Prova del 6 ottobre – c’è anche un “terziario”
La prova del 6 ottobre sul singolo gattone è stata recentemente ripresa da Camillo che a sostegno della validità della prova e del funzionamento dell’ecat ha citato le analisi degli errori fatta da QED. Queste rappresentano certamente un lavoro pregevole, ma sembrano affidarsi troppo ad una controversa stima dell’errore sulla misura della temperatura in uscita dal circuito secondario.
Anche i dati del circuito primario non consentono una valutazione precisa del bilancio termico a causa della mancanza di informazioni sulla portata e sulle vere condizioni del fluido in uscita.
Tuttavia esiste un terzo ambito di analisi che potrebbe consentire di fare delle interessanti considerazioni qualitative. Si tratterebbe dell’ambiente, cioè la stanza, in cui si è svolto il test e che si comporta come una sorta di serbatoio “terziario” di calore. Di questo ambiente è stata registrata la temperatura durante tutta la giornata e, come mostrato nel jpeg allegato, la curva del suo andamento fornisce alcuni spunti di riflessione.
Si nota chiaramente che la temperatura ambiente (T1) sale gradualmente a partire dalle 13:40 circa, da quando cioè la temperatura interna dell’e-cat raggiunge i 100°C. Continua poi a cresce rapidamente raggiungendo il valore massimo alle 16:22, cioè mezz’ora dopo lo spegnimento delle scaldiglie. Subito dopo inizia un’altrettanto rapida discesa, che assomiglia ad un andamento esponenziale di raffreddamento verso un valore asintotico di mezzo grado maggiore di quello iniziale.
Dal punto di vista qualitativo, questo andamento, misurato dal sensore interno del data logger appoggiato sul tavolo accanto all’ecat, è compatibile con l’ipotesi che l’unica fonte di energia all’interno del gattone sia stata la scaldiglia elettrica. Infatti si possono evidenziare i seguenti aspetti:
1 - il ritardo di 2 ore circa tra l’inizio della loro alimentazione e l’inizio della salita di T1 dipende dalla consitente massa metallica (quasi un quintale) dell’ecat e dalle resistenze termiche tra la scaldiglia e la superficie esterna. Queste ultime, oltre alla coibentazione esterna, includono presumibilmente anche l’aria tra scaldiglia e “schermi” metallici e tra quest’ultimi e il contenitore metallico interno.
2 – gli stessi elementi sopradescritti (inerzia e resistenza termica) spiegano anche il ritardo di mezz’ora tra lo spegnimento della scaldiglia e l’istante in cui T1 raggiunge il valore massimo
3 – la temperatura finale più alta di mezzo grado è compatibile con il riscaldamento ambientale, cioè dei muri e delle strutture interne, dovuto alla diversa ora (al mattino è più freddo) e al calore dissipato dal test.
Viceversa se al momento dello spegnimento della scaldiglia fosse continuato uno sviluppo di calore all’interno dell’ecat, come quello mostrato da QED nelle sue curve, la temperatura ambiente T1 avrebbe dovuto continuare a crescere tendendo asintoticamente ad un valore asintotico sensibilmente superiore alla temperatura di partenza del mattino. Inoltre, se questo calore fosse stato prodotto da una reazione che richiedeva la presenza dell’idrogeno, il deciso calo di temperatura, simile a quello registrato alle 16:22, sarebbe dovuto avvenire solo dopo un certo tempo dalla rimozione dell’idrogeno stesso, cioè verso le 19:30.
Quindi, in conclusione, l’andamento della temperatura ambiente registrato durante la prova del 6 ottobre sembrerebbe suggerire la presenza di una fonte di calore che perdura fino alle 16 circa, fin quando la T1 cresce, e poi cessa completamente lasciando che la stanza si raffreddi progressivamente fino ad un valore di temperatura solo leggermente superiore a quello del mattino. Questo fatto escluderebbe tra l’altro la presenza di una qualsiasi altra fonte energetica occulta (da batterie o combustibili chimici) che talvolta qualcuno ipotizza per spiegare l’andamento del test. Sembra quindi che l’andamento della curva T1 possa essere spiegato semplicemente dall’effetto Joule delle scaldiglie combinato con la grande inerzia termica del gattone.
La prova del 6 ottobre sul singolo gattone è stata recentemente ripresa da Camillo che a sostegno della validità della prova e del funzionamento dell’ecat ha citato le analisi degli errori fatta da QED. Queste rappresentano certamente un lavoro pregevole, ma sembrano affidarsi troppo ad una controversa stima dell’errore sulla misura della temperatura in uscita dal circuito secondario.
Anche i dati del circuito primario non consentono una valutazione precisa del bilancio termico a causa della mancanza di informazioni sulla portata e sulle vere condizioni del fluido in uscita.
Tuttavia esiste un terzo ambito di analisi che potrebbe consentire di fare delle interessanti considerazioni qualitative. Si tratterebbe dell’ambiente, cioè la stanza, in cui si è svolto il test e che si comporta come una sorta di serbatoio “terziario” di calore. Di questo ambiente è stata registrata la temperatura durante tutta la giornata e, come mostrato nel jpeg allegato, la curva del suo andamento fornisce alcuni spunti di riflessione.
Si nota chiaramente che la temperatura ambiente (T1) sale gradualmente a partire dalle 13:40 circa, da quando cioè la temperatura interna dell’e-cat raggiunge i 100°C. Continua poi a cresce rapidamente raggiungendo il valore massimo alle 16:22, cioè mezz’ora dopo lo spegnimento delle scaldiglie. Subito dopo inizia un’altrettanto rapida discesa, che assomiglia ad un andamento esponenziale di raffreddamento verso un valore asintotico di mezzo grado maggiore di quello iniziale.
Dal punto di vista qualitativo, questo andamento, misurato dal sensore interno del data logger appoggiato sul tavolo accanto all’ecat, è compatibile con l’ipotesi che l’unica fonte di energia all’interno del gattone sia stata la scaldiglia elettrica. Infatti si possono evidenziare i seguenti aspetti:
1 - il ritardo di 2 ore circa tra l’inizio della loro alimentazione e l’inizio della salita di T1 dipende dalla consitente massa metallica (quasi un quintale) dell’ecat e dalle resistenze termiche tra la scaldiglia e la superficie esterna. Queste ultime, oltre alla coibentazione esterna, includono presumibilmente anche l’aria tra scaldiglia e “schermi” metallici e tra quest’ultimi e il contenitore metallico interno.
2 – gli stessi elementi sopradescritti (inerzia e resistenza termica) spiegano anche il ritardo di mezz’ora tra lo spegnimento della scaldiglia e l’istante in cui T1 raggiunge il valore massimo
3 – la temperatura finale più alta di mezzo grado è compatibile con il riscaldamento ambientale, cioè dei muri e delle strutture interne, dovuto alla diversa ora (al mattino è più freddo) e al calore dissipato dal test.
Viceversa se al momento dello spegnimento della scaldiglia fosse continuato uno sviluppo di calore all’interno dell’ecat, come quello mostrato da QED nelle sue curve, la temperatura ambiente T1 avrebbe dovuto continuare a crescere tendendo asintoticamente ad un valore asintotico sensibilmente superiore alla temperatura di partenza del mattino. Inoltre, se questo calore fosse stato prodotto da una reazione che richiedeva la presenza dell’idrogeno, il deciso calo di temperatura, simile a quello registrato alle 16:22, sarebbe dovuto avvenire solo dopo un certo tempo dalla rimozione dell’idrogeno stesso, cioè verso le 19:30.
Quindi, in conclusione, l’andamento della temperatura ambiente registrato durante la prova del 6 ottobre sembrerebbe suggerire la presenza di una fonte di calore che perdura fino alle 16 circa, fin quando la T1 cresce, e poi cessa completamente lasciando che la stanza si raffreddi progressivamente fino ad un valore di temperatura solo leggermente superiore a quello del mattino. Questo fatto escluderebbe tra l’altro la presenza di una qualsiasi altra fonte energetica occulta (da batterie o combustibili chimici) che talvolta qualcuno ipotizza per spiegare l’andamento del test. Sembra quindi che l’andamento della curva T1 possa essere spiegato semplicemente dall’effetto Joule delle scaldiglie combinato con la grande inerzia termica del gattone.
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