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GDPE-Sfruttamento energetico-Neutroni

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  • #91
    Scusate se insisto, ma...

    L'idea di un attivatore fuso, vedi indio, (ma a 'sto punto anche boro) potrebbe non essere da scartare se si sfruttasse il fatto che essi vaporizzano. Raccogliendo opportunamente i vapori di scarico della cella, potrebbe essere relativamente semplice raccogliere uno strato di metallo ricondensato su di un sottile substrato, da sottoorre poi al geiger.
    L'unico dubbio è sulla sezione d'urto. Vale solo per l'elemento puro metallico o resta anche quando è combinato con altri elementi e/o o si presenta in altra forma tipo liquida o gassosa (in quest'ultimo caso densità a parte, ovviamente)?

    Altra idea, usando D2O, potrebbe essere quella di elettrolizzarla successivamente al plasma e sottoporre al geiger il deuterio/idrogeno/trizio raccolto sul catodo. Qui però c'è il problema costo.

    Anche l'elemento disciolto in elettrolita non è un grosso problema Quantum, basta far evaporare l'acqua e raccogliere il sale in polvere. Forse poi può addirittura convenire vaporizzarlo...

    Voglio fare delle prove con acido borico e KOH (dovrebbe formarsi un sale K3BO3, potassio borato) a flusso di elettrolita in circolazione forzata, forse qualche beta si può raccogliere col geiger posto all'asciutto ma in prossimità del plasma.
    "Una nuova verità scientifica non trionfa perché i suoi oppositori si convincono e vedono la luce, quanto piuttosto perché alla fine muoiono, e nasce una nuova generazione a cui i nuovi concetti diventano familiari." Max Planck

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    • #92
      CITAZIONE (ElettroRik @ 1/10/2006, 22:13)
      Scusate se insisto, ma...

      L'idea di un attivatore fuso, vedi indio, (ma a 'sto punto anche boro) potrebbe non essere da scartare se si sfruttasse il fatto che essi vaporizzano. Raccogliendo opportunamente i vapori di scarico della cella, potrebbe essere relativamente semplice raccogliere uno strato di metallo ricondensato su di un sottile substrato, da sottoorre poi al geiger.

      Forse lo puoi fare solo con l'indio. Il boro, per quando lo raccogli, ha già emesso la sua particella alfa e non vedresti nulla, il tempo di condensa sarebbe troppo lungo. Ad ogni modo riguardo l'indio, occorre un tempo di attivazione di circa un'ora, quindi se vuoi essere sicuro che esso si attivi anche in fase vapore, devi comunque garantirne un'elevata vicinanza al plasma.

      CITAZIONE
      L'unico dubbio è sulla sezione d'urto. Vale solo per l'elemento puro metallico o resta anche quando è combinato con altri elementi e/o o si presenta in altra forma tipo liquida o gassosa (in quest'ultimo caso densità a parte, ovviamente)?

      La sezione d'urto è la stessa, la variazione di densità varia però l'efficienza di attivazione, ma là diventa appunto un discorso di densità.

      CITAZIONE
      Altra idea, usando D2O, potrebbe essere quella di elettrolizzarla successivamente al plasma e sottoporre al geiger il deuterio/idrogeno/trizio raccolto sul catodo. Qui però c'è il problema costo.

      Effettivamente, non avendo la possibilità tecnica di poter analizzare la reale composizione basadoti sulla radoattività dei gas raccolti. La cosa è solo costosa. Il segnale sarebbe troppo debole per i nostri geiger. Occorrerebbero strumenti da hoc, perfettamente schermati, magari a scintillazione. Molto complicato.

      CITAZIONE
      Anche l'elemento disciolto in elettrolita non è un grosso problema Quantum, basta far evaporare l'acqua e raccogliere il sale in polvere. Forse poi può addirittura convenire vaporizzarlo...

      Il problema è che i neutroni termici sono rallentati dall'acqua, quindi anche usando indio o altro disciolto in acqua, comunque ne abbasseresti la sensibilità. Se i neutroni sono pochi e deboli questo metodo non ne esalta la rilevabilità... purtroppo sono un bel problema...

      CITAZIONE
      Voglio fare delle prove con acido borico e KOH (dovrebbe formarsi un sale K3BO3, potassio borato) a flusso di elettrolita in circolazione forzata, forse qualche beta si può raccogliere col geiger posto all'asciutto ma in prossimità del plasma.

      Qualcosa lo potresti misurare... ma sei sicuro che è un beta e non un disturbo?
      Perchè usare acido borico?

      -
      ?"Se pensi che una cosa sia impossibile, la renderai impossibile" (Bruce Lee)

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      • #93
        CITAZIONE (Quantum Leap @ 1/10/2006, 22:35)
        CITAZIONE
        Voglio fare delle prove con acido borico e KOH (dovrebbe formarsi un sale K3BO3, potassio borato) a flusso di elettrolita in circolazione forzata, forse qualche beta si può raccogliere col geiger posto all'asciutto ma in prossimità del plasma.

        Qualcosa lo potresti misurare... ma sei sicuro che è un beta e non un disturbo?

        No ma se rifaccio il test con K2CO3 e il geiger mi cambia la misura, contando un valore più basso... significa che il boro in qualche modo veniva attivato dai neutroni...emettendo beta a sua volta ...
        "Una nuova verità scientifica non trionfa perché i suoi oppositori si convincono e vedono la luce, quanto piuttosto perché alla fine muoiono, e nasce una nuova generazione a cui i nuovi concetti diventano familiari." Max Planck

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        • #94
          Ok, chiaro adesso... unico problema: il boro attivato emette una particella alfa che viene fermata da pochi cm d'aria, da un sottile foglio di carta o da pochi mm d'acqua.
          Anche con un geiger immerso in soluzione avresti una resa praticamente nulla perchè non riusciresti a misurare le particelle alfa che non riuscirebbero ad uscire, fermate dall'acqua.

          A limite uno strato di boro (o di composto borato) andrebbe inserito in un contenitore davanti alla testa del geiger e poi avvicinato il piu' possibile al plasma. In questo caso , qualora dovesse transitare un neutrone, attiverebbe il boro che emetterebbe la particella alfa trovandosi già in intimo contatto con la testa del geiger... però anche in questo caso, a causa dei disturbi elettromagnetici, non saresti mai sicuro del fatto che il segnale rilevato è una emissione alfa o uno spike da disturbo. Dovresti comunque, in una fase successiva, ricontrollare con un altro sistema più affidabile e che dia meno adito a dubbi... però come inizio potrebbe essere interessante realizzare un cappuccio borato per geiger.

          -
          ?"Se pensi che una cosa sia impossibile, la renderai impossibile" (Bruce Lee)

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          • #95


            Quindi alla fine, e' sempre piu' preferibile una prova indiretta come sta cercando di far capire Quantum Leap che da quello che so io, il boro lo ha usato per circa 1 anno e quindi conosce bene i problemi e le difficolta'.

            Un abbraccione

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            • #96
              CITAZIONE (Quantum Leap @ 2/10/2006, 07:25)
              Ok, chiaro adesso... unico problema: il boro attivato emette una particella alfa che viene fermata da pochi cm d'aria, da un sottile foglio di carta o da pochi mm d'acqua.
              Anche con un geiger immerso in soluzione avresti una resa praticamente nulla perchè non riusciresti a misurare le particelle alfa che non riuscirebbero ad uscire, fermate dall'acqua.

              A limite uno strato di boro (o di composto borato) andrebbe inserito in un contenitore davanti alla testa del geiger e poi avvicinato il piu' possibile al plasma. In questo caso , qualora dovesse transitare un neutrone, attiverebbe il boro che emetterebbe la particella alfa trovandosi già in intimo contatto con la testa del geiger... però anche in questo caso, a causa dei disturbi elettromagnetici, non saresti mai sicuro del fatto che il segnale rilevato è una emissione alfa o uno spike da disturbo. Dovresti comunque, in una fase successiva, ricontrollare con un altro sistema più affidabile e che dia meno adito a dubbi... però come inizio potrebbe essere interessante realizzare un cappuccio borato per geiger.

              -

              Beh, ecco che si fa ulteriormente interessante se uniamo la cosa all'idea del sensore differenziale.

              Si potrebbe pensare ad un rivelatore a semiconduttore con diodo Pin o giunzione PN, due semiconduttori identici, uno con lo schermo 'Borato' e l'altro no.
              A questo punto avremmo una testa sensibile ai neutroni relativamente muta rispetto ai disturbi, che potrebbe essere sufficientemente piccola da essere posizionata a qualche cm dal plasma.
              Ora, lavorando all'asciutto con flusso di elettrolita, si potrebbe mettere una gabbia di faraday a protezione delle EMI, in modo da portare la testa il più vicino possibile.
              Se il fondo che essa conteggia in assenza di plasma è simile a quanto conteggiato con plasma attivo ma senza lo schermo borato, significa che è immune ai disturbi.
              Aggiungendo lo schermo borato si dovrebbero poter contare i neutroni, se ci sono.


              CITAZIONE (Ennio Vocirzio @ 2/10/2006, 09:58)
              Quindi alla fine, e' sempre piu' preferibile una prova indiretta come sta cercando di far capire Quantum Leap che da quello che so io, il boro lo ha usato per circa 1 anno e quindi conosce bene i problemi e le difficolta'.

              Un abbraccione

              Verissimo Ennio, solo che la prova indiretta ha l'inconveniente del tempo di attivazione.

              E tenere attivo il plasma per un ora senza distruggere la testa rivelatrice, è relativamente in contrasto con la necessità di avvicinarla il più possibile.

              Ecco perchè non rinuncerei alla possibilità di tentare la rivelazione 'diretta'.
              "Una nuova verità scientifica non trionfa perché i suoi oppositori si convincono e vedono la luce, quanto piuttosto perché alla fine muoiono, e nasce una nuova generazione a cui i nuovi concetti diventano familiari." Max Planck

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              • #97
                Credo che bisognerebbe "accanirsi" nel tentativo di trovare piu' soluzioni possibili da combinarsi per risolvere il problema disturbi elettromagnetici. (magari in presenza di un rivelatore catodico sommerso e prossimale o incorporato).

                Vorrei pero' che anziche' per partito preso o a naso come avete gia' fatto prima , ci fossero vostre indicazioni matematiche piu' precise sulla possibilita' di oscuramento da parte del margine di reiezione dei disturbi sulla piccola quota di neutroni.

                Ad esempio , un profondo filtraggio dei disturbi unito alla rilevazione differenziale e ad altri nuovi metodi di disaccoppiamento dei disturbi potrebbe aiutarci nel schiarire "le nubi" che offuscano la misurazione di presenza di neutroni.

                Occorre quindi spingere nel cercare nuove soluzione per ridurre tali influenze nefaste ai fini delle misurazioni agendo da due versanti :

                1) intervenire sulla struttura della cella per limitare l'irraggiamento da parte del catodo , della soluzione e dell'anodo.
                2) intervenire sul rivelatore per renderlo sensibile solo alla presenza di neutroni

                La concomitanza tra piccola quota di neutroni e rumore di fondo potrebbe essere superata aumentando il numero dei presunti neutroni ad esempio cambiando la scala dell'esperimento ossia accrescendo le dimensioni del catodo oppure utilizzando un contenitore fatto di tungsteno.

                Ricordiamoci poi che come possiamo fare filtraggio LC sulla cella ,lo possiamo fare anche sul rivelatore differenziale dato che l'ampiezza di banda legata ai neutroni e' diversa da quella legata ai disturbi elettromagnetici.

                Quindi tra filtraggio sulla cella, filtraggio sul rivelatore e figura di merito da reiezione del rivelatore differenziale , il passo potrebbe essere un po' piu' in avanti. Avere poi informazioni sulla polarizzazione dell'irraggiamento potrebbe offrire nuovi assi nella manica per l'eliminazione dei disturbi.



                Maury

                Edited by Quantum Leap - 11/10/2006, 19:11

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                • #98
                  CITAZIONE (maurjzjo @ 2/10/2006, 11:21)
                  Credo che bisognerebbe "accanirsi" nel tentativo di trovare piu' soluzioni possibili da combinarsi per risolvere il problema disturbi elettromagnetici. (magari in presenza di un rivelatore catodico sommerso e prossimale o incorporato).


                  Maury

                  Mauri,
                  molte cose che ho scritto le hai stimolate con i tuoi interventi, pur ammettendo che di molte cose se ne è già parlato parecchio in altri treads.

                  Io parto da una considerazione: Se in acqua il cammino dei neutroni è troppo breve, dobbiamo avvicinare la testa rivelatrice tanto da non poter più schermare le EMI del plasma.

                  Allora, io dico: facciamo una cosa simile a questa:
                  image

                  E lavoriamo 'all'asciutto'. Lì potremmo applicare una griglia di schermo alle emi e mettere una testa rivelatrice sì vicina al plasma, ma distante abbastanza da non risentire delle EMI, poichè il cammino dei neutroni in aria sarà sicuramente più libero.

                  CITAZIONE
                  Ricordiamoci poi che come possiamo fare filtraggio LC sulla cella ,lo possiamo fare anche sul rivelatore differenziale dato che l'ampiezza di banda legata ai neutroni e' diversa da quella legata ai disturbi elettromagnetici.

                  No, questo secondo me non funziona. Il segnale dei picchi più alti delle EMI, in quanto molto più rari di quelli a valore medio, sono troppo simili al segnale da misurare, impossibile discriminarlo.

                  Edited by Quantum Leap - 11/10/2006, 19:12
                  "Una nuova verità scientifica non trionfa perché i suoi oppositori si convincono e vedono la luce, quanto piuttosto perché alla fine muoiono, e nasce una nuova generazione a cui i nuovi concetti diventano familiari." Max Planck

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                  • #99
                    Ciao ElettroRik,

                    CITAZIONE
                    Mauri,
                    molte cose che ho scritto le hai stimolate con i tuoi interventi, pur ammettendo che di molte cose se ne è già parlato parecchio in altri treads.

                    Ti ringrazio molto per il tuo atteggiamento positivo nei miei confronti.
                    A me fa un enorme piacere essere motivo di ispirazione per te nonostante i miei errori.


                    CITAZIONE
                    Allora, io dico: facciamo una cosa simile a questa:
                    (IMG:http://www.overunity.it/images/ff.htm1.jpg)

                    Mi sembra una bella variante e quindi un'ottima idea per togliere sempre piu' ostacoli al cammino dei neutroni.
                    Se poi a produrre una simile idea e' uno sperimentatore che come te ha eseguito tutte le prove di questo mondo sulla cella , direi allora che potrebbe trattarsi di una variante da provare.

                    CITAZIONE
                    No, questo secondo me non funziona. Il segnale dei picchi più alti delle EMI, in quanto molto più rari di quelli a valore medio, sono troppo simili al segnale da misurare, impossibile discriminarlo.

                    Ipotizzando che il conteggio dei pochi e sperati neutroni non superi una banda di frequenza di 15 Hz.

                    I picchi piu' alti delle EMI hanno un'elevata probabilita' di avere sede al di sopra della suddetta fetta di banda , campo di esistenza superiore facilmente tagliabile con filtri autocostruibili.

                    La banda di frequenza del conteggio dei neutroni puo' ovviamente essere interessata dall'intromissione di picchi EMI le cui caratteristiche possono essere le seguenti :

                    1) avere distinguibilita' se e' nota la loro distribuzione di probabilita' (ricavabile con un altro procedimento) . Un po' come si fa con un canale di informazioni quando e' affetto da rumore , nota la probabilita' di errore posso ugualmente ricavare i dati utili nonostante siano affetti da errore;

                    2) avere piccola ampiezza se la risonanza elettrica della cella viene mantenuta alle alte frequenze

                    3) avere una fase meno variabile se si cerca di mantenere il plasma piu' continuo , con minor intermittenza pertanto la probabilita' che un impulso EMI venga disgraziatamente a coincidere con un impulso di conteggio dei neutroni e' legata alla variabilita' della fase EMI sulla quale e' possibile agire

                    4) avere possibili accentuati flessi poco probabili sugli impulsi di conteggio dei neutroni

                    ecc.

                    Tutto questo unitamente a filtraggio sull'alimentazione , filtraggio sul rivelatore differenziale e reiezione del rivelatore.


                    Aumentando il numero di accorgimenti diventa sempre piu' svelabile la quota dei neutroni rispetto ai disturbi elettromagnetici.


                    Maury

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                    • CITAZIONE (maurjzjo @ 2/10/2006, 13:46)
                      picchi EMI le cui caratteristiche possono essere le seguenti :
                      1) avere distinguibilità se è nota la loro distribuzione di probabilità (ricavabile con un altro procedimento) . Un po' come si fa con un canale di informazioni quando è affetto da rumore, nota la probabilità di errore posso ugualmente ricavare i dati utili nonostante siano affetti da errore;

                      Dalla discussione io ho capito che il problema principale è che il disturbo dovuto ai campi em sovrasta l'intensità del segnale utile (cioè, ad esempio, del contatore Geiger).
                      Quando però l'intensità del disturbo è paragonabile a quella del segnale utile non c'è verso di rilevare efficacemente il segnale utile immerso nel rumore. L'esempio riportato dei sistemi di telecomunicazioni infatti calza benissimo: per un qualsiasi sistema di telecomunicazione tanto più è piccolo il rapporto segnale-rumore tanto maggiore sarà la probabilità d'errore; al limite, nel caso in cui S/N < 1, la probabilità d'errore sarebbe pari a 1 in quasi tutti i tipi di sistemi.
                      Secondo me, la prima cosa da fare è cercare un qualche modo per aumentare il S/N il più possibile, dopo posso anche cercare una descrizione statistica del rumore. Ma non avrebbe senso ricavare una descrizione statistica del rumore quando quest'ultimo sovrasta il segnale utile.
                      Ciaociao <img src=">

                      Edited by Wechselstrom - 2/10/2006, 16:29

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                      • CITAZIONE (Wechselstrom @ 2/10/2006, 16:10)
                        Dalla discussione io ho capito che il problema principale è che il disturbo dovuto ai campi em sovrasta l'intensità del segnale utile (cioè, ad esempio, del contatore Geiger).
                        Quando però l'intensità del disturbo è paragonabile a quella del segnale utile non c'è verso di rilevare efficacemente il segnale utile immerso nel rumore. L'esempio riportato dei sistemi di telecomunicazioni infatti calza benissimo: per un qualsiasi sistema di telecomunicazione tanto più è piccolo il rapporto segnale-rumore tanto maggiore sarà la probabilità d'errore; al limite, nel caso in cui S/N fosse negativo, la probabilità d'errore sarebbe pari a 1 in quasi tutti i tipi di sistemi.
                        Secondo me, la prima cosa da fare è cercare un qualche modo per aumentare il S/N il più possibile, dopo posso anche cercare una descrizione statistica del rumore. Ma non avrebbe senso ricavare una descrizione statistica del rumore quando quest'ultimo sovrasta il segnale utile.

                        Si, Wech.

                        Secondo me il problema è proprio questo. Solo che, come dire, bisognerebbe vederlo in funzione 'sto benedetto plasma.

                        Sennò è impossibile comprendere.

                        Già dal rumore, però, ci si può rendere conto che ci sono scoppiettii a pochi Hertz, forse anche decimi, e questi danno un lampo bianchissimo, nonchè una 'botta' sulla lancetta dell'amperometro analogico. Ovviamente producendo un'adeguata interferenza EM.

                        Ecco perchè che tali picchi non li filtri in nessun caso, ed hai rumore >>segnale.

                        La mia idea 'all'asciutto' è un tentativo per abbassare il più possibile il rumore, così da sperare di raccattare un po' di segnale, tutto qui.
                        "Una nuova verità scientifica non trionfa perché i suoi oppositori si convincono e vedono la luce, quanto piuttosto perché alla fine muoiono, e nasce una nuova generazione a cui i nuovi concetti diventano familiari." Max Planck

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                        • Parlando della nostra esperienza, abbiamo trascorso il primo anno di esperimenti nel tentare di misurare i neutroni direttamente dal plasma acceso. Ci siamo inventati un vetro borato (come il buon Ennio ha ricordato) da disporre davanti al geiger e tante altre soluzioni fantasiose. Alla fine, per i vari problemi già detti, si è deciso per la misura indiretta, alla quale ci iniziammo a dedicare un paio di anni fa. Nell'ultimo anno tuttavia abbiamo un po' tralasciato questo genere di misure, ma fra breve riprenderanno.

                          Tuttavia restiamo in attesa dei risvolti a cui la entusiastica strada intrapresa da elettrorik porterà.

                          Ciao.



                          Edited by Quantum Leap - 11/10/2006, 19:13
                          ?"Se pensi che una cosa sia impossibile, la renderai impossibile" (Bruce Lee)

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                          • Beh, il plasma scoperto potrebbe essere valido anche per la misura indiretta. Il filo di indio potrebbe essere posizionato molto molto vicino, e senza bisogno di grandi protezioni.

                            Varrebbe la pena di provare, no? <img src=">

                            Edited by Quantum Leap - 11/10/2006, 19:14
                            "Una nuova verità scientifica non trionfa perché i suoi oppositori si convincono e vedono la luce, quanto piuttosto perché alla fine muoiono, e nasce una nuova generazione a cui i nuovi concetti diventano familiari." Max Planck

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                            • Ciao Wechselstrom , rispondo alle tue scaltre osservazioni ...


                              CITAZIONE
                              Dalla discussione io ho capito che il problema principale è che il disturbo dovuto ai campi em sovrasta l'intensità del segnale utile (cioè, ad esempio, del contatore Geiger).
                              Quando però l'intensità del disturbo è paragonabile a quella del segnale utile non c'è verso di rilevare efficacemente il segnale utile immerso nel rumore. L'esempio riportato dei sistemi di telecomunicazioni infatti calza benissimo: per un qualsiasi sistema di telecomunicazione tanto più è piccolo il rapporto segnale-rumore tanto maggiore sarà la probabilità d'errore; al limite, nel caso in cui S/N < 1, la probabilità d'errore sarebbe pari a 1 in quasi tutti i tipi di sistemi.

                              Attenzione , non intendevo il confronto diretto tra disturbi non trattati e segnale utile ; e' ormai chiaro che i disturbi saturerebbero qualunque cosa.

                              Quello che intendevo io era trattare il segnale all'uscita del rivelatore differenziale di neutroni pari alla differenza di due segnali imponenti quasi identici.

                              Come avevamo gia' detto tale differenza non potra' mai essere perfettamente nulla per vari motivi ma e' possibile che non abbia imponenza come i segnali progenitori sicche' ci si aspetta che consista in segnale di rumore tale da determinare un rapporto S/N migliore e da prendere in considerazione per il quale poter fare una descrizione statistica che ci consenta di separare il conteggio dei neutroni dalle altre interferenze indesiderate.

                              CITAZIONE
                              Già dal rumore, però, ci si può rendere conto che ci sono scoppiettii a pochi Hertz, forse anche decimi, e questi danno un lampo bianchissimo, nonchè una 'botta' sulla lancetta dell'amperometro analogico. Ovviamente producendo un'adeguata interferenza EM.

                              All'uscita dei due sensori disposti in configurazione differenziale tali interferenze produrebbero rumore assoggettabile a quanto detto sopra.


                              Per l'indagine statistica del segnale differenza si possono semplicemente costruire due sensori metallici (spirali o altro) disposti identicamente senza utilizzare alcun attivatore neutronico su uno di essi.

                              Successivamente ed in fase di misurazione di potra' utilizzare l'attivatore neutronico ma la quota di neutroni si otterra' dall'elaborazione non banale dei segnali alla luce della teoria utilizzata.

                              Maury

                              Edited by maurjzjo - 3/10/2006, 00:06

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                              • Vorrei tentare una piccola ricapitolazione.
                                Mi sembra oramai appurato, che neutroni uscenti dalla cella non ce ne siano ( grazie ai rilevamenti del LEDIN per esempio ).
                                Dai resoconti dei primi test con sonde interne eseguiti, mi pare, dai quantum e ennio non sembrano essercene nemmeno all'interno.
                                Queste ipotesi mi sembrano abbastanza solide e sicure quindi ne deduco che:
                                - i nostri ipotetici neutroni si formano solo nelle immediate vicinanze catodiche molto critiche da sondare per le condizioni estreme che ivi si verficano.
                                - probabilmente la formazione di neutroni avviene solo saltuariamente quando nella zona di reazione si realizzano peculiari condizioni.
                                Le varie strade alternative sembrano impraticabili.
                                Allora:
                                CITAZIONE
                                Ragazzi, ad Asti è intervenuto un personaggio (mi pare russo, o ucraino) che ha illustrato un esperimento fatto nel 2002 da alcuni suoi connazionali, di semplice arco elettrico sommerso ad alta tensione, scoccato in H2O ed in D2O.
                                Questi signori non si sono dotati delle adeguate precauzioni, perchè avevano un semplice Geiger, non un rilevatore di neutroni, inoltre non hanno applicato alcuno schermo di protezione.
                                Ebbene, ad oggi degli 8 uno solo è ancora vivo! Gli altri sono tutti morti di tumore! Non sto scherzando, lo ha detto davvero.
                                Bisogna dire che loro hanno usato 1300Volt e alcuni ampere, inoltre probabilmente l'emissione neutronica la hanno assorbita nel test con acqua pesante D2O, ma.... ripeto, Attenzione!
                                Brunovr, il MOT raddrizzato ed usato per caricare un condansatore ad alta tensione e capacità, potrebbe pericolosamente avvicinarti a quei parametri. Inoltre in acqua normale c'è una presenza di c.a. l'1per mille di molecole di D2O....
                                Vacci piano.

                                Direi che questo verfica alcune importanti teorie sviluppate già qui in seno al forum, che mi sembra di aver capito sostengono che con l'aumentare della tensione applicata, aumetano in modo esponenziale i fenomeni della cella.
                                A mio modo di vedere quindi applicando tensioni continue molto elevate di neutroni dovrebbero formarsene veramente tanti. Tanti da renderne l'individuazione semplice anche attraverso sonde esterne.
                                Naturalmente non è una cosa semplice. Secondo me per usare tensioni veramente alte bisogna ridefinire completamente la struttura della cella e usare delle massicce schermature. Senza contare la componentistica elettronica.
                                A voi...

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                                • CITAZIONE (Riovandaino @ 7/10/2006, 18:23)
                                  Secondo me per usare tensioni veramente alte bisogna ridefinire completamente la struttura della cella e usare delle massicce schermature.

                                  Secondo me si puo' ovviamente al problema dell'elevata tensione in corrente continua applicando la stessa tensione ora in uso nei vostri esperimenti ma in regime variabile secondo una forma d'onda studiata in modo che tenga conto delle caratteristiche della cella e dell'obiettivo neutrone.

                                  La frequenza della forma d'onda dovra' essere tale da produrre risonanza ed in siffatte condizioni l'alta tensione tanto ambita la si ricrea ugualmente all'interno dell'elettrolita in corrispondenza di ogni centro elementare che risuonando sara' sede di un'extratensione.

                                  In sostanza la piu' elevata energia non proverrebbe da un potenziale di alimentazione maggiorato ma da un'immagazzinizzazione cumulativa di ogni ciclo dell'alimentazione a condizione che il ciclo rispetti le frequenze naturali della cella.


                                  Maury

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                                  • CITAZIONE
                                    In sostanza la piu' elevata energia non proverrebbe da un potenziale di alimentazione maggiorato ma da un'immagazzinizzazione cumulativa di ogni ciclo dell'alimentazione a condizione che il ciclo rispetti le frequenze naturali della cella.

                                    Sicuramente è un metodo più raffinato e razionale anche se non saprei che dire sulla semplicità tecnica.
                                    Se non erro elettrorik lavorava ad un sistema di switching per realizzare qualcosa di simile.
                                    Comunque il concetto di fondo di fondo è lo stesso: acutizzare i fenomeni della cella in modo da studiarli più facilmente senza ricorrere ad artifici troppo contorti.

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                                    • eeeehhhhhhh ???????
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                                      Odisseo

                                      Edited by eroyka - 2/11/2006, 14:41

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                                      • Saluto tutti, soprattutto Hellblow ,..ciao amico mio.

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                                        provo io ad interpretare quello che ha detto Maurjzjo. In effetti Maurjzjo è stato abbastanza chiaro, e evidente che gli argomenti collegati con la cella GDPE sono tanti. La fisica del fenomeno è complessa e multidisciplinare ecco perché non sempre può sembrare facile a tutti.

                                        Ma, veniamo al dunque:
                                        Se il fenomeno, che risulterebbe essere la causa, delle anomalie energetiche e delle trasmutazioni che si verificano sul catodo di tungsteno, è in qualche modo legato a campi di forza che si generano nell’interfase del metallo in prossimità della superficie dell’elettrodo, dico se…..ovviamente è un ipotesi. Potrebbe non essere una cattiva idea quella di sagomare opportunamente un segnale in modo da creare una sorta di risonanza nei siti attivi del catodo. In fondo la teoria di Widon Larsen raggiunge in qualche modo questa conclusione quando parla di campi elettrici molto elevati che determinano la trasformazione dell’idrogeno in idrino. La stessa relazione di Widom lascia intravedere anche la possibilità che questi campi possano generare anche la reazione del beta inverso che come sappiamo, su questo forum è stata ampiamente discussa come possibile causa delle trasmutazioni.

                                        Ora il problema è questo.

                                        Chiunque conosce come funziona un acceleratore di particelle sa molto bene che oltre al campo elettrico principale che con la sua forza attrattiva accelera le particelle cariche ad una certa velocità, esiste anche in opportuna prevalenza geometrica un campo oscillante a microonde che contribuisce a dare la giusta condizione richiesta in questo caso per il funzionamento del sistema.

                                        Ebbene, nella cella GDPE coesistono gli stessi fenomeni ovviamente con ordini di grandezza molto più bassi. Da una parte, c’è la tensione che forniamo alla cella che funge da acceleratrice, dall’altra abbiamo anche oscillazioni elettromagnetiche, e guarda caso in un certo senso sono microonde, poiché le stesse si misurano in prossimità del catodo quando quest’ultimo si innesca. Queste oscillazioni che hanno più volte disturbato i nostri apparati elettronici, sembrano coesistere con il catodo stesso.

                                        E’ facile fare uno più uno. In un cero senso è presumibile che gli ioni di idrogeno possano subire accelerazioni molto peculiari sul sito del metallo catodico e generare particolari tipi di spallazioni o addirittura generare reazioni di beta inverso e altro (ripeto sono solo illazioni).

                                        Nell’ottica di quanto detto allora, il discorso di Maurjzjo va interpretato appunto come un tentativo, molto empirico ovviamente, di approdare un sistema che determini un alimentazione alla cella oscillante. In questo modo queste risonanze se ben studiate, possono certamente compensare la necessità di elevare la tensione alla cella.

                                        Ovviamente fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare (e qui mi viene in mente una battuta di Bisio a Zelig). Comunque questo è tutto.

                                        Voglio salutare Quantum che purtroppo ha problemi di rete in questi giorni e quindi aspettiamo con ansia di risentirlo.

                                        Un abbraccio

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                                        • Salve Ennio, è sempre un grande piacere sentirti.

                                          E' vero, la cella è tremendamente complessa. Alcuni elementi li si riesce ad isolare facilmente, mentre altri sono talmente legati fra loro che è davvero difficile individuarli. Infine certi elementi ancora probabilmente non sono stati ancora individuati.
                                          Quel che sappiamo però è che in quel paio di millimetri fra la superficie del catodo ed il layer esterno del plasma avviene qualcosa di anomalo, e che le condizioni NON sono le condizioni standard.

                                          Alcuni mi han chiesto perchè il fenomeno non sia stato osservato mai in precedenza. Il fatto è che le condizioni particolari della cella GDPE non si verificano in natura, e poichè la scienza è come un bimbo che muove i primi passi, analizzando inizialmente appunto i fenomeni naturali, e poi inventandosi complicazioni, è facile capire che la GDPE NON poteva essere osservata, ma doveva essere CERCATA e poi capita.

                                          Il capire la cella implica necessariamente un'analisi quantitativa, c'e' poco da fare. Infatti non siamo in grado di sederci sulla superficie del catodo a contar gli ioni, e quindi dobbiamo far misurazioni.

                                          Ora, l'alimentazione non continua è un'idea che ritroviamo frammentata in piu' parti di questo forum. All'epoca fu aperto persino un tread per inventarsi un alimentatore idoneo, e c'e' qualcuno che ci lavora in effetti.
                                          Ma avere un tale sistema di alimentazione non risolve comunque i problemi.
                                          Infatti è impossibile individuare la corretta alimentazione senza una corretta osservazione.
                                          Tale osservazione, indipendentemente dagli strumenti usati, deve essere metodica. Voglio dire che prendere un pugno di sale e buttarlo in un barattolo di marmellata per poi metterci la 220 direttamente, non porta a nulla, se non a correre solo rischi inutili.
                                          Bisogna essere metodici e precisi nel limite della strumentazione. Ma deve essere la strumentazione a porre un limite, e non la nostra mancanza di metodo a limitarci ad un livello piu' basso di quanto fanno gli strumenti di cui disponiamo.

                                          Per questo spingo sul discorso protocollo.

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                                          • CITAZIONE
                                            Potrebbe non essere una cattiva idea quella di sagomare opportunamente un segnale in modo da creare una sorta di risonanza nei siti attivi del catodo.

                                            Nell’ottica di quanto detto allora, il discorso di Maurjzjo va interpretato appunto come un tentativo, molto empirico ovviamente, di approdare un sistema che determini un alimentazione alla cella oscillante. In questo modo queste risonanze se ben studiate, possono certamente compensare la necessità di elevare la tensione alla cella.

                                            Esatto Ennio.
                                            Mi onora che tu abbia interpretato correttamente cio' che intendevo.

                                            Ammetto pero' di non aver detto nulla di speciale salvo il mio aver adattato l'idea della cella di Meyer al nostro caso.

                                            Meyer (di cui si parla nel forum sulla produzione di idrogeno) riusci' a produrre idrogeno con mezzi efficienti alimentando una cella piena d'acqua che non contiene elettrolita semplicemente applicando una ben precisa forma d'onda ad una ben precisa frequenza di risonanza tali da far muovere gli atomi all'unisono con la forma d'onda (risonanza) fino a creare un'elevata tensione localmente ad ogni molecola che in tal modo veniva a scindersi producendo idrogeno.


                                            La forma d'onda e' studiata in maniera molto saggia tenendo conto della struttura atomico-molecolare dell'acqua e di parametri fisici legati alla cella.

                                            Penso quindi che la stessa cosa si dovrebbe fare tenendo conto della costituzione della cella sotto esame affinche' in ogni sede molecolare si venga a generare localmente un'enorme extratensione a partire da tensioni elettrodiche modeste come quelle in uso.

                                            Occorre quindi studiare un modello abbastanza fedele del sistema cella per poter arrivare alla creazione di un'idonea forma d'onda.

                                            Solitamente in questi casi l'efficienza della cella migliora perche' si riduce la dissipazione per assenza di alimentazione continua.

                                            Maury

                                            Edited by maurjzjo - 10/11/2006, 22:52

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                                            • mi permetto umilmente di offrire a voi il mio pensiero.

                                              ho deciso di illustrarvi questa idea lo stesso anche se sono certo che i quantum o ennio ci hanno già pensato e forse possono eventualmente dirmi perchè non andrebbe bene.

                                              l'indio reagisce benissimo con HCl formando un cloruro (ma non ho trovato quanto è solubile) e con l'acido nitrico . usare una soluzione di indio cloruro (InCl3) in linea teorica esporrebbe l'indio al catodo come ione esattamente come farebbe con il k. sarebbe per così dire uno spettatore privilegiato.

                                              la soluzione andrebbe poi rapidamente distillata e messa nel pozzetto.

                                              se ho preso una cantonata siate clementi sono qui principalmente per imparare cose nuove.

                                              i miei sinceri complimenti a tutti
                                              Gio'

                                              Commenta

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