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Tecnologie per il trattamento dei rifiuti...

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  • #31
    CITAZIONE (nacnac @ 25/9/2007, 18:59)
    ...molti comuni lo fanno con punte di riciclaggio di oltre il 70%, il consorzio priula che opera nel trevigiano fa pagare al cittadino solo la frazione del secco e questo metodo oltre a far risparmiare quattrini sulla tassa rifiuti, stimola la gente a produrne sempre meno ponendo attenzione alle spese che fanno (funziona veramente domandate ad un trevigiano).

    Oppure date un occhio qui (http://www.provincia.bologna.it/ambiente/r...s/08_Priula.pdf) per capire bene le potenzialità della raccolta differenziata fatta seriamente. <img src=">

    Questo non credo elimini la necessità di qualche sistema di termodistruzione (o valorizzazione che dir si voglia). Però, se invece di far tanta caciara antiquestoequello la popolazione richiedesse a gran voce queste soluzioni... magari qualcosa di meno italiota del solito si riuscirebbe ad ottenere. <img src=">
    “Il fatto che un'opinione sia ampiamente condivisa non è affatto una prova che non sia completamente assurda.” Bertrand Russell

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    • #32
      CITAZIONE (nll @ 26/9/2007, 08:32)
      Come al solito siamo un po' drastici nell'affrontare questi argomenti, mentre forse un poco di elasticità ci potrebbe permettere una programmazione efficace, con risultati duraturi.

      Bene il riciclo, bene il compostaggio, bene il termovalorizzatore (qualunque termine gli si voglia dare, ma sempre al minimo di emissioni e al massimo della resa)

      scusa ma quale resa?
      perchè devo cercare di ridurre al minimo le emissioni se ho dei metodi che mi permettono di avere "zero emissioni"? se io ho un mal di testa me lo curo perchè mi passi, mica perche me ne venga meno.

      dove è il guadagno nel bruciare rifiuti? non rispondetemi teleriscaldamento o produzione di energia perchè questa è una bugia fatta ad arte per permettere di chiamare un inceneritore col nome di "termovalorizzatore".

      "Questo non credo elimini la necessità di qualche sistema di termodistruzione"
      per quale motivo? se io in discarica ho la possibilità di conferire solo rifiuti inerti in quantità di 10 volte minore di adesso, che senso avrebbe bruciare i rifiuti?

      per cortesia rispondete alle mie domande e non fate della retorica.



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      • #33
        Il motivo credo sia abbastanza semplice ma forse la mia è una visione poco rosea... Io credo che anche se in discarica conferisci meno, comunque prima o poi si riempirà e che il residuo dal TMB possa essere reso al produttore per rifarlo o che sia inerte, non credo sia sempre possibile; senza contare che i rifiuti pericolsi, i tossici ed i nocivi sono difficilmente riciclabili e mai inerti. Inoltre da un processo di termodissociazione (perche io propendo sempre per la pirolisi come soluzione migliore all'incenerimento), dell'energia (sia elettrica che calore) si ottiene, forse non tantissima...ma sicuramente utilizzabile.
        n pratica sono pienamente d'accordo con gli interventi di brighting eyes e nll. Credo che una differenziata spinta al massimo ed una termodissociazione successiva dei residui sia attualmente un'ottima soluzione
        Spero di non essere stato retorico

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        • #34
          La temperatura per ottenere la pirolisi può essere anche molto più alta (anche 1500°).
          Ma il discorso da fare è un altro. Tramite la pirolisi, i rifiuti non sono bruciati ma scomposti in molecole semplici tramite riscaldamento, in assenza di aria per evitare la combustione (processo di pirolisi). Il problema è che per arrivare a queste temperature si deve bruciare del combustibile, e dato che i filtri sono simili a quelli degli inceneritori, ci si deve aspettare più o meno lo stesso tipo di inquinamento, soprattutto perché si tratta di rifuti non differenziati. Ciò è confermato anche da uno studio di Greenpeace, Discariche senza inceneritori.

          Se trattassero dei rifiuti di composizione omogenea, per esempio solo plastica e carta, il danno ambientale sarebbe sicuramente inferiore, ma si produrrebbero comunque delle polveri di varia granulometria.
          E poi, ancora, c'è il problema delle nanopolveri. Poiché il syngas arriva a bruciare fino a 1.800°C, è ovvio che si formi particolato primario e secondario finissimo, ben più piccolo di 2,5 micron e, per questo, quanto mai aggressivo.
          Infine, un impianto di pirolisi o di gassificazione dei rifiuti ha sempre bisogno di una discarica speciale per la carbonella che si forma nel reattore come scarto, e prima o poi questa discarica di sostanze tossiche si riempie.

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          • #35
            nacnac, chi è retorico? La tua proposta sembra da estremista ed è essa a peccare di retorica, perché molto distaccata dalla realtà e da quanto realmente ci si può attendere di riuscire a realizzare. Meglio la politica dei piccoli, ma significativi, passi verso un obiettivo, questo sì, ambizioso.

            Le tecnologie, come scrivevo prima, ci sono. La soluzione non può essere unica dappertutto, perché le problematiche sono differenti da zona a zona, da rifiuto a rifiuto e la possibilità di recupero energetico dipende anche dalla vicinanza di chi quella energia (prevalentemente termica) andrà a utilizzare. Ogni caso va studiato attentamente e adattato alla realtà locale. La stessa soluzione che pare ottimale da una parte, può non risultare altrettanto efficace altrove.

            Se non ci si cala nello specifico, con un'attenta analisi, come si possono dare soluzioni valide? Capisco che ci sono anche quelli che credono che basti essere nati sotto un determinato segno zodiacale per avere quel giorno l'intuizione geniale, ma, se me lo si permette, io nutro seri dubbi che sia davvero così.



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            • #36
              Purtroppo non siamo d’accordo su alcuni punti e poiché ho delle informazioni abbastanza diverse, mi permetto di descriverle e magari qualcun altro, se ne sa, potrà confermare quali sono i dati giusti o più corretti.

              Cito:
              La temperatura per ottenere la pirolisi può essere anche molto più alta (anche 1500°).

              Inizierei col dire che la temperatura di esercizio di un pirolizzatore si aggira al massimo sugli 800°C anche se in genere si riamane sui 600°C… Non credo possa arrivare ai 1500°C in assenza di ossigeno.

              Cito:
              Il problema è che per arrivare a queste temperature si deve bruciare del combustibile

              Per arrivare con un gradiente alla T di circa 800°C max si usa la reazione di termo-dissociazione stessa poiché da essa si forma appunto energia di dissociazione che viene usata all’interno del reattore. Certo è necessario un contributo iniziale di combustibile (tipicamente gas naturale) per l’avviamento ma poi il calore generato mantiene la reazione. L’inceneritore è vero, necessita di combustibile continuo, ma è un'altra cosa.

              Cito:
              e dato che i filtri sono simili a quelli degli inceneritori, ci si deve aspettare più o meno lo stesso tipo di inquinamento.

              E’ vero che i filtri sono simili (a meno delle dimensioni) ma l’inceneritore filtra i fumi di combustione dopo la combustione e quindi con portate molto maggiori poiché molto più diluiti con aria, il pirolizzatore filtra i gas di pirolisi concentrati prima della combustione portando al bruciatore syngas già ripulito. Ok, all’uscita del bruciatore ci saranno ugualmente dei fumi… ma è abbastanza logico pensare che tali fumi già ripuliti siano notevolmente meno nocivi (sicuramente mancano di diossine, furani ed altri e le conc dei pm sono di alcuni ordini di grandezza inferiori) ed alla stregua dei bruciatori a gas.

              Cito:
              soprattutto perché si tratta di rifuti non differenziati.

              La pirolisi di cui parlo si alimenta a CDR ed il CDR è già un rifiuto differenziato e selezionato (…forse intendevi: eterogeneo e su questo sono d’accodo… ma è proprio questa la versatilità della pirolisi… se il rifiuto fosse omogeneo lo si brucerebbe con la quantità giusta di O2 (che poi è quello che si verifica nei gassficatori) per farlo rendere di più dal punto di vista energetico e non fargli produrre diossine e furani (forti inquinanti) che si formano in eccesso di ossigeno.

              Cito:
              Ciò è confermato anche da uno studio di Greenpeace, Discariche senza inceneritori.

              Greenpeace conferma che non si devono costruire gli inceneritori… non conosco la loro posizione sulla pirolisi

              Cito:
              Infine, un impianto di pirolisi o di gassificazione dei rifiuti ha sempre bisogno di una discarica speciale per la carbonella che si forma nel reattore come scarto, e prima o poi questa discarica di sostanze tossiche si riempie.

              La carbonella che si forma, al di là del nome, ingloba non solo carbone (sottraendolo dall’emissione sotto forma di CO2, …fra l’altro) ma altri composti carboniosi non più calorifici, metalli, scorie, inerti… questo materiale non più utile, tuffato per caduta in una vaca di acqua fredda… vetrifica generando un solido non più lisciviabile adesso veramente inerte (quindi non tossico) e che può essere usato come una pietra di riempimento senza conferirlo in discarica. (credo sia ancora meno lisciviabile del residuo inerte del TMB)

              Spero di aver focalizzato le enormi differenze della pirolisi rispetto all’inceneritore (fermo restando che ne esistono altre…ad iniziare dall’abbattimento dei gas serra) e spero anche di non aver commesso errori o imprecisioni (e su questo invito alla correzione argomentata); in ogni caso direi che se contiamo a confrontarci in questa maniera, ad aggiungere info di volta in volta e con il contributo di tutti... forse prima o poi una parte del problema dei rifiuti potremmo anche risolverlo.

              Saluti

              L.




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              • #37
                CITAZIONE (nll @ 27/9/2007, 17:19)
                nacnac, chi è retorico? La tua proposta sembra da estremista ed è essa a peccare di retorica, perché molto distaccata dalla realtà e da quanto realmente ci si può attendere di riuscire a realizzare. Meglio la politica dei piccoli, ma significativi, passi verso un obiettivo, questo sì, ambizioso.

                non si distacca dalla realtà, città come novara in 18 mesi , ripeto 18 mesi è passata dal 30% al 70%
                consorzio priula 70% consolidato con picchi quasi del 90%, questo significa vita di una discarica 10 volte maggiore senza contare il fattore biodegradabilità che darebbe una durata eterna alla stessa.
                CITAZIONE (nll @ 27/9/2007 , 17:19)
                Le tecnologie, come scrivevo prima, ci sono. La soluzione non può essere unica dappertutto, perché le problematiche sono differenti da zona a zona, da rifiuto a rifiuto e la possibilità di recupero energetico dipende anche dalla vicinanza di chi quella energia (prevalentemente termica) andrà a utilizzare. Ogni caso va studiato attentamente e adattato alla realtà locale. La stessa soluzione che pare ottimale da una parte, può non risultare altrettanto efficace altrove.

                Il tmb è una realtà che funziona in austria come negli states come in australia
                CITAZIONE (NLL @ 27/9/2007 , 17:19)
                Se non ci si cala nello specifico, con un'attenta analisi, come si possono dare soluzioni valide? Capisco che ci sono anche quelli che credono che basti essere nati sotto un determinato segno zodiacale per avere quel giorno l'intuizione geniale, ma, se me lo si permette, io nutro seri dubbi che sia davvero così.

                lo specifico è semplice:i rifiuti in natura non esistono, li abbiamo creati noi. la natura è perfetta, perchè non copiarla?

                Edited by nacnac - 27/9/2007, 19:39

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                • #38
                  CITAZIONE (sawar @ 27/9/2007, 18:37)
                  Purtroppo non siamo d’accordo su alcuni punti e poiché ho delle informazioni abbastanza diverse, mi permetto di descriverle e magari qualcun altro, se ne sa, potrà confermare quali sono i dati giusti o più corretti.

                  Cito:
                  La temperatura per ottenere la pirolisi può essere anche molto più alta (anche 1500°).

                  Inizierei col dire che la temperatura di esercizio di un pirolizzatore si aggira al massimo sugli 800°C anche se in genere si riamane sui 600°C… Non credo possa arrivare ai 1500°C in assenza di ossigeno.

                  Cito:
                  Il problema è che per arrivare a queste temperature si deve bruciare del combustibile

                  Per arrivare con un gradiente alla T di circa 800°C max si usa la reazione di termo-dissociazione stessa poiché da essa si forma appunto energia di dissociazione che viene usata all’interno del reattore. Certo è necessario un contributo iniziale di combustibile (tipicamente gas naturale) per l’avviamento ma poi il calore generato mantiene la reazione. L’inceneritore è vero, necessita di combustibile continuo, ma è un'altra cosa.

                  Cito:
                  e dato che i filtri sono simili a quelli degli inceneritori, ci si deve aspettare più o meno lo stesso tipo di inquinamento.

                  E’ vero che i filtri sono simili (a meno delle dimensioni) ma l’inceneritore filtra i fumi di combustione dopo la combustione e quindi con portate molto maggiori poiché molto più diluiti con aria, il pirolizzatore filtra i gas di pirolisi concentrati prima della combustione portando al bruciatore syngas già ripulito. Ok, all’uscita del bruciatore ci saranno ugualmente dei fumi… ma è abbastanza logico pensare che tali fumi già ripuliti siano notevolmente meno nocivi (sicuramente mancano di diossine, furani ed altri e le conc dei pm sono di alcuni ordini di grandezza inferiori) ed alla stregua dei bruciatori a gas.

                  Cito:
                  soprattutto perché si tratta di rifuti non differenziati.

                  La pirolisi di cui parlo si alimenta a CDR ed il CDR è già un rifiuto differenziato e selezionato (…forse intendevi: eterogeneo e su questo sono d’accodo… ma è proprio questa la versatilità della pirolisi… se il rifiuto fosse omogeneo lo si brucerebbe con la quantità giusta di O2 (che poi è quello che si verifica nei gassficatori) per farlo rendere di più dal punto di vista energetico e non fargli produrre diossine e furani (forti inquinanti) che si formano in eccesso di ossigeno.

                  Cito:
                  Ciò è confermato anche da uno studio di Greenpeace, Discariche senza inceneritori.

                  Greenpeace conferma che non si devono costruire gli inceneritori… non conosco la loro posizione sulla pirolisi

                  Cito:
                  Infine, un impianto di pirolisi o di gassificazione dei rifiuti ha sempre bisogno di una discarica speciale per la carbonella che si forma nel reattore come scarto, e prima o poi questa discarica di sostanze tossiche si riempie.

                  La carbonella che si forma, al di là del nome, ingloba non solo carbone (sottraendolo dall’emissione sotto forma di CO2, …fra l’altro) ma altri composti carboniosi non più calorifici, metalli, scorie, inerti… questo materiale non più utile, tuffato per caduta in una vaca di acqua fredda… vetrifica generando un solido non più lisciviabile adesso veramente inerte (quindi non tossico) e che può essere usato come una pietra di riempimento senza conferirlo in discarica. (credo sia ancora meno lisciviabile del residuo inerte del TMB)

                  Spero di aver focalizzato le enormi differenze della pirolisi rispetto all’inceneritore (fermo restando che ne esistono altre…ad iniziare dall’abbattimento dei gas serra) e spero anche di non aver commesso errori o imprecisioni (e su questo invito alla correzione argomentata); in ogni caso direi che se contiamo a confrontarci in questa maniera, ad aggiungere info di volta in volta e con il contributo di tutti... forse prima o poi una parte del problema dei rifiuti potremmo anche risolverlo.

                  Saluti

                  L.

                  anche per la pirolisi, i filtri una volta saturi vanno stoccati e cosa diventano? rifiuto a sua volta (lo mettiamo dentro il forno?)
                  anche per la pirolisi vale il principio di Lavoisier se immetto 100 nel forno 100 tirerò fuori.

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                  • #39
                    mi permetto ancora di puntualizzare un paio di cose che sono le seguenti.

                    I filtri usati sono degli scrubber quindi impianti a pioggia d'acqua per lavare i fumi, non tessuti o carta come per le polveri... in ogni caso (fossero di carta o tessuto) metterli nel forno pirolitico una volta esuriti potrebbe essere una soluzione. In tal modo si potrebbe utilizzare ulteriormente la loro dissociazione finchè genera energia e poi si vetrifica il non più utile come gia spiegato.
                    Mai mi permetterei di confutare Lavoisier ma non credevo di averlo fatto... il CDR entra, si dissocia, forma syngas ed un residuo finale non lisciviabile... nessuna perdita.

                    Infine grazie per aver ripostato il mio messaggio intero così sarà doppiamente leggibile

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                    • #40
                      cosa se ne faranno tra 100 anni i nostri figli di tutto quel materiale "vetrificato" che viene prodotto dal processo di pirolisi?
                      che costo ha un processo di pirolisi?
                      quali possono essere i guadagni?
                      (badaben che non voglio esser polemico, è solo morbosa curiosità)

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                      • #41
                        Ciao,

                        badoben che so che non vuoi esser polemico anzi apprezzo molto la tua costruttività e cerco di risponderti per quel che so...
                        L'uso del vetrificato è come inerte di riempimento e cioè, mescolato con cementi o ciottolame, può servire per muri di contenimento, sottofondi stradali, parapetti autostradali, argini fluviali e forse altro simile. Che fra 100 anni sarà troppo e ne saremo invasi senza saper che farne... è possibile ma poco probabile (anche se posso sbagliarmi); molto più probabile che saremmo invasi da discariche riempite lentamente. Fra l’altro la respirazione delle discariche produce metano che è 21 volte più nocivo della CO2 nell’ambito dell’effetto serra.
                        Per quel che riguarda i costi mi cogli palesemente in fallo...posso però darti una visione qualitativa dicendo che a parte i costi di avvio, a regime, la reazione si automantiene facendo calare i costi di combustibile ausiliario. Anche il costo del funzionamento dei filtri è decisamente inferiore essendo il loro lavoro meno oneroso di un lavaggio fumi di combustione. Anche i materiali sono sottoposti a stress termici inferiori quindi dovrebbero durare di più e con minore manutenzione. I costi rispetto ad un TMB non saprei confrontarli; bisognerebbe normalizzarli formulandoli, per esempio, in euro/h ed includendo l’ammortamento.
                        Infine il guadagno… il syngas prodotto dalla pirolisi del CDR viene bruciato per scaldare dell’acqua il cui vapore fa funzionare una turbina che genera energia elettrica da immettere in rete. Un impianto standard è circa da 3 MWh nominali e consuma circa 3.3 ton/h di CDR.
                        Un altro guadagno che deriva dalla pirolisi, anche se più ambientale che economico, risiede nell’immagazzinare e catturare CO2. Il 70% della materia organica del CDR finisce in quel vetrificato sottoforma di C amorfo e non in atmosfera come CO2 (nell’inceneritore bruci quasi tutto in CO2 e ceneri, in pirolisi il 70% della CO2 prodotta viene ridotta a CO ed infine inglobata nel vetrificato).
                        Infine l’impianto di pirolisi da 3 MW, citato, ha le dimensioni di un capannone industriale di circa 2000 m2 quindi piccolo e facilmente controllabile dalle autorità.

                        Saluti

                        Commenta


                        • #42
                          ciao a tutti

                          premetto che sono contro inceneritori, termovalorizzatori, termodistruttori, o come più vi piaccia chiamarli.

                          le alternative ci sono, che permettono di arrivare al 100% di riutilizzo e riciclo di tutti i rifiuti.

                          Questo articlo ne è un esempio:

                          Un ingegnere genovese di 63 anni, insieme con una biologa statunitense di 71, ha liberato il mondo dalla schiavitù del petrolio e dalla morsa dell’inquinamento per i secoli a venire. Luciano Patorno e Nancy Ho sono riusciti a rimpiazzare la benzina con l’etanolo ricavato dai rifiuti urbani. Un giacimento inesauribile. Lo so, detta così può ricordare la più impraticabile delle trovate: mettere in moto l’automobile dopo aver fatto pipì nel serbatoio. Ma questa non è una barzelletta.
                          In Canada già funziona una bioraffineria «made in Italy» che produce il carburante e lo vende alla Shell. E85 è il nome alla pompa del nuovo oro verde: 85% di etanolo, 15% di benzina. Una miscela, per il momento. Con un piccolo ritocco ai motori domani potrà essere utilizzato al 100%, essendo un alcol etilico concentrato pressoché anidro, cioè privo d’acqua.
                          L’etanolo (bioetanolo, per l’esattezza) che la professoressa Ho, docente universitaria di origine cinese immigrata da molti anni negli Usa, è stata in grado di fabbricare su larga scala grazie all’impianto creato dall’ingegner Patorno, imprenditore trasferitosi dalla Liguria a Modena, ha qualche altra caratteristica talmente unica da farlo sembrare un inaspettato dono del cielo all’umanità giunta sull’orlo del baratro: «Può alimentare da subito i propulsori Flex fuel montati su numerosi modelli di vetture. Non affama il Terzo mondo e non fa aumentare i prezzi del pane, della pasta, del latte, della carne perché non fagocita le coltivazioni di cereali destinate all’alimentazione umana e animale, anzi non le intacca minimamente, e di conseguenza non dissipa le già limitate risorse d’acqua del pianeta. Presenta un contenuto netto di energia tre volte più alto dell’etanolo tradizionale. Elimina il 70-75% del peggiore dei gas serra, l’anidride carbonica, principale responsabile dell’innalzamento delle temperature. Abbatte del 5-10% le emissioni di ossidi d’azoto e di zolfo. È privo di metalli pesanti. Azzera i particolati, meglio noti come polveri sottili. È totalmente biodegradabile. Libera il globo da larga parte dell’immondizia. E, ultimo ma non ultimo, ha un prezzo alla produzione di 0,30 euro il litro, 580 lire, esattamente come la benzina verde. Mentre l’etanolo distillato dal mais o dalla canna da zucchero costa il doppio».
                          Guardatevi intorno, o scoperchiate la pattumiera: tutta roba buona per far marciare la vostra auto. Giornali, riviste, involucri per alimenti, fogli di carta, corrispondenza, cartoncini, cartoni, opuscoli. E poi la lolla del riso e del frumento, i cartocci delle pannocchie, le bagasse della canna da zucchero, gli steli del mais, i residui e le eccedenze di coltivazioni agricole, il legno, la segatura, l’erba, le ramaglie, i rifiuti industriali delle cartiere. Insomma Patorno tramuta in carburante per autotrazione tutto ciò che contiene cellulosa.
                          Contitolare con un socio della Sipatech di Sassuolo, laurea in ingegneria elettrotecnica e meccanica, l’inventore s’è sempre occupato di automazioni industriali: per la Caterpillar, per la New Holland (Fiat), per la Hoechst (Sanofi-Aventis). In campo biomedicale ha brevettato strumenti rivoluzionari, dall’Endofixer, una suturatrice endovascolare che nell’aneurisma dell’aorta consente di fissare un manicotto dentro l’arteria senza intervenire chirurgicamente sul paziente, all’Anastomosis, che ricollega elasticamente i vasi sanguigni recisi in sala operatoria oppure dissecca le vene varicose con le onde elettromagnetiche evitando il bisturi.
                          Patorno è tornato alla sua antica passione, l’energia, dal 1999, quando gli hanno chiesto d’escogitare un sistema per il riciclaggio degli pneumatici usati. Nel nostro Paese se ne accumulano 400.000 tonnellate l’anno: metà finiscono in discarica e metà vengono trasformati in gomme rigenerate, conglomerati per bitumazioni, materiale per pavimenti antiscivolo. L’inventore ha fatto anche qui il miracolo: un brevetto che li riconverte negli idrocarburi d’origine.
                          Come c’è riuscito?
                          «Sono nato ingegnere. Mio padre era tecnico all’Ansaldo di Genova. La nostra casa si trovava dentro lo stabilimento. A 5 anni già giravo per i reparti. Ho visto dal vivo l’infinità di sottoprodotti, almeno un centinaio, che escono dal ciclo di depurazione del carbon coke: benzolo, naftalina, etilene, catrame».
                          Com’è arrivato all’etanolo ricavato dai rifiuti cellulosici?
                          «Mi ha contattato la Purdue University, che si trova a West Lafayette, nell’Indiana, 200 chilometri da Chicago, 100 da Indianapolis. Avevano bisogno di alcuni sensori particolari per le macchine dei loro laboratori. E là ho incontrato Nancy Ho, biologa molecolare premiata al Congresso dal presidente George Bush per aver messo a punto dopo 14 anni di ricerche un enzima geneticamente modificato. La professoressa è partita dai Saccharomyces cerevisiae, microrganismi che hanno una funzione fondamentale nelle fermentazioni da cui si ottengono il vino e la birra».
                          Che cosa fa questo enzima?
                          «Trasforma il glucosio e lo xilosio, due zuccheri, in etanolo. Invece chi distilla l’etanolo dai cereali non riesce a modificare lo xilosio, e ciò riduce del 40% la resa finale di carburante. Ma alla professoressa Ho mancava l’impianto in grado di industrializzare il processo. Ha chiesto a me di farlo. Così ho progettato una raffineria di alcol, anziché di petrolio».
                          Vi siete messi in società.
                          «Per gli Usa il brevetto se lo gestiscono gli americani. Per l’Europa io. Nel resto del mondo siamo partner».
                          Ma le bioraffinerie sono di là da venire.
                          «Non direi. Una è già stata aperta a Toronto dalla Iogen corporation: da una tonnellata di paglia spreme 350 litri di etanolo. In quattro anni è già arrivata a 128 milioni di litri. Un’altra è in costruzione in Pennsylvania. Torno adesso da un viaggio in Cina, dove già operavo con la Aodevices per progettare stabilimenti che purificano il silicio indispensabile alla produzione di pannelli fotovoltaici in Europa e Medio Oriente. Gli enti governativi di Pechino mi sono piombati addosso come falchi. I cinesi sono affamati di energia».
                          Gli italiani no?
                          «In Italia è tutto difficile. Ho interpellato la Hera, il gruppo quotato in Borsa che eroga elettricità e gas ai Comuni dell’Emilia Romagna: parole. Ho interpellato il Cpl, Consorzio productions logistics della Legacoop: parole. Ho interpellato la Confcooperative coinvolta nel rigassificatore di Brindisi: parole».
                          Ha interpellato le persone sbagliate.
                          «Non ho agganci politici. Ho interpellato le banche: parole anche lì».
                          Siamo sicuri che esistano biomasse cellulosiche sufficienti per estrarre l’etanolo?
                          «Mi offende. Ogni anno l’Italia produce 100 milioni di tonnellate di rifiuti: 40 milioni sono urbani. Il 35% di questi sono cellulosici, cioè carta, cartone e legni, però non riciclabili. Quindi stiamo parlando di 14 milioni di tonnellate che oggi si buttano in discarica. Si potrebbe ricavarne, con 30 dei miei impianti, 4,8 miliardi di litri di etanolo. Vale a dire il 30% del fabbisogno nazionale, visto che gli italiani consumano ogni anno 16 miliardi di litri di benzina».
                          E il restante 70% del fabbisogno?
                          «Ci sono da sfruttare i residui legnosi industriali: cassette della frutta, trucioli di falegnameria, segatura, mobili vecchi, pallet, traversine ferroviarie, bobine di cavi elettrici, imballaggi. Una città di medie dimensioni, come Perugia, sciupa ogni anno 15.000 tonnellate di potature. Valgono 5 milioni di litri di bioetanolo. E poi pensi solo alla pulizia dei boschi».
                          Ma se ancora non bastassero?
                          «Ho letto l’intervista che Mauro Tedeschini, direttore di Quattroruote, ha fatto col professor Carlo Rubbia nel numero di settembre. In questo Paese vi sono un milione d’ettari di terreni non coltivati, ha spiegato il premio Nobel. Potremmo metterci a dimora piante non commestibili la cui resa energetica è enorme. Il miscanthus, per esempio. È una canna ricchissima di cellulosa che cresce spontaneamente in Cina e in Giappone. Supera i 4 metri d’altezza, la densità delle foglie è tale che una persona non riesce a passarci in mezzo, prospera nei climi temperati come il nostro, richiede poca acqua, dura circa 15 anni e si raccoglie d’inverno, un momento ideale per gli agricoltori. Idem la canapa, adatta per i terreni aridi del nostro Sud. Idem i pioppi. Un pioppeto lungo 10 chilometri e largo altrettanto potrebbe alimentare all’infinito, col suo ciclo vegetativo, la più grande delle bioraffinerie che ho progettato, 160 milioni di litri di etanolo annui».
                          Bioraffineria che costerà un patrimonio, suppongo.
                          «È un investimento da 65 milioni di euro. Calcolati i costi di produzione con l’ammortamento, i ricavi dalla vendita del bioetanolo e l’extra utile derivante dalla defiscalizzazione, fin dal primo anno genera un profitto netto di quasi 44 milioni di euro. Tenga presente che in Italia l’etanolo è defiscalizzato al 20%, ma dovrebbe arrivare almeno al 47%, anche perché in Germania, Spagna, Belgio e Slovacchia è al 100%, in Francia al 57%, in Finlandia al 55%. Mettiamo che lo Stato o l’Eni aprissero 100 bioraffinerie: con un investimento di 12.500 miliardi di vecchie lire, circa un terzo della manovra economica annunciata dal governo per il 2007, avrebbero affrancato per sempre il Paese dalla benzina».
                          Non credo che gli sceicchi arabi siano molto contenti di lei.
                          (Allarga le braccia).
                          Non teme per la sua vita?
                          «Le dirò: qualche timore ce l’ho».
                          Il petrolio è destinato a esaurirsi?
                          «Per forza. È un dato di fatto. O entro 20 anni o entro 50, ma finirà. Lo dimostra la speculazione sui prezzi: oggi è a 80 dollari il barile, contro i 30 di tre anni fa, mentre dovrebbe costarne non più di 55. E anche se non si esaurissero i giacimenti, diventerebbe sempre più difficile estrarlo. Per cui i costi, in termini di energia impiegata nel pompaggio, supererebbero i ricavi. Lo stesso dicasi se andassimo a cercarlo sul fondo degli oceani».
                          Resta il fatto che di auto pronte per l’etanolo non se ne vedono molte in circolazione.
                          «Più che altro mancano i distributori. Ma da fine luglio è in vendita anche in Italia la Renault New Mégane alimentabile a E85. Il gruppo Peugeot-Citroën sta per presentare un’ampia gamma di modelli biocompatibili. Saranno presto sul mercato Ford, Opel, Saab, Volvo e Cadillac. Io stesso ho guidato da Chicago a Lafayette una Ford che funzionava con miscela all’85% di alcol e al 15% di benzina. Non c’è area di servizio d’America dove manchi la colonnina dell’E85».
                          Una Ferrari che va etanolo?
                          «Perché no? Le prestazioni migliorano. La formula chimica dell’etanolo è C2H5OH: nel radicale OH è presente ossigeno, come in tutti gli alcoli. Equivale a sovralimentare il motore. Per di più nell’etanolo non occorre aggiungere gli antidetonanti, indispensabili nella benzina. Un tempo la super veniva addizionata con tetraetile di piombo, un inquinante micidiale. Oggi la verde richiede il benzene, che inquina meno, però inquina. Al traffico stradale si imputa il 93% delle emissioni di ossido di carbonio, il 60% di quelle di idrocarburi e ossidi di azoto e il 12% di quelle d’anidride carbonica, c’è poco da fare».
                          Il professor Antonino Zichichi sostiene che l’anidride carbonica è senz’altro aumentata da quando è iniziata l’era industriale, ma che l’uomo incide solo per il 10% sul clima, il resto dipende dai fenomeni naturali, a cominciare dai raggi cosmici. In mezzo milione di anni la Terra ha perso e ritrovato il Polo Nord e il Polo Sud già quattro volte.
                          «Sono d’accordo. Ma il nostro guaio è che, a causa del massiccio utilizzo dei combustibili fossili, per la prima volta nella storia dell’umanità l’anidride carbonica si accumula in tempi troppo veloci e si concentra nelle aree urbane e industrializzate. Ristagnasse sull’oceano, sarebbe diverso».
                          Però del Brasile, che fa il 48% dell’etanolo per autotrazione prodotto nel mondo, io ricordo il lezzo pestilenziale dei biocarburanti.
                          «Invece l’etanolo ricavato dagli scarti di cellulosa è inodore».
                          Ma ho letto che corrode i motori.
                          «Lo escludo. Ai metalli non può far nulla».
                          La sua bioraffineria non provoca odori e fumi?
                          «No. La fermentazione avviene in autoclave. È un sistema che richiede la mancanza di contatto con l’aria. Gli enzimi sono anaerobi, vivono solo in assenza di ossigeno».
                          Avrà bisogno di una discarica per i residui della lavorazione.
                          «Al contrario. Sono io che devo insediarmi vicino alle discariche per recuperare quanto di buono vi è contenuto».
                          La sua bioraffineria non produce scarti? Impossibile.
                          «Certo che li produce. Ma non li chiamerei scarti, bensì sottoprodotti: mangimi, fertilizzanti chimici per l’agricoltura, polimeri della plastica, lubrificanti, adesivi. Tutta roba che è fuori dal conto economico di cui le ho parlato prima e che va dunque ad ampliare il margine di guadagno».
                          Avrà bisogno di molti dipendenti e di tanta energia elettrica.
                          «La forza lavoro per il ciclo produttivo di 24 ore su 24 assomma a un centinaio di persone. L’energia me la produco da solo: il primo elemento da togliere nella fase di pretrattamento dei rifiuti cellulosici è la lignina, che ha un alto potere calorifero».
                          Avrà bisogno di una vasta area.
                          «La bioraffineria più grande si estende su 60.000 metri quadrati. È la superficie occupata dall’inceneritore di rifiuti urbani della città di Brescia, quello dipinto con i colori del cielo che si vede dall’autostrada A4».
                          Una direttiva europea fissava al 2% la quota di mercato dei biocarburanti che gli Stati membri erano invitati a raggiungere entro il 2005. Il quantitativo salirà al 5,75% nel 2010. L’Italia che cos’ha fatto?
                          «Niente. Però l’11 marzo 2006 il governo ha varato la legge 81 che prevede l’obbligatorietà dell’integrazione di bioetanolo nelle benzine in percentuali crescenti: dai 320 milioni di litri nel 2006 fino ad arrivare ai 920 milioni di litri nel 2010».
                          E quanti ne abbiamo prodotti finora?
                          «Neanche mezzo litro».

                          Fonte:ilGiornale
                          e questa è l'azienda: Sipatech s.r.l.

                          Poi c'è questo metodo per riciclare completamente i vari materiali, fino ad arrivare al secco non riciclbile (materie plastiche non riciclabili) col quale , in alternativa al CDR, si può produrre del cemento sintetico fonoassorbente e termoisolante:

                          centroriciclo


                          Ci aggiungiamo una centrale a biomasse che produca biogas dall'umido di rifiuti urbani, agro-forestali, zootecnici per la produzione di energia con cogeneratore.

                          di link ce ne sono tanti

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                          • #43
                            citazione di Pallante:
                            vi è una terza modalità di
                            trattare i rifiuti, di cui si fanno sostenitori gli ambientalisti che lui definisce del no mentre invece sono di
                            un sì diverso dal suo. Molto più interessante sia ecologicamente che economicamente, perché invece di
                            sprecare le risorse contenute negli oggetti dismessi, interrandole o bruciandole, le recupera mediante
                            una raccolta differenziata gestita con criteri di economicità. Ovvero: controllata per ottenere una separazione in
                            materiali omogenei riutilizzabili (la tecnica migliore sulla base delle esperienze fatte in differenti tipi di
                            contesti urbani è la raccolta porta a porta); finalizzata a ridurre le quantità dei rifiuti con l’applicazione
                            di tariffe commisurate alla quantità residua di rifiuti indifferenziati; organizzata in funzione del
                            riciclaggio delle materie prime secondarie recuperate, in modo da guadagnare dalla loro vendita e
                            reimmissione nei circuiti produttivi. La parte residua di rifiuti indifferenziati (minore quantitativamente
                            e molto meno inquinante delle ceneri degli inceneritori) può essere ulteriormente ridotta in impianti di
                            trattamento meccanico biologico, TMB, dove i residui organici vengono inertizzati, accelerando
                            meccanicamente i processi biologici di fermentazione aerobica che avverrebbero naturalmente in tempi
                            più lunghi, e si recuperano con sistemi meccanici ulteriori frazioni di metalli ferrosi e non ferrosi, inerti,
                            carta, plastica, legno. L’impatto ambientale di questo processo è minimo, i costi di investimento molto
                            inferiori a quelli di discariche e inceneritori, la vendita dei materiali recuperati copre i costi di gestione e
                            consente di ottenere utili che, trattandosi di un servizio pubblico, possono tradursi in una riduzione
                            delle tariffe, come è già accaduto nei comuni più virtuosi. Se ben organizzato, questo sistema è il più
                            ecologicamente compatibile

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                            • #44
                              Ecco un altro sistema eccezionale!! Il CONVERTITORE AL PLASMA!


                              Leggete un pò:

                              Joseph Longo, il profeta dei rifiuti del Conneticut, ha inventato una macchina che serve a ridurre la spazzatura a livello subatomico in modo da trasformarla in energia pulita.

                              Tenetevi forte, parliamo di immondizia. E’ la fine di gennaio 2007 quando le agenzie di notizie specializzate nel monitorare le innovazioni nel campo della ricerca ambientale battono la novità: “La PlasTech Solutions con sede nel Nuovo Galles dell’Australia, sarà il distributore esclusivo di Startech per l’Australia, la Nuova Zelanda e tutta l’Oceania. Il primo Plasma Converter 10 TPD Startech di questo tipo nella regione di competenza di PlasTech sarà destinato al trattamento di svariati rifiuti da industria e istituzioni”.

                              Per capirci davvero qualcosa bisogna cominciare a spulciare la biografia di un uomo di 74 anni dal nome italoamericano, Joseph Longo, il profeta dei rifiuti del Conneticut. Joseph non solo è il fondatore della Startech Environmental Corporation, ma è anche il principale fautore di un apparecchio dal nome piuttosto complicato: il convertitore al plasma.
                              Dopo 20 anni di progettazioni e costruzioni, di studi e prove di funzionamento, Longo è riuscito nel sogno di una vita e ha realizzato un dispositivo, per dimensioni in grado di entrare in un box da 2 posti auto, che serve a ridurre la spazzatura a livello subatomico, in modo da poterla trasformare in energia pulita.

                              Il processo che il convertitore utilizza, dagli studiosi, viene paragonato a una sorta di “Big Bang al contrario”, dove da qualcosa si ottiene, in senso figurato, “niente”. Qui, la filosofia è capovolta: e dal niente, i rifiuti della vita quotidiana, diventano energia.
                              Il come è semplice. La spazzatura viene inserita in un contenitore di acciaio inossidabile, riempito con un gas stabile come il nitrogeno. Nel contenitore viene trasmessa tra due elettrodi una corrente da 650V che agendo sugli elettroni trasforma il gas in plasma. Attraversando il plasma, la corrente genera un sorta di arco “plasmatico” talmente intenso da disintegrare la spazzatura a livello molecolare. Come risultato di questo processo si ha la produzione di un vetro simile all’ossidiana e del cosiddetto “syngas”, un gas sintetico composto principalmente da idrogeno e monossido di carbonio che può venire convertito in carburante commerciabile, come l’etanolo o il gas naturale.

                              A spiegare di cosa si occupa la Startech Environmental è lo stesso Longo. “Siamo – dice - una società operante nel settore dei rifiuti industriali e dell'energia, impegnata nella produzione e vendita di un impianto al plasma, innovativo e di nostra proprietà, per lo smaltimento di rifiuti, il Plasma Converter System. Il sistema smaltisce in modo sicuro ed economico qualsiasi tipo di rifiuto, indipendentemente dalla sua pericolosità, trasformandolo in prodotti utili e di valore. In questo modo, il sistema protegge l'ambiente e contribuisce al miglioramento della salute e della sicurezza di tutti. L'impianto permette di effettuare il riciclo elementare a circuito chiuso per eliminare, in modo sicuro e definitivo, i rifiuti solidi urbani, i rifiuti organici, inorganici, solidi, liquidi e gassosi, i rifiuti pericolosi e non, gli scarti industriali, i cosiddetti rifiuti elettronici (gli “e-waste”), i rifiuti del settore medico e chimico e altri rifiuti speciali. Il sistema converte tali rifiuti in materie prime tra cui metalli, un'energia di recupero che va sotto il nome di Plasma Converted Gas, e idrogeno che può essere riutilizzato o rivenduto. Startech” conclude Longo tracciando una sorta di filosofia della propria vita da innovatore “considera i rifiuti come preziose risorse rinnovabili e i suoi Plasma Converter utilizzano come materie prime materiali che in passato erano considerati rifiuti”.


                              ecco il link dell'azienda:

                              StarTech

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                              • #45
                                Ciao,

                                nell’intervista all’ingegnere, ci sono molti punti dove non mi trova complice, tuttavia, per quel che riguarda i rifiuti, non credo che produrre etanolo da residui legnosi e di cellulosa con enzimi brevettati (per di più), sia la soluzione più completa per la gestione dei rifiuti. Potrebbe però, essere un importante contributo all'autotrazione come specificato nel titolo dell' identico articolo pubblicato sul meetup di Grillo (etanolo: la benzina del futuro)… (occhio solo all'infiammabilità...ed alle sbronze...:-)).
                                Inoltre, bruciare biogas per cogenerare, è un'operazione molto simile a bruciare syngas per cogenerare.

                                Comunque, secondo alcuni interventi che ho letto, la chiave del problema dei rifiuti è, coinvolgendo anche le industrie: differenziare tutto, raccogliere porta a porta, riciclare il riciclabile ed infine conferire ai TMB che riciclano tutto… e se rimane qualcosa… si ricicla.

                                Personalmente non sono convinto che questa soluzione possa essere la più completa, occorre convincere chi opera attivamente in questo campo, per veder realizzata una strada o l’altra o una miscela di queste strade possibili. Spero che questa discussione, credo ben fornita di vari elementi, possa essere divulgata il più possibile e che giunga anche sul video di chi, assieme ad altri, può dare dinamica a tutto questo.

                                Ah, si il plasma… è citato un affare simile anche nel primissimo intervento di questa discussione… un apparecchio che si può montare a valle del sistema come bruciatore del syngas scongiurando ogni tipo di microinquinanti né polveri… Per montarlo però a monte del sistema, occorre valutare i costi di esercizio dell’arco per atomizzare tutti i rifiuti senza digerirli prima (ad esempio piroliticamente). Infine una riflessione…ma se il plasma entusiasma, significa che c’è la percezione che non tutti i rifiuti siano facilmente riciclabili…


                                Saluti

                                L.

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                                • #46
                                  pensa a tutti i rifiuti pericolosi, anche liquidi e gassosi, ai rifiuti elettronici, a quelli medici.

                                  Non tutto (attualmente) è riciclabile. E finchè ci sarà qualcosa di non riciclabile, questo sistema sarà un' ottima soluzione, poichè inertizza tutto in cristallo riutilizzabile in industria ed in più.. produce idrogeno!

                                  Edited by taote - 2/10/2007, 03:59

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                                  • #47
                                    un'ampia protesta nel alto trevigiano ha fatto morire sul nascere questo tipo di idea, per adesso dico questo ,quando ritroverò la documentazione. ve la posterò.

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                                    • #49
                                      ma è sicuro che non ci sono studi e sperimentazioni su questa tecnologia? Mi sembra che le opposizioni si basino + su supposizioni e paura di quello che non si sa.

                                      In Canada e in America se non erro ce ne sono già in funzione, o sbaglio?

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                                      • #50
                                        non sono informato a riguardo anche se trovo inutile una tecnologia simile , quando con una raccolta differenziata porta a porta ed impianti di trattamento dei rifiuti a freddo adeguati si potrebbe a riciclare più del 80% ora.

                                        è solo una mia idea, leggetela come tale.

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                                        • #51
                                          Guarda che sono della stessa idea! <img src="> Per me è fondamentale che si arrivi al massimo possibile di raccolta differenziata! poi ci sono i vari trattamenti a freddo, c'è un sistema per estrarre bioetanolo dai rifiuti cellulosici, ci sono metodi per produrre cemento sintetico con il secco indifferenziabile (materie plastiche), ecc. Ma la torcia al plasma potrebbe essere il miglior metodo di smaltimento dei rifiuti tossici ed elettronici, che altrimenti andrebbero stoccati in discariche speciali.
                                          La miglior soluzione è sempre una integrazione di metodologiespecifiche.

                                          E' per questo che ritengo l'incenerimento una pratica 'barbara' e sconsiderata.

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                                          • #52
                                            <img src="> Ciao a tutti, sono una neofita di questo forum e ho un progetto un pochino ambizioso... <img src="> la mia passione è l'allevamento equino e bovino per cui ho deciso di realizzare un'azienda agricola in cui procedere in questa avventura. :wub:
                                            Vengo considerata un'invasata, ma ho deciso di creare un'azienda che sia assolutamente autonoma dal punto di vista energetico, eolico e fotovoltaico i primis, ma ho scoperto che esistono delle caldaie che bruciano non solo legno ma anche residui quali fiande e stallatico, e producono gas... vorrei capire se posso inserirla per lo smaltimento dei residui prodotti e se sarà utile anche per il buon andamento "ecologicamente corretto" della mia azienda.
                                            Chi può darmi delle indicazioni in tal senso?
                                            :woot: GRAZIE!

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                                            • #53
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                                              al Solarexpo del maggio scorso ho visto un motore stirling di ridotte dimensioni in grado di utilizare il biogas per produrre elettricità e riscaldamento.
                                              Il prodotto era rivolto a fattorie principalmente e la potenza elettica era di circa 6 KW.
                                              La ditta era la SOLO mi pare.
                                              Spero che qualcun altro sia in grado di aggiungere qualche altro dato.
                                              Delle caldaie che possano bruciare bene rami, foglie e erbacce invecedi farne solo compost (che emetterebbe anche metano in atmosfera)
                                              ti potrebbero essere utili per riscldare stalle e serre. Ovviamente il tutto va correttamente dimensionato.
                                              In che zona si trova la tua azienda?
                                              Forse con i soci di Energoclub potremmo creare un gruppo di specialisti ad hoc per darti dei consigli su come realizzare il tuo progetto.
                                              Ciao
                                              Raimondo

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                                              • #54
                                                Ho cercato la SOLO in base alla tua segnalazione, e purtroppo ho trovato questo:
                                                "Dear Visitor,

                                                At the beginning of June insolvency proceedings were commenced against the assets of SOLO STIRLING GmbH.
                                                Lack of liquidity was the prime reason for that company to cease operation
                                                .

                                                Stirling Systems AG, with head office in Schaffhausen, Switzerland, acquired from the liquidator all rights and patents as well as the remaining current assets. This acquisition provides a unique opportunity for Stirling Systems to extend its range. The current 1-kw unit which has just successfully finished a two year field test will be complemented by the 9-kW Solo unit.
                                                "With this addition Stirling Systems AG becomes the leading global supplier of micro-cogeneration units based on the Stirling technology" explains Gabriel Schneider, Managing Director of Stirling Systems AG. Sascha Luft, former Managing Director of SOLO Stirling GmbH and now also in the same position at Stirling Systems GmbH, adds: "The prospect of establishing Solo's 9kW unit in the market, supported by Stirling Systems is a great opportunity. Both parties are excited to take up this exceptional challenge."

                                                The technology inherited from Solo will be continuously improved by the newly formed Stirling Systems GmbH - a 100% subsidiary company of Stirling Systems AG. The objective is to start selling an optimized micro-cogeneration range in the spring/summer of 2008. Until then test units only will be delivered to interested partners.

                                                Yours faithfully,

                                                Stirling Systems GmbH

                                                Gabriel Schneider & Sascha Luft
                                                Management "

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                                                • #55
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                                                  mi pare di capire che la ditta tedesca sia stata acquisita da una ditta svizzera per risolvere dei problemi finanziari.
                                                  Ma continuano ad esistere.
                                                  All fine c'è scritto che hanno l'obiettivo di iniziare a vendere dei sistemi di micro-cogenerazione l'anno prossimo.
                                                  Val la pena salvarsi il link aspetttare e vedere cosa succede.
                                                  L'alternativa per chi ha un allevamento abbastanza grande suggerito dal sito
                                                  http://www.poweron.ch/it/stromprod/biogas_...---1--1083.html
                                                  Il generatore invece di uno stirling potrebbe essere a combustione interna.

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                                                  • #56
                                                    lo penso anchio

                                                    Commenta


                                                    • #57
                                                      [MODERAZIONE: Hai già aperto una discussione QUI sullo stesso argomento. E' violazione del punto 3 del regolamento trattare lo stesso argomento in discussioni diverse. Il tuo post è stato eliminato, per lasciare posto al solo link. nll]

                                                      Edited by nll - 27/3/2008, 17:24

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