Salve amici tutti
Sono stato contattato privatamente da un nuovo amico, mi ha posto le solite domande di chiarimento, sugli esperimenti che eseguiamo in cella elettrolitica.
Siccome le risposte che gli ho inviato, saranno sicuramente utili ad altri nuovi del forum, ho deciso di pubblicare quì le due risposte che gli ho inviato in forma privata.
Carissimo E…….
Non c’è bisogno che mi ringrazi, perché mi sono comportato come una normale persona civile.
Per l’alimentatore è talmente semplice, che basta una spiegazione scritta; l’uscita del variac la si manda ad un ponte raddrizzatore da 800 volt 25 ampere, l’uscita pulsante, va collegata ad una batteria di condensatori elettrolitici da 450 Vcc connessi in parallelo, per livellare la tensione; io suggerisco un minimo di tre condensatori da 470 microfarad ,valore massimo in commercio a queste tensioni.
In parallelo ai condensatori, va applicata una resistenza da 10000 ohm 15 watt, serve a scaricare i condensatori quando spegni il tutto; potresti montare sempre in parallelo, un condensatore ceramico da 10000 picofarad 1000 volt, serve ad abbassare eventuali disturbi elettromagnetici, che potrebbero essere generati dalla cella elettrolitica.
Per finire, colleghi un filo nero al polo negativo dei condensatori, ed un filo rosso al polo positivo; questi saranno i cavi che collegherai agli elettrodi della cella.
Ricorda che durante il funzionamento, riscalderà un poco la resistenza e molto il ponte raddrizzatore, pertanto ti suggerisco di applicare il suddetto ponte su di una aletta di raffreddamento, anche di modeste dimensioni.
Tutti questi componenti, per una questione di sicurezza, vanno messi dentro ad una scatola di plastica, in vendita in varie misure, nei negozi di materiale elettrico.
Io per maggiore sicurezza ho installato un salvavita da 0,03 ampere nel laboratorio, oltre a quello vicino al contatore enel, e l’ho fatto seguire da un magnetotermico da 10 ampere, così al primo sovraccarico, non rimango al buio. Inoltre uso guanti dielettrici da 5000 volt acquistabili presso i negozi di attrezzature antinfortunistiche, il tutto per lavorare con la massima tranquillità.
Dopo le mie esperienze con le celle elettrolitiche, mi sento di consigliarti di tenere le dimensioni degli elettrodi immersi, uguali; altrimenti se ti trovi con un elettrodo più corto, e la tensione applicata supera i 100 Vcc, si innescano dei fenomeni di luminescenza che con l’aumentare della tensione divengono molto violenti, fino a formare un plasma elettrolitico che può portare alla fusione di un elettrodo di tungsteno (3410 °C). questi fenomeni violenti e molto energetici, sono oggetto di studio da parte nostra, chiamandoli impropriamente fusione fredda elettrolitica (vedi forum su :
http://www.progettomeg.it
Questi fenomeni, se avvengono nella tua cella, potrebbero rovinare quei delicati processi che tenti di accelerare, quindi sappiti regolare di conseguenza.
Ho pubblicato diversi filmati sulla cella elettrolitica oggetto dei nostri studi:
http://mio.discoremoto.virgilio.it/remond
http://mio.discoremoto.virgilio.it/mondaini
http://mio.discoremoto.virgilio.it/mondaini2
Inoltre ho regalato al webmaster di http://www.progettomeg.it un video inedito, in cui faccio vedere il diverso comportamento di vari sali; questo DVD è in vendita nella sezione “la vetrina” del suddetto sito, lo considero un mio finanziamento e sostegno a questo sito.
Se hai bisogno di altre spiegazioni, sono sempre a disposizione.
Ti auguro ogni bene
Renzo Mondaini (Ravenna)
Carissimo E…….
Ho visionato le tue foto, ed ho notato subito che lavori bene e preciso; io un po’ meno, come vedi dai miei filmati.
Comunque, dopo più di un anno di esperienza con il plasma, vedendo il tuo lavoro certosino, mi viene da sorridere (in senso scherzoso naturalmente); perché se quel bell’impianto l’usi per accelerare le tue reazioni, può andare bene, ma se ci devi fare del plasma a 3000 °C ed oltre, ti accorgerai che ti si scquaglirà il tappo, e tutto quello che ci sta sopra.
Innanzitutto ti rammento che il plasma, lo puoi ottenere solo con il catodo di tungsteno, in quanto è il metallo col più alto punto di fusione 3420 °C, mentre i metalli comuni, non raggiungono i 2000 °C, tieni presente che il ferro fonde (solo) a 1536 °C.
Prova ad immaginare il catodo, che nella parte immersa raggiunge i 3000 °C circa, ora immagina anche che questo calore sale su, fino alla tua presa di plastica, la quale si rammollisce già alla temperatura dell’acqua bollente; non continuo perché capisci da te.
Il mio consiglio spassionato, è quello di fare l’esperimento del plasma con quello che hai costruito ora; solo così ti renderai conto veramente della potenza sprigionata nella cella. Ti renderai conto da te stesso, che sarà come imprigionare un demone.
Devi sapere inoltre, che il tungsteno non si piega, si spezza; quindi la presa la devi tenere sopra al foro dove esce il catodo, per anodo puoi usare un filo di acciaio inox da 2-3 mm di diametro, quello lo puoi piegare ed inserirlo nell’altro foro della presa.
Usando un catodo di ferro, non riuscirai ad ottenere un bel plasma, perché inizierà a fondere in fase di preplasma, ti cadrà una goccia fusa sul fondo del vaso di pyrex, e ti causerà una crepa, se tutto va bene. Ti consiglio di mettere sotto il vaso un recipiente basso di vetro, quelli da cucina, anche se non è di pyrex va bene lo stesso, servirà a contenere il liquido, casomai si rompesse il vaso sovrastante.
Il secondo marchingegno che costruirai, vedrai che riuscirà a contenere il demone.
Cerca in soffitta o da un rigattiere, delle vecchie prese di corrente, avevano i morsetti montati sopra una piastrina di ceramica; questo materiale resiste bene al calore, più delle materie plastiche e del vetro.
Naturalmente ricorderai che il plasma si forma al catodo, se questo è meno immerso dell’anodo, diciamo 1/5-1/6. Ora se tieni il catodo vicino alla superficie, noterai che l’acqua ribollirà tremendamente, direi quasi che scoppietterà, come se vi scoppiassero dei mortaretti dentro.
Si risolve la cosa, immergendo la parte che deve produrre il plasma, ma per fare questo, devi isolare elettricamente il gambo del catodo che si immerge. Un tubetto di pyrex dura poco, ci viene in aiuto la ceramica, come dicevo; serve a questo punto un tubetto di detto materiale, lo si può procurare svuotando un fusibile industriale di ceramica della lunghezza di 5 cm, reperibile da un qualsiasi elettricista, oppure si svolge il filo da una vecchia resistenza di ceramica, composta da un tubetto di ceramica.
Purtroppo il copricatodo è una nota dolente, perché a lungo andare si rompe o si fonde anche la ceramica; si prolunga la sua vita, facendo in modo che il catodo vi stia esattamente al centro, senza toccare le pareti, altrimenti si fonderà e si salderà all’elettrodo.
Io ho eseguito un esperimento della durata di ore, dopo di ché mi sono accorto che la ceramica assorbiva l’elettrolita, quindi faceva lei da catodo, anche perché contenendo ioni di sodio e di potassio, diviene conduttiva ad alte temperature; l’ho vista cominciare a bruciare, fino a produrre una luce intensissima, bianca, accecante; il tutto sott’acqua.
Forse un materiale migliore, come copricatodo, sarebbe un tubetto di porcellana, dovrebbe avere meno porosità, ma in ogni caso la parte terminale, quella a contatto col plasma, soffrirà sempre; perché il punto di fusione della ceramica e della porcellana, è circa 3000 °C.
Ora non mi viene in mente nessun altro consiglio utile, visto l’ora ti mando questo; mi raccomando però, documenta il tuo esperimento, in quanto non ce n’è uno uguale all’altro.
Buoni esperimenti, e che il demone sia domato.
Renzo Mondaini (Ravenna)
Edited by remond - 26/11/2005, 10:44
Sono stato contattato privatamente da un nuovo amico, mi ha posto le solite domande di chiarimento, sugli esperimenti che eseguiamo in cella elettrolitica.
Siccome le risposte che gli ho inviato, saranno sicuramente utili ad altri nuovi del forum, ho deciso di pubblicare quì le due risposte che gli ho inviato in forma privata.
Carissimo E…….
Non c’è bisogno che mi ringrazi, perché mi sono comportato come una normale persona civile.
Per l’alimentatore è talmente semplice, che basta una spiegazione scritta; l’uscita del variac la si manda ad un ponte raddrizzatore da 800 volt 25 ampere, l’uscita pulsante, va collegata ad una batteria di condensatori elettrolitici da 450 Vcc connessi in parallelo, per livellare la tensione; io suggerisco un minimo di tre condensatori da 470 microfarad ,valore massimo in commercio a queste tensioni.
In parallelo ai condensatori, va applicata una resistenza da 10000 ohm 15 watt, serve a scaricare i condensatori quando spegni il tutto; potresti montare sempre in parallelo, un condensatore ceramico da 10000 picofarad 1000 volt, serve ad abbassare eventuali disturbi elettromagnetici, che potrebbero essere generati dalla cella elettrolitica.
Per finire, colleghi un filo nero al polo negativo dei condensatori, ed un filo rosso al polo positivo; questi saranno i cavi che collegherai agli elettrodi della cella.
Ricorda che durante il funzionamento, riscalderà un poco la resistenza e molto il ponte raddrizzatore, pertanto ti suggerisco di applicare il suddetto ponte su di una aletta di raffreddamento, anche di modeste dimensioni.
Tutti questi componenti, per una questione di sicurezza, vanno messi dentro ad una scatola di plastica, in vendita in varie misure, nei negozi di materiale elettrico.
Io per maggiore sicurezza ho installato un salvavita da 0,03 ampere nel laboratorio, oltre a quello vicino al contatore enel, e l’ho fatto seguire da un magnetotermico da 10 ampere, così al primo sovraccarico, non rimango al buio. Inoltre uso guanti dielettrici da 5000 volt acquistabili presso i negozi di attrezzature antinfortunistiche, il tutto per lavorare con la massima tranquillità.
Dopo le mie esperienze con le celle elettrolitiche, mi sento di consigliarti di tenere le dimensioni degli elettrodi immersi, uguali; altrimenti se ti trovi con un elettrodo più corto, e la tensione applicata supera i 100 Vcc, si innescano dei fenomeni di luminescenza che con l’aumentare della tensione divengono molto violenti, fino a formare un plasma elettrolitico che può portare alla fusione di un elettrodo di tungsteno (3410 °C). questi fenomeni violenti e molto energetici, sono oggetto di studio da parte nostra, chiamandoli impropriamente fusione fredda elettrolitica (vedi forum su :
http://www.progettomeg.it
Questi fenomeni, se avvengono nella tua cella, potrebbero rovinare quei delicati processi che tenti di accelerare, quindi sappiti regolare di conseguenza.
Ho pubblicato diversi filmati sulla cella elettrolitica oggetto dei nostri studi:
http://mio.discoremoto.virgilio.it/remond
http://mio.discoremoto.virgilio.it/mondaini
http://mio.discoremoto.virgilio.it/mondaini2
Inoltre ho regalato al webmaster di http://www.progettomeg.it un video inedito, in cui faccio vedere il diverso comportamento di vari sali; questo DVD è in vendita nella sezione “la vetrina” del suddetto sito, lo considero un mio finanziamento e sostegno a questo sito.
Se hai bisogno di altre spiegazioni, sono sempre a disposizione.
Ti auguro ogni bene
Renzo Mondaini (Ravenna)
Carissimo E…….
Ho visionato le tue foto, ed ho notato subito che lavori bene e preciso; io un po’ meno, come vedi dai miei filmati.
Comunque, dopo più di un anno di esperienza con il plasma, vedendo il tuo lavoro certosino, mi viene da sorridere (in senso scherzoso naturalmente); perché se quel bell’impianto l’usi per accelerare le tue reazioni, può andare bene, ma se ci devi fare del plasma a 3000 °C ed oltre, ti accorgerai che ti si scquaglirà il tappo, e tutto quello che ci sta sopra.
Innanzitutto ti rammento che il plasma, lo puoi ottenere solo con il catodo di tungsteno, in quanto è il metallo col più alto punto di fusione 3420 °C, mentre i metalli comuni, non raggiungono i 2000 °C, tieni presente che il ferro fonde (solo) a 1536 °C.
Prova ad immaginare il catodo, che nella parte immersa raggiunge i 3000 °C circa, ora immagina anche che questo calore sale su, fino alla tua presa di plastica, la quale si rammollisce già alla temperatura dell’acqua bollente; non continuo perché capisci da te.
Il mio consiglio spassionato, è quello di fare l’esperimento del plasma con quello che hai costruito ora; solo così ti renderai conto veramente della potenza sprigionata nella cella. Ti renderai conto da te stesso, che sarà come imprigionare un demone.
Devi sapere inoltre, che il tungsteno non si piega, si spezza; quindi la presa la devi tenere sopra al foro dove esce il catodo, per anodo puoi usare un filo di acciaio inox da 2-3 mm di diametro, quello lo puoi piegare ed inserirlo nell’altro foro della presa.
Usando un catodo di ferro, non riuscirai ad ottenere un bel plasma, perché inizierà a fondere in fase di preplasma, ti cadrà una goccia fusa sul fondo del vaso di pyrex, e ti causerà una crepa, se tutto va bene. Ti consiglio di mettere sotto il vaso un recipiente basso di vetro, quelli da cucina, anche se non è di pyrex va bene lo stesso, servirà a contenere il liquido, casomai si rompesse il vaso sovrastante.
Il secondo marchingegno che costruirai, vedrai che riuscirà a contenere il demone.
Cerca in soffitta o da un rigattiere, delle vecchie prese di corrente, avevano i morsetti montati sopra una piastrina di ceramica; questo materiale resiste bene al calore, più delle materie plastiche e del vetro.
Naturalmente ricorderai che il plasma si forma al catodo, se questo è meno immerso dell’anodo, diciamo 1/5-1/6. Ora se tieni il catodo vicino alla superficie, noterai che l’acqua ribollirà tremendamente, direi quasi che scoppietterà, come se vi scoppiassero dei mortaretti dentro.
Si risolve la cosa, immergendo la parte che deve produrre il plasma, ma per fare questo, devi isolare elettricamente il gambo del catodo che si immerge. Un tubetto di pyrex dura poco, ci viene in aiuto la ceramica, come dicevo; serve a questo punto un tubetto di detto materiale, lo si può procurare svuotando un fusibile industriale di ceramica della lunghezza di 5 cm, reperibile da un qualsiasi elettricista, oppure si svolge il filo da una vecchia resistenza di ceramica, composta da un tubetto di ceramica.
Purtroppo il copricatodo è una nota dolente, perché a lungo andare si rompe o si fonde anche la ceramica; si prolunga la sua vita, facendo in modo che il catodo vi stia esattamente al centro, senza toccare le pareti, altrimenti si fonderà e si salderà all’elettrodo.
Io ho eseguito un esperimento della durata di ore, dopo di ché mi sono accorto che la ceramica assorbiva l’elettrolita, quindi faceva lei da catodo, anche perché contenendo ioni di sodio e di potassio, diviene conduttiva ad alte temperature; l’ho vista cominciare a bruciare, fino a produrre una luce intensissima, bianca, accecante; il tutto sott’acqua.
Forse un materiale migliore, come copricatodo, sarebbe un tubetto di porcellana, dovrebbe avere meno porosità, ma in ogni caso la parte terminale, quella a contatto col plasma, soffrirà sempre; perché il punto di fusione della ceramica e della porcellana, è circa 3000 °C.
Ora non mi viene in mente nessun altro consiglio utile, visto l’ora ti mando questo; mi raccomando però, documenta il tuo esperimento, in quanto non ce n’è uno uguale all’altro.
Buoni esperimenti, e che il demone sia domato.
Renzo Mondaini (Ravenna)
Edited by remond - 26/11/2005, 10:44
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