Inserisco questa domanda e risposta, pubblicata su di una discussione quì a fianco, perchè è giusto che questo tipo di fusione fredda in ambiente gassoso, denominata secca, segua una sua strada indipendente.
Ciao Renzo, sono sempre io Mio,
ho un'altra domanda da porti... Ma se volessi riproporre i tuoi esperimenti in un ambiente chiuso per esempio una scatola chiusa con un gas dielettrico é fattibile? E quale gas potrei usare?
grazie
e ti auguro una felice giornata
Mio
Carissimo Mio, inserisco il tuo messaggio privato in questa discussione perchè voglio dare una risposta pubblica.
Ora puoi eseguire questa reazione anche in un gas, a questo punto si chiamerebbe "fusione fredda secca".
Il gas più semplice da avere a buon mercato si chiama "ARIA".
Io ho eseguito questa reazione, ma aspettavo il momento adatto per divulgarne i risultati, il momento credo sia arrivato.
Ti descrivo le mie condizioni operative:
ho usato i soliti 300 Vcc ricavati dal radddrizzamento della tensione di rete, in serie ho posto una resistenza costituita da uno stagnatore a martello da 230 Vca e 250 watt di potenza.
Ho portato poi questa tensione con saldatore in serie, a due elettrodi di un metallo qualsiasi, io ho usato alluminio puro, rame, ferro e tungsteno puro, ottenendo circa gli stessi effetti.
Ho iniziato con il tenere il catodo in alto e l'anodo in basso, li ho avvicinati fino a produrre un corto circuito, passava circa 1 ampere di corrente continua.
A questo punto ho cominciato ad allontanare piano piano gli elettrodi, ho notato che si formava fra di loro un plasma luminosissimo, si manteneva senza rompersi fino a circa 2 cm di distanza degli elettrodi.
Ho fatto questo esperimento con elettrodi in verticale, perchè se li mettevo in orizzontale, il plasma che si formava riscaldava l'aria circostante, la quale divenendo più leggera tendeva a sollevare ad arco il plasma, portandolo alla rottura, per ripristinarlo dovevo nuovamente rifare il corto circuito ed allontanare di nuovo gli elettrodi, questo ogni 3-4 secondi.
Mantanendo gli elettrodi verticali, il plasma di 2 cm di lunghezza si manteneva indefinitivamente, fino a portare a fusione gli elettrodi che non fossero di tungsteno.
Fino a questo punto può sembrare un esperimento normale, senonchè si nota qualcosa di anomalo, che me lo fa supporre una reazione di fusione fredda.
La cosa di anomalo è che uno dei due elettrodi si scalda di più dell'altro, voi direte che è il catodo, no è l'anodo; voi direte che si scalda di più quello che stà in alto, perchè l'aria calda sale, no, ripeto, no, scalda di più l'anodo che tengo in basso.
Provate a replicare questo semplice esperimento di fusione fredda secca, e sappiatemi dire se anche a voi non sembra strano, in base alle comuni conoscenze scientifiche, che si scaldi di più un elettrodo, per di più è tenuto in basso, quindi più areato di aria fresca.
Renzo Mondaini (Ravenna)
Ciao Renzo, sono sempre io Mio,
ho un'altra domanda da porti... Ma se volessi riproporre i tuoi esperimenti in un ambiente chiuso per esempio una scatola chiusa con un gas dielettrico é fattibile? E quale gas potrei usare?
grazie
e ti auguro una felice giornata
Mio
Carissimo Mio, inserisco il tuo messaggio privato in questa discussione perchè voglio dare una risposta pubblica.
Ora puoi eseguire questa reazione anche in un gas, a questo punto si chiamerebbe "fusione fredda secca".
Il gas più semplice da avere a buon mercato si chiama "ARIA".
Io ho eseguito questa reazione, ma aspettavo il momento adatto per divulgarne i risultati, il momento credo sia arrivato.
Ti descrivo le mie condizioni operative:
ho usato i soliti 300 Vcc ricavati dal radddrizzamento della tensione di rete, in serie ho posto una resistenza costituita da uno stagnatore a martello da 230 Vca e 250 watt di potenza.
Ho portato poi questa tensione con saldatore in serie, a due elettrodi di un metallo qualsiasi, io ho usato alluminio puro, rame, ferro e tungsteno puro, ottenendo circa gli stessi effetti.
Ho iniziato con il tenere il catodo in alto e l'anodo in basso, li ho avvicinati fino a produrre un corto circuito, passava circa 1 ampere di corrente continua.
A questo punto ho cominciato ad allontanare piano piano gli elettrodi, ho notato che si formava fra di loro un plasma luminosissimo, si manteneva senza rompersi fino a circa 2 cm di distanza degli elettrodi.
Ho fatto questo esperimento con elettrodi in verticale, perchè se li mettevo in orizzontale, il plasma che si formava riscaldava l'aria circostante, la quale divenendo più leggera tendeva a sollevare ad arco il plasma, portandolo alla rottura, per ripristinarlo dovevo nuovamente rifare il corto circuito ed allontanare di nuovo gli elettrodi, questo ogni 3-4 secondi.
Mantanendo gli elettrodi verticali, il plasma di 2 cm di lunghezza si manteneva indefinitivamente, fino a portare a fusione gli elettrodi che non fossero di tungsteno.
Fino a questo punto può sembrare un esperimento normale, senonchè si nota qualcosa di anomalo, che me lo fa supporre una reazione di fusione fredda.
La cosa di anomalo è che uno dei due elettrodi si scalda di più dell'altro, voi direte che è il catodo, no è l'anodo; voi direte che si scalda di più quello che stà in alto, perchè l'aria calda sale, no, ripeto, no, scalda di più l'anodo che tengo in basso.
Provate a replicare questo semplice esperimento di fusione fredda secca, e sappiatemi dire se anche a voi non sembra strano, in base alle comuni conoscenze scientifiche, che si scaldi di più un elettrodo, per di più è tenuto in basso, quindi più areato di aria fresca.
Renzo Mondaini (Ravenna)
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