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auto a microonde

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  • auto a microonde

    salve,
    posto in questa sezione ,
    non so se OT

    articolo da ulisse.sissa.it
    auto a microonde

    Un ingegnere inglese sta sviluppando un nuovo tipo di motore elettromagnetico per aerei, razzi e altre applicazioni

    La fine delle ruote e delle ali. È questo lo slogan che un ingegnere inglese, Roger Shawyer, usa per pubblicizzare il suo prototipo di un nuovo motore, assolutamente rivoluzionario. La spinta infatti arriverebbe dalla radiazione elettromagnetica, e più specificatamente dalle microonde. Il nuovo motore non ha parti mobili e non emette sostanze inquinanti o pericolose per il clima.




    L’ingegnere inglese sta pensando di costruire un prototipo che garantirebbe una spinta paragonabile a quella necessaria per le sonde spaziali. Un giorno si potrebbero poi realizzare automobili più simili agli hovercraft che alle auto di oggi. L’idea di Shawyer è semplice: si prende un generatore di microonde (magnetron) e si sparano le microonde prodotte all’interno di tubi vuoti all’interno e chiusi in fondo. L’urto delle microonde dovrebbe trasferire parte dell’energia ai tubi stessi e spingerli in una direzione.




    In realtà, nonostante Shawyer abbia costruito un primo prototipo efficace, ci sono ancora molti ostacoli da superare. I tubi devono essere costruiti con materiale superconduttivo che riesca a condurre elettricità senza resistenza a temperature più alte rispetto a quelle usate per gli acceleratori di particelle, che generalmente si trovano a pochi gradi al di sopra dello zero assoluto, una temperatura chiaramente poco pratica per un motore di uso comune.

    L’idea sembra comunque interessare americani e cinesi, ma non ha ancora convinto tutti gli scienziati. Tanto che il governo inglese, che ha finanziato l’ingegnere con 250 mila sterline, ha chiesto la revisione del progetto da parte di un gruppo indipendente di esperti.



    beh, che ne dite?

  • #2
    un altro articolo interessante,
    non so se vada bene in questa sezione,
    ma mi interessa per vari motivi...

    heisenberg e temperature

    Un gruppo di ricercatori ha sfruttato il principio di indeterminazione quantistica per produrre temperature bassissime a livello nanometrico.

    In una ricerca pubblicata da Nature (vol. 443, n. 7108) un gruppo di fisici guidati da Keith Schwab della Cornell University (Ithaca, USA) ha scoperto un modo per utilizzare in modo pratico il principio di indeterminazione di Heisenberg. Il principio afferma che è impossibile misurare le caratteristiche di un oggetto senza perturbarlo. L’osservazione, infatti, fa sì che il sistema osservato riceva una perturbazione chiamata quantum back-action, che impedisce misurazioni simultanee di velocità e posizione.




    Schwab e il suo gruppo hanno pensato di usare questo fenomeno per raffreddare oggetti quantistici sino a temperature bassissime. Per misurare la velocità hanno sfruttato un sottile raggio di nitruro di silicio, una polvere bianca resistente all’acqua, agli shock termici e ai reagenti chimici che in genere viene utilizzata come catalizzatore e nelle turbine a gas ad alte temperature. Piccoli cambiamenti nella posizione di questo raggio, ampio solo poche decine di nanometri e chiamato nanorisonatore, alterano la conduttività elettrica di un apparecchio elettronico, il Superconducting single-electron transistor (SSET), utilizzato per determinare la posizione dell’oggetto.




    A causa della perturbazione quantistica, la misurazione del SSET fa vibrare il nanorisonatore. I ricercatori hanno capito però che, se il SSET viene regolato a particolari voltaggi, corrispondenti ai livelli quantizzati di energia degli elettroni che vi passano attraverso, le vibrazioni del nanorisonatore diminuiscono. L’effetto non previsto è che l’oggetto viene raffreddato, perché lo strumento comincia ad assorbire calore. Schwab e il suo gruppo sono convinti che questa scoperta potrebbe essere utilizzata per produrre stati superfreddi in strumentazioni meccaniche che operano a livello nanometrico.


    hei genco-stranger, che ne dici?

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    • #3
      e adesso, un palloso articolo di "scienza ufficiale"
      su un effetto che mi sembra sia stato dibattuto anche da ovi da qualche parte in questa sezione...
      come chiamavano sto radiometro?
      boh adesso non ricordo...ma non c'mlè bisogno di orgoniti...


      Il radiometro di Crookes

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      Vorrei sapere se esiste ed eventualmente qual è la spiegazione definitiva (o almeno la più probabile) del movimento delle pale nel radiometro di crookes.


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      Il radiometro di Crookes consiste, nella forma che si trova nei negozi di giochi scientifici, di quattro palette annerite da un lato e riflettenti dall’altro montate su di un supporto che può ruotare con basso attrito su di una punta verticale; il rotore è contenuto in un bulbo di vetro nel quale è stato fatto un vuoto parziale. Quando è esposto a luce intensa il rotore si mette a girare, anche molto velocemente, come se le facce annerite fossero spinte dalla luce.

      Un dispositivo sostanzialmente simile era stato sviluppato, per scopi diversi, da Sir William Crookes nel 1873 e fu per pochi anni un vero caso scientifico, al quale furono dedicati centinaia di importanti lavori.

      La prima spontanea spiegazione del suo funzionamento fu che le pale fossero mosse dalla pressione della luce, e ancora oggi tale spiegazione si può trovare sulle confezioni del giochino, che viene spesso chiamato motore a luce o motore solare. In effetti Crookes stesso così lo presentò, alla presenza di James Clerk Maxwell che al principio fu felice di vedere confermata la pressione della luce prevista dalla sua teoria dell’elettromagnetismo. Tuttavia lo stesso Maxwell si rese ben presto conto che l’effetto era di svariati ordini di grandezza maggiore di quanto previsto e inoltre le pale giravano nel verso sbagliato!!

      Ci si aspetta infatti che la pressione sia maggiore sul lato riflettente e quindi questo deve essere spinto dalla luce. Un esperimento cruciale dovuto a Shuster e Reynolds mostrò che la rotazione non poteva essere dovuta ad impulso proveniente dall’esterno, per la conservazione del momento angolare, e quindi la spiegazione andava cercata all’interno del bulbo. Tuttavia la pressione della luce rimaneva un interessante argomento di indagine ed un lavoro dell’italiano Adolfo Bartoli sul radiometro aprì la strada alle riflessioni di Boltzmann sulla termodinamica dell’irraggiamento. La pressione della luce fu infine dimostrata sperimentalmente da Lebedev, Nichols e Hull nel 1901, ma richiede, per potere avere un effetto visibile sulle pale del radiometro, un vuoto molto più spinto (e le pale girano effettivamente nel verso giusto).

      Esclusa la pressione della luce ci si rivolse alla teoria cinetica dei gas. Una nuova spiegazione, di J. Stoney, (colui che introdusse il termine elettrone), prevedeva che il lato nero che assorbe più radiazione infrarossa si scaldasse di più e quindi avendo il gas presente da quel lato un agitazione termica maggiore le sue molecole esercitassero sulla pala una forza maggiore di quelle dal lato riflettente. Anche questa spiegazione è tuttora spesso ritenuta corretta (per esempio sull’Enciclopedia Britannica). Tuttavia Maxwell, uno dei padri della teoria cinetica dei gas, analizzò anche questa ipotesi con attenzione e trovò che l’unico effetto del riscaldamento del gas era una espansione e che all’equilibrio si aveva un trasferimento di calore attraverso le pale, ma non poteva esserci una forza sulle pale. La spiegazione potrebbe essere valida se il libero cammino medio delle molecole fosse dello stesso ordine di grandezza della distanza tra le pale e la parete del bulbo, ma in realtà a quelle temperature e pressioni risulta essere meno di un millimetro.

      Una spiegazione più convincente si basava sulla possibile evaporazione di molecole dalla superficie annerita che per reazione viene spinta dalla parte opposta. L’effetto è reale, ma non sufficiente per spiegare il movimento nel radiometro, perché aumentando il vuoto si dovrebbe avere un aumento della rotazione (verrebbe favorita l’evaporazione), mentre in realtà con un vuoto più spinto la rotazione cessa. Questo evidenzia il ruolo essenziale del gas rarefatto all’interno del radiometro e su questo ci si concentrò, escludendo altre ipotesi come l’effetto fotoelettrico o correnti convettive che per qualche misteriosa ragione eserciterebbero una forza orizzontale (pure questa spiegazione errata si trova spesso, purtroppo anche in mostre scientifiche o musei dove il radiometro è esposto).

      La soluzione corretta è abbastanza complicata e richiede un dettagliato studio del comportamento di un gas rarefatto e dell’interazione tra il gas e il bordo delle pale. Fu avanzata qualitativamente da Osborne Reynolds (più noto per il numero di Reynolds e per la sua teoria della turbolenza) nel 1879 in un lavoro dove esponeva la sua ipotesi di “traspirazione termica” attraverso una parete porosa sottoposta a un gradiente di temperatura tra le due facce e la applicava anche al radiometro. Le pale non sono in effetti porose, ma Il fenomeno termomeccanico (chiamato “scorrimento termico” ) si verifica ai bordi delle pale e risulta in una forza totale diretta dalla superficie più calda verso quella più fredda, mentre il gas scorre in verso opposto (è un fenomeno simile a quello che si verifica nell’elio superfluido che scorre spontaneamente sulle superfici verso zone più calde).

      Maxwell lesse il lavoro di Reynolds in quanto gli fu richiesto (probabilmente da Lord Kelvin) un parere per la pubblicazione e arrivò a una trattazione matematica dettagliata del fenomeno, mantenendo valida la spiegazione del fenomeno dovuta a Reynolds. Il lavoro di Maxwell On stresses in rarefied gases arising from inequalities of temperature fu pubblicato sulle "Philosophical Transactions" nel 1879 poco tempo prima della sua prematura morte e correttamente dava risalto al suggerimento di Reynolds che richiamava l’attenzione sui bordi delle pale, ma criticava anche la trattazione matematica di questo giudicandola lacunosa e insufficiente. Il lavoro di Reynolds tuttavia non era stato ancora pubblicato (lo fu solo nel 1881!) e Reynolds giudicò molto scorretto il comportamento di chi si era appropriato della sua idea e per di più aveva criticato pesantemente un lavoro che non era pubblico. Le sue proteste però rimasero inascoltate perché, dopo la morte di Maxwell, furono ritenute irriverenti.

      La spiegazione di Maxwell da allora è considerata quella definitiva (ancora citata in un congresso sulla fisica dei gas rarefatti nel 1976) e nessuno si è più occupato del radiometro (a parte un lavoro di Einstein nel 1924).

      Si può commentare che il caso del radiometro è un esempio didatticamente interessante di come confrontare le teorie con gli esperimenti (e vi sono coinvolte le maggiori acquisizioni della fisica dell’Ottocento, la teoria elettromagnetica e la teoria cinetica dei gas), del ruolo degli esperimenti cruciali e può essere posto in maniera problematica anche a livello di scuola superiore.

      Per saperne di più:
      Il lavoro di James Clerk Maxwell, On stresses in rarefied gases arising from inequalities of temperature, "Phil. Trans." (1879) è presente in J.C.Maxwell Scientific Papers 2, Cambridge University Press, 1890.

      Una storia più dettagliata del radiometro si può trovare in:
      A. Gandolfi, On Crookes’ Radiometer in "Atti del Convegno History and Philosophy of Physics in Education", ed. J.Sebesta, Bratislava 1996.

      S.G. Brush, W.F. Everitt, Maxwell, Reynolds and the radiometer, "HSPS 1", 1969, pag. 105 - 125.

      A cura di Antonio Gandolfi
      Gruppo Storia della Fisica dell'AIF
      Liceo classico G. D. Romagnosi, Parma

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