Salve a tutti,
sono la quasi pentita proprietaria di un impianto FV che ho avuto la malaugurata idea di installare nello scorso autunno, in occasione di una consistente serie di lavori (pannelli solari, isolamenti ecc.).
Dico malaugurata perché, finora, non ho avuto certo modo di rallegrarmene, per lo meno in termini economici. Innanzitutto i prezzi dei pannelli hanno iniziato a crollare verticalmente poco dopo il mio acquisto; ovviamente nessuno può essere incolpato di questo (quando mai?), ma quando penso che solo aspettando qualche mese (in rapporto ai 20anni di vita dei pannelli...) avrei risparmiato qualcosa come 8mila euro e scorgo una scritta “pirla” che mi lampeggia in fronte non mi sento certo particolarmente orgogliosa.
Negli ultimi giorni poi, a qualche settimana dalla agognata conclusione delle non certo snelle pratiche burocratiche, è arrivata un'altra bella notizia. Il GSE mi ha mandato una raccomandata in cui mi comunica che il mio impianto allo stato attuale non è "totalmente integrato" perché i pannelli, pur sostituendo la copertura e non sporgendo dalle tegole, non sono perfettamente adiacenti alle tegole stesse ed alla grondaia (esiste uno spazio di 8-10cm). O provvedo a fare delle modifiche o mi accontento della integrazione parziale, con conseguente somministrazione di una suppostina di circa 150€ annuali.
I progettisti e gli installatori dell’impianto, subito da me ovviamente interpellati, mi garantiscono che fino a poco tempo fa un siffatto impianto non avrebbe avuto alcuna difficoltà ad ottenere la totale integrazione. A sentire loro il problema nasce dal fatto che a fine aprile il GSE ha pubblicato una nuova guida relativa alle integrazioni architettoniche, introducendo criteri più particolareggiati e restrittivi per quanto riguarda l’attribuzione della integrazione totale.
Tradotto in lingua volgare ciò significa che dopo aver investito una allegra somma PER ottenere la totale integrazione (rifatta completamente la copertura del tetto prevedendo lo spazio per l’impianto e le relative opere per lo scolo delle acque piovane), mi ritrovo nelle identiche condizioni in cui mi sarei trovata se avessi fatto semplicemente posare i pannelli sopra la copertura esistente. Insomma, altre migliaia di euro buttate al vento. Un affarone.
Penso che ciò sia davvero inaccettabile e ingiusto. SE le nuove direttive fossero state note SETTE MESI FA, quando furono fatti i lavori, progettisti ed installatori avrebbero ovviamente agito in altro modo, visto che le mie richieste erano state assai chiare. In corso d’opera, infatti, la cosa sarebbe stata estremamente semplice e non avrebbe comportato alcun aggravio di spesa. Adesso invece qualsiasi intervento correttivo costerebbe parecchio (basta pensare ad es. alle impalcature necessarie per intervenire in sicurezza sul tetto), visto che NON posso attribuire responsabilità formali ad alcuna delle ditte che hanno partecipato ai lavori (o sbaglio?).
Come si possono fare le cose seguendo indicazioni non ancora esistenti?
Correttezza e buon senso dicono che il GSE dovrebbe applicare i nuovi criteri di valutazione agli impianti progettati e costruiti DOPO la pubblicazione della nuova guida all’integrazione architettonica.
Qui invece si giudicano le cose di ieri con le regole di oggi, alla faccia dell’incoraggiamento nei confronti di quelle persone che decidono di investire (ammesso che la parola sia appropriata, visto che le “convenienze” sono in pratica solo di natura idealistica) nelle fonti rinnovabili.
L’idea di subire passivamente questa cosa mi rivolta davvero lo stomaco.
Probabilmente ci saranno altre persone che in questo periodo si trovano nella stessa situazione, ma certamente non saranno moltissime. Mi pare impossibile, però, che non ci sia un qualche modo concreto e legale per reagire a questa ingiustizia.
Qualche consiglio?
sono la quasi pentita proprietaria di un impianto FV che ho avuto la malaugurata idea di installare nello scorso autunno, in occasione di una consistente serie di lavori (pannelli solari, isolamenti ecc.).
Dico malaugurata perché, finora, non ho avuto certo modo di rallegrarmene, per lo meno in termini economici. Innanzitutto i prezzi dei pannelli hanno iniziato a crollare verticalmente poco dopo il mio acquisto; ovviamente nessuno può essere incolpato di questo (quando mai?), ma quando penso che solo aspettando qualche mese (in rapporto ai 20anni di vita dei pannelli...) avrei risparmiato qualcosa come 8mila euro e scorgo una scritta “pirla” che mi lampeggia in fronte non mi sento certo particolarmente orgogliosa.
Negli ultimi giorni poi, a qualche settimana dalla agognata conclusione delle non certo snelle pratiche burocratiche, è arrivata un'altra bella notizia. Il GSE mi ha mandato una raccomandata in cui mi comunica che il mio impianto allo stato attuale non è "totalmente integrato" perché i pannelli, pur sostituendo la copertura e non sporgendo dalle tegole, non sono perfettamente adiacenti alle tegole stesse ed alla grondaia (esiste uno spazio di 8-10cm). O provvedo a fare delle modifiche o mi accontento della integrazione parziale, con conseguente somministrazione di una suppostina di circa 150€ annuali.
I progettisti e gli installatori dell’impianto, subito da me ovviamente interpellati, mi garantiscono che fino a poco tempo fa un siffatto impianto non avrebbe avuto alcuna difficoltà ad ottenere la totale integrazione. A sentire loro il problema nasce dal fatto che a fine aprile il GSE ha pubblicato una nuova guida relativa alle integrazioni architettoniche, introducendo criteri più particolareggiati e restrittivi per quanto riguarda l’attribuzione della integrazione totale.
Tradotto in lingua volgare ciò significa che dopo aver investito una allegra somma PER ottenere la totale integrazione (rifatta completamente la copertura del tetto prevedendo lo spazio per l’impianto e le relative opere per lo scolo delle acque piovane), mi ritrovo nelle identiche condizioni in cui mi sarei trovata se avessi fatto semplicemente posare i pannelli sopra la copertura esistente. Insomma, altre migliaia di euro buttate al vento.
Penso che ciò sia davvero inaccettabile e ingiusto. SE le nuove direttive fossero state note SETTE MESI FA, quando furono fatti i lavori, progettisti ed installatori avrebbero ovviamente agito in altro modo, visto che le mie richieste erano state assai chiare. In corso d’opera, infatti, la cosa sarebbe stata estremamente semplice e non avrebbe comportato alcun aggravio di spesa. Adesso invece qualsiasi intervento correttivo costerebbe parecchio (basta pensare ad es. alle impalcature necessarie per intervenire in sicurezza sul tetto), visto che NON posso attribuire responsabilità formali ad alcuna delle ditte che hanno partecipato ai lavori (o sbaglio?).
Come si possono fare le cose seguendo indicazioni non ancora esistenti?
Correttezza e buon senso dicono che il GSE dovrebbe applicare i nuovi criteri di valutazione agli impianti progettati e costruiti DOPO la pubblicazione della nuova guida all’integrazione architettonica.
Qui invece si giudicano le cose di ieri con le regole di oggi, alla faccia dell’incoraggiamento nei confronti di quelle persone che decidono di investire (ammesso che la parola sia appropriata, visto che le “convenienze” sono in pratica solo di natura idealistica) nelle fonti rinnovabili.
L’idea di subire passivamente questa cosa mi rivolta davvero lo stomaco.
Probabilmente ci saranno altre persone che in questo periodo si trovano nella stessa situazione, ma certamente non saranno moltissime. Mi pare impossibile, però, che non ci sia un qualche modo concreto e legale per reagire a questa ingiustizia.
Qualche consiglio?
Commenta