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rabazon

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  • #31
    Per rabazon:
    Per allegare la tua relazione dovrai avere un discoremoto sul quale scaricare il file.....
    Puoi usuffruire di virgilio ne ha uno gratuito.Basta registrarsi sul motore stesso .........

    Area51

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    • #32
      cari amici,
      mi scuso per il ritardo,
      come già informati in messaggio precedente
      invio articolo su teoria fusione fredda
      solo testo senza immagini,
      perchè diventa troppo pesante
      posso inviarlo a chi mi manda indirizzo web
      inrabazon@inwind.it


      Download attachment
      testo_articolo.doc ( Number of downloads: 65 )

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      • #33
        Caro rabazon,
        bentornato e ben trovato. Mi fa molto piacere sapere che in questo periodo ti sei dato da fare. Fra breve scaricherò il tuo allegato: non appena ne termino la lettura ti farò sapere.
        Intanto ti esorto a NON postare lo stesso intervento su più discussioni contemporaneamente, ma di utilizzarne UNA soltanto. In questo modo eviti di intasare il forum o di uscire fuori tema (off topic), ed eviti di disorientare chi preferisce discutere su una discussione più che su un'altra.

        Mi raccomando .

        Bentrovato

        Ciao ciao
        ?"Se pensi che una cosa sia impossibile, la renderai impossibile" (Bruce Lee)

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        • #34
          salve,
          ho riesumato questa vecchissima discussione,
          perchè adesso capisco che non risulta molto chiara...

          questa parte riguarda la cattura elettronica ,
          che non era la cattura di un elettrone da parte di un protone,
          ma nella formazione di stelle di neutroni,
          la cattura di elettroni da parte di nuclei complessi, con trasformazione di protoni in neutroni,
          questo perchè , effettivamente,
          gli elettroni sparati con energia cinetica dentro un protone, producono esplosioni di pioni, gluoni, mesoni ecc..
          senza produrre neutroni..
          inoltre la pressione enorme, gioca un ruolo decisivo nella produzione di neutroni, che all'aumentare dela press..aumentano la loro vita media...
          presentero un articolo molto sintetico ma esauriente,
          anche sul ruolo fondamentale che hanno gli alfa, cioè He4,
          nelle fusioni e trasmutazioni,
          che spiegano anche il tentativo di takhashi e dei deuterons,
          La formazione degli elementi chimici
          ________________________________________
          Domanda A proposito della formazione degli elementi chimici, la gravità è quella che dà inizio alla fusione dei nuclei di idrogeno.
          Ma anche se dal ferro in poi le reazioni diventano endotermiche, la gravità non è sufficiente a far fondere i nuclei e far sì che la nucleosintesi continui col meccanismo della fusione (specialmente se penso che essa riesce a fondere protoni ed elettroni costituendo le stelle di neutroni)?
          E poi se questa pressione fonde protoni ed elettroni, ciò non costituisce un limite per la formazione di elementi con grande numero atomico?
          ________________________________________
          Risposta
          Vi sono alcune considerazioni da fare a proposito della comprensione della formazione degli elementi chimici nelle stelle.
          La prima riguarda l'energia di legame dei nuclei, in altre parole l'energia necessaria a riconvertirli in nucleoni (protoni e neutroni) liberi. Sperimentalmente si osserva che questa energia cresce fino al ferro (56Fe) dopodiché cala di nuovo.
          Il significato è semplice: le reazioni che generano nuclei fino al ferro producono energia, mentre per produrre nuclei dal ferro in su, richiedono energia.
          Occorre poi considerare che ogni reazione può avvenire nei due sensi opposti e il fatto che domini un senso invece dell'altro, dipende dalle condizioni di temperatura e densità della materia. A temperature elevate i fotoni possono disintegrare (foto-disintegrazione) i nuclei in particelle più leggere. Il processo di disintegrazione è endotermico e produce oltre al nucleo figlio, protoni, neutroni e particelle alfa (nuclei di elio). Così il neon (20Ne) viene "bruciato" all'interno di una stella di massa elevata subito dopo il bruciamento del carbonio (e prima di quello dell'ossigeno 16O), con un processo di disintegrazione che produce ossigeno (16O) e particelle alfa. Queste poi si ricombinano con altri nuclei di 20Ne, generando il magnesio (24Mg), con una produzione netta di energia. Un altro processo inverso (al decadimento nucleare spontaneo) è la cattura di un elettrone da parte di un nucleo, con la trasformazione di un protone del nucleo in un neutrone. Inoltre a densità molto elevate anche i neutroni "liberi" sono stabili, mentre alle densità di laboratorio il neutrone decade in un protone dopo circa 12 minuti.
          Bisogna anche considerare che i tempi sui quali avvengono questi processi possono essere brevissimi, anche di alcuni secondi nel caso del collasso del nucleo di una stella di grande massa. E infine, che l'energia liberata dal collasso gravitazionale del nucleo è sufficiente a espellere una grossa frazione del materiale stellare. Addirittura nelle supernovae di tipo I, l'esplosione termonucleare espelle tutto il materiale, riducendo l'intera stella a una nuvola di gas.
          Rispondendo ora alla domanda del lettore guardiamo che cosa accade in una stella di grande massa (da 20 a 30 volte quella del Sole). È vero, la gravità dà inizio alla fusione dei nuclei di idrogeno in elio, e successivamente dell'elio in carbonio e ossigeno (anche un po' di neon) e del carbonio in magnesio. Abbiamo già detto che la foto-disintegrazione del neon avviene prima del bruciamento nucleare dell'ossigeno, con produzione di ossigeno e magnesio. Infine l'ossigeno viene fuso in zolfo (32S), ad una temperatura appena superiore al miliardo di gradi. In queste fasi, la stella continua a contrarsi sotto l'azione della forza di gravità e la densità e la temperatura nelle zone centrali aumentano.
          A temperature di alcuni miliardi di gradi, inizia la foto-disintegrazione dello zolfo in silicio (28Si) e particelle alfa. Questa reazione è endotermica, ma la foto-disintegrazione è accompagnata da una catena di catture di particelle alfa in nuclei più pesanti, che porta alla produzione di argon (36Ar), calcio (40Ca), titanio (44Ti), cromo (48Cr), ferro (52Fe, 54Fe) e nichel (56Ni). Il risultato netto di foto-disintegrazioni e catture alfa è ancora esotermico. Gli ultimi elementi fanno parte del "gruppo del ferro" in quanto anche il 56Ni decadrà successivamente in cobalto (56Co) e ferro (56Fe), che poi è il più abbondante degli isotopi del ferro. A temperature ancora più elevate (4 o 5 miliardi di gradi) viene disintegrato anche il silicio, che ha una energia di legame maggiore dello zolfo, dando origine alla stessa catena di catture alfa.
          A questo punto la contrazione del nucleo diventa rapidissima. La temperatura aumenta e cominciano a essere foto-disintegrati anche gli elementi del gruppo del ferro (ad esempio il 56Ni viene foto-disintegrato in 14 particelle alfa, il 56Fe in 13 alfa e 4 neutroni, il 52Fe in 13 alfa e 2 neutroni). Queste reazioni sono endotermiche e, assorbendo energia, danno inizio al collasso delle zone centrali, favorito anche dalla cattura di elettroni da parte dei nuclei più pesanti e da una forte produzione di neutrini che possono scappare più liberamente dei fotoni.
          Il collasso fa salire ulteriormente temperatura e densità, cosicché anche le particelle alfa vengono disintegrate in protoni e neutroni. Le zone centrali della stella sono ora in caduta libera e il processo più importante è la cattura degli elettroni da parte dei protoni. Si forma un gigantesco nucleo di neutroni che forse arresterà la sua caduta quando raggiungerà una densità vicina a quelle dei nuclei atomici, formando una stella di neutroni di massa quasi una volta e mezza quella del Sole e raggio di una decina di chilometri. Oppure tutto il nucleo collasserà in un buco nero. In conclusione il lettore ha ragione. Portata alle conseguenze estreme, la gravità "impedisce" la formazione dei nuclei con grande numero atomico, tramite i processi di foto-disintegrazione e successiva neutronizzazione. Però solo una piccola parte della stella collassa nel nucleo centrale. Gli strati esterni in caduta libera, "rimbalzano" quando incocciano sul nucleo denso centrale, producendo un'onda d'urto che, aiutata dalla cattura dei neutrini provenienti dall'interno, espande la corteccia esterna della stella fino ad espellerla nello spazio a velocità superiori ai 10.000 Km /s.
          Negli strati più interni di questa grande corteccia, le reazioni nucleari avevano potuto procedere fino alla formazione di elementi anche più pesanti del ferro, tramite i cosiddetti processi di cattura di neutroni seguiti da decadimenti beta, ma non erano ancora state raggiunte temperature così elevate da rendere efficiente il processo di foto-disintegrazione. Viene così immessa nello spazio un miscela di elementi di nuova produzione costituita non solo da carbonio, ossigeno, neon, magnesio, silicio, zolfo, argon, calcio, titanio, cromo, ferro e nichel ma anche dagli elementi pesanti, fino all'uranio.
          A cura di Alessandro Bressan
          INAF
          Osservatorio astronomico di Padova


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          • #35
            per continuare

            Neutroni e stelle
            ________________________________________

            ________________________________________
            I neutroni hanno effettivamente una vita media di circa 900 secondi e si trasformano in protoni emettendo un elettrone e un antineutrino, ma ciò avviene quando sono liberi. Non appena i neutroni si legano ai protoni, dando luogo ai nuclei degli elementi chimici conosciuti, oppure sono costretti a stare impachettati a causa dell'enorme densità che li trasforma in un fluido quantistico, smettono di essere liberi. Per esempio, il nucleo dell'idrogeno è formato da un protone e un neutrone ed è stabile, cioè il neutrone che lo costituisce non si trasformerà in un protone dopo 900 secondi, poiché la forza di legame nucleare, che salda le due particelle, impedisce questo processo.
            Le stelle di neutroni sono molto più complesse del nucleo dell'idrogeno, ma anche in questo caso i neutroni che le compongo non sono liberi, a causa dell'enorme densità interna. Basti considerare che le stelle di neutroni sono oggetti che hanno un raggio di pochi chilometri con una massa paragonabile a quella del Sole (che ha un raggio di circa settecentomila chilometri).
            Le stelle di neutroni sono il risultato della contrazione del nucleo di una stella, dopo che essa è esplosa a causa dell'impossibilità di stabilire una condizione di equilibrio termodinamico stabile. Questo evento è noto come esplosione di una supernova. Le parti esterne della stella si disperdono nell'Universo, garantendo così l'evoluzione chimica delle galassie, mentre il nucleo più interno inizierà a contrarsi a causa della forza di interazione gravitazionale. A seconda della massa coinvolta smetterà di contrarre raggiungendo una situazione di equilibrio diventando o una nana bianca o una stella di neutroni oppure non raggiungerà questo equilibrio dando origine a un buco nero.
            In conclusione, i neutroni che formano una stella di neutroni formano un fluido quantistico che ne impedisce la trasformazione in protoni, per cui la vita media di una stella di neutroni non dipende dalla vita media dei neutroni liberi.
            A cura di Gianluca Imbriani
            Dipartimento di Scienze Fisiche
            Università di Napoli


            fine dell'articolo
            Come si formano gli elementi pesanti nelle stelle?
            ________________________________________
            Domanda Se la fusione nucleare stellare può portare fino alla sintesi del ferro, come si sono prodotti gli elementi più pesanti?

            ________________________________________
            Risposta In effetti all'interno della struttura stellare esistono diversi tipi di processi nucleari. Quelli ai quali si fa riferimento nella domanda sono i responsabili della produzione energetica. Le stelle per brillare nel cielo così intensamente e per vivere tanto a lungo (i tempi di vita per una stella simile al sole sono dell'ordine delle decine di miliardi di anni) hanno bisogno di una fonte di energia molto efficiente.
            La fusione degli elementi più leggeri del ferro garantisce questa produzione energetica. Infatti, queste reazioni sono dette esoenergetiche e rilasciano un'energia pari al difetto massa fra i reagenti e i prodotti della reazione, che si può calcolare attraverso la nota formula di Einstein E=mc². Ad esempio la fusione di due ioni di idrogeno, che produce un nucleo di deuterio e l'emissione di un elettrone e di un neutrino (p + p -> d + e+ + nu), produce un'energia per reazione pari a:
            Q =(Mp+Mp-Md-Me-Mnu)c2 = 1.2 MeV
            Per cui l'esistenza di una stella è caratterizzata nella sua fase di equilibrio termodinamico dall'alternarsi nel proprio centro di diverse fasi di combustione nucleare. Prima si "brucia" l'idrogeno, producendo elio, poi è la volta dell'elio, quindi il carbonio, neon, ossigeno ed infine il silicio. A questo punto nel centro della stella si sarà formato un nucleo di ferro. Le reazioni che coinvolgono elementi più pesanti del ferro necessitano di una quota di energia per essere innescate (Q<0), per questo motivo la comparsa di un nucleo di ferro determina la fine dell'esistenza di una stella come struttura in equilibrio termidinamico. Questo significa che nel nucleo delle stelle l'elemento più pesante sintezzato è il ferro.
            Parallelamente, però, sono possibili altri processi nucleari, che garantiscono la nucleosintesi di tutti gli elementi presenti sulla terra. In particolare, alla fine degli anni 50 del secolo scorso Burbidge, Fowler e Hoyle e indipendentemente Cameron proposero quale spiegazione della presenza di elementi più pesanti del ferro, in due lavori fondamentali, la nucleosintesi attraverso la cattura di neutroni. La particolarità dei neutroni è che avendo carica nulla non subiscono la repulsione coulumbiana, per cui penetrano nel nucleo, quindi è possibile attraverso ripetute catture di neutroni produrre tutti gli elementi della tavola periodica. Nelle stelle si possono produrre due tipi di flussi neutronici. Il primo avviene durante la fase di equilibrio termodinamico e si genera quando negli interni stellari si attivano le reazioni 13C(alpha,n)16O e 22Ne(alpha,n)25Mg. Queste ultime garantiscono un flusso di neutroni, che per ragioni di intensità è detto lento, da cui il nome s-process (slow process). Una tipica catena di reazioni di questo tipo è:
            56Fe+n->57Fe+n->58Fe+n->59Fe
            che è instabile con vita media di 44 giorni e decade, trasformando un neutrone in protone ed emettendo un neutrino in 59Co. Quindi si ricomincia: 59Co+n->60Co instabile che decade in 60Ni+n->61Ni+n->62Ni+n->63Ni instabile, decade in 63Cu....
            Con questo processo si riesce a giustificare la produzione di tutti gli elementi fino al 208Pb e 209Bi. Tuttavia, i nuclei sono troppo instabili per essere prodotti in questo modo. Il secondo tipo di flusso di neutroni si produce durante le esplosioni delle supernovae di tipo II, che sono stelle che esplodono dopo aver raggiunto nel centro una massa critica di ferro, che, come abbiamo visto prima, distrugge l'equilibrio termodinamico precedentemnte esistente. Durante l'esplosione grazie all'enorme quantità di energia disponibile (10^53 erg) si genera un flusso di neutroni molto veloci (r-process, dove "r" sta per rapid). Con questo genere di flusso di neutroni si riescono a produrre gli altri elementi, che sono gli attanidi dal torio all'uranio.
            Per approfondire questo argomento consiglio di leggere i seguenti lavori:
            Burbidge, E. M., Burbidge, G. R., Fowler, W. A. & Hoyle, F., Rev. Mod. Phys. 29, 547 (1957).
            Cameron, A. G. W., Atomic Energy of Canada Ltd., CRL-41; Pub. Astr. Soc. Pacific 69, 201 (1957).
            A cura di Gianluca Imbriani
            Dipartimento di Scienze Fisiche
            Università di Napoli

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            • #36
              una teoria di ff
              Fusione da deuterio e trizio

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              Domanda Se compattassimo deuterio e trizio riducendo il loro volume senza sottoporli a pressione di alcun genere, si potrebbe ottenerne la fusione con una temperatura o intensità di energia più basse di quelle necessarie oggi, cioè quelle di una esplosione nucleare?


              --------------------------------------------------------------------------------

              Risposta La prima risposta è semplicemente negativa in quanto anche se riuscissimo a "compattare" deuterio e trizio vi sarebbe sempre da superare la barriera della repulsione elettrostatica per poter innescare una reazione di fusione nucleare e quindi avremmo sempre bisogno di alte temperature. Vi sono comunque due strade che sembrano suggerire un "cavallo di Troia" (Ulisse sempre ci ispira…) per "penetrare" all'interno di questa barriera anche a temperatura ambiente: la fusione muonica e la fusione catalizzata in un mezzo metallico. Mentre la prima è fisicamente abbastanza ben compresa e il problema è soprattutto di intensità di processi di fusione, la seconda (che è poi la famosa fusione fredda della fine degli anni Ottanta) è ancora tutta da capire, con dati ancora a livelli molto bassi di riproducibiltà.

              Il muone è una particella elementare carica che sente molto poco le forze nucleari e che ha una massa circa 200 volte quella dell'elettrone. Pertanto "sostituendo" un muone a un elettrone in un atomo se ne riduce molto il volume, infatti un risultato generale della meccanica quantistica è che le distanze vanno con l'inverso delle masse... A questo punto si possono formare anche legami "piu' stretti", per esempio un molecola deuterio-muone-trizio sarà molto più compatta. Il muone potrà schermare in modo più efficace la repulsione elettrica dei due nuclei permettendo di far entrare in funzione la forza nucleare attrattiva che porta alla fusione di un nucleo di elio con produzione di energia. Il muone resta "disponibile" per un'altra reazione e così via. Il problema è che la vita media del muone èestremamente piccola, solo 2,2 microsecondi, inoltre c'è una probabilità che venga catturato dai nuclei di elio che lo tolgono di mezzo per il ciclo. Al momento non si è riusciti a generare cicli con più di circa 100 fusioni DT e ciò non è sufficiente ad avere un guadagno complessivo di energia. Comunque la ricerca va avanti in vari grossi laboratori di fisica nucleare, come TRIUMF in Canada, CERN in Europa e RIKEN in Giappone.

              La fusione catalizzata da metalli è un processo molto più complesso e ancora non chiarito nei suoi principi fisici. L'idea è che "caricando" del deuterio in un reticolo cristallino (per esempio nel famoso palladio di Fleischmann e Pons) si costringono i nuclei dei relativi atomi a "stare vicino" aumentando la probabilità di fusione. Come abbiamo già detto ciò non è del tutto ovvio, ossia non è chiaro perché ci possa essere un sufficiente "schermaggio" della repulsione coulombiana stavolta operato dagli elettroni. I dati, ottenuti in massima parte con caricamento tramite elettrolisi, ancora non vengono considerati di sufficiente attendibilità. Non mi dilungo molto su ciò in quanto circolano su web tantissime discussioni (basta vedere i siti "fusione fredda"). Comunque la riproducibiltà degli esperimenti cosiddetti "chimici" certamente non è al momento assicurata.

              Tuttavia si deve dire che vi sono molti dati sicuri sul fatto che la reazione di fusione d+d (che va in p+t) fatta mandando deutoni su un bersaglio di metallo "deuterato" mostra delle rese più alte rispetto al caso di un bersaglio di deutoni liberi. La cosa è interessante in quanto ciò non succede se per bersaglio si prende un isolante deuterato. Sembrerebbe che un ruolo importante sia giocato da un effetto collettivo delle bande elettroniche di conduzione dei metalli. Il problema è del tutto aperto, ancora una volta c'è bisogno di capire le risposte collettive "ordinate" di un sistema complesso… e poi forse anche avremo le ricadute energetiche.

              A cura di Massimo Di Toro
              Dipartimento di Fisica e Astronomia
              Università di Catania

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              • #37
                questo copiaincolla per chiarire la questione fusione calda

                La fisica del plasma

                --------------------------------------------------------------------------------

                I processi di fusione sono la sorgente d'energia all'interno del Sole e delle stelle. Per ottenere energia sulla Terra dalle reazioni di fusione, il plasma (un gas completamente ionizzato) deve raggiungere temperature molto elevate.

                Ogni valutazione appropriata del progresso della fisica dei plasmi ad alta temperatura non può che iniziare con il tokamak europeo JET (Joint European Torus), in funzione a Culham (Regno Unito). Questo impianto a fusione non solo è il più grande esistente al mondo capace di lavorare con miscele di deuterio e trizio ma ha raggiunto, o oltrepassato, tutti gli obiettivi scientifici prefissati conseguendo, nel 1997, il record mondiale di 16 MW di produzione di potenza da fusione, un risultato tuttora imbattuto.

                Le due figure che seguono permettono di riassumere il progresso della ricerca scientifica non solo nel campo della fisica dei plasmi ma anche verso la realizzazione della fusione come fonte di energia.
                Il JET è ideale per compiere prove sui materiali da utilizzare a contatto con il plasma così come per i sistemi di riscaldamento e le diagnostiche in condizioni di lavoro prossime a quelle di un futuro reattore. Naturalmente JET è solo uno dei molteplici esperimenti nel mondo in cui fisici e ingegneri tentano di produrre, confinare e caratterizzare il plasma a temperature di centinaia di milioni di gradi.

                In figura 1 è riportato il confronto tra le performance di JET e della macchina statunitense TFTR. Va notato che questo grafico mostra i migliori risultati a livello mondiale ottenuti con la miscela DT (Deuterio-Trizio), il che esclude tokamak di punta quali il giapponese JT60. È comunque interessante notare che ai fini dello sviluppo della futura centrale a fusione, insieme ai valori dei picchi di potenza, è importante la curva del JET che mostra la capacità di mantenere un determinato valore di potenza per un tempo abbastanza lungo.





                Figura 1. Risultati fondamentali in termini di potenza di fusione prodotta (MW) in funzione del tempo (s).

                In figura 2 è invece rappresentato il progresso della fisica del plasma attraverso i principali risultati ottenuti nelle macchine a fusione nel mondo di tipo tokamak e rappresentata utilizzando il fattore di merito Q (si noti che i valori ottenuti con la miscela DT mostrano nuovamente che il JET è la macchina di riferimento per la fusione). Per spiegare il significato di Q è utile un breve passo indietro riguardante la produzione di energia da fusione.

                I nuclei di elio ad alta energia (particelle alfa), generati dalle reazioni di fusione D-T, entrano in collisione con altre particelle e riscaldano il plasma. I neutroni liberati nella reazione escono dal plasma e rallentano nel mantello situato attorno al plasma stesso. Il litio presente nel mantello viene trasformato in trizio e il calore generato dai neutroni può essere usato per produrre il vapore che aziona le turbine per la produzione di elettricità. Quando tutte le perdite nel plasma sono controbilanciate dal riscaldamento prodotto dalle particelle alfa e non si ha più bisogno di immettere potenza esterna, il plasma ha raggiunto la condizione in cui la reazione si auto-sostiene e richiede essenzialmente solo l’introduzione continua di combustibile.

                Il valore di merito Q (il fattore di amplificazione della potenza) è usato per definire il rendimento in una macchina a fusione ed è definito come segue:

                Q = (Potenza generata dalle reazioni di fusione) / (Potenza iniettata nel plasma)

                Il JET, con la miscela DT, ha prodotto una potenza di fusione di 16 MW con un valore di Q = 0,65: questi risultati mostrano nuovamente che il JET è la macchina di riferimento per la fusione. Gli eccezionali risultati scientifici ottenuti e l'esperienza accumulata nella gestione comunitaria dell'esperimento JET, permettono quindi all'Europa di giocare un ruolo chiave nel grande progetto ITER, finanziato internazionalmente, che si propone di produrre 400 MW di potenza dalle reazioni di fusione.

                La macchina ITER mira a raggiungere Q = 10, mentre i futuri reattori a fusione potranno avere Q = 40 - 50. Nell'ambito delle attività di ricerca gli studi sulla fusione in Italia occupano un posto di rilievo con un significativo investimento in termine di risorse umane e finanziarie.





                Figura 2. Progresso della ricerca nel campo della fusione a livello mondiale.

                Come detto, i risultati presentati sono stati ottenuti su macchine tokamak. In Europa e nel mondo si studiano, inoltre, una variante compatta del tokamak di forma sferica, la strizione a campo rovesciato (Reversed Field Pinch, RFP) e lo stellarator, una configurazione con il campo magnetico di forma elicoidale. Il più grande impianto in costruzione in Europa è lo stellarator W7-X a Greifswald (Germania). Per ulteriori informazioni su queste macchine si consiglia di visitare il sito web http://europa.eu.int/comm/research/energy/index_en.htm.


                ITER, la strada verso la fusione

                ITER è la prossima pietra miliare nello sviluppo di un reattore a fusione. Alla base del progetto ITER c’è una prestigiosa collaborazione internazionale. Fisici del plasma e ingegneri di tutto il mondo hanno completato la sua progettazione nel 2001 e preparano adesso la fase di attuazione.
                L’obiettivo programmatico globale di ITER è dimostrare la fattibilità scientifica e tecnologica dell’energia di fusione usata per scopi pacifici. ITER raggiungerà questo obiettivo dimostrando il controllo della combustione di plasmi di deuterio-trizio, mirando al raggiungimento eventuale del regime stazionario, e il funzionamento, in un unico impianto, delle tecnologie essenziali per il futuro reattore.

                ITER produrrà 400 MW di potenza da fusione per un tempo di 6 minuti, che potranno essere estesi, in una fase successiva, fino al regime stazionario. I costi di investimento di ITER ammontano a circa 4,5 miliardi di Euro (valori del 2000). Dal momento in cui i partners internazionali avranno raggiunto un accordo sul futuro del progetto, la costruzione di ITER richiederà circa 10 anni, dopodiché si svolgerà un programma sperimentale per un periodo di circa 20 anni.

                ITER è basato sui traguardi scientifici raggiunti nelle macchine a fusione di tutto il mondo, in special modo del JET. Gli elementi di base della fisica di ITER sono stati dimostrati con successo negli esperimenti già effettuati su un ampio intervallo dei parametri del plasma. I regimi di plasma di ITER richiedono infatti una ragionevole estrapolazione di tali parametri.
                La realizzazione della macchina ITER, e, in particolare, di alcuni componenti chiave, ha richiesto la messa a punto di tecnologie innovative, la cui fattibilità è stata dimostrata con la costruzione di prototipi nel corso delle attività di R&D condotte negli ultimi dieci anni.


                Background estratto dal sito web dell’ENEA (http://www.fusione.enea.it)
                .


                La fusione termonucleare

                La fusione termonucleare è la reazione nucleare che avviene nel Sole e nelle altre stelle con produzione di una enorme quantità di energia. Nella reazione di fusione nuclei di elementi leggeri, quali l'idrogeno, a temperature e pressioni elevate fondono formando nuclei di elementi più pesanti come l'elio. Sono noti tre isotopi dell'idrogeno: l'idrogeno propriamente detto (H), il deuterio (D) e il trizio (T). Il nucleo di tutti e tre contiene un protone, il che li caratterizza come forme dell'elemento idrogeno; il nucleo di deuterio contiene inoltre un neutrone mentre quello del trizio due neutroni. In tutti i casi, l'atomo neutro ha un elettrone al di fuori del nucleo per compensare la carica del singolo protone.

                La reazione di fusione più probabile è quella che avviene tra un nucleo di deuterio e un nucleo di trizio, processo da cui si genera un nucleo di elio (particella alfa) e un neutrone. In questa reazione la massa complessiva dei prodotti è inferiore a quella delle particelle interagenti e si verifica liberazione di energia secondo il principio di equivalenza massa-energia. L'energia liberata si distribuisce tra la particella alfa e il neutrone in rapporto inverso alle rispettive masse.

                I due nuclei interagiscono solo a distanze molto brevi, equivalenti alle dimensioni del nucleo (10-13cm-3); in questo caso le forze nucleari sono predominanti sulle forze di repulsione elettrostatica dovute alla carica positiva dei nuclei (forze che crescono all'avvicinarsi dei nuclei in proporzione inversa al quadrato della distanza). Perché due nuclei si avvicinino a distanze sufficientemente brevi è necessario che la velocità con cui si urtano sia molto alta; pertanto la loro energia cinetica (e quindi la temperatura) deve essere molto elevata. Per ottenere in laboratorio reazioni di fusione, ad esempio, è necessario portare una miscela di deuterio e trizio a temperature elevatissime (100 milioni di gradi) per tempi di confinamento sufficientemente lunghi. In tal modo i nuclei hanno tempo di fare molte collisioni, aumentando la probabilità di dar luogo a reazioni di fusione.


                Le reazioni termonucleari nel Sole

                A temperatura ordinaria, in un gas, le particelle sono neutre; viceversa a temperatura superiore a qualche eV, poichè le singole particelle tendono a dissociarsi negli elementi costitutivi (ioni ed elettroni) il gas si trasforma in una miscela di particelle cariche, cioè un plasma.
                Il plasma costituisce il 99% della materia di cui è composto l'Universo e quindi è detto anche "quarto stato della materia". È perciò il principale costituente delle stelle e del Sole. Nel Sole, che ha una temperatura interna di 14 milioni di gradi, la reazione di fusione di nuclei di idrogeno (reazione protone-protone) è responsabile di gran parte dell'energia che giunge fino a noi sotto forma di calore e di luce (e di neutrini solari). Per ottenere la reazione di fusione il plasma di idrogeno deve esser confinato in uno spazio limitato: nel Sole questo si verifica a opera delle enormi forze gravitazionali in gioco. Inoltre, il processo di fusione, nel Sole, avviene con estrema lentezza, ragione per cui esso brilla da miliardi di anni.


                Condizioni per la fusione termonucleare controllata

                Per ottenere in laboratorio la fusione termonucleare controllata, con un bilancio energetico positivo, è necessario riscaldare un plasma di deuterio-trizio a temperature molto alte (100 milioni di gradi, più di sei volte la temperatura all'interno del Sole), mantenendolo confinato in uno spazio limitato per un tempo sufficiente a che l'energia liberata dalle reazioni di fusione possa compensare sia le perdite, sia l'energia usata per produrlo. Occorre cioè soddisfare le condizioni espresse dal Criterio di Lawson, condizioni che dipendono dalla temperatura del plasma.

                Nel caso di un plasma di deuterio-trizio a 100 milioni di gradi (pari a circa 10 KeV di energia) a basso contenuto di impurità, il Criterio di Lawson afferma che il prodotto della densità di particelle del plasma per il tempo di confinamento deve esser maggiore di


                3 x 1020 m-3 s
                .

                A temperature così elevate il problema diventa come confinare il plasma in un recipiente.

                In linea di principio il plasma costituito da particelle cariche (ioni di deuterio e trizio) può essere confinato mediante un campo magnetico: in assenza di questo campo le particelle si muoverebbero a caso in tutte le direzioni, urterebbero le pareti del recipiente e il plasma si raffredderebbe inibendo la reazione di fusione.
                In un campo magnetico invece le particelle sono costrette a seguire traiettorie a spirale intorno alle linee di forza del campo restando imprigionate lontano dalle pareti del recipiente.


                Confinamento magnetico del plasma

                Nella fusione a confinamento magnetico il plasma ad alta temperatura è racchiuso in una camera a vuoto e una opportuna configurazione di campi magnetici esterni e/o prodotti da correnti circolanti nel plasma impedisce così il contatto con le pareti del recipiente. Sono state studiate, a questo proposito, diverse configurazioni magnetiche: configurazioni a specchio in cui le linee di forza del campo magnetico sono aperte alle estremità del plasma e configurazioni a simmetria toroidale (ad esempio stellarator, tokamak).

                Quella che ha ottenuto finora i migliori risultati nella fusione a confinamento magnetico, è quella del tokamak. Il tokamak è un dispositivo di forma toroidale caratterizzato da un involucro cavo, costituente la "ciambella", in cui il plasma è confinato mediante un campo magnetico con linee di forza a spirale.

                Questa configurazione magnetica è ottenuta mediante la combinazione di un intenso campo magnetico toroidale prodotto da bobine magnetiche poste intorno alla ciambella con un campo magnetico poloidale realizzato mediante la corrente indotta nel plasma dall'esterno, necessario quest'ultimo per evitare la deriva delle particelle del plasma verso le pareti del recipiente. Le particelle di plasma si avvitano così intorno alle linee di forza del campo.

                Bobine supplementari esterne occorrono per realizzare campi magnetici ausiliari che controllano la posizione del plasma nella ciambella.



                Riscaldamento del plasma

                Essendo il plasma un conduttore elettrico è possibile riscaldarlo mediante una corrente indotta dall'esterno: il plasma nella ciambella si comporta così come una spira cortocircuitata che costituisce il secondario di un trasformatore il cui primario è all'esterno. La corrente indotta ha così il duplice scopo di creare il campo poloidale e di riscaldare il plasma a temperatura elevata.
                Questo tipo di riscaldamento è detto riscaldamento ohmico o resistivo, obbedisce alla legge di Joule ed è analogo al riscaldamento di una lampadina o di una stufetta elettrica.

                Un limite a detto riscaldamento ohmico è dato dal fatto che la resistività del plasma decresce al crescere della temperatura e la massima temperatura ottenibile nel plasma è di alcuni milioni di gradi.
                Per raggiungere le temperature richieste per la fusione termonucleare è necessario, quindi, ricorrere al riscaldamento supplementare, che si può realizzare:

                - per assorbimento nel plasma di onde elettromagnetiche, iniettate mediante guide d'onda o antenne che gli trasferiscono energia elettromagnetica;

                - per iniezione di atomi neutri di elevata energia cinetica che attraversano il campo magnetico vengono ionizzati e trasferiscono per collisione la loro energia al plasma;

                - per compressione adiabatica del plasma, ottenuta spostandolo verso regioni a campo magnetico più forte, con conseguente riscaldamento.

                La configurazione tipo Tokamak è comunque particolarmente stabile e permette lunghi tempi di confinamento del plasma.

                Condizioni per la realizzazione del reattore a fusione

                Il cammino per arrivare alla realizzazione del reattore a fusione prevede il raggiungimento di alcuni obbiettivi fondamentali in sequenza:

                1. il breakeven, in cui l'energia generata dalla fusione eguaglia quella immessa dall'esterno per mantenere il plasma a temperatura termonucleare. Il breakeven dimostra la fattibilità scientifica del reattore a fusione;

                2. l'ignizione in cui si ha l'autosostentamento della reazione di fusione a opera dei nuclei di elio prodotti;

                3. la fattibilità tecnologica quando il rendimento netto di tutto l'impianto è positivo

                Nel futuro reattore a fusione la reazione dovrà infatti autosostenersi: si suppone cioè che le particelle alfa intrappolate nel volume di plasma cedano a esso la loro energia così da mantenerlo caldo dopo l'iniziale riscaldamento ottenuto con mezzi esterni. I neutroni trasferiscono intanto la loro energia al mantello del reattore, generando il trizio e tramutando energia in calore utilizzabile per produrre energia elettrica.

                L'energia prodotta dalle reazioni di fusione si esplica sotto forma di energia cinetica (calore) dei prodotti della reazione, così:

                - i neutroni, che trasportano circa l'80% dell'energia prodotta, abbandonano il plasma senza interazioni apprezzabili e vengono assorbiti dal mantello di litio, posto intorno al nocciolo del reattore e utilizzato per la rigenerazione del trizio. Il mantello di litio deve essere sufficientemente spesso (circa 1 m) per assorbire i neutroni di fusione (di 14 MeV). Essi vanno quindi a riscaldare un fluido e producono energia elettrica attraverso uno scambiatore di calore;

                - i nuclei di elio, più pesanti, rimangono intrappolati nel plasma e trasferiscono a esso la loro energia, ottenendo così l'autosostentamento della reazione senza ulteriore riscaldamento dall'esterno.

                Fonte delle figure: Commissione Europea

                A cura di Rosa Antidormi
                Direttorato Generale della Ricerca
                Commissione europea
                Bruxelles


                e questo per le nuove frontiere della fisica "classica o ufficiale"
                Fisici, col piede sull'acceleratore

                Svelare i misteri che ancora avvolgono la natura di massa ed energia è il sogno dei fisici, ma per questo bisogna iniziare a pensare a una organizzazione diversa delle risorse. Nei giorni scorsi il famoso quotidiano americano The New York Times ha dato notizia che i direttori dei maggiori laboratori di fisica di Europa, Stati Uniti e Giappone si sono riuniti sulle montagne del Colorado per iniziare a discutere di un grande progetto comune, in cui far convogliare ingenti risorse umane e finanziarie. E mentre sono appena partiti i lavori per Lhc (Large hadron collider), il nuovo acceleratore del Cern, i fisici stanno pensando al dopo. Dovendo investigare la materia e le particelle di cui è composta, il progetto prevede la costruzione di un enorme acceleratore, di dimensioni pari ad almeno 32 chilometri. Costo previsto: 6 miliardi di dollari (che significa circa 12 mila miliardi di lire). Perché per ordinare, almeno in parte, l'intricato puzzle della fisica particellare e con essa capire le prime fasi che successive al Big Bang, è necessario esplorare range di energia molto superiori rispetto a quelli attuali. Il bosone di Higgs, fra gli altri, potrebbe nascondersi proprio lì. Se dovesse andare in porto, si tratterebbe quindi di una operazione scientifica titanica. Ma prima di vederlo in funzione bisognerà attendere molti anni ancora. Almeno fino al 2011-2012 sempre che i lavori per la costruzione abbiano inizio attorno al 2004-2005. Se l'accordo sulla importanza di costruire un acceleratore di nuova generazione è stato immediato, lo stesso non si può dire per alcuni aspetti tecnici e organizzativi. Molto accese sono state quindi le discussioni sul disegno del nuovo acceleratore e soprattutto sui possibili finanziatori, e ancora nessuno sa chi potrebbe coprire i fondi necessari per la sua realizzazione. Inoltre nell'occhio del ciclone ci sono anche questioni tecniche, non secondarie a quelle finanziarie, che riguardano la forma dell'acceleratore (circolare oppure lineare?), le tecnologie a cui ricorrere per accelerare i fasci all'energia necessaria per gli esperimenti e non ultimo il tipo di particelle che verrebbero accelerate. Potrebbero essere, infatti, fasci di elettroni o di protoni, e questa decisione implica necessariamente due esperimenti completamente diversi. Infatti i protoni, al contrario degli elettroni, sono composti di diverse particelle fondamentali, i quarks e i gluoni. Ma anche la scelta del sito in cui impiantarlo potrebbe protrarsi in lunghe discussioni. Perché a parte i vantaggi di avere in patria un tale strumento scientifico, il paese ospitante dovrebbe anche impegnarsi a coprire circa il 50% del costo del progetto. E per quella nazione questo potrebbe significare una riduzione drastica dei finanziamenti ad altri progetti in fisica delle alte energie

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                • #38
                  beh,
                  spero con questo di aver chiarito qualcosa al genchetto,
                  e che c'è vò?
                  anzi ,al contrario,
                  me aspetto qualche altra brillante idea ...
                  almeno fa discutere..
                  qualche milardo de volts,
                  da mettre in ta tasca..

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