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Energia da cera d'api

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  • Energia da cera d'api

    <div align="center"><div class="quote_top" align="left"><b>CITAZIONE</b> (mazzolo12 @ 27/11/2007, 15:00)</div><div id="quote" align="left">La base di tutte queste tecnologie di sfruttamento della biomassa, è proprio la possibilit&agrave; di sfruttare quello che si trova in zona, meglio se si tratta di un possibile rifiuto.<br><br>Togliere 100 q.li di legna l&#39;anno ad un bosco di 50 ettari è ininfluente.<br>Bruciare gli ossi di pesca, le sanse esauste è ancora meglio perchè ricicla materiali che riempirebbero le discariche.</div></div><br>Sto lavorando attualmente per una azienda di apicultura che produce miele in scala industriale, il titolare illustrandomi il ciclo di lavoro della azienda mi ha mostrato delle enormi cataste di cera, che sono il residuo di lavorazione della produzione di miele.<br>Mi ha detto che una parte viene raffinata e venduta per usi vari, una parte viene bruciata in caldaia per il riscaldamento degli ambienti, ma la maggior parte (parlo di decine di q.li all&#39;anno) vanno attualmente a finire nella discarica.<br><br>Allora volevo sottoporvi alcune domande:<br><br>1) la cera d&#39;api si può considerare una biomassa?<br>2) quale potere calorifico ha?<br>3) sarebbe proponibile e economicamente vantaggioso sfruttarla per un impianto di cogenerazione, e con quali vantaggi?<br><br>Avete qualche esperienza in merito?<br><br>Ciao e grazie.

  • #2
    Provo a rispondere.<br><br>1) certo che si.<br><br>2) non saprei<br><br>3) non credo esistano esperienze ma la cosa sarebbe interessante da analizzare, anche se per ora mi verrebbe in mente solo un utilizo per un riscaldamento centralizzato cittadino o per la produzione di calore industriale. ( salvo tu non trovi una steam abbastanza piccola o uno stirling abbastanza performante per farci energia elettrica )<br><br><br>Una domanda la vorrei sollevare io:<br><br>le emissioni come saranno? Cosa c&#39;è dentro la cera d&#39;api?<br><br>A presto.
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    • #3
      mi permetto di citare da wikipedia:<br><br><b>È una cera robusta formata da una mistura di diversi composti, tra i quali: idrocarburi 14%, monoesteri 35%, diesteri 14%, triesteri 3%, idrossi monoesteri 4%, idrossi poliesteri 8%, esteri acidi 1%, poliesteri acidi 2%, acidi liberi 12%, alcoli liberi 1%, non identificati 6%.<br><br>Le componenti principali della cera d&#39;api sono palmitati, acido palmitico, idrossipalmitati e esteri oleati formati da lunghe catene (30-32 atomi di carbonio) di alcoli alifatici, con un rapporto di 6:1 tra i due componenti principali triacontanilpalmitato CH3(CH2)29O-CO-(CH2)14CH3 e acido cerotico CH3(CH2)24COOH. La cera d&#39;api ha un alto punto di fusione, compreso tra 62°C e 64°C. Non raggiunge l&#39;ebollizione in aria, ma continua a riscaldarsi fino ad infiammarsi a circa 120°C. Se la cera d&#39;api viene riscaldata fino ad una temperatura superiore agli 85°C, si scolora. La densit&agrave; a 15°C varia tra 0,958 e 0,970 g/cm³.<br><br>La cera d&#39;api si può classificare in due grandi categorie: tipo europeo e tipo orientale. Il numero di saponificazione è 3-5 per il tipo europeo e 8-9 per il tipo orientale.<br><br>L&#39;idrossi ottacosanil idrossistearato e la cera giapponese possono essere usati al posto della cera d&#39;api come correttori di densit&agrave; e stabilizzatori di emulsione.</b><br><br>dentro ci sono idrocarburi... BENE&#33;<br><br>il flash point è bassino... 120 °C... sicuramente meno dell&#39;olio vegetale.<br><br>inoltre ( circa la producibilit&agrave; ):<br><br><b>Nel nostro sistema di apicoltura la produzione di cera, quale sottoprodotto, seppur di valore, dell&#39;estrazione di miele, riguarda gli opercoli che vengono tagliati via dai favi di miele prima di procedere all&#39;estrazione con lo smelatore centrifugo. Questo tipo di produzione è stimata attorno all&#39;1-1,5% del peso del miele prodotto, cioè 1-1,5 kg di cera per ogni quintale di miele. Un altro mezzo chilo per alveare può essere ottenuto dal recupero della cera contenuta nei favi che vengono periodicamente rinnovati.</b><br><br>a presto.
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      • #4
        se me ne dai dei campioni faccio fare dei test pure per produrre biodiesel... che quantit&agrave; hai di questo scarto e quanti soldi spendi per smaltirlo?

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        • #5
          <div align="center"><div class="quote_top" align="left"><b>CITAZIONE</b></div><div id="quote" align="left">che quantit&agrave; hai di questo scarto e quanti soldi spendi per smaltirlo?</div></div><br>questo è un punto fondamentale.<br><br>a presto.
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          • #6
            <div align="center"><div class="quote_top" align="left"><b>CITAZIONE</b> (ener&#45;ser @ 14/1/2008, 12:21)</div><div id="quote" align="left">Mi ha detto che una parte viene raffinata e venduta per usi vari, una parte viene bruciata in caldaia per il riscaldamento degli ambienti, ma la maggior parte (parlo di decine di q.li all&#39;anno) vanno attualmente a finire nella discarica.</div></div><br>C&#39;è qualcosa che non quadra...<br>La cera d&#39;api è un materiale prezioso (e costoso) che gli apicoltori reimpiegano per la produzione dei cosiddetti fogli cerei, questi sono la base che le api utilizzano per la costruzione dei favi (in questo modo le api dovranno consumare meno miele che altrimenti &quot;bruciano&quot; in quantit&agrave; per mettere in produzione le ghiandole ceraiole). In una azienda apistica normale c&#39;è esubero molto modesto di cera, salvo nelle annate di produzione di miele particolarmente elevata.<br>La cera che gli apicoltori producono deriva principalmente dalla fusione a vapore o a bagnomaria degli opercoli delle celle dei favi che vengono tolti per poter estrarre il miele tramite centrifugazione e secondariamente dalla fusione dei favi vecchi che dopo anni di impiego devono essere sostituiti. Dalla fusione dei favi vecchi rimane una certa quantit&agrave; di scarto che è costituita essenzialmente dalle esuvie delle larve di api ripetutamente allevate nelle celle. Questo scarto è un buon combustibile perché comunque impregnato di cera che non si riesce ad estrarre, ma è anche umido a causa del processo di fusione a vapore.<br>Questo è quello che avviene in tutti i Paesi (la maggior parte) dove le api si allevano nelle arnie a favo mobile e il miele viene estratto per centrifugazione senza distruzione dei favi. In alcuni Paesi poveri l&#39;allevamento è fatto in modo più o meno immutato da millenni ovvero all&#39;interno di contenitori di vario tipo (da noi si chiamano &quot;bugni villici&quot e il miele viene estratto per torchiatura dei favi dopo l&#39;allontanamento delle api o schiacciando anche le api e la covata. In tal caso la produzione di cera è molto superiore e non avendo reimpieghi nell&#39;allevamento stesso, alimenta un flusso di export verso i Paesi che adottano l&#39;allevamento a favo mobile.<br>In ogni modo la cera d&#39;api non si usa più neppure per le candele, se non in casi molto particolari, figuriamoci se vale la spesa di buttarla in caldaia&#33; Altro discorso per lo scarto della fusione, quello si che potrebbe essere impiegato allo scopo, io spesso l&#39;ho buttato nel camino con soddisfazione, ma comunque parliamo di quantit&agrave; disponibili complessivamente modeste e di materiale da far asciugare prima dell&#39;impiego. Probabilmente è questo il materiale che di solito finisce in discarica, non certo la cera d&#39;api in pani.

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            • #7
              <div align="center"><div class="quote_top" align="left"><b>CITAZIONE</b> (ener&#45;ser @ 14/1/2008, 04:21)</div><div id="quote" align="left">Allora volevo sottoporvi alcune domande:<br><br>1) la cera d&#39;api si può considerare una biomassa?<br>2) quale potere calorifico ha?<br>3) sarebbe proponibile e economicamente vantaggioso sfruttarla per un impianto di cogenerazione, e con quali vantaggi?<br><br>Avete qualche esperienza in merito?</div></div><br>1) Ricordo che tutta la materia organica è BIOMASSA<br>2) unknown...<br>3) Secondo me si potrebbe tranquillamente gassificare, basta mettere a punto i parametri dell&#39;impianto e magari mescolarla con altra biomassa vegetale. Tuttavia come dice lolio, mi sembra strana una così grande quantit&agrave; di cera di api. Sicuro che si tratti di solo quella oppure e mescolata con altre sostanze? Per quanto riguarda la gassificazione, sostanzialmente cambierebbe molto poco.<br><br>Ely

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              • #8
                <div align="center"><div class="quote_top" align="left"><b>CITAZIONE</b> (ener&#45;ser @ 14/1/2008, 12:21)</div><div id="quote" align="left"></div></div><br>Anzitutto grazie a quanti hanno voluto rispondermi.<br><br>Una precisazione: in effetti si tratta di favi vecchi e non di cera. Scusate la confusione, ma l&#39;apicultura non è il mio lavoro.<br>In ogni caso i favi vecchi, che comunque sono costituiti per la maggior parte da di cera più materiale organico, costituiscono un buon combustibile,<br><br><div align="center"><div class="quote_top" align="left"><b>CITAZIONE</b> (Lolio @ 14/1/2008, 16:07)</div><div id="quote" align="left">... Dalla fusione dei favi vecchi rimane una certa quantit&agrave; di scarto che è costituita essenzialmente dalle esuvie delle larve di api ripetutamente allevate nelle celle. Questo scarto è un buon combustibile perché comunque impregnato di cera che non si riesce ad estrarre, ..</div></div><br>La quantit&agrave; annua disponibile è di 30 - 40 q.li all&#39;anno, ma organizzando il conferimento di questo materiale da tutte le aziende diel consorzio, si potrebbe arrivare a 200 - 300 q.li, che è una quantit&agrave; su cui si possono fare dei ragionamenti per la produzione di energia su scala economicamente vantaggiosa.<br>A questo punto però non so quale potrebbe essere la soluzione tecnica:<br>co-produzione di energia per le esigenze del consorzio?<br>Cerificati verdi?<br>Potete darmi qualche indicazione?<br><br>Ciao e grazie.<br><br><br><br><br><br><br><br><br>

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                • #9
                  20-30 ton annue di materia da bruciare non sono moltissime...<br><br>io penserei più che all&#39;elettrogenerazione, alla possibilit&agrave; di sopperire ad eventuali esigenze di riscaldamento interne oppure di aziende immediatamente prossime alla vostra.<br><br>Oppure fare delle analisi da laboratori specializzati e pensare alla possibilit&agrave; di pellettizzare? ( non so se quest&#39;ultima che ho detto è una cavolata, pertanto mi affido a chi vanta maggiore esperienza a riguardo )<br><br>In ogni caso con sole 30 ton / y non credo riuscirai a trovare agevolemente soluzioni per elettrogenerare.<br><br>A presto.
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                  • #10
                    Eh eh eh pellettare potrebbe essere un altro modo per estrarre una ulteriore quota di cera...<br>A parte gli scherzi l&#39;unica per me è buttarli in una rustica caldaia assieme a della legna, oppure potrebbe essere lucroso allevare larve della tarma della cera per i pescatori (ma sospetto che gli allevamenti di queste larve abbiano gi&agrave; trovato più comodi alimenti artificiali alternativi).<br>Forse invece del pellet se ne potrebbe mettere una piccola quota nelle bricchette di legno (mischiato a segatura) aumentandone il potere calorifico e migliorandone l&#39;accensione. Nei pellet è meglio di no, le caldaie e le stufe sono tarate per certi standard, io non rischierei grane.

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