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Tecnologie per il trattamento dei rifiuti...

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  • Tecnologie per il trattamento dei rifiuti...

    Leggendo i pochi interventi in questo nuovo 3D mi sono accorto che c'è molta confusione e scarsa conoscenza delle tematiche e delle tecnologie oggi disponibili, per questo motivo ho deciso di aprire questa discussione, per dare modo a chiunque di approfondire prima di intervenire senza cognizione di causa, resta inteso che questa discussione potrà essere oggetto di ulteriori aggiornamenti ed integrazioni da parte di chi (con la giusta competenza) è in grado di portare informazioni utili.
    Grazie per la collaborazione e le eventuali integrazioni. :shifty:
    AdP

    TECNOLOGIE TRADIZIONALI PER TRATTAMENTO TERMICO DEI RIFIUTI

    Si esaminano brevemente le principali tecnologie disponibili al giorno d’oggi per il trattamento termico dei rifiuti. Partendo da quelle che prevedono condizioni operative con eccesso di ossigeno, per passare per gradi a quelle condotte pressoché in assenza di questo ultimo.

    Il percorso seguito è il seguente:

    § Incenerimento, con recupero di calore (termovalorizzatore visto che qualcuno pensa che siano due cose diverse)
    § Gassificazione,
    § Pirolisi.

    INCENERIMENTO

    Per incenerimento si intende il processo di combustione dei rifiuti operato in condizioni d'eccesso d’aria rispetto alla quantità stechiometrica; ossia il quantitativo totale d’ossigeno introdotto è superiore alla quantità necessaria per permettere la completa ossidazione del materiale trattato.

    La combustione è una reazione chimica di ossidazione, fra un combustibile ed un comburente, generalmente l’ossigeno, con sviluppo di energia. Da questa reazione si generano nuovi componenti, i prodotti della combustione.

    Gli impianti di incenerimento possono essere classificati in tre gruppi fondamentali:

    1. Forno a griglia fissa o mobile
    2. Forno a tamburo rotante
    3. Forno a letto fluido
    Le stesse tipologie di impianti sono impiegate in altri trattamenti termici e prescindendo dalle condizioni operative hanno molti punti in comune con gli impianti per la gassificazione e la pirolisi.

    FORNO A GRIGLIA FISSA O MOBILE


    Sono caratterizzati da una griglia sulla quale sono immessi dal sistema di alimentazione i rifiuti da trattare. Il comburente necessario alla combustione è introdotto sia da sotto la griglia, in quantità stechiometriche, sia da sopra, in modo da avere un eccesso d’ossigeno e garantire la completa ossidazione. I forni a griglia mobile, inoltre, hanno il vantaggio di permettere attraverso il movimento della griglia il rimescolamento del rifiuto aumentando l’efficienza del contatto combustibile comburente.

    La metodologia d’immissione dell’aria rappresenta una caratteristica che di per se è utilizzata per la classificazione dei forni a griglia. L’aria può essere immessa in equicorrente ed in controcorrente rispetto al percorso dei rifiuti.

    Lo schema di un impianto tipo prevede una tramoggia di carico, un sistema d’alimentazione dei rifiuti nel reattore, una griglia all’interno del reattore su cui deve essere deposto uno spessore appropriato di rifiuti; quasi sempre è presente una camera di post combustione, ed infine una zona di raccolta scorie di combustione, alla fine della griglia, in cui si raccoglie anche ciò che cade dalla griglia durante l’avanzamento.
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    FORNO A TAMBURO ROTANTE


    Sono chiamati anche forni rotativi (rotary kiln) poiché costituiti fondamentalmente da un tamburo rotante, leggermente inclinato che fa da camera di combustione. Dalle estremità si opera il carico dei rifiuti e la rimozione della scoria. I rifiuti si caricano dalla testata più alta insieme all’eventuale combustibile ausiliario per la combustione. La lenta rotazione fa sì che i rifiuti attraversino poco a poco l’intera camera di combustione.

    La combustione avviene a contatto con la parete del forno che, per questo, è rivestita di materiale refrattario. In questa tipologia di forni le condizioni di contatto tra combustibile e comburente sono migliorate attraverso l’introduzione di palettature che trascinano verso l’alto i rifiuti.

    Solitamente sono equipaggiati di una camera di post combustione poiché le sostanze volatili, generatesi all’interno del forno, non sempre arrivano alla completa combustione a causa dei brevi tempi di permanenza e della bassa efficienza di mescolamento. D’altro canto questi forni, meglio di quelli a griglia, hanno una migliore efficienza di distruzione del materiale introdottovi esponendone tutte le sue facce all’ossidazione. I tempi di permanenza del materiale solido può andare da qualche minuto ad un’ora ed oltre. Anche questi forni possono essere classificati in base al movimento dei gas rispetto ai rifiuti, si distinguono in equicorrente ed in controcorrente.

    Uno schema d’impianto tipo prevede, oltre al forno, una seconda camera di combustione ed il sistema di lavaggio e pulizia del gas. Il forno rotativo presenta il vantaggio di poter trattare una ampia tipologia di rifiuti.
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    FORNO A LETTO FLUIDO

    Il forno a letto fluido prevede la combustione dei rifiuti in un letto di particelle solide che vengono fluidizzate (cioè mantenute sospese) attraverso l’iniezione d’aria ascensionale ad alta velocità dal fondo del reattore.

    Si ricorda che la fluidizzazione è l’operazione mediante la quale una massa di particelle solide viene trasformata in uno stato fluido attraverso un flusso di gas ascensionale, in grado di sostenerne il peso. Questo flusso garantisce un buon grado di mescolamento del fluido e delle particelle, ma soprattutto una buona distribuzione dello scambio termico.

    Il sistema è costituito da una sorta di cilindro verticale, rivestito da refrattario, contenente generalmente insieme ai rifiuti un materiale inerte, tipo sabbia, per migliorare i processi di scambio termico e fungere da volano termico del sistema.

    L’immissione dell’aria avviene in due punti distinti; l’aria primaria è inserita dal basso e garantisce la velocità di minima fluidizzazione, mentre quella secondaria è inserita al di sopra della “fase densa” del letto. I rifiuti sono pompati all’interno del letto, insieme all’eventuale combustibile ausiliario, dove avviene la combustione. A causa dei lunghi tempi di permanenza e della combustione spinta, le particelle solide diventano più piccole e leggere, tanto da dirigersi nella parte superiore della colonna e permettere la separazione dei componenti più volatiti, i quali sono solitamente inviati in una seconda camera di combustione.

    I combustori a letto fluido possono essere classificati secondo i parametri funzionali (pressione) e le modalità di fluidificazione (a letto bollente o trascinato).

    Segue un esempio schematico di un combustore a letto fluido (da letteratura).
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    LA GASSIFICAZIONE

    La gassificazione è un processo termochimico utilizzato per la conversione di qualsiasi materiale contenente carbonio in un gas di sintesi (Singas) composto principalmente da monossido di carbonio CO ed idrogeno H2. Il processo è distinto in due linee tecnologiche, quella convenzionale (seppur al giorno d’oggi presenti aspetti tecnologicamente innovativi) e quella che utilizza la tecnologia al plasma.

    Il cuore degli impianti in cui avviene il processo è il Gassificatore, le cui tipologie fondamentali possono essere così classificate:

    § Moving Bed Gasifier (Gassificatore a letto mobile).
    § Fluidized Bed Gasifier (Gassificatore a letto fluido).
    § Entrained Bed Gasifier (Gassificatore a letto trascinato).

    L’alimentazione del gassificatore è generalmente costituita da un combustibile a basso costo, generalmente:

    - carbone, biomasse, residui, CDR, rifiuti solidi in genere, etc;

    Tale combustibile, secondo la tipologia di reattore utilizzato, reagisce in un ambiente riducente (in difetto di ossigeno) ad alta temperatura, ed eventualmente ad alta pressione, per formare un gas di sintesi (singas) composto da monossido di carbonio CO ed idrogeno H2 con percentuali che possono raggiungere valori del 85% in volume.

    Il singas è un combustibile sintetico che può essere utilizzato nell’industria chimica per la produzione di chemicals, oppure può essere impiegato come combustibile per la produzione di energia elettrica in motori a gas dedicati, in turbine a gas od in impianti a ciclo combinato a seconda delle potenzialità dell’impianto.

    La parte inorganica dell’alimentazione nella migliore delle ipotesi è ridotta in un materiale vetroso inerte da cui sono separati i metalli in essa contenuti; in altri casi rimane inglobata in un residuo carbonioso che deve essere inviato a successivi trattamenti o smaltito in discarica. La formazione di diossine, ossidi di zolfo SOx ed ossidi di azoto NOx è generalmente limitata per il fatto che la degradazione termica ha luogo in un ambiente in difetto di ossigeno.

    Ad ogni modo è necessario sottolineare come le condizioni operative per condurre la gassificazione siano talmente differenti tra i vari processi da rendere difficile una sintesi generale.

    Al variare della percentuale di ossigeno nel reattore, il processo di massificazione, può spostarsi verso quello di Pirolisi (assenza pressoché totale di Ossigeno) o verso quello di incenerimento (combustione con percentuale di ossigeno O2 maggiore o uguale a quella stechiometrica [O2] ≥ [O2] Stechiometrico).

    Se si tiene conto del fatto che la fonte di calore necessaria per la decomposizione termica nei processi tradizionali è fornita della combustione di quota parte del combustibile immesso nel reattore, si capisce perché alcuni autori definiscono la gassificazione come la combinazione di sottoprocessi noti, quali la Combustione, la Pirolisi e nel caso dell’utilizzo di vapore il “Reforming”.

    Risulta quindi giustificato il poter generalizzare la gassificazione nei suoi processi convenzionali (e non nell’uso della tecnologia al plasma) come la somma due stadi.

    Nel primo stadio, la Pirolisi rilascia i componenti volatili del combustibile a più bassa temperatura (anche inferiore ai 600 °C). Tutto ciò che non viene gassificato dalla Pirolisi prende il nome di “carbone” (CHAR) ed è costituivo principalmente da cenere e carbonio fissato.

    Nel secondo stadio della Gasificazione, il carbonio restante dalla Pirolisi viene fatto reagire con vapore e/o viene combusto con aria od ossigeno puro. Dalla gassificazione con aria si ottiene un gas combustibile ricco di azoto (composti azotati) e con più basso potere calorifico.

    Dalla Gasificazione con Ossigeno puro si ottiene una miscela di più alta qualità composta di monossido di carbonio CO, Idrogeno H2, e teoricamente nessun composto azotato. La gassificazione con vapore è solitamente chiamata “reforming” e da questa si ottiene un gas di sintesi, come gia detto, ricco di idrogeno e monossido di carbonio CO.

    Tipicamente, la reazione esotermica tra il carbonio e l’ossigeno apporta l’energia sufficiente per portare a termine la pirolisi e le reazioni di gassificazione del CHAR.

    Di seguito vengono riportati da letteratura gli schemi dei principali gassificatori.
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    LA PIROLISI

    La pirolisi è un processo termochimico tramite il quale un solido od un liquido subiscono una degradazione dei composti chimici che li costituiscono per trasformarli in molecole più piccole sotto l’azione del calore; e senza alcuna interazione con l’ossigeno o qualunque altro agente ossidante necessario per la combustione. In pratica però non è possibile operare in completa assenza d’ossigeno ed in realtà gli impianti per la pirolisi operano con atmosfere contenenti una quantità d’ossigeno molto al di sotto della stechiometrica (al massimo il 30%). Per cui, a causa della presenza d’ossigeno, una parte del materiale trattato viene bruciato.

    L’intervallo di temperatura in cui è condotta la pirolisi è compreso tra i 500-800 °C, ciononostante è possibile individuare tre livelli in cui il fenomeno prende nomi diversi:

    § Temperatura compresa tra i 100 - 300 °C: Degradazione Termica,
    § Temperatura compresa tra i 300 - 500 °C: Pirolisi “blanda” (mild),
    § Temperatura superiore agli 800 °C: Pirolisi “energica” (vigorous);

    La pirolisi lenta, chiamata anche carbonizzazione, può essere utilizzata per massimizzare il rendimento della frazione solida, il carbone. Tale processo richiede una lenta decomposizione pirolitica a bassa temperatura con tempi di permanenza molto lunghi.

    Un tipico esempio di questa metodologia è la produzione di carbone da legna.

    Le pirolisi “Fast” e “Flash” prevedono elevate velocità di riscaldamento a temperature medio elevate e sono utilizzate per la massimizzazione della frazione liquida.

    Nel caso dell’ultra pirolisi, l’estremizzazione di tutti i parametri, temperatura, velocità di riscaldamento insieme a tempi di contatto brevissimi, serve per la massimizzazione della frazione gassosa.

    I principali sistemi di pirolizzatore sono:

    § a letto fisso,
    § a letto fluido, con o senza ricircolo,
    § a tamburo rotante,
    § altre tecnologie innovative;
    Nella maggior parte degli schemi di impianto la sorgente di calore esterna al reattore è costituita dai fumi caldi provenienti dalla combustione del gas prodotto dalla pirolisi, convogliati in appositi sistemi di approvvigionamento termico del reattore, mentre nelle fasi di avviamento si utilizza una sorgente di combustibile ausiliare.

    LIMITI TECNOLOGICI DEI TRATTAMENTI TERMICI TRADIZIONALI


    1) Necessità di pretrattamento dei rifiuti.
    Molti dei reattori necessitano di trattamenti preliminari prima dell’alimentazione, come l’essiccamento e l’omogeneizzazione; ed in taluni casi la triturazione in pezzatura di piccole dimensioni. In altri casi è necessario eseguire un’adeguata separazione tra le varie frazioni.

    2) Inquinamento.
    La maggior parte dei processi esaminati utilizza come fonte di calore una sorgente interna al processo, tramite la combustione di una parte dei rifiuti da trattare o tramite il diretto utilizzo dei prodotti del processo (gas, carbone, ecc.). Il processo di combustione, per quanto sia condotto in condizioni ottimali, non è in grado di assicurare un’efficienza totale nella termodistruzione di tutte le sostanze inquinanti, quali diossine e furani, in particolare nei transitori.

    3) Residui di processo e rifiuti secondari.
    In molti dei processi esaminati a valle del trattamento termico si producono residui solidi, scorie (fly ask) e ceneri, che contengono residui carboniosi e metalli pesanti. E sebbene si sia operata una riduzione volumetrica rispetto al rifiuto in alimentazione, permane l’esigenza di utilizzo delle discariche per la messa in dimora finale di detti materiali. Inoltre, normalmente, i sistemi di depurazione fumi necessitano di acqua per l’abbattimento dei contenuti acidi o basici, il che comporta la successiva depurazione dei fluidi utilizzati.

    TRATTAMENTO TERMICO DEI RIFIUTI CON TECNOLOGIE AL PLASMA


    L’utilizzo della tecnologia del plasma per il trattamento termico dei rifiuti ha rappresentato nella seconda metà degli anni ’90 una proposta innovativa per il recupero di energia e materia dai rifiuti.

    Il plasma si forma fornendo ad un gas energia sufficiente a rompere il legame molecolare ed atomico. Infatti nello stato di plasma non esiste più il legame molecolare (per un gas biatomico come Azoto ed Idrogeno), nè il legame atomico (per un gas monoatomico come Argon ed Elio). Gli atomi, per la perdita di uno o più elettroni, si scindono in ioni, con una o più cariche positive, ed elettroni (fenomeno di ionizzazione atomica).

    Comunque il plasma, nella sua totalità, è elettricamente neutro, in quanto la somma delle cariche positive (ioni) eguaglia la somma delle cariche negative (elettroni).

    Le principali differenze - analogie tra lo stato gassoso ed il plasma sono schematizzate nella seguente tabella:
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    Il plasma ad arco viene ottenuto mediante il trasferimento di energia, sviluppata in una scarica ad arco, ad una massa gassosa.

    Con riferimento alle condizioni operative e alle modalità di collegamento del generatore di corrente d'arco con gli elettrodi, si possono distinguere sostanzialmente due diversi tipi di plasmi ad arco:

    1) Il plasma ad arco non trasferito,
    2) Il plasma ad arco trasferito.

    tale differenziazione per le sue implicazioni tecnologiche distingue in due macrogruppi gli impianti fino ad oggi sviluppati per la decomposizione termica dei rifiuti.

    REATTORE CON TORCIA AD ARCO NON TRASFERITO

    La torcia ad arco non trasferito innesca un arco tra due elettrodi all’interno della torcia, la quale a sua volta è posta in modo tale da convogliare il plasma ad altissima temperatura all’interno di un reattore le cui dimensioni ovviamente dipendono dal tipo, dalla grandezza e dalla qualità del rifiuto che si voglia trattare.

    Le torce solitamente possono innestarsi nel reattore accedendo secondo multipli disposizioni con diverse configurazioni geometriche che variano a seconda del progetto effettuato dalla casa costruttrice.

    Di seguito si riportano gli schemi da letteratura delle torce ad arco non trasferito e trasferito, tenendo presente che il plasma è evidenziato solo per dare valenza grafica al fenomeno.
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    REATTORE CON TORCIA AD ARCO TRASFERITO

    La torcia ad arco trasferito innesca un arco tra due elettrodi, dei quali uno è solitamente costituito da una o più barre – spesso in grafite od in titanio - che discendono dall’alto all’interno del reattore, mentre il restante elettrodo è costituito da un opportuno rivestimento conduttore della base del reattore. Si possono avere varie configurazioni degli elettrodi al fine di favorire una migliore uniformità della temperatura, non solo l’elettrodo solitamente superiore può essere singolo o multiplo e può inserirsi nel reattore da diversi punti con diverse angolature, ma in alcuni casi è dotato di mobilità in modo da descrivere precise traiettorie e spaziare la maggior superficie possibile in direzione del fondo del reattore; in altri casi è l’elettrodo superiore a rimanere fisso ed il fondo a girare su se stesso.

    La polarità di ciascun elettrodo può variare a seconda della casa costruttrice assolvendo in alcuni casi la funzione di catodo ed in altre configurazioni quella di anodo.

    L’arco si innesta tra gli elettrodi creando in tal modo una precisa regione all’interno del reattore dove è confinato il plasma; ciò fa si che i rifiuti, e perché vi cadono o perché ne sono investiti, entrino a diretto contatto con il gas ionizzato ad altissima temperatura e subiscano la dissociazione termica.

    GLI IMPIANTI A TORCIA AL PLASMA

    E’ possibile individuare alcuni particolari costruttivi e gestionali comuni per le varie tecnologie a torcia al plasma.

    Uno dei punti di forza è rappresentato dal fatto che, in linea di massima, è possibile trattare qualsiasi tipo di rifiuto, siano essi urbani o speciali, pericolosi o non pericolosi. Il principio che sta alla base della tecnologia consiste nello sfruttare l’elevata densità di energia sviluppata da una torcia nella regione delimitata dello spazio in cui è confinato il plasma, o nelle zone ad elevata temperatura da queste create, per operare la dissociazione termica del rifiuto, il quale passa da una complessa ed organizzata struttura molecolare ad uno stato semplice ed elementare; quindi non solo si assiste ad una disgregazione del rifiuto allo stato molecolare, ma per effetto dell’altissima temperatura cui è sottoposto anche queste ultime si dissociano negli atomi elementari che le costituiscono.

    Si ricorda inoltre che il calore prodotto da una torcia al plasma è sostanzialmente diverso da quello prodotto dalla combustione in quanto è quasi privo di massa e può essere generato anche in completa assenza di ossigeno, in tal modo i composti organici facenti parte dei rifiuti vengono “scomposti” nei loro elementi costitutivi, tra i quali prevalgono il carbonio C, l’idrogeno H, ed in quantità inferiori l’ossigeno O, gli alogeni tra cui prevale il cloro Cl, l’azoto N, e lo zolfo S.

    Tale principio fa si che possa essere perseguito l’obiettivo ambientale di “zero emissioni”. Infatti secondo quanto dichiarato all’unanimità dalle aziende costruttrici di tali impianti è possibile ottenere la decomposizione termica di oltre il 99,99% della materia organica, eliminando, in linea di principio, le emissioni di diossine, furani e simili.

    Il gas di sintesi prodotto, definito come Singas, rappresenta la prima fonte utile per l’impianto per compensare il bilancio energetico. Il singas, infatti, opportunamente raffreddato e pulito può essere utilizzato, seppur con metodologie diverse, per la produzione di energia elettrica, della quale una quota parte è utilizzata per il funzionamento dell’impianto.

    Il contenuto energetico del gas prodotto è circa un terzo (1/3) di quello del gas naturale ed è quindi facilmente sfruttabile, d’altro canto, i composti inorganici presenti nei rifiuti per effetto d’alta temperatura vengono fusi dando luogo ad un materiale vetroso, non lisciviabile ove rimangono imprigionati definitivamente i metalli pesanti eventualmente presenti.

    L’alimentazione del reattore viene progettata per operare in modo da immettere automaticamente i rifiuti nella regione più calda del reattore, ossia in modo che entrino a contatto con il plasma o con la regione a più alta temperatura da questo creato.

    Normalmente gli impianti prevedono una zona di stoccaggio rifiuti in alimentazione all’impianto. Si introduce cosi il vantaggio di un polmone d’accumulo legato all’alimentazione del reattore principale, evitando fermate.

    LIMITI TECNOLOGICI DELLE TORCE AL PLASMA

    a) limitata durata dei materiali refrattari del reattore,
    b) necessità di combustibile per omogeneizzare la temperatura del reattore,
    c) temperature elevate nel reattore a contatto dei refrattari,
    d) limitata durata delle punte metalliche delle torce (che necessitano di raffreddamento)
    e) dannosi cicli on-off che causano shock termici,
    f) solidificazione del materiale fuso nei condotti di sversamento e necessità di sovrariscaldare per effettuare lo spillamento,

    g) volume ristretto del reattore per evitare che il materiale immesso esca senza essere trattato dall'unica fonte di calore,

    h) mancanza di esempi industriali.

    GASSIFICAZIONE E DISSOCIAZIONE DEL SINGAS


    Uno dei maggiori limiti nell’utilizzo della gassificazione è rappresentato dalla difficoltà nell’alimentazione del singas prodotto direttamente nei motori o nelle turbine, e per risolvere il problema si utilizzano due tecnologie associate:

    · Reattore di gassificazione
    · Camera di dissociazione molecolare al plasma

    Si tratta di una tecnologia che utilizza processi industriali consolidati in una integrazione innovativa. Allo stato esistono impianti funzionanti di dimensioni industriali.

    Il singas in uscita dal reattore passa in una camera di dissociazione al plasma, ove il rimane per il tempo sufficiente per rompere i legami organici complessi. Successivamente il singas viene trattato per essere alimentato in un motore a gas (quench, filtro a maniche, scrubber, filtri, riscaldatore e compressore). L’acqua da scrubber viene recuperata e riciclata nel processo.

    Il sistema non produce rifiuti secondari ma solo energia elettrica e vapore (e/o acqua calda).

    L’energia per la gassificazione è data sia dall’aria calda immessa dal fondo del reattore, ottenuta da una frazione del singas prodotto e dall’energia dai rifiuti, mentre la dissociazione (plasma) è ottenuta con arco voltaico alimentato con energia elettrica.

    Sintesi della tecnologia:

    · Tratta pressoché tutti i rifiuti ed in qualsiasi stato.
    · Non è una combustione, ma gassificazione e dissociazione molecolare.
    · Recupera energia dai rifiuti e dal singas producendo energia elettrica e calore.
    · Recupera i metalli.
    · Recupera materiale inerte non lisciviabile.
    · Non produce rifiuti secondari o ceneri.
    · Lunga durata dei refrattari.
    · Facile versamento del materiale prodotto e dei metalli.
    · Impianti di dimensioni ridotte.

    ELETTROFUSIONE OTTIMIZZATA DALLA ELETTRODISSOCIAZIONE

    Gli anni di ricerca sulle tecnologie per risolvere la fase terminale del ciclo integrato di gestione dei rifiuti hanno dato come risultato l’individuazione di una tecnologia che raggiunge, e supera, le performances ambientali degli impianti con torce al plasma, ma soprattutto che ha risolto i problemi che ne hanno bloccato lo sviluppo.

    Il sistema è nato nel 1990 dopo 15 anni di ricerca e sperimentazione sulla vetrificazione dei materiali ed è originato dalla sinergia di tecnologie utilizzate da più di trenta anni nell’industria siderurgica e nell’industria del vetro. Ha superato da tempo la fase dimostrativa ed attualmente può vantare impianti venduti e funzionanti presso Clienti in USA ed in Giappone.

    Si tratta di una elettrofusione ottimizzata dalla presenza localizzata e controllata di gas ionizzato, ad alta temperatura, generato in un arco voltaico. Il materiale organico, in un ambiente povero di ossigeno, non subisce una combustione ma si dissocia in tempi brevissimi e, per la presenza di acqua si produce un gas di sintesi ad alto contenuto di idrogeno.

    La parte inorganica fonde in un bagno di materiale vetroso che congloba tutti i metalli pesanti e le sostanze pericolose, producendo un materiale basaltico non lisciviabile, utilizzabile direttamente o per produrre fibra di vetro.

    L’azione combinata elettrofusione - elettrodissociazione, la presenza stabile nella camera di elettrofusione di materiale fuso a temperatura pressoché costante, i particolari elettrodi in grafite a caricamento automatico esterno, la conterminazione del gas ionizzato in una zona ristretta a lambire la superficie del materiale fuso e lontana dalle pareti in refrattario, garantiscono, tra l’altro, stabilità termica al sistema, lunga durata ai rivestimenti, omogeneizzazione della sostanza fusa, facilità di spillamento del materiale prodotto e dei metalli e cattura di tutto il rifiuto immesso.

    l gas di sintesi (“singas”) ha come caratteristica la pressoché assenza, sin dall’origine, di sostanze nocive e/o particelle e dopo il passaggio nel sistema di depurazione, ad alta efficienza, viene normalmente utilizzato in generatori associati a motori a gas in modalità “lean burn” o a turbine a gas.

    Il sistema ad “elettrofusione - elettrodissociazione” è in grado di trattare pressoché tutti i rifiuti ed in qualsiasi stato fisico si trovino.
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    *****a seguito con molta pazienza di chi vorrà attendere integrerò questa discussione con con filmati e le altre tecnologie che mancano:
    Crakking catalizzato
    Crakking meccanico
    Crakking freddo (magnetico-cavitativo-ultrasonico)
    Trasformazione molecolare a freddo
    Separatore acqua/idrocarburi gravitazionale
    E-bean
    Neutrin Gun
    Sistemi di triturazione essicazione disinfezione separazione
    Trasmutazioni a debole energia**********

    AdP <img src=">

  • #2
    Complimenti per la trattazione chiara, sintetica ed esaustiva.

    SB

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    • #3
      Grande come sempre Armando ;

      Rbarba

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      • #4
        si devo dire che la trattazione dell'argomento è interessante è completo.
        Ma volevo sapere una cosa: sull'inserto del Giornale di oggi 12 giugno 2007 si parla del Rapporto conclusivo della commissione per le migliori tecnologie gestionali e smaltimento rifiuti.
        In questo rapporto si indica che le tecnologie di IMPIANTI DI PIROLISI VELOCE e HiTAC sono quelle ottimali da utilizzare.
        Si riporta la notizia che in Europa, soprattutto nei paesi scandinavi sono già attivi 400 impianti che sfruttano la pirolisi veloce e HiTAC.
        In merito a questi due tipi di impianti cosa ci puoi dire Armando ?
        Queste le notizie riportate dal Giornale:
        molti gli aspetti positivi di questi impianti: la minor temperatura utilizzata permette di ridurre di 100 volte l'emissione di polveri sottili ( e in particolare viene ridotta la produzione di nanopolveri).
        La produzione di acido cloridrico, anidride solforosa e monossido di carbonio è ridotta di meno della metà; gli ossidi di azoto sono ridotti a un terzo; i metalli pesanti di 20-50 volte. La concentrazione di diossine e furani è inferiore ai livelli misurabili.

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        • #5
          Ciao Metodico, la trattazione non è completa, mancano ancora molte cose interessanti, alcune assolutamente inedite.

          Conosco i due impianti citati, pensa che dovevo presentare delle soluzioni innovative alla commisione....ma sono troppo preso con la biomassa e con altri giocattoli, poi come sempre accade quello che avevo in mente di presentare ufficialmente (ufficiosamente è già stato presentato) ha preso una via traversa, ovvero il padre di questa nuova tecnologia è stato "comprato" da un grosso gruppo che opera nella gestione dei rifiuti....lasciandomi a piedi per almeno DUE GIORNI, tanto è il tempo che mi ci è voluto per trovare una alternativa decisamente migliore.... <img src=">

          Non sono per bruciare i rifiuti, non è una soluzione che mi aggrada...preferisco la separazione dei materiali e la trasformazione molecolare a freddo o meccanica....dove è possibile con una parte dei rifiuti si produce carburante e lo si rende quasi ecologico con l'acqua per produrre energia in cogenerazione con motori DIESEL....i fumi oggi li facciamo sparire completamente!!!

          In Italia ci sono infiniti problemi per realizzare un impianto di "gestione dei rifiuti"...troppe teste e troppe bocche... <_<

          Un impianto che costa 10 milioni alla fine costa 40 e se non prendono i contributi non lo ripagano mai.

          E i problemi non sono solo questi, per la mia esperienza oggi esistono le tecnologie per risolvere definitavamente il problema dei rifiuti, ma ci sono troppe persone che non vogliono che i problemi vengano risolti, un giorno, spero molto presto, qualcuno dirà che è disposto ad ACQUiSTARE i rifiuti e quel giorno ci divertiremo. ^_^

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          • #6
            però quello che mi chiedo sempre è come mai a Vienna utilizzano i termovalorizzatori e il teleriscaldamento da decenni:

            L'impianto di Spittelau e il suo labirinto di tubature sotterranee sono nati insieme: nel 1969 il Comune di Vienna ha varato il piano complessivo di smaltimento rifiuti da utilizzare come fonte per il teleriscaldamneto. Il sistema ha cominciato a funzionare nel 1971 solo per i grandi clienti istituzionali, poi l'offerta é stata destinata a tutti i cittadini interessati. Ancora oggi, precisa Krobath, si continuano a interrare nuovi tubi per servire la città in maniera sempre più capillare. Nel frattempo si é aggiunto un secondo impianto di termovalorizzatore e un terzo sta per essere costruito.
            Impianti che sono nel cuore della città e addirittura c'è un parco per bambini vicino.
            Nel Principato di Monaco lo stesso c'è ne uno al centro della città.
            Come riportato sopra impianti di Pirolisi veloce e HiTAC c'è ne sono 400 di piccole dimensioni nei Paesi Scandinavi.
            E noi sempre a parlare e discutere se i termovalorizzatori si possono fare !!
            O noi siamo più ambientalisti o più...fessi.
            Tu dici che cambierà quando ci sarà qualcuno che è disposto a pagare i rifiuti, ma allora che dire dei MILIARDI DI EURO spesi dalla Campagna e altre regioni del sud italia per portare questi rifiuti in Austria o Svezia?
            Quei paesi addirittura di sono trovati con "combustibile" gratis per anni grazie alla nostra inefficienza.
            Non sono un ingegnere energetico o altro qualificato per dire con certezza quale sia il metodo o impianto più efficiente ma so che altri Paesi li adottano da anni e noi facciamo ..parole !!

            ciao

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            • #7
              Buongiorno a tutti,

              volevo inserirmi in questa discussione poiché ho letto il rapporto conclusivo della commissione per le migliori tecniche per lo smaltimento e l’abbattimento dei rifiuti e stavo facendo delle riflessioni. In questo documento ho trovato degli spunti interessanti e verificando un po’ di dati nelle varie pubblicazioni disponibili, ho riscontrato delle caratteristiche molto utili che illustrano una tecnica di smaltimento rifiuti nonché di produzione energetica molto efficace. La pirolisi...
              In effetti pensando a come funziona e rispolverando le conoscenze scolastiche che avevo su di essa mi è stato semplice constatare alcune realtà che si verificano con un impianto di trattamento di questo tipo.

              Essendo la pirolisi un processo di termodissociazione molecolare, viene facile capire come possa agire da tecnica di smaltimento. Sapendo inoltre che avviene in una specie di reattore chiuso, in forte carenza di ossigeno ed a temperature intorno ai 600-700°C, risulta abbastanza immediato capire che l’emissione di inquinanti dallo scarico sia sicuramente più basso delle altre tecniche di abbattimento rifiuti in uso con il calore.
              Sappiamo, ad esempio, che grossi molecoloni ossigenati, inquinanti, tossici e pericolosi per l’apparato riproduttivo umano come le diossine o i furani, nascono in ambienti di combustione ossigenati (tipicamente incendi o accensioni incontrollate) e di come persistono anche ad alte temperature. Dall’altra parte in condizioni di scarsa o nulla concentrazione di ossigeno e di temperature più moderate, queste molecole non si formano. Da notare fra l’altro che altri inquinanti tipici, magari meno fetenti, ma che hanno poi un grosso impatto nel tempo come gli NOx o i composti solforati o gli HC cioè gli idrocarburi o le nanopolveri… in realtà nell’impianto pirolitico non si formano…
              Gli NOx essendo ossigenati non sono favoriti, l’azoto non trovando ossigeno, si impossessa dell’idrogeno “spegnendo” un po’ del potere calorifico della miscela gassosa ed ammansendosi in ammoniaca che verrà lavata, così come le molecole ridotte di zolfo che però dovranno essere anche trattenute da filtri al carbonio. Gli idrocarburi verranno abbattuti il più possibile durante la termodissociazione e le nano polveri, mancando le ceneri, sono molto poco probabili.
              Ecco che quindi il processo di pirolisi incamera il primo favore della commissione proprio per questa sua caratteristica di generare molti meno inquinanti. Si parla anche di tecniche di abbattimento molto moderne per gli altri impianti a combustione che riducono le emissioni di molti ordini di grandezza, ma conoscendo questi abbattitori (scrubber e simili) si sa anche che costano delle cifre importanti (vanno autorizzati, progettati e dimensionati) e che bisogna mantenerli nonchè ripararli ogni tanto… in fondo appare più logico non metterli o metterne di più semplici se esiste una tecnica che ti permette di non installarli.
              La pirolisi acquista ulteriore credito quando si parla dell’emissione dei gas serra. Contrariamente a quello che succede nella combustione classica ove la maggior parte dei legami del combustibile viene aggressivamente attaccata dall’ossigeno in collaborazione con la notevole energia cinetica dovuta alla temperatura.., nella pirolisi, l’azione non è ossidativa, anzi… l’energia risultante è frutto delle rotture dei legami per formare piccole molecole con la favorevole caratteristica di essere combustibili con impatto inquinante molto minore. In pratica si opera uno smantellamento delle grosse catene delle molecole di cui è costituita la particella di rifiuto per azione cinetica e questa riduzione genera altre particelle più piccole gassose e con un potere calorifico non trascurabile. In seguito, ma durante il processo, si può effettuare una combustione di questa particelle prodotte nell’ambito di un bruciatore collegato ad una turbina ed ad uno scambiatore per generare elettricità e recuperare calore. Sembra necessario un innesco con gas più combustibili ma solo in fase di avvio.
              Tornando al gas serra risulta semplice focalizzare che se l’azione è molto meno ossidativa del processo vero e proprio della combustione, la presenza di molecole fortemente ossigenate è molto improbabile…segue che la formazione di CO2 è decisamente sfavorita.
              Dai dati che ho letto sembra che da un processo pirolitico viene prodotto solo il 30% della CO2 che sarebbe stata prodotta se la medesima quantità di combustibile fosse stata bruciata in ossigeno (aria) e questo perché mancando ossigeno la reazione è meno aggressiva ed infine rivolta meno alla specie più ossidata…
              Un commento però segue all’istante…: è evidente che ci sarà conseguentemente una produzione molto minore di energia…(se bruci meno Carbonio producendo meno CO2 avrai prodotto meno energia)

              Ed è qui che l’asino casca ma ha anche la possibilità di riprendersi e procedere…

              Se risulta evidente che l’energia prodotta è di meno dobbiamo spostare la discussione su questioni diverse, più legate alla sostenibilità dell’impianto e meno allo sfruttamento.
              Dagli anni 70 ad oggi siamo sempre stati abituati a ragionare in termini di produttività ed è solo da pochi anni che si è sviluppata una certa coscienza per la quale spingere al massimo una produzione può poi ritorcersi contro. Laddove ci sono problemi di inquinamento o di pericolosità conclamata perché bisogna bonificare, risarcire, sistemare, ecc in genere e sempre di più, diventa sconveniente spingere al massimo. Non solo per la perdita di soldi ma anche per la scadente strategia adottata. I produttori adesso e… giustamente, piuttosto che vedersi recapitare multe o ritorsioni sociali preferiscono investire un po’ di più inizialmente per rendere tutto “a norma” fin dall’inizio.

              La pirolisi sembra sia in quest’ottica: una produzione più blanda ma ottimizzata, meglio gestita e senza provocare danni potenzialmente importanti che dovrei riparare nel tempo. Si sta per fortuna perdendo l’arrivismo secondo cui vale il ragionamento “devono trovarmi, identificarmi e additarmi e tanto prima che si verifichi ciò… la sanzione capiterà a chi viene dopo di me e ci penserà lui”.

              A questo punto ho cercato di capire quanto è questa minore produzione energetica perché fosse realmente sfigata, sarà anche ecocompatibile ma se rende in modo svantaggioso, è meglio lasciar perdere fin dall’inizio e non se ne parla più… ebbene con un po’ di stupore e confrontando dati provenienti da La Repubblica sulle caratteristiche di un termovalorizzatore in progetto a Torino, con quelli di un impianto pirolitico standard da 3,5MWh (dati disponili in rete), tutta questa differenza non l’ho trovata… anzi… e vediamola meglio.

              Le cifre sono tratte dal quotidiano La Repubblica di venerdì 17 febbraio 2006 e riguardano un termovalorizzatore in progetto a Torino in confronto con un impianto pirolitico standard da 3,5 MWh:

              A- investimento di 311.000.000 € contro 12.000.000 € (26 a 1 circa)
              B- smaltimento di CDR di 421.000 t/a contro 37.500 t/a (11 a 1 circa)
              C- produzione di energia di 300.000 MW contro 26.250 MW (11 a 1 circa)
              D- impatto ambientale: si pensi a una torre di più di 120 metri d’altezza (quasi quanto la Mole
              Antonelliana!) contro un impianto che occupa un’area di 14 metri per 24 circa e con un’altezza della canna fumaria di appena 9 metri; e un normalissimo capannone da 1.200 m2 circa.

              La questione è che il termovalorizzatore è un bestione enorme… per fare in modo che renda a dovere, la sua dimensione deve essere notevole, basti appunto a pensare che per produrre l’energia dell’esempio sopra, il camino della centrale deve essere alto 120 metri con un’area esagerata intorno… mentre quello di un pirolitico, solo 9 metri di camino con capannone intorno di medie dimensioni 1500-2000 m2

              Produrre meno, in modo migliore, in modo più decentrato, in mano a molti per renderlo più flessibile e meno controllabile dal malaffare. Passibile di investimenti anche per circoscrizioni non enormi, piccoli comuni consorziati possono avere il loro abbattitore creandosi un’indipendenza più importante. Ci sarebbero anche minori spese di trasporto per conferire la materia prima…

              E sulla questione della CO2 c’è poi un altro ragionamento da fare legato alla provenienza del rifiuto. Innanzi tutto l’attuale grossa distinzione è biocombustile o combustibile fossile o la via di mezzo costituita dal CDR. Se il primo è tutto ciò che ha origine dall’organico vegetale ed il secondo dal fossile (carbone, petrolio e gas naturale), il CDR ha un % di entrambe. La composizione del CDR è molto eterogenea ma si tratta di tutto ciò che non è riciclabile. Tutto quello che dalla separazione non si riesce ad isolare e mandare al recupero dedicato. Nell’ambito il CDR ha una composizione che riporta plastica, carta, fibre lignee, tessuti naturale, fibre sintetiche, metalli, inerti, ecc.
              In questi materiali una percentuale di materiale NON fossile esiste e se fosse bruciato nel termovalorizzatore andrebbe a bilancio zero dato che re-immette la CO2 assorbita durante il ciclo vitale, mentre andrebbe a bilancio – tot % se si usasse la pirolisi perché abbiamo detto che non tutto (anzi solo il 30%) del carbonio disponile si termoriduce generando energia e CO2… il resto viene inertizzato.

              Ed è proprio quest’ultimo punto che mi ha ulteriormente colpito ed incuriosito…infatti quando il processo anaerobico consuma tutti i carboni disponibili (il processo aerobico li consumerebbe tutti disponibili e meno) e non vi è più produzione di gas combustibili da questi carboni, la massa calda esausta e contenente anche metalli ed inerti, viene repentinamente raffreddata vetrificando il tutto con un getto di acqua o in un tuffo in una vasca appunto di acqua. Si forma una specie di basalto con l’80% di C amorfo con inglobati metalli e altro materiale confinato in un solido non lisciviabile utilizzabile ad esempio come sottofondo stradale. Ed è stata emessa una quantità minore di CO2 .

              A questo punto lo spettro è chiarissimo… è meglio un pesantissimo impianto da molti milioni di euri che dovrebbe essere dotato di tutti i controlli finanziari e di sicurezza per evitare cha lavori al risparmio per il beneficiare di pochi e per evitare inquinamenti (i cui danni sarebbero poi visibili dopo anni dal malcompiuto dato che le diossine agiscono sugli apparati riproduttivi umani e non su istantanee allergie)… oppure una serie di impianti a combustione pirolitica organizzati in diversi punti dell’interland che producono elettricità in modo molto più pulito e facilmente gestibile e controllabile?
              Dai dati sopra scritti si può velocemente verificare che per l’investimento di 1 termovalorizzatore si possono costruire 11 impianti pirolitici per produrre la stessa quantità di energia e smaltire il medesimo quantitativo di CDR con però un investimento pari a meno della metà (2,35) e tutti gli altri vantaggi sui i vari impatti sopra descritti.

              Ci sarebbe ancora una questione secondo cui si discute circa la validità o meno di ottenere sgravi fiscali per mezzo dei certificati verdi. Questa questione permetterebbe di fluidificare anche dal punto di vista economico l’uso di questi impianti perché renderebbe il loro investimento ammortizzabile in minor tempo, riducendo i piani d’investimento.
              Tali certificati sono legati all’uso delle fonti alternative o assimilate ad esse ed li CDR è ritenuto un assimilabile. Nel caso specifico di questi impianti, però, queste agevolazioni vengono a mancare per un difetto burocratico poiché la pirolisi non utilizza il CDR come combustibile diretto ma bensì come materia prima per produrre gas di pirolisi a sua volta combustibile. Peccato che il gas di pirolisi non viene considerato “fonte alternativa” poiché il suo utilizzo avendo origine industriale (gas di sentesi per altri trattamenti) ed essendo sempre stato prodotto da combustibile di origine fossile, per erronea associazione si omologa la miscela gassosa da pirolisi su CDR ad una matrice fossile. In realtà occorrono due ragionamenti paralleli… il primo sta nell’illustrare la composizione del gas di pirolisi per confrontarlo ad esempio col biogas notoriamente considerato “fonte alternativa” e verificare la quasi similitudine. Si può verificare infatti, che la composizione dei due gas prodotti è costituita da molecole uguali (CO, H2, CH4, CO2, altro…), con diverse percentuali fra loro, ma con la sommatoria delle molecole combustibili pressoché uguale: 95% per il biogas ed il 95,7% per il gas di pirolisi. Se poi aggiungiamo, per concludere il ragionamento, che non tutto il CDR è di origine fossile poiché più del 50% è costituito da materiale organico vegetale come fibre lignee, fibre di cellulosa, fibre di tessuti naturali, cibi confezionati (si vedano le composizioni stimate…), penso che almeno un 50% di certificato verde, se non di più, questa tecnologia si meriterebbe.

              Dopo aver seguito tutti questi passaggi ed avendo finalmente una visione più generale mi è sembrato di documentarmi sulla terza generazione dei termovalorizzatori e credo che salvaguardando un po’ di timori tipici sollevati in questi decenni dai vari rimedi pensati e delle soluzioni praticate (inquinamento conseguente, emissioni di gas serra, gestibilità, locazione, funzionamento, ecc), questo tipo d’impianto (la pirolisi) possa fornire una buona soluzione al passo con le vere esigenze del momento.
              E’ anche vero che occorre a monte tutta la struttura che crea il CDR e che quella struttura potrebbe anche essere più rimaneggiabile dagli intrallazzi di pochi, ma in questo momento la produzione di CDR è già in esubero, ricordo in fatti che proprio in questo forum da qualche parte nelle discussioni qualcuno citava di aver visto (come è capitato anche a me) durante la trasmissione “Anno Zero”, un’area molto ampia nel Sud Italia dove venivano stoccati da anni, non ricordo più quanti chilometri quadrati di ecoballe appunto di CDR.

              Io la trovo una buona soluzione… parziale, magari, non risolutiva… ma che nel tempo potrà dare dei benefici importanti anche alle comunità.

              Mi piacerebbe sapere la vostra opinione e se siete a conoscenza di impianti del genere in via di installazione o operatività.

              Saluti

              L.

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              • #8
                la pirolisi è sicuramente interessante ma nel tuo ampio discorso non hai considerato che istallare una decina di impianti comporta anche una problematica di trasporto e traffico camion non indifferente.
                Con relativi consumi di carburante che non sono indifferenti. Pensa a quanto costa fare la racconta differenziata in termine di personale e di mezzi messi a disposizione. Forse è anche per questo che la bolletta dei rifiuti non diminuisce !!

                in questo discorso esce l'anima economica che è in me !!

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                • #9
                  L'anima economica dovrebbe considerare anche i costi ambientali e solo dopo aver considerato tutto l'insieme, e non solo i singoli dettagli, trarre le conclusioni se un sistema sia più o meno compatibile con l'ambiente rispetto ad un altro.

                  Comunque lunghi trattati su queste pagine lasciano il tempo che trovano, perché alle dichiarazioni sarebbe bello poter aggiungere un'esperienza personale di analisi in loco, sia dentro, che fuori i centri di trattamento dei rifiuti.

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                  • #10
                    non credo che gli altri Paesi che utilizzano da decenni i termovalorizzatori come gli Austriaci, i Tedeschi e Svedesi non abbiamo considerato anche i costi ambientali.
                    A Spittelau Vienna hanno tre linee di teleriscaldamento che alimenta la città con termovalorizzatore. E' costruito come un'opera d'arte e milioni di persone sono andate a vederlo. Ha un diplay gigante che segnala le emissioni dei camini e tutti possono leggerli.
                    Inoltre i costi ambientali perchè non riguardano anche il traffico urbano ? Lo smog cittadino è ben più pericoloso delle emissioni di un termovalorizzatore, ma sui valori di inquinamento nessun sindaco si strappa i capelli!!. Eppure ci sono dei sistemi ecologici per combatterlo come gli ECORIVESTIMENTI STRADALI.
                    Le nanoparticelle ? non valgono forse anche per le centrali a gas ?
                    Mi sembra che una volta trovato il capo espiatorio, i termovalorizzatori in questo caso, tutto il resto viene...trascurato..alla faccia della considerazione dei ...costi ambientali !!

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                    • #11
                      Non mi pare proprio che i termovalorizzatori stiano facendo da capro espiatorio, tant'è che sono molte le città che hanno adottato le famose domeniche ecologiche (e da molte parti le limitazioni non riguardano solo la domenica). Comunque io non sono contrario ai termovalorizzatori, purché costruiti con certi criteri e mantenuti alla massima efficienza con la manutenzione costante e i miglioramenti che man mano si rendono disponibili, purtroppo questi concetti non sono sempre recepiti al meglio ed ecco che vengono fuori esempi che rischiano di screditare tutto il sistema.

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                      • #12
                        Ciao,

                        per quel che riguarda i trasporti e l’inquinamento derivante dai consumi di carburante occorre però dire che se il punto di carico del CDR è più vicino agli impianti piccoli piuttosto che a quello grande, tutto il discorso cade… diciamo che la logistica dovrebbe essere considerata un fattore importante nell’ambito della scelta della zona di installazione dell’impianto, qualsiasi esso sia.
                        Inoltre non volevo essere contrario al termovalorizzatore, ma dato che il suo costo per l’efficienza, la manutenzione e l’abbattimento richiesto è alto, sarà anche giustificato perché distrugge e produce, ma rimane per forza di cose (economiche), in mano alla gestione di poche entità proprio perché la cifra è alta ed aldilà di ogni polemica al riguardo, sostenevo che esiste un’altra tecnica di smaltimento magari più “leggera” ma che per molteplici aspetti porta dei vantaggi importanti o almeno delle parità, concedendo anche a minori realtà economiche la possibilità di una gestione meno vincolata….
                        Infine… le nanoparticelle… credo che nei processi di combustione i gas producono la quantità minore di nanoparticelle. Bruciare gas produce meno polveri che bruciare solidi; quindi si, si formano polveri… ma meno e mi sembra anche di aver capito con meno mezzi… o meglio, magari con quasi gli stessi mezzi, ma con più controllo…
                        Negli interventi precedenti si parla di 400 impianti di pirolisi già attivi in Europa, forse qualcuno ha dei dati disponibili da pubblicare.
                        Infine mi piacerebbe molto avere la possibilità di avere esperienze in loco per poter verificare meglio l’ampia trattazione, se c’è la possibilità mi rendo disponibile.

                        Saluti

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                        • #13
                          consideriamo anche il vantaggio economico del teleriscaldamento sia dal punto di vista sicurezza ( non caldaia) sia dal punto di vista risparmio per gli utenti ( non caldaia, no manutenzione periodica e certificato fumi, iva la 10%, costo minore rispetto gas, gasolio e non soggetto a eventuali loro aumento prezzi).
                          Inoltre è possibile, con pompe di calore, telecondizionare le case d'estate, con notevoli risparmi energetici, visto che i picchi dei consumi corrispondono sempre ai periodi caldi dove vengono utilizzati i condizionatori d'aria.

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                          • #14
                            Non so se siete d'accordo ma se avete letto il libro Gomorra (se non l'avete fatto FATELO) sarete consci del fatto che la malavita organizzata gestisce un impero economico che ha come fetta principale del suo business nell'edilizia e nei rifiuti mentre droga e armi hanno un peso minore.
                            Il problema rifiuti non è economico (l'azienda che li produce paga perchè qualcun altro glieli tolga dai piedi)
                            il problema è che in Italia tra un po' non avremo più spazio nelle discariche.
                            Il problema di Napoli e della Campnia si presenterà anche nel resto del paese.
                            Appena potrò vi fornirò dei dati attendibili su produzione e smaltimento.

                            Tutto il sistema economico produttivo non si reggerà in piedi se non evolverà tutto i suoi cicli produttivi in maniera che:
                            1 - si alimentino con il 100% di fonti rinnovabili
                            2 - me materie prime vengano totalmente riciclate
                            3 - si riesca a fate tutto questo prima che le fonti fossili siano esaurite

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                            • #15
                              si ma con le sole fonti rinnovabili è impensabile ad oggi sostituire i combustibili fossili, a meno che vengano integrate con il nucleare.
                              Se i produttori non utilizzano materiali completamente riciclabili è impossibile recuperare il 100% una parte continuèra sempre ad alimentare la racconta indifferenziata. Credo che i termovalorizzatori possono servire in questa fase transitoria anche per il discorso teleriscaldamento e telecondizionamento, quindi non solo "bruciare" immondizia come ho ricorcato nel post precedente.
                              Certo la percentuale di raccolta differenziata ha ampi margini di miglioramento soprattutto in alcune zone del Sud, dove ricordo mancano anche siti di compostaggio.
                              La vedo un pò utopistico almeno nel breve periodo ma anche in questo secolo direi, pensare di ottenere energia solo dal rinnovabile, a meno che non funzioni il discorso della "fusione nucleare".

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                              • #16
                                la possibilità di migliorare la raccolta differenziata e ridurre i rifiuti ci sono tutte.
                                innanzitutto bisognerebbe iniziare a fare una seria racolta differenziata, iniziare a differenziare tutto quello che si può differenziare, non metà e pergiunta male, poi si potrebbero fare pressioni sulle aziende produttrici per ridurre il packaging non necessario e utilizzare per quello necessario prodotti facilmente riciclabili, il secondo passo quello di spingerli ad utilizzare materiali riciclati o al massimo riciclabili per i loro prodotti.
                                A questo punto si avrebbe una buona riduzione dei rifiuti, sarebbe ancora necessario bruciarli?
                                Cosa rimarrebbe da conferire in discarica o al termovalorizzatore una volta tolto tutto ciò che può essere riutilizzato?

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                                • #17
                                  infatti rimarrebbe poco, ma ci sono paesi come L'Austria che i termovalorizzatori li usano dal 1969 !!
                                  Forse noi riusciremo a costruirli in ogni parte d'Italia quando non serviranno più. Intanto qualcuno si gode le diossine non filtrate, prodotte da immondizie non trattate che vengono bruciate a cielo aperto o nelle discariche abusive. Mi chiedo perchè i Verdi, ambientalisti, Beppe Grillo e Pecoraro Scanio e i suoi Predecessori non si sono "incatenati" davanti a una discarica abusiva ( la Campania ne ha più di 3.000 ha detta di chi le ha censite). Forse perchè "protestare" contro la legalità e meno "pericoloso" dell'illegalità armata della Camorra ?

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                                  • #18
                                    Io spero vivamente che non li costruiamo più, guarda qua ma guadalo tutto e ascolta bene quello che è detto



                                    http://video.google.com/videoplay?docid=7395495186822276391



                                    passa parola se vuoi campare.

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                                    • #19
                                      le nanoparticelle come raccontato nel video non riguardano solo i termovalorizzatori..molti altri settori sono implicati..che facciamo..blocchiamo tutto !!

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                                      • #20
                                        Si blocchiamo tutto se serve a spingere per la salute e non per il profitto, alla fabbrica non interessa un fico secco dove vanno a finire le sostanze prodotte questo è il vero problema, mia nonna comprava il latte in vetro e lo restituiva non s'è mai privata di comprarlo, inquinamento zero si potrebbero fare milioni d'esempi di questo tipo ma è scomodo, perchè no da domani? quante confezioni di cartone tetrapak in meno in discariche?
                                        Cosa succederebbe?
                                        Inneschiamo il cambiamento noi con le nostre azioni, la ditta vedrebbe subito l'utile scendere costretta a cambiare o migliorare il suo prodotto se vuole utili e forse tirerà fuori un’idea geniale o un prodotto completamente biodegradabile o chissà che cosa, noi siamo la forza basta solo rendersene conto
                                        poi ci disperiamo se un nostro caro o noi ci ammaliamo dobbiamo cambiare atteggiamento o ci fottiamo da soli io compreso.



                                        chissà se questo giorno arriverà.

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                                        • #21
                                          io tuttora compro l'acqua in bottiglie di vetro, tanto i camion comunque devono fare il viaggio per tornare in fabbrica, se portano i vuoti inquinano poco di più, in compenso niente energia sprecata per fare le bottiglie di plastica, niente materia prima utilizzata una sola volta, una lavata e sono come nuove pronte ad essere riutilizzate, loro e le cassette in cui viaggiano...
                                          E' molto più comodo andare al supermercato e compare la cassettina? Mica tanto, a me la portano a casa e non devo fare proprio niente.


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                                          • #22
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                                            le nostre azzioni porteranno un futuro migliore o peggiore non dimenticare ciao

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                                            • #23
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                                              Energy Saving Trust ha indagato su un campione di 5mila consumatori dei principali paesi europei, al fine di evidenziare il peso delle abitudini nella vita di tutti i giorni che portano a sprechi di energia. I peggiori, appunto, sono i britannici con una media di 32 azioni settimanali di spreco, calcolate su una lista di 12 pessime abitudini: lasciare gli elettrodomestici di casa in stand by, tenere inserito il caricabatteria e lasciar bollire l’acqua oltre il necessario, non spegnere la luce quando si esce dalla stanza, prendere l’auto anche per piccoli spostamenti, usare la lavatrice a 60 o a 90 gradi, tenere il motore acceso negli ingorghi per oltre un minuto e sfruttarlo oltre i giri necessari, asciugare i panni con la lavatrice, tenere il riscaldamento acceso anche quando si esce o alzarlo invece di coprirsi. In questa singolare classifica gli inglesi primeggiano specialmente nell’abuso di acqua nei bollitori elettrici e nell’utilizzo di asciugabiancheria.

                                              L’italiano medio, secondo classificato per sprechi, compie 25 azioni di spreco in una settimana, mantenendo la testa della classifica dello spreco di benzina e gasolio durante gli ingorghi. Inoltre, l’80 per cento del campione italiano, primo anche in questo, lascia regolarmente una media di 6 apparecchi in stand by.

                                              E i virtuosi del consumo energetico? Secondo l’Energy Savings Trust, sono tedeschi, spagnoli e francesi. I cugini transalpini usano meno l’auto, quando possono facilmente utilizzare un altro mezzo di trasporto (due volte la settimana contro le tre di Italia e Gran Bretagna), ed evitano di girare per casa in mutande e t-shirt in pieno inverno, grazie al riscaldamento regolato al massimo. Ma i più risparmiosi di tutti in assoluto sono i tedeschi, con sole 14 azioni di spreco alla settimana e un’unica cattiva abitudine: il lavaggio in lavatrice ad alte temperature.

                                              E' veramente crediamo di risolvere la nostra dipendenza dai combustibili fossili, solo con le energie rinnovabili..senza il nucleare ?

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                                              • #24
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                                                L'essere umano inquina... certo, potrebbe farlo meno e la sensibilizzazione al riguardo è fondamentale, ed occorre ripeterlo tutte le volte che si può...In casa o nella piccola realtà dove ci si trova è importante il discorso della differenziazione dei rifiuti separando e conferendo ad una struttura adeguata.
                                                Ma nel circuito del rifiuto, questo è il primo passo ed in parte esiste già anche se ancora debole.
                                                Poi, capito che le quantità in ballo sono elevate, è necessario gestire il frutto della separazione dei rifiuti ed i rimanenti residui senza irrigidirsi sulla posizione che se fossimo più bravi non ne produrremmo perché NON è una posizione reale... Fossimo più bravi, forse, ne produrremmo meno e meglio ma questo avverrà nel tempo, al crescere della sensibilizzazione e dei risultati ottenuti dal recupero.
                                                Gestire quindi è la soluzione...differenziazione come primo passo... completa, totale ed organizzata...poi un sistema che elimini il più possibile ed il meglio possibile il residuo non differenziabile...Quale soluzione?? siamo qui a discutere apposta... gli inceneritori..? Si, ma abbiamo visto devono lavorare in modo efficiente se no sporcano e inquinano parecchio. Producono buoni rendimenti ma a costi elevati... ed allora quale? la pirolisi...si...scarti non pericolosi e inquinamenti molto bassi ma meno energia prodotta. Produzione più gestibile e snella e quindi forse un buon compromesso ...altro ancora...? boh parliamone... ma cerchiamo di essere costruttivi... la mia in alcuni interventi fa l'ho detta...
                                                Un ultima cosa...: trovo sia importante distinguere fra smaltimento rifiuti e sostituzione del fossile. Non credo che la prima potrà mai sostituirsi validamente e completamente alla seconda ma può contribuire ad un uso minore del fossile, ad essere meno vulnerabili ai potenziali black out ed avere energia più facilmente disponibile. Nonché ad una grossa diminuzione di rifiuti in giro, malaffare permettendo.
                                                Che poi il fossile potrà essere infine soppiantato da un’altra fonte potrà essere possibile e francamente lo spero, ma credo che la necessità di gestire i rifiuti, rimarrà…


                                                Saluti

                                                L.

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                                                • #25
                                                  infatti la questione su cui si dovrebbero concentrare i Verdi, LegaAmbiente e i movimenti ecologisti non è nella battaglia di opinione sui termovalorizzatori si o termovalorizzatori no. Ma sulla corretta gestione e realizzazione degli impianti. Perchè se gli impianti sono costruiti bene e funzionano bene ..inquinano pochissimo!!
                                                  Quindi predentere controlli sull'esecuzione lavoro, la costituzione di un "comitato di controllo e monitoraggio delle emissioni" costituito da rappresentanti dei cittadini, come avviene negli altri Paesi Europei.
                                                  E' auspicabile che si arrivi a produzione totalmente eco-compatibile che permettà il riciclo dei materiali utilizzati. Ma noi dobbiamo fare i conti con le tonnellate di rifiuti che si producono ogni giorno in Italia, non vivere solo di speranze, ma affrontare problemi concreti !!

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                                                  • #26
                                                    Ciao a tutti,

                                                    io penso che la “corretta gestione e realizzazione degli impianti” sia un must che ogni impianto deve garantire (anche con forme di controllo da parte dei cittadini, …mi sembra un’ottima idea) e perciò la questione è proprio termoval si o termoval no, e se è no, quali valide sostituzioni.
                                                    Direi che siamo d’accordo sul fatto della necessità del maggior recupero possibile a monte ed abbiamo ragionato assieme sul fatto che questa raccolta è il primo step della corretta gestione dei rifiuti, comune a tutti gli impianti di trattamento poi a valle.
                                                    La vera discussione a mio avviso, verte quasi necessariamente sulla focalizzazione del miglior impianto di trattamento e sulla sua tecnologia considerando più parametri di valutazione. Tali parametri devono essere tecnici, economici, ambientali, sociali e politici.
                                                    Potrei azzardare che molte tecnologie potrebbero essere compatibili con i progetti energetici e politici ed altre potrebbero concordare con strategie ambientali e sociali, ma che possano coniugare tutti i parametri saranno, io credo, gli impianti alimentati a CDR, snelli, con emissioni già basso-inquinanti di suo (e non rese basso inquinanti), senza scarti da discarica (cioè: recupero 100%), monitorabili anche da comitati cittadini e la cui tecnologia permette una convivenza di mercato (anche scomoda) con quello politico-energetico già esistente.
                                                    Invito pertanto i partecipanti a questa discussione, ancora più informati di me, ad aiutarmi a capire quale potrebbe essere la tecnologia più adatta (e quindi l’impianto) che soddisfa i parametri che ho citato e se la mia visione generale di quello che potrebbe essere un ideale impianto di smaltimento rifiuti è corretta o no.
                                                    E’ possibile fare un’analisi pratica delle tecnologie conosciute in base ai parametri indicati e trovare un ottimo compromesso? Un’ idea seria me la sono fatta ma… se proprio non si riesce a trovare l’impianto ideale, a quale o a quali altri, dare la priorità..? e soprattutto… perché?

                                                    Saluti

                                                    L.

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                                                    • #27
                                                      CITAZIONE (metodico @ 7/8/2007, 10:48)
                                                      non credo che gli altri Paesi che utilizzano da decenni i termovalorizzatori come gli Austriaci, i Tedeschi e Svedesi non abbiamo considerato anche i costi ambientali.
                                                      A Spittelau Vienna hanno tre linee di teleriscaldamento che alimenta la città con termovalorizzatore. E' costruito come un'opera d'arte e milioni di persone sono andate a vederlo. Ha un diplay gigante che segnala le emissioni dei camini e tutti possono leggerli.
                                                      Inoltre i costi ambientali perchè non riguardano anche il traffico urbano ? Lo smog cittadino è ben più pericoloso delle emissioni di un termovalorizzatore, ma sui valori di inquinamento nessun sindaco si strappa i capelli!!. Eppure ci sono dei sistemi ecologici per combatterlo come gli ECORIVESTIMENTI STRADALI.
                                                      Le nanoparticelle ? non valgono forse anche per le centrali a gas ?
                                                      Mi sembra che una volta trovato il capo espiatorio, i termovalorizzatori in questo caso, tutto il resto viene...trascurato..alla faccia della considerazione dei ...costi ambientali !!

                                                      sta di fatto che se le auto emettono del pm10 , un "inceneritore" (chiamiamolo col suo vero nome) produce pm 2.5 , nanoparticelle, diossine e furani.
                                                      volevo ricordare il principio di conservazione dell masse di Lavoisier:"nulla si crea nulla si distrugge , tutto si trasforma", dunque per 3 tom. di rifiuti immessi in un forno abbiamo 1 ton. di cenere e altre 2 ton. di polvere tossica in aria.
                                                      aria che respiriamo , sicuramente non salubre anzi recenti studi epidemiologici dei dottori Casula,Ricci;Zambon hanno dimostrato come sia più alta la percentuale di persone con "sarcoma" rispetto ad altre che non sono esposte a tali polveri nell'aria.
                                                      le ceneri devono essere stoccate in speciali discariche oppure riutilizzate nell'edilizia ma, chi di voi abiterebbe in una casa fatta di mattoni tossici?.
                                                      riguardo le polveri nell'aria certo voi mi direte che esistono i filtri che probabilmente una volta saturi dove finiranno bruciati nell'inceneritore di nuovo o stoccati in nuove discariche da aprire per contenerli?
                                                      dimenticavo i costi, ebbene sì è appurato che l'incenerimento è il metodo piu costoso per smaltire i rifiuti, per non parlare del fatto che ce lo stiamo accollando noi sul groppone grazie al cip6 col 7% sulla bolletta dell'enel, dunque questa fonte "rinnovabile" ci costa oro visto che dobbiamo pagarla 3 volte(uno coi cip6 uno con la tassa comunale e l'altra in bolletta) il tutto in barba al protocollo di kyoto che ci chiede di ridurre i gas serra.
                                                      è appurato anche che non riesce a produrre più energia elettrica di quella che consuma dunque tanto "fonte" rinnovabile non è.

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                                                      • #28
                                                        ciao nacnac,

                                                        ok, hai esposto le tue ragioni contro gli inceneritori (ragioni che condivido, che molti altri condividono anche se non tutti e che sono già state ampiamente illustrate)...
                                                        Ma avresti delle proposte di soluzione? o anche solo di miglioramento?

                                                        saluti

                                                        L.

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                                                        • #29
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                                                          stranamente (ma non molto) tute le ricerche hanno condotto alla medesima strada: Raccolta differenziata porta a porta e strategia zero waste.

                                                          molti comuni lo fanno con punte di riciclaggio di oltre il 70%, il consorzio priula che opera nel trevigiano fa pagare al cittadino solo la frazione del secco e questo metodo oltre a far risparmiare quattrini sulla tassa rifiuti, stimola la gente a produrne sempre meno ponendo attenzione alle spese che fanno (funziona veramente domandate ad un trevigiano).

                                                          con la frazione dell'umido si crea il compost che è un buon concime che venduto porta ad un guadagno.

                                                          gli imballaggi vengono a sua volta riciclati e riutilizzati vendendo il ferro la plastica ed il vetro dunque un ulteriore guadagno.

                                                          la restante frazione del secco non riciclabile viene passata per il TMB (trattamento meccanico biologico) dove si riesce a riciclare un ulteriore 70% dei materiali.
                                                          possiamo dunque arrivare a riciclare fino a l 90% aumentando la durata delle discariche di quasi 10 volte tanto , se ipotizziamo che la vita di una discarica dalla sua apertura lla sua chiusura è di 10 anni , potremmo arrivare a discariche che durano per 100 anni (senza contare i fattore biodegradabilità) dove vengono conferiti solamente materiali "inerti" perciò niente gas niente puzza niente inquinamento falde etc.etc.

                                                          qui entra la strategia zero waste: si prendono tutti i rifiuti non riciclabili e si portano dal costruttore che li fabbrica e lo si obbliga a riprogettare la cosa in modo che sia riciclabile, pena una ammenda pesantissima.

                                                          il capannone del TMB potrebbe essere ricoperto di pannelli fotovoltaici in modo da arginare perlomeno il fabbisogno di kilowattaggio che necessita l'impianto stesso.
                                                          la mia è una supersintesi strissata al massimo

                                                          http://www.tno.it/tecno_it/indici_it/event...ul%20Connet.pdf

                                                          questa è la relazione che di solito il prof Paul Connett si porta apresso nei suoi tour.

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                                                          • #30
                                                            Come al solito siamo un po' drastici nell'affrontare questi argomenti, mentre forse un poco di elasticità ci potrebbe permettere una programmazione efficace, con risultati duraturi.

                                                            Bene il riciclo, bene il compostaggio, bene il termovalorizzatore (qualunque termine gli si voglia dare, ma sempre al minimo di emissioni e al massimo della resa), la discarica solo per casi estremi e associata alla "sensibilizzazione" delle ditte produttrici per la progressiva eliminazione dal ciclo produttivo dei materiali non riciclabili.

                                                            Tutto questo è possibile già da ora, perché le tecnologie esistono e sono disponibili alle imprese e ai cittadini, quindi occorre lavorare molto sull'informazione e a livello politico, inserendo qualche forma di incentivo+disincentivo che consenta di passare rapidamente all'adozione di queste misure.

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