              Risposta Il click del rivelatore è dovuto agli elettroni emessi dal fotocatodo e non direttamente ai fotoni incidenti e, come si sa, il comportamento prevalente degli elettroni è quello corpuscolare. I fotoni della luce incidente, in pratica, ionizzano gli atomi del catodo del rivelatore (un processo chiamato effetto fotoelettrico), il quale emette elettroni che, alla fine, danno luogo al click.

                                              Nonostante ciò, anche la luce mostra un comportamento corpuscolare che può essere messo in evidenza analizzando opportunamente la statistica dei conteggi degli elettroni (cioè dei click) nel rivelatore. Esperimenti di questo tipo, sebbene in realtà basati su conteggi di elettroni, sono chiamati esperimenti di fotoconteggio perché l'analisi dei dati (i click) è compatibile solo assumendo che la luce ceda la sua energia al fotocatodo in quanti hν (dove h è la costante di Planck e ν la frequenza dell'onda luminosa associata al fotone).

                                              Ogni quanto di energia corrisponde a un fotone. Questa interpretazione a quanti del processo fotoelettrico diede il Nobel a Einstein. In alcune situazioni sperimentali la luce si comporta come se fosse effettivamente composta di particelle singole non interagenti tra loro (i fotoni, appunto) ciascuna con un singolo quanto hν di energia. Oltre che nei fotoconteggi, il comportamento corpuscolare della luce si manifesta nell'emissione spontanea degli atomi, nell'effetto Compton e in molte altre situazioni.

                                              In altri casi, però, il comportamento prevalente della luce è quello di onda elettromagnetica: quest'aspetto, peraltro, fu il primo a essere scoperto alla fine dell'Ottocento e ha dato luogo alle sbalorditive applicazioni dell'elettromagnetismo.

                                              L'aspetto ondulatorio della luce è evidente nell'irraggiamento e ricezione delle onde radio e televisive, nei colori dell'arcobaleno ma soprattutto nell'interferenza ottica, fenomeno cosiderato paradigmatico di tutti i processi ondulatori. Due fasci di luce sovrapposti possono, in certe condizioni, interferire, producendo zone di luce intensa e zone di buio nella regione di sovrapposizione.
                                              In realtà due fasci di particelle sovrapposti non danno luogo a zone dove le particelle sono assenti e altre in cui sono più concentrate. L'interferenza si spiega facilmente ammettendo che la luce sia costituita da onde elettromagnetiche, ma risulta difficile giustificarla nel caso di una natura corpuscolare della luce. D'altra parte, processi come l'effetto fotoelettrico, e il conteggio di fotoni, sono difficilmente spiegabili pensando alla luce come onda elettromagnetica.

                                              Non resta che concludere che, a volte, la luce si comporta come se fosse costituita da onde elettromagnetiche (fenomeno dell'interferenza); in altri casi invece si comporta come costituita da fotoni (effetto fotoelettrico). In questo doppio aspetto comportamentale consiste il dualismo onda-particella.
                                              Si trova poi che anche gli elettroni (e tutte le altre particelle) pur essendo dotati di massa possono mostrare, in opportune condizioni, un comportamento ondulatorio (inteferire, cioè, come la luce) oltre che quello corpuscolare, ben noto.
                                              Il dualismo onda-particella è universale. La teoria che rende conto di questo duplice comportamento della Natura è la Meccanica quantistica detta anche, non a caso, Meccanica ondulatoria.

                                              A cura di Enrico Santamato
                                              Dipartimento di Fisica
                                              Università di Napoli



                                              Un atomo a colori

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                                              Domanda
                                              Abbiamo un ipotetico atomo con solo 6 differenze energetiche, una di 1 joule (rosso), una di 2 j (giallo), una di 3 j (arancio) una di 4 j (verde), una di 5 j (blu) e una di 6 j (indaco). Vogliamo che quest’atomo diventi bianco. Allora lo colpiamo con 6 fotoni aventi le rispettive energie di 1, 2, 3, 4, 5 e 6 joule. L’atomo assorbirà tutte e 6 le radiazioni per poi riemetterle. In pratica i suoi elettroni salteranno su un livello energetico sovrastante (assorbimento) e poi ritorneranno su quello fondamentale. (riemissione). L’atomo che ha riemesso tutti i colori dell’arcobaleno, risulterà così bianco.
                                              Vogliamo adesso che quest’atomo risulti trasparente. Lo facciamo così attraversare da 5 fotoni aventi le rispettive energie di 7, 8 ,9, 10 e 11 joule. Essi naturalmente non verranno assorbiti e riemessi per cui l’atomo risulterà così trasparente. Cosa devo fare invece per farlo apparire nero? Si dice che il nero assorbe tutte le onde luminose. Allora se le assorbe, le deve anche poi riemettere (salto e ritorno dell’elettrone). Se così stanno le cose, esso dovrebbe risultare bianco e non nero. Devo allora presupporre che l’assorbimento che provoca il nero non è provocato dai salti quantici degli elettroni ma da qualcos’altro. Mi faccia degli esempi con i numeri come ho fatto io, se è possibile. Grazie.

                                              Posta da Massimo Aliperti
                                              Ricevuta il 6 settembre 2005


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                                              Risposta L'assorbimento è provocato dagli stessi salti quantici che producono l'emissione. Un corpo che assorbe solo sei righe spettrali (una per colore dell'arcobaleno) non può dirsi nero. Per lo stesso motivo, un corpo che emette le stesse sei righe spettrali non può dirsi bianco, anche se la luce da esso emessa appare bianca.

                                              Il motivo è che il colore bianco percepito dipende dal funzionamento dell'occhio umano e non è, quindi, un bianco oggettivo. Anzi, per dare la sensazione di bianco basta che il corpo emetta tre colori soltanto, uno nel rosso, uno nel verde e uno nel blu, con uguale intensità. La definizione fisica oggettiva di "corpo bianco" è contraria a quella di "corpo nero": un corpo nero assorbe completamente la radiazione di qualunque energia, mentre un corpo bianco non assorbe nessuna radiazione. Siccome stiamo considerando corpi opachi, che, cioè, non trasmettono la luce, ne segue che il corpo perfettamente bianco riflette, per definizione, tutta la luce che arriva su di esso. Il corpo bianco funziona come ha descritto il lettore: la luce incidente viene assorbita temporaneamente dagli atomi e poi riemessa e questo succede non per sei valori soltanto dell'energia dei fotoni incidenti, ma per qualunque valore.

                                              Gli atomi del corpo nero, invece, assorbono la luce, come quelli del corpo bianco, ma non la riemettono più: l'energia assorbita dagli atomi viene ceduta, tramite meccanismi interni non radiativi, al moto di agitazione termica degli atomi stessi, trasformandosi, in definitiva, in calore. Per questo i corpi bianchi (e gli specchi) si scaldano molto poco e i corpi neri si scaldano molto.

                                              Un corpo nero quasi perfetto si ottiene facendo un piccolo foro in una grossa scatola chiusa. Il foro appare nero perché la luce che entra in esso, comincia a girare dentro la scatola finché viene assorbita completamente prima di ritrovare la via d'uscita. Un corpo bianco molto buono è uno specchio (per questo i thermos sono argentati internamente). Gli specchi non appaiono propriamente bianchi ad occhio, perché sono molto lisci e, quindi, riflettono le immagini. Ma se si realizzasse uno specchio molto rugoso, in modo che la luce incidente venga riflessa diffondendosi in ogni direzione, esso apparirebbe bianco. Finora abbiamo considerato solo la luce assorbita e riflessa dal corpo. Ma un corpo può anche emettere luce senza essere illuminato. L'energia necessaria viene fornita da meccanismi interni al corpo di tipo non radiativo (chimico, elettrico ecc.).

                                              Il caso più importante è quando l'energia per l'emissione di luce è d'origine termica, come avviene nel Sole e nella lampadina. Studiare l'emissione di luce dei corpi eccitati termicamente fa parte della termodinamica. Basti dire qui, che, fissata la temperatura del corpo, i corpi che sono buoni assorbitori di radiazione (neri) sono anche buoni emettitori di radiazione e i corpi che sono cattivi assorbitori di radiazione (bianchi) sono anche cattivi emettitori di radiazione. Questo ancora a conferma del fatto che l'assorminento e l'emissione della radiazione sono governati dagli stessi meccanismi atomici.

                                              A cura di Enrico Santamato
                                              Dipartimento di Fisica
                                              Università di Napoli

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                                              • #53

                                                Riflessione e vetri

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                                                Domanda Se non sbaglio quando un fascio luminoso colpisce la superficie di un metallo, gli elettroni di conduzione in superficie iniziano a oscillare con la stessa frequenza del campo elettromagnetico della luce incidente e tali oscillazioni provocano sia l'assorbimento dell'energia di tale onda luminosa che l'emissione di onde elettromagnetiche della stessa frequenza, dando origine al fenomeno della riflessione.

                                                Il fenomeno della riflessione si può notare anche nel vetro e negli altri materiali isolanti. Vi chiedo quindi, se la trasparenza del vetro è dovuta all'assenza di assorbimento dei fotoni della luce visibile da parte degli atomi e non essendoci elettroni di conduzione liberi in superficie, cosa provoca la parziale riflessione dei fotoni che si può osservare su qualsiasi superficie vetrata?

                                                Inoltre, la causa di tale riflessione è la stessa per tutti i materiali non metallici?



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                                                Risposta Il meccanismo che dà luogo al fenomeno della riflessione della luce è sostanzialmente lo stesso in tutti i tipi di materiale: gli elettroni presenti nel materiale vengono posti in oscillazione dal campo elettrico dell'onda incidente; i nuclei atomici sono troppo pesanti per poter seguire le rapidissime oscillazioni dei campi ottici, 1000 Thz (un terahertz è pari a 1012 hertz) e oltre.

                                                Le oscillazioni degli elettroni hanno la stessa frequenza del campo incidente, ma la loro ampiezza e fase possono cambiare nei diversi materiali. La differenza principale tra i dielettrici e i metalli è che nei primi gli elettroni sono vincolati nella prossimità dei nuclei degli atomi a cui appartengono (elettroni di valenza), mentre nei secondi una parte degli elettroni può muoversi liberamente (elettroni di conduzione). È proprio questa differenza che rende possibile l'esistenza di un'onda trasmessa (detta anche onda rifratta) nei materiali dielettrici e, viceversa, la impedisce nel caso dei metalli, che, quindi, tendono a riflettere la maggior parte dell'energia dell'onda elettromagnetica incidente.

                                                Nel caso dei dielettrici, gli elettroni oscillano alla frequenza dell'onda incidente, ma il centro di oscillazione resta ancorato alla posizione dell'atomo cui essi appartengono. Il dielettrico appare quindi come formato da tante piccole antenne (gli elettroni, appunto) che irraggiano in tutte le direzioni. Le posizioni di queste antenne microscopiche sono fisse nello spazio. Le onde irraggiate all'indietro e quelle irraggiate in avanti dalle antenne microscopiche si combinano con l'onda incidente in modo da formare l'onda riflessa e l'onda rifratta. Con calcoli abbastanza complicati, si riesce a dimostrare che le onde irraggiate dagli elettroni interferiscono con l'onda incidente in modo da estinguerla completamente nel materiale, lasciando solo l'onda riflessa e rifratta, la cui direzione di propagazione è determinata dalla legge di Snell (teorema di estinzione di Ewald-Oseen).

                                                Nei metalli, invece, l'irraggiamento avviene principalmente da parte degli elettroni di conduzione (il contributo di quelli di valenza è molto minore), i quali si muovono oscillando avanti e indietro all'interno del materiale, creando correnti elettriche alternate che dissipano l'energia per effetto Joule (il metallo si riscalda).

                                                La forte dissipazione, unita al cosiddetto effetto pelle che diventa molto pronunciato alle altissime frequenze ottiche, fa sì che il campo ottico penetri solo in un sottile strato vicino alla superficie del metallo, per cui non si forma l'onda trasmessa e resta solo quella riflessa. La lunghezza di penetrazione nel metallo è, alle frequenza ottiche, dell'ordine di un decimo di lunghezza d'onda o anche meno. Nel piccolo spessore in cui penetra l'onda viene dissipato circa l'1% dell'energia dell'onda incidente, per cui la riflettività risulta alta (circa 99%), nonostante la dissipazione relativamente forte.

                                                È significativo il fatto che questo comportamento metallico si perde a frequenze estremamente alte (nella zona ultravioletta dello spettro) per le quali il metallo torna a comportarsi come un dielettrico. In realtà, tutti i materiali, dielettrici e non, sono trasparenti alle frequenze ultra-alte, perché gli elettroni, a causa della loro massa finita, non riescono più a seguire le oscillazioni del campo: il comportamento del materiale diventa sempre più vicino a quello del vuoto.

                                                In conclusione, nei dieletrici, come il vetro, l'assorbimento è molto basso per cui esiste l'onda trasmessa. Nei metalli l'assorbimento è alto e il campo resta confinato in superficie (effetto pelle), per cui non c'è onda trasmessa. L'onda riflessa c'è sempre perché gli elettroni oscillanti si comportano come antenne che irraggiano in tutte le direzioni. Le onde irraggiate dagli elettroni interferiscono distruttivamente in tutte le direzioni tranne che in quella dell'onda trasmessa e riflessa (teorema di estinzione).

                                                Naturalmente, la descrizione del materiale come mezzo continuo resta valida finché la lunghezza d'onda della radiazione incidente non diventa paragonabile alle distanze interatomiche: in tal caso, la struttura cristallina del materiale diventa importante. Ma questi fenomeni avvengono solo nella zona spettrale dei raggi X.

                                                A cura di Enrico Santamato
                                                Dipartimento di Fisica
                                                Università di Napoli

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                                                • #54
                                                  articolo interessante sui tachioni...
                                                  comunque non riguarda la propagazione della luce come inteso dalla mia ipotesi..

                                                  I tachioni

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                                                  Risposta Sono stati chiamati "tachioni" (dal vocabolo greco che significa veloce) oggetti che viaggiano, rispetto a noi, a velocità superiori a quella della luce. Tali oggetti vengono chiamati più tecnicamente "di tipo spazio" o, secondo l'uso moderno, "oggetti superluminali". Vengono detti "bradioni", invece, gli usuali oggetti con velocita` inferiore a quella della luce.
                                                  Affrontiamo ora due quesiti di particolare importanza:

                                                  A) Possono esistere?

                                                  La velocità c della luce nel vuoto ha il carattere del tutto unico di essere una velocità invariante ovvero di avere lo stesso valore per qualsiasi osservatore inerziale (anche per chi corresse incontro alla luce, o tentasse di fuggire da essa); e ciò è conseguenza del fatto, sperimentalmente verificato, che la velocità c della luce non dipende da quella della sua sorgente. È proprio la caratteristica di essere invariante che rende la velocità della luce del tutto eccezionale; nessun bradione, e nessun tachione - ci dice la più semplice teoria, che è quella della Relatività Speciale (RS) - potrà godere della medesima proprietà!

                                                  Secondo la Relatività Speciale la velocità della luce risulta essere anche una velocità limite: ma ogni valore limite possiede due lati, due fianchi e vi ci si può avvicinare, a priori, sia da sinistra, sia da destra...
                                                  Spieghiamoci meglio: la teoria della RS, pure abbondantemente verificata, può essere costruita sui due naturali postulati:

                                                  (i) che le leggi fisiche valgano non solo per un osservatore particolare, ma per tutta la classe degli osservatori "inerziali";

                                                  (ii) che spazio e tempo siano omogenei e lo spazio sia inoltre isotropo.

                                                  È proprio da questi due semplici postulati che discende (come si è già detto) il principio secondo il quale può esistere una e una sola velocità invariante.

                                                  Un'altra (nota) conseguenza dei nostri due postulati è che l'energia totale di una comune particella cresce al crescere della sua velocità v, tendendo all'infinito quando v tende a c. Quindi occorrerebbero forze infinite per far raggiungere a un bradione la velocità della luce: ciò ha generato la convinzione che la velocità c non possa essere né raggiunta né superata. Però, come esistono le particelle di luce, i fotoni, che nascono, campano e muoiono sempre alla velocità della luce (senza mai avere avuto bisogno di accelerare per raggiungerla), così potrebbero esistere particelle, i tachioni, che viaggiano sempre a velocità v maggiori di c. Questa circostanza è stata pittorescamente illustrata da George Sudarshan:

                                                  "Supponiamo che un demografo che studi i popoli dell'India, se ne esca con l'ingenua affermazione che non c'è nessuno a Nord dell'Himalaya, dato che mai alcuno è riuscito a valicare tali montagne. Questa sarebbe una conclusione assurda. I popoli dell'Asia Centrale sono nati e vivono al di là dell'Himalaya: essi non hanno avuto bisogno di nascere in India e poi scavalcare i monti. Analogamente per le particelle più veloci della luce"

                                                  Un altro grosso ostacolo all'esistenza di tachioni è che, secondo molti, essi potrebbero essere usati per mandare segnali all'indietro nel tempo, e magari... per uccidere i nostri nonni prima che possano generare i nostri genitori: cosa ovviamente inaccettabile. Esaminando accuratamente la RS, ci si avvede però che essa può essere estesa, senza cambiare quei due postulati, in modo da inglobare anche gli oggetti superluminali; in tale Relatività Estesa i paradossi causali come il precedente vengono risolti. Scompaiono, perchè si trova che, invero, neanche coi tachioni si possono inviare segnali verso il passato.

                                                  L'esame dei paradossi causali è molto divertente (più dei giochi enigmistici...), ma non possiamo qui fare altro che rinviare alla bibliografia, scelta tra quella poco tecnica, ovvero tra quella (scarsa) semi-divulgativa e, quando possibile, in italiano.

                                                  B) Qual è la situazione sperimentale?

                                                  Almeno quattro serie di differenti osservazioni sperimentali potrebbero indicare l'effettiva esistenza di moti a velocità maggiori di quella della luce. Ma due sono controverse e ammettono a priori spiegazioni alternative più ortodosse. Comunque dal 1971 ci sono indicazioni che suggeriscono che:

                                                  a) potrebbero essere superluminali i neutrini;

                                                  b) potrebbero avere luogo espansioni superluminali al centro di quasar extragalattici e, in misura ancora maggiore, al centro dei cosiddetti micro-quasar della nostra galassia (tra l'altro, un buco nero, se i buchi neri esistono, potrebbe a priori emettere materia superluminale).

                                                  Lasciamo da parte questi due settori riguardo i quali la grande maggioranza dei fisici non accetta l'interpretazione tachionica. Veniamo invece a due altri settori in cui tutti gli esperti concordano nel dire di trovarsi di fronte a velocità di gruppo superluminali:

                                                  c) Per le equazioni di Maxwell (le quali sono certamente in accordo con la RS), e per qualsiasi equazione d'onda, si sono trovate soluzioni che rappresentano impulsi localizzati (simili ai noti solitoni) che viaggiano con "velocità di gruppo" da zero all'infinito. Le più interessanti, anche dal punto di vista applicativo, sono risultate quelle a forma di X, predette dalla scuola italiana fin dal 1980. Gli impulsi a forma di X hanno velocità superluminali (o supersoniche, nel caso non elettromagnetico ma acustico). Dopo essere state costruite matematicamente, sono state prodotte sperimentalmente, nell'ultima dozzina d'anni. In acustica sono state prodotte nel 1992 da Lu et al. (che ebbero il premio della IEEE di quell'anno), in ottica nel 1997 da Saari et al., e nel settore delle microonde nel 2000 da Ranfagni, Mugnai e Ruggeri. I risultati del 1997 e del 2000 sono apparsi sul Physical Review Letters, la rivista di fisica di maggiore prestigio. Si tratta però, come si stava dicendo, non tanto di oggetti o particelle comuni quanto, ad esempio, di impulsi di onde elettromagnetiche: di gruppi di onde di luce! (Un commento su Nature fu intitolato "Luce più veloce della luce?").

                                                  Su tali argomenti oramai si tengono congressi nelle migliori università (per esempio, presso l'Università della California di Santa Barbara). Tali onde localizzate vengono inoltre studiate per le loro straordinarie possibilità applicative. Usando "onde a forma di X acustiche", si è infatti già prodotto il prototipo di un ecografo che fornisce direttamente, e con alta definizione, l'immagine tridimensionale di un organo in movimento come il cuore;

                                                  d) Infine, si è trovato teoricamente e sperimentalmente che velocità superluminali si incontrano nei fenomeni di tunnelling sia quantistico sia classico (nel secondo caso si parla di "onde evanescenti"). Anche di questo non abbiamo qui lo spazio per parlarne con dettaglio. Sia la Meccanica Quantistica (MQ), sia la RS predicono però, ancora una volta, velocita` superluminali, che sono state sperimentalmente osservate da molti gruppi: i più importanti sono quello di Colonia (Nimtz et al., 1992-1994), di Berkeley (Chiao, Steinberg, et al., 1993), e di Princeton (Wang et al., 2000), con importanti contributi italiani anche dal punto di vista sperimentale. Ad esempio, recentemente la scuola italiana ha predetto degli effetti ancora più vistosi, che sono stati verificati da Longhi et al. presso il Politecnico di Milano.
                                                  cura di Erasmo Recami
                                                  Università Statale di Bergamo
                                                  Sezione INFN di Milano

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                                                  • #55
                                                    poi vado in vacanza,
                                                    uffa, un altro copiaincolla..

                                                    Raman e il colore del mare

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                                                    Lo studio dello stato di polarizzazione della radiazione proveniente dal mare credo abbia permesso di ipotizzare che questa radiazione sia composta parzialmente da luce riflessa (polarizzata) e parzialmente da luce diffusa dalle molecole d'acqua (e non solo) presenti nel mare, non polarizzata essendo le molecole d'acqua molecole anisotrope 1.

                                                    Il motivo del colore del mare è dunque molteplice:


                                                    riflessione della radiazione blu proveniente dal cielo;
                                                    diffusione della luce da parte delle molecole del mare (meccanismo analogo alla diffusione alla Rayleigh che rende conto del blu del cielo). Questo è anche il motivo per cui prevale il colore azzurro quando in immersione osserviamo l'acqua intorno a noi. Se nell'acqua sono presenti altre molecole (impurità, alghe, batteri ecc.) il colore della luce diffusa può variare;
                                                    rifrazione della luce dal mare all'aria, per esempio nelle vicinanze delle coste può prevalere il colore verde dovuto all'attività di organismi fotosintetici presenti in acqua.
                                                    Chandrasekhara Venkata Raman è un fisico indiano che ha vinto il premio Nobel nel 1930 per la scoperta dell'effetto che ora porta il suo nome: il cambio di colore (lunghezza d'onda) della luce diffusa da una sostanza trasparente. Si racconta che le ricerche di Raman che lo portarono alla scoperta dell'effetto abbiano avuto origine durante un suo lungo viaggio in mare che lo riportava dall'Inghilterra alla nativa India. Osservando il colore blu del mare (blu anche durante le giornate nuvolose o col mare agitato da violente onde), Raman si dichiarò insoddisfatto della spiegazione accreditata che lo attribuiva alla riflessione del colore del cielo e fece l'ipotesi che le molecole d'acqua diffondessero la luce del Sole causando il colore blu. Ritornato in patria, con semplici apparecchiature a basso costo, intraprese studi sulla diffusione della luce da parte di sostanze trasparenti che lo portarono in due anni alla scoperta dell'effetto Raman2 e al premio Nobel. L'effetto è molto debole, ma essendo legato alla struttura molecolare della sostanza che provoca la diffusione della luce ha permesso notevoli avanzamenti nella comprensione della struttura della materia. Tuttavia non mi risulta che il problema del colore del mare sia interpretabile in termini di questo effetto.

                                                    Note:

                                                    1. Si possono fare analisi dello stato di polarizzazione della luce diffusa da cui si ricavano informazioni sullo stato di polarizzazione (elettrica) delle molecole della sostanza e quindi sulla loro forma. Per esempio illuminando con luce polarizzata un campione di una sostanza fatta di molecole anisotrope, il momento elettrico indotto nelle molecole dal campo elettrico della luce incidente non coincide in generale con la direzione del campo elettrico inducente. Questo produce in uscita luce diffusa tanto più depolarizzata quanto più le molecole sono anisotrope (quanto più il centro delle cariche negative, cioè la nuvola di elettroni, è lontano dal centro delle cariche positive, il nucleo).

                                                    2. Quando la luce attraversa una sostanza trasparente una piccola parte di essa viene deflessa, deviata rispetto alla direzione originaria. La gran parte di questa luce, che chiameremo diffusa, riemerge dalla sostanza con una lunghezza d'onda identica a quella della luce incidente, ma una piccola parte di essa subisce un cambiamento nella lunghezza d'onda. Questo cambiamento ci permette di risalire alle caratteristiche delle molecole della sostanza che ha provocato la deflessione. Per esempio se la luce incide su di una sostanza con molecole isotrope (in cui il centro della nuvola di elettroni, cioè delle cariche negative, coincide con quello del nucleo, cioè delle cariche positive), il campo elettrico della radiazione induce nella molecola un momento di dipolo (proporzionale alla sua polarizabilità). Di conseguenza la molecola riemette un'onda della stessa frequenza dell'onda incidente e altre due onde di frequenza rispettivamente minore e maggiore di questa (pari alla frequenza inducente più o meno una frequenza uguale alla frequenza di vibrazione o di rotazione della molecola). Nell'analisi spettrale della radiazione diffusa dalla sostanza queste sono dette linee Raman. La polarizzazione di cui si parla in questo caso è dunque quella (elettrica) della molecola. L'effetto richiede la meccanica quantistica per una sua completa interpretazione, ma è facilmente visualizzabile in termini di urto di fotoni (la cui energia è proporzionale alla frequenza) con le molecole; se l'urto è elastico il fotone viene deviato con energia (e quindi frequenza) non modificate; se l'urto è anelastico la molecola prende o cede energia al fotone che di conseguenza ha una frequenza minore o maggiore di quella incidente. Si tratta ovviamente di un modello molto semplificato.

                                                    A cura di Enrica Giordano
                                                    Dipartimento di Epistemologia ed Ermeneutica della Formazione
                                                    Università di Milano


                                                    Superare la velocità della luce

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                                                    Domanda Al Nec Research Institute di Princeton i ricercatori hanno sparato un raggio laser attraverso una camera trasparente riempita di gas trattato con il cesio. Il fascio di fotoni ha raggiunto una velocità tale (superiore a quella della luce) da permettergli di uscire dalla camera prima ancora di entrarvi. Questa scoperta porterà l'umanità a possibili viaggi nel tempo? Anche secondo la legge della relatività, come può un corpo di qualsiasi ente aver superato, anzi oltrepassato un altro corpo (oltrepassato per modo di dire) senza prima averlo toccato?




                                                    --------------------------------------------------------------------------------

                                                    Risposta L'esperimento condotto al NEC da Wang, Kuzmich e Dogariu, e descritto in una lettera a "Nature" nel 2000, rientra in una gamma di esperimenti condotti da tempo sulla cosiddetta propagazione superluminale di fasci di radiazione elettromagnetica. Questi esperimenti hanno sollevato alcuni dubbi sulla validità della teoria della relatività, esemplificati dalla domanda in oggetto.

                                                    Per rispondere al quesito bisogna partire un po' da lontano. Che la luce si propaghi a velocità costante c (3 ·108 m/s) è stato verificato sperimentalmente da Michelson alla fine dell'Ottocento col famoso interferometro che da lui prende nome. Inoltre, un campo elettromagnetico contenuto in un volume limitato da una superficie metallica perfettamente conduttrice soddisfa un'equazione alle derivate parziali, che ammette come soluzioni delle funzioni generiche f i cui argomenti dipendono sia dallo spazio che dal tempo combinati tra loro nella forma r-ct: questa particolare dipendenza porta alla conclusione che la perturbazione f assume valori identici in punti connessi tra loro dalla relazione r1-ct1=r2-ct2. In linguaggio geometrico la perturbazione viaggia con velocità costante c.

                                                    Le cose si complicano quando il campo elettromagnetico si propaga in un mezzo: volendo mantenere la stessa descrizione del vuoto dovremmo affrontare il problema del calcolo del campo che interagisce con una gran quantità di atomi distribuiti in un volume; ogni atomo investito dal campo produce a sua volta una perturbazione elettromagnetica; pertanto, il campo risultante sarà la somma del campo primario (preesistente agli atomi) e di quello prodotto da questi ultimi.

                                                    Si intuisce che volendo seguire questa strada ci si imbatte in difficoltà di calcolo notevolissime anche nel più semplice dei casi. Per ovviarvi si preferisce introdurre dei campi elettromagnetici medi, che risultano uniformi nella regione occupata dalla singola molecola. Così facendo si possono introdurre delle grandezze nuove, quali la polarizzazione P, che combinata col campo elettrico medio E, dà luogo al cosiddetto vettore spostamento D. A questo punto si riscrivono le equazioni di Maxwell, scritte inizialmente per il vuoto, che si risolvono imponendo il più delle volte una proporzionalità tra P ed E, che dà origine all'indice di rifrazione n.

                                                    In conclusione, in presenza di materia noi riusciamo a predire le componenti medie del campo (E, D, H, B). Restano fuori dalle analisi le fluttuazioni rispetto a queste componenti; ovvero, con questa descrizione riusciamo a dire molto, ma non sempre tutto. Non c'è quindi da sorprendersi che a volte dei risultati sperimentali diano luogo a dei paradossi, quale quello della propagazione a velocità superiore a quella della luce.

                                                    C'è infine da riflettere bene sulla misura stessa della velocità della luce: la velocità andrebbe misurata lanciando un impulso di luce di durata nulla in un punto ben definito e nell'osservare il campo in un altro punto. Quest'ultimo non si presenterà in generale come un impulso di durata nulla, ma presenterà un andamento in generale molto complesso, in dipendenza delle tantissime strade che l'impulso di partenza fa, illuminando tutti gli atomi del mezzo, che a loro volta generano altri impulsi che colpiscono il punto di osservazione. Anche qui si cerca di mettere ordine in questo mare magnum individuando nella forma d'onda misurata una parte prevalente, che può essere prevista dal modello basato sull'indice di rifrazione. Ebbene, non c'è da sorprendersi se questa parte prevalente dia l'impressione che si sia superata la velocità c.

                                                    Infine in alcuni esperimenti la velocità viene inferita da misure di ritardi di fase: il concetto stesso di fase di un'onda è incompatibile con quello di perturbazione di forma impulsiva. Per parlare di fase la perturbazione deve essere estesa a volumi abbastanza grandi. Può benissimo accadere che la fase assuma lo stesso valore in due punti diversi senza per questo implicare una velocità di propagazione infinta. In definitiva, l'interesse per questi esperimenti risiede nell'opportunità che essi offrono di toccare con mano la complessità dei fenomeni propagativi in presenza di miriadi di oggetti diffondenti.

                                                    A cura di Salvatore Solimeno
                                                    Centro di Ricerca & Sviluppo Coherentia
                                                    INFM, Napoli

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                                                    • #56
                                                      un copiaincolla espresso per hell,
                                                      da qualche parte parlava di luce liquida...
                                                      non so se intendeva questo caso

                                                      La luce diventa un liquido brillante

                                                      La luce può essere trasformata in un liquido brillante che forma gocce e schizza sulle superfici proprio come succede per l'acqua. Lo avrebbe dimostrato un gruppo di ricercatori spagnoli delle Università di Vigo e di Salamanca guidati da Humberto Michinel. L'invenzione è stata ribattezzata dagli stessi scienziati con il nome di luce liquida e potrebbe costituire un'ideale linfa vitale per la trasmissione dei segnali ottici all'interno dei circuiti informatici, dove i chip dei computer inviano segnali luminosi per elaborare i dati.
                                                      Potrebbe risultare strano sentir parlare di luce liquida in quanto la definizione di stato liquido, solido e gassoso si applica alla materia fatta di atomi e non di fotoni, che sono le particelle che costituiscono la luce. In realtà, in fisica spesso si parla dei fasci luminosi come di un gas in quanto i fotoni si muovono casualmente all'interno del fascio e possono esercitare una pressione in seguito al loro movimento e alla loro velocità proprio come avviene per i gas formati da atomi e particelle a cui siamo abituati a pensare.
                                                      Se la luce viene vista come un gas, allora sotto determinate condizioni di pressione e temperatura, essa può condensare e trasformarsi in un liquido, proprio quello che hanno pensato e realizzato Michinel e i suoi colleghi lavorando sui cosiddetti materiali non-lineari, i quali riescono a far rallentare il cammino della luce di una certa quantità che dipende dall'intensità del fascio. In quasi tutti i materiali non-lineari, più intenso è il fascio luminoso più viene rallentato quando attraversa il materiale. I ricercatori spagnoli facendo interagire fasci laser molto intensi con materiali non lineari e sfruttando le proprietà di rallentamento della luce, hanno rilevato che all'interno del materiale la luce si comportava come una colonna di liquido. I risultati della ricerca sono apparsi sulla rivista "Physical Review".




                                                      e questo per gli amanti della fisica ai confini estremi...
                                                      anche se non risolve il problema..
                                                      perchè un gravitone ha energia minima superiore di 300.000 volte l'enrgia minima di un fotone?

                                                      gravitoni "giganti"
                                                      __________________________________________________ ________
                                                      Il modo più semplice per comprendere cosa sia un gravitone è probabilmente la sua analogia con il fotone.
                                                      Alla fine dell'Ottocento, la teoria di Maxwell dell'elettromagnetismo descriveva la propagazione di variazioni nel campo elettrico-magnetico attraverso onde. Queste sono le familiari onde elettromagnetiche alla base delle trasmissioni audio e video ma anche le stesse che descrivono la luce (luce visibile, onde radio, microonde ecc. sono tutte onde elettromagnetiche differenti solo per lunghezza d'onda).
                                                      In seguito la teoria dei campi quantistici ha portato alla comprensione che in realtà queste onde sono composte da quanti fondamentali, i fotoni. Ed esperimenti scientifici, come l'effetto fotoelettrico, hanno provato che questo quadro è in accordo con quanto osserviamo.
                                                      L'esistenza di quanti fondamentali è in realtà una predizione molto più generale: nella teoria quantistica dei campi ogni forza è mediata da quanti fondamentali. Le differenti proprietà di questi quanti spiegano la differente natura delle forze fondamentali (interazione gravitazionale, nucleare forte, debole ed elettromagnetica).
                                                      In questo senso esiste un'analogia tra la gravità e le forze elettromagnetiche. Variazioni nel campo gravitazionale si propagano, seconda la teoria classica (cioè non quantistica) della gravità (la relatività generale di Einstein), come "onde gravitazionali". In una teoria quantistica queste onde sono composte da quanti di gravità, i gravitoni. Questi, come i fotoni, sono particelle prive di massa che si muovono alla velocità della luce (si può dimostrare che questo è legato al fatto che interazione gravitazionale ed elettromagnetica sono le uniche forze fondamentali ad avere un raggio d'azione infinito).
                                                      Il problema è che non abbiamo al momento una teoria quantistica della gravità ma "solo" la relatività generale che descrive la gravità in maniera "classica". Inoltre, non abbiamo mai rilevato direttamente le onde gravitazionali: la forza di gravità è molto debole e quindi è difficile costruire un'antenna gravitazionale. Ciò nonostante ambiziosi esperimenti (Ligo e Lisa) sono in cantiere e si spera che presto potremo avere una rilevazione diretta delle onde gravitazionali. Comunque, abbiamo già avuto una rilevazione indiretta della loro esistenza attraverso la perdita d'energia rilevata nella rotazione di alcuni oggetti astrofisci. Si è visto che questa perdita avviene esattamente come previsto in relatività generale qualora si abbia emissione di onde gravitazionali.
                                                      La rilevazione diretta della natura quantistica della gravità, e quindi dei gravitoni, è ancora al di là da venire. Si nutre qualche speranza che osservazioni cosmologiche possano dare qualche indicazione.
                                                      Riguardo ai gravitoni giganti si deve subito dire che ci muoviamo in un ambito estremamente speculativo.
                                                      Essi sono infatti predizioni di alcuni modelli derivati dalla teoria della superstringa. Cosa sia questa teoria è una lunga e complicata storia (anche perché è una teoria ancora in via di sviluppo), ma essa è al momento il miglior modello disponibile di teoria quantistica della gravità. In questi modelli di superstringa lo spazio-tempo ha in realtà 10 o 11 dimensioni di cui noi vediamo/viviamo solo 4. Può accadere che, in particolari implementazioni della teoria, particelle prive di massa dotate di crescente momento angolare diventino sempre più estese. Quindi in questi modelli gravitoni con grande energia diventano "giganti" nel senso di estesi, in principio grandi quanto l'universo che li contiene

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                                                      • #57
                                                        per i vortici...
                                                        l'effetto sagnac,dipende da che?...
                                                        Misurare il gravitomagnetismo
                                                        ________________________________________
                                                        Domanda In merito al gravitomagnetismo, l'esperimento GP-B e quello con i LAGEOS misurano la stessa cosa o aspetti complementari del fenomeno? Anche se l'esperimento con i LAGEOS è sensibile al parametro post-newtoniano gamma che, da altre misure, è noto allo 0,1%, non è comunque importante avere un ulteriore test diretto, anche se meno preciso?

                                                        ________________________________________
                                                        Risposta Il GP-B, il LARES-LAGEOS-3 ed i LAGEOS, LAGEOS-2 misurano l'effetto Lense-Thirring, o frame-dragging, o gravitomagnetismo della Terra. La differenza è che il GP-B misura l'effetto Lense-Thirring su giroscopi e i LAGEOS su "particelle di prova" (i LAGEOS appunto); si possono considerare, quindi, esperimenti complementari (in alcune teorie alternative con torsione i due risultati sperimentali sarebbero differenti).
                                                        Il parametro gamma è oggi misurato in accordo con il valore previsto dalla relatività generale, cioè 1, con un'accuratezza di circa 3 parti su 10000, nel campo gravitazionale del Sole, con la tecnica VLBI (Very Long Baseline Interferometry). Inoltre, esistono varie altre misure di gamma con onde radio da trasmettitori sulle sonde Viking di Marte, ecc. Tutte le misure di gamma sono basate sulla curvatura spaziale generata da una massa che è alla base delle misure menzionate sopra, ovvero la deflessione del cammino dei fotoni vicino a una massa e il ritardo nel tempo di propagazione delle onde elettromagnetiche vicino ad una massa. L'esperimento GP-B dovrebbe misurare l'effetto Lense-Thirring con un'accuratezza, realistica, di circa una parte su 100 e l'effetto di precessione geodetica, o effetto de Sitter, con un'accuratezza dell'ordine di quasi una parte su 20 000.
                                                        Questo corrisponde a una misura di gamma con un'accuratezza, realistica, dell'ordine di quasi una parte su 10 000. L'esperimento (1995-2000) con i satelli LAGEOS e LAGEOS II corrisponde a una misura dell'effetto Lense-Thirring con un'accuratezza di circa il 20%, il futuro esperimento LARES con un'accuratezza di circa il 2% che corrisponde a una misura di gamma di circa il 4%.
                                                        Perché misurare dunque l'effetto Lense-Thirring con il LARES o con l'esperimento GP-B, dato che presto ci saranno altri esperimenti per la misura di gamma al livello di quasi 1 parte su 10 0000? Semplice: il parametro gamma è usato per misurare la validità della relatività generale e di teorie alternative metriche della gravitazione. È uno dei cosiddetti parametri PPN (Post Newtoniani Parametrizzati). La sua misura è però valida solo per provare la validità o meno di teorie metriche della gravitazione, e cioè basate su una metrica simmetrica, ma non è provato che una teoria alternativa della gravitazione debba necessariamente essere una teoria metrica. Inoltre anche considerando come valide alternative alla relatività generale soltanto teorie metriche, NON è affatto vero che il formalismo PPN, basato soltanto su 10 parametri, possa descrivere tutte le teorie metriche della gravitazione all'ordine post-newtoniano. Descrive soltanto quelle teorie con un limite post-newtoniano particolarmente semplice.
                                                        In linea di principio i parametri necessari per descrivere tutte le possibili teorie metriche della gravitazione dovrebbero essere un numero infinito. Questo punto di vista è stato espresso dal grande fisico Steven Weinberg; poi pubblicato in un noto testo1
                                                        di relatività generale del 1995 di chi scrive insieme al grande fisico John Archibald Wheeler (vedi fine del capitolo 3) e infine dimostrato rigorosamente in un articolo di chi scrive del 1991. In parole povere la formula dell'effetto Lense-Thirring in funzione del parametro gamma ed eventualmente alfa-uno (altro parametro PPN), presuppone tutta una serie d'ipotesi teoriche tutte da dimostrare proprio sperimentalmente. Quindi, la misura dell'effetto Lense-Thirring ha una sua valenza sperimentale completamente indipendentemente dalle misure di gamma, al di là delle pur solide derivazioni teoriche. Lo stesso discorso vale per le onde gravitazionali: una teoria con spaziotempo che incorpori localmente la relatività ristretta deve necessariamente avere onde gravitazionali: ma è chiara a chiunque l'importanza della loro misura diretta indipendentemente da qualunque anche solida derivazione teorica: questa è la fisica: TEORIA ED ESPERIMENTO.
                                                        [1] Ignazio Ciufolini and John Archibald Wheeler, Gravitation and inertia, Princeton University Press, 1995
                                                        A cura di Ignazio Ciufolini
                                                        Dipartimento di Ingegneria dell'innovazione
                                                        Università di Lecce

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                                                        • #58
                                                          un copiaincolla , ancora , sulla velocità luce,
                                                          tutto questo per ribadire che per fortuna la lezione di galileo non è stata dimenticata...
                                                          a proposito, per hell, magari uno si potrebbe chiedere "qual'è?
                                                          beh, semplificando,
                                                          non possiamo rispondere "perchè un fenomeno avviene",ma solo trovare come avviene...
                                                          e per farlo dobbiamo avere sia una buona spiegazione logico-matematica, sia riscontri di prove di laboratorio...
                                                          sempre per hell, è vero che galileo commise qualche errore di logica,nella polemica con il papa,
                                                          ma il papa lo ha perseguitato , per ribadire il suo punto di vista,
                                                          cosa che non ha fatto galileo,
                                                          e poi , lo stesso popper con la sua logica di falsificazione, e godel con il principio di indeducibilità,
                                                          hanno confermato appieno l'intuizione galileiana...



                                                          Costante cosmologica e velocità della luce

                                                          .

                                                          1) la costanza della velocità della luce.
                                                          Va subito detto che la velocità della luce è assunta dal sistema internazionale come base per la definizione delle lunghezze, una volta che si sia scelto un campione per la misura del tempo, campione che viene basato su di un fenomeno che abbia caratteristiche di elevata ripetibilità.

                                                          Dal 1967 l’unità di tempo è basato su una particolare frequenza atomica, ma non si può escludere che la cosa possa essere rimeditata (si è recentemente parlato di usare la frequenza di una pulsar). Questo per dire che comunque sarà la velocità della luce a definire le lunghezze e pertanto sarà, per definizione, costante. Detto questo, va fatta una precisazione importante: la luce di cui si parla è quella utilizzata nell’ambito dei nostri laboratori. Questa affermazione viene tradotta dicendo: la velocità della luce misurata localmente è una costante universale.

                                                          Per capire questo punto è bene fare riferimento all’esperimento di Shapiro, noto come radar echo delay. Passo brevemente a descrivere questo esperimento:

                                                          Marte e la nostra Terra, nel loro moto, possono trovarsi in una situazione di opposizione, ossia Terra e Marte si trovano dalle parti opposte del Sole a una distanza tra loro di circa 400 milioni di Km, distanza che la luce percorre in circa 22 minuti. 22 minuti prima che l’opposizione sia massima viene inviato verso Marte un segnale radar che viene riflesso da Marte e rimbalzato verso la Terra. Le traiettorie di Marte e Terra sono note con grande precisione e, tenuto conto che il segnale radar passa vicino al Sole, il segnale stesso verrà deflesso dal Sole in modo perfettamente deducibile dalle equazioni di Schwarzschild, che consentono di determinare con precisione la lunghezza l del tragitto compiuto dal segnale radar. Se uno misura il tempo trascorso fra l’invio e il ritorno del segnale, trova che questo tempo è più lungo di l/c (c’è stato un ritardo). Nessun dramma, perché le stesse equazioni di Scharzchild consentono di calcolare questo ritardo e, alla fine, l’esperimento concorda con la teoria.

                                                          A questo punto verrebbe spontanea la conclusione: allora la luce non ha viaggiato con la velocità c. Se avessimo però disposto lungo il percorso degli osservatori incaricati di misurare localmente la velocità del segnale radar, tutti avrebbero misurato c. Evidentemente la trasformazione che lega il tempo, misurato da questi osservatori distribuiti, e l’”asintotico” osservatore terrestre non è del tipo Galileiano t’=t, ma a questo la relatività ci ha abituato.

                                                          In conclusione, le misure locali di velocità della luce danno, per definizione, c. C’è tuttavia da dire che vi sono tentativi di verificare, ad esempio, se la costante di struttura fine, che è legata alla velocità della luce, alla costante di Planck e alla carica dell’elettrone, abbia avuto, nella storia dell’universo, sempre lo stesso valore. Ammesso che un tale esperimento riesca, non si vede perché attribuire alla velocità della luce la responsabilità del cambiamento. Lo stesso discorso è trasportabile ad altre costanti “universali”.

                                                          A cura di Bruno Preziosi
                                                          Dipartimento di Scienze Fisiche
                                                          Università di Napoli


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                                                          • #59

                                                            salve,
                                                            una spiegazione euristica della deflessione della luce in mezzi trasparenti.
                                                            spiegazione fisica dell'angolo di deflessione di minima azione della luce.

                                                            Una visione euristica del processo di urto, del fotone sulla molecola, prevede che la lunghezza d’onda del fotone sia di diametro maggiore della molecola, e il fotone come onda, interferisca con gli elettroni degli orbitali più esterni della molecola.
                                                            Il fotone si divide in due onde di interferenza , che percorrono il diametro esterno della molecola, da una parte e dall’altra.
                                                            Per effetto Sagnac, la parte di onda che percorre la circonferenza della molecola, nel verso contrario dell’orbita degli elettroni,
                                                            presenta un piccolissimo ritardo rispetto all’altra mezza onda.
                                                            Questo ritardo causa una lieve interferenza alla ricongiunzione dell’onda,
                                                            la lieve interferenza permette al fotone di ricomporsi come particella,con un lieve angolo di riflessione, e di farlo ripartire verso altre destinazioni con il caratteristico angolo di riflessione
                                                            del materiale.
                                                            In altri modi, questo angolo è il famoso angolo calcolato da maupertis ,con il principio di minima azione

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                                                            • #60
                                                              (Dialetto di Massimo Troisi nel film: Non ci resta che piangere).

                                                              Il fotone si ricompone, e va bene
                                                              anche l'angolo calcolato da maupertis va bene.

                                                              Ma cosa c'entra questo con la fusione nucleare fredda ?

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