Cari amici,
l'introduzione di alcune tecniche di recupero, trasformazione e riutilizzo di energia meccanica dispersa nell'ambiente puo' completare e dare persino maggiore consistenza all'adagio 'la migliore fonte di energia e' il risparmio', che giustamente sottotitola questa intera sezione del forum.
Mi riferisco a quello che con termine anglosassone viene chiamato 'energy scavenging' (o 'energy harvesting'), in cui il secondo il verbo 'to scavenge' evoca vividamente l'idea di andare a setacciare energia tra i rifiuti. Si tratta del tentativo di riciclare energia dalle forme in cui normalmente essa pare destinata ad essere persa ai fini di un utilizzo attivo.
Questo filone di ricerca esiste da diversi anni, ma sta rapidamente conseguendo un notevole interesse per la recente applicazione allo scopo di dispositivi di dimensioni milli- e micrometriche (che possiamo definire nel complesso mesoscopici). Tecnicamente questi sistemi, prodotti adattando le tecniche di fabricazione microelettroniche alla produzione di strutture meccaniche tridimensionali, sono detti microelettromeccanici, e battezzati come 'power MEMS' quando esplicitamente destinati a raccogliere energia.
In questa prospettiva possiamo catalogare anche le celle solari (anch'esse correlate alla (opto)elettronica) tra i mezzi di captazione di energia dispersa nell'ambiente, e da qui renderci conto che, in effetti, l'ambiente in cui siamo immersi quotidianamente offre anche altre forme di energia latenti e potenzialmente imbrigliabili a fini praticamente utili. Esempi tipici sono i gradienti termici e di pressione, e le vibrazioni meccaniche.
Queste ultime in particolare sono oggetto di intensa attenzione, sia in ambito commerciale che militare (e' il caso di dire, ovviamente, anzi ancora una volta la ricerca e' sostanzialmente partita da quest'area). Da rilevamenti ambientali e' non difficile derivare la distribuzione spettrale delle sorgenti di vibrazione meccanica tipiche di un determinato luogo o habitat (vale a dire, calcolare intorno a quali frequenze si concentra la maggior parte della potenza meccanica ivi presente), o piu' semplicemente determinare la frequenza (media, in generale) tipica di una stimolazione o disturbo meccanico sperimentato con ricorrenza (per esempio, la cadenza del passo di una persona, la frequenza di vibrazione della lavatrice durante lavaggio e/o centrifuga, la frequenza angolare delle ruote di macchine o biciclette, la frequenza dei principali modi di risonanza di un ponte, di un palazzo o di altre strutture; c'e' spazio per la creativita'!). Cio' noto, si procede ideando un dispositivo in grado di entrare in risonanza con la frequenza desiderata (quindi di oscillare con la massima ampiezza possibile quando sollecitato a tale frequenza); il caso piu' comune, ma non unico, richiede l'utilizzo di masse sospese. Traducendo le oscillazioni in corrente elettrica (per esempio attraverso un trasduttore capacitivo o piezoelettrico) si puo' in teoria avere a disposizione delle quantita' di energia elettrica che, sebbene non elevate nel caso di un singolo dispositivo, possono essere utili per applicazioni semplici (tipo alimentare dispositivi portatili come orologi e telefoni, o reti di sensori distribuiti sulle strutture che si vogliono monitorare), nonche' amplificate disponendo di vasti insiemi di simili dispositivi (cioe' usandoli in parallelo o serie). Macroscopicamente si avrebbe l'impressione di estrarre letteralmente dal nulla (o meglio dai rifiuti) questa energia. E si potrebbero sopportare meglio molte noie 'acustiche' della routine quotidiana (come lo sbattere delle porte, il ticchettio dei tasti del computer, il viavai di passi sui marciapiedi...)! Per esempio, vi invito a leggere a proposito di un progetto in corso d'opera alla Victoria Station di Londra.
Saluti,
Massimo
l'introduzione di alcune tecniche di recupero, trasformazione e riutilizzo di energia meccanica dispersa nell'ambiente puo' completare e dare persino maggiore consistenza all'adagio 'la migliore fonte di energia e' il risparmio', che giustamente sottotitola questa intera sezione del forum.
Mi riferisco a quello che con termine anglosassone viene chiamato 'energy scavenging' (o 'energy harvesting'), in cui il secondo il verbo 'to scavenge' evoca vividamente l'idea di andare a setacciare energia tra i rifiuti. Si tratta del tentativo di riciclare energia dalle forme in cui normalmente essa pare destinata ad essere persa ai fini di un utilizzo attivo.
Questo filone di ricerca esiste da diversi anni, ma sta rapidamente conseguendo un notevole interesse per la recente applicazione allo scopo di dispositivi di dimensioni milli- e micrometriche (che possiamo definire nel complesso mesoscopici). Tecnicamente questi sistemi, prodotti adattando le tecniche di fabricazione microelettroniche alla produzione di strutture meccaniche tridimensionali, sono detti microelettromeccanici, e battezzati come 'power MEMS' quando esplicitamente destinati a raccogliere energia.
In questa prospettiva possiamo catalogare anche le celle solari (anch'esse correlate alla (opto)elettronica) tra i mezzi di captazione di energia dispersa nell'ambiente, e da qui renderci conto che, in effetti, l'ambiente in cui siamo immersi quotidianamente offre anche altre forme di energia latenti e potenzialmente imbrigliabili a fini praticamente utili. Esempi tipici sono i gradienti termici e di pressione, e le vibrazioni meccaniche.
Queste ultime in particolare sono oggetto di intensa attenzione, sia in ambito commerciale che militare (e' il caso di dire, ovviamente, anzi ancora una volta la ricerca e' sostanzialmente partita da quest'area). Da rilevamenti ambientali e' non difficile derivare la distribuzione spettrale delle sorgenti di vibrazione meccanica tipiche di un determinato luogo o habitat (vale a dire, calcolare intorno a quali frequenze si concentra la maggior parte della potenza meccanica ivi presente), o piu' semplicemente determinare la frequenza (media, in generale) tipica di una stimolazione o disturbo meccanico sperimentato con ricorrenza (per esempio, la cadenza del passo di una persona, la frequenza di vibrazione della lavatrice durante lavaggio e/o centrifuga, la frequenza angolare delle ruote di macchine o biciclette, la frequenza dei principali modi di risonanza di un ponte, di un palazzo o di altre strutture; c'e' spazio per la creativita'!). Cio' noto, si procede ideando un dispositivo in grado di entrare in risonanza con la frequenza desiderata (quindi di oscillare con la massima ampiezza possibile quando sollecitato a tale frequenza); il caso piu' comune, ma non unico, richiede l'utilizzo di masse sospese. Traducendo le oscillazioni in corrente elettrica (per esempio attraverso un trasduttore capacitivo o piezoelettrico) si puo' in teoria avere a disposizione delle quantita' di energia elettrica che, sebbene non elevate nel caso di un singolo dispositivo, possono essere utili per applicazioni semplici (tipo alimentare dispositivi portatili come orologi e telefoni, o reti di sensori distribuiti sulle strutture che si vogliono monitorare), nonche' amplificate disponendo di vasti insiemi di simili dispositivi (cioe' usandoli in parallelo o serie). Macroscopicamente si avrebbe l'impressione di estrarre letteralmente dal nulla (o meglio dai rifiuti) questa energia. E si potrebbero sopportare meglio molte noie 'acustiche' della routine quotidiana (come lo sbattere delle porte, il ticchettio dei tasti del computer, il viavai di passi sui marciapiedi...)! Per esempio, vi invito a leggere a proposito di un progetto in corso d'opera alla Victoria Station di Londra.
Saluti,
Massimo
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