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  • Epi-demonium

    Epi-Demonium
    di Vincenzo Viola

    In principio fu l’asiatica, un’influenza che, sentivo dire, ricordava la spagnola. Ricordo poco di questo primo virus della mia vita: mi torna alla mente l’attenzione preoccupata della mamma quando noi tre fratelli “grandi” ci avvicinavamo troppo al fratellino appena nato e una certa curiosità da parte mia per la stranezza di questo accostamento geografico tra Spagna ed Estremo Oriente: la Cina, allora, non era così a portata di mano: per noi era abitata da strane persone col codino (di capelli, s’intende) e uno strano cappellino. Così almeno ci mostravano le figurine e ci confermava “il missionario”, un frate che una volta all’anno veniva a chiedere soldi ripetendo sempre la stessa predica sulla Cina.
    E così l’asiatica passò.

    Il secondo pandemonium l’ha fatto il colera a Napoli e a Bari e questa volta il botto è stato davvero notevole.
    Era la fine di agosto del 1973, mi trovavo in vacanza in Puglia, al mare nelle vicinanze di Bari. Il mattino del 29 o del 30 agosto vado a comperare il giornale e vedo a carattere cubitali: COLERA A BARI. Perfetto: il giorno prima avevo mangiato frutti di mare, un po’ anche crudi. Non c’è tempo da perdere: bagagli e fratelli in macchina e via di corsa. Attraversiamo Taranto senza fermarci, si punta al Tirreno per concludere le vacanze. Maratea o Palinuro? C’è differenza? Li divide solo un braccio di mare… E sì, bravo, Maratea è in Basilicata, Palinuro è in provincia di Salerno, in Campania: si può stare tranquilli a Maratea, mentre a Palinuro sei in zona contagiosa… Va bene, ho capito, il VIBRIONE (che questo è il nome del nemico di allora), ha studiato la geografia. Tutti a casa, è meglio.

    Ma a Napoli la situazione esplode: si diffondono voci incontrollate, si parla di centinaia di morti, di una situazione fuori controllo nascosta da esponenti politici locali. Una gran quantità di cozze e di vongole (nome collettivo: mitili) nascoste in cantina vengono distrutte dai carabinieri e dalla polizia (nome collettivo: militi), mentre altre vengono sottratte e mangiate crude in pubblico dai pescatori per dimostrare l’innocenza del loro pescato. Per essere preciso e sintetico nel darne la notizia uno speaker della TV racconta l’episodio proclamando che i MITILI… no, scusate (con un sorriso di imbarazzo) i MILITI… sbianca, si interrompe, guarda il foglio del comunicato da leggere, scusate di nuovo, mi correggo, i MITILI…
    Ormai si gioca a guardie e ladri e il vibrione, supposto nei mitili, viene disperatamente cercato dai militi nei vicoli di Napoli…

    La gente assedia il Comune, i tafferugli in cerca del vaccino o almeno dei limoni (pagati a peso d’oro) sono sempre più gravi, nonostante la collaborazione della VII Flotta americana che fornisce ai medici siringhe a pistola allora ignote in Italia. Tutta la popolazione si fa vaccinare, il 20% dei napoletani si fa vaccinare due volte nel corso della stessa settimana. Non si sa mai!

    Per riprendere il controllo della situazione e ridare fiducia alla città ci sono solo due risorse: il Presidente della Repubblica Giovanni Leone, napoletano di nascita, e naturalmente San Gennaro, napoletano d’adozione.
    Leone era stato sollecitato dai suoi collaboratori a visitare gli ammalati di colera ricoverati al Cardarelli di Napoli. Il Presidente non era per nulla entusiasta di questa visita (possiamo supporre che avesse paura?) e aveva cercato in ogni modo di non compierla, ma le pressioni per un atto che desse fiducia ai napoletani erano state più forti della sua riluttanza.

    La visita viene fissata per il 7 settembre e tutto è organizzato in modo da darle pubblicità e mostrare a tutto il Paese che il Presidente non teme l’infezione, che almeno mezz’ora la dedica agli ammalati. Basta un po’ di contegno, magari dire due parole di incoraggiamento accompagnate da un mezzo sorriso e soprattutto dimostrare di non farsi prendere dal panico… Cose semplici, ad usum populi: ma all’ingresso dell’ospedale, in mezzo a un nugolo di giornalisti, fotografi e autorità varie, l’On. Giovanni Leone, Presidente della Repubblica Italiana (detto anche Topo Gigio), non riesce a trattenersi e FA PLATEALMENTE IL SEGNO DELLE CORNA, che finiscono sui giornali di mezzo mondo.

    L’operazione-fiducia affidata al Presidente della Repubblica è fallita miseramente.
    Non fallisce, naturalmente, San Gennaro: il 19 settembre 1973, giorno della sua festa, non avviene il “miracolo” della liquefazione del sangue (tanto per far capire ai napoletani che S. Gennaro è arrabbiato) ma si registra l’ultimo caso noto di colera in città.
    Grazia ricevuta, il colera è vinto, Napoli è salva. Tutto torna alla normalità.
    Viva, viva San Gennaro!

    E venne il tempo della mucca pazza.
    Malattia da Paesi ricchi, mangiatori di carne, si è sviluppata dalla metà degli anni Ottanta specialmente in Gran Bretagna.
    Stavolta la colpa è stata tutta del PRIONE, che dal nome sembra proprio un fratone di quelli ben nutriti (ma quello è il priore) e invece è una proteina patogena così piccola, ma così piccola…
    Per qualche settimana niente bistecche fiorentine, niente ossi buchi milanesi, niente cervello, niente parti molli della mucca, niente carne nei piatti. Sembrava che fossimo diventati tutti vegetariani, poi poco alla volta tutti se ne sono dimenticati e la carne è tornata a trionfare in tavola.

    E alla fine il coronavirus è giunto tra noi!
    Non parlo (ancora) del COVID-19, che ci sta allietando le giornate in questo inizio di primavera, ma di suo cugino, il virus che nel 2003 o poco prima è comparso in Cina, (pare che la fonte dell’infezione fosse rappresentata da zibetti infettati dal contatto con un pipistrello portatore del virus), poi si è diffuso nel mondo, ha preso il nome di SARS, ha fatto un po’ di morti e poi è scomparso. Ma ai virus, si direbbe, piace molto giocare a nascondino con i pipistrelli e il nostro virus, ora sì il COVID-19, è rimasto lì ad aspettare per una quindicina d’anni, mutando e rimutando, nascosto e divertito a preparare il PANDEMONIUM. Ha atteso che arrivasse Trump a scombinare l’economia mondiale, che la Cina perdesse i colpi, che ci fosse la Brexit a paralizzare un’Europa già in profonda crisi, che gli imbecilli un po’ ovunque prendessero il potere ed eccolo qui, il nostro virus: mai sta inscì bell!!!

    Panico. Spavento. Paranoia.
    Chiusure. Distanze. Isolamento.
    Conteggi. Rancori. Panico.

    È una gabbia con una ruota su cui corrono uomini-criceti, muovendosi tanto, parlando ancor di più, solitamente senza arrivare al dunque. È una banale influenza appena un po’ rafforzata (muoiono solo i vecchietti …) o è la vigilia della fine del mondo, un’epidemia senza fine? Hanno ragione i mezzopienisti o i mezzovuotisti (definizioni del prof. Galli)? L’idiozia, (spesso a contenuto razzista come l’affermazione che “i cinesi mangiano topi vivi”) si diffonde più rapidamente del virus ed è una gara a chi la spara più grossa: si trovano capolavori di stupidità nelle dichiarazioni di (presunti) politici, nei titoli urlati da certi giornali, nelle recriminazioni e nelle banalità espresse in note trasmissioni radiotelevisive.

    Ma arriviamo all’assurdo: una senatrice diffonde un audio ingannevole e fortemente allarmistico sull’aumentata aggressività del virus e lo mette in rete fingendo che sia il comunicato di una ministra del governo in carica. Beccata, si difende e contrattacca affermando che ha voluto solo fare uno scherzo… Ma che senatrice spiritosa in questo mondo grigio e monotono! Per fortuna che c’è lei, una vera boccata d’aria, col sospetto che sia infetta…

    • fedonis
      #1
      fedonis ha scritto
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      Quella delle corna di Leone non la ricordavo proprio...Mi hai regalato un paio di minuti di risate irrefrenabili ad immaginarmi la scena. Grazie.
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