Originariamente inviato da marcober
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Guarda che quelli che pensano di "razionalizzare" il mercato sono i paesi produttori, OPEC soprattutto. E lo fanno da sempre. Negli USA si limitano a controllare le esportazioni per sfruttare al massimo il vantaggio attuale.
Quello di cui parlavo è l'azione di programmazione per le fonti alternetive. Cioè l'incentivazione che continuo a ritenere un'ottima scelta.
Senza una scelta incentivante temporanea e una politica di programmazione dedicata la transizione fra fossili e rinnovabili sarebbe stata traumatica e lunga. Non esiste un "anticipo esagerato". Esiste uno sforzo di investimento lungimirante e scaricato sul consumo privato! Che se lo può ampiamente permettere, visto che ha deciso (perché è stato il privato!) di potersi permettere di rinunciare di colpo alla produzione nucleare nel momento in cui era più produttivo distruggendo un settore industriale e imponendo enormi costi di riconversione e smantellamento.
Non mi interessa dibattere se così si sono salvate vite umane o meno. Non è una discussione green, per capirci.
Mi interessa solo puntualizzare che la gente ha, di fatto, detto che è ampiamente disposta a pagare molto di più pur di avere energia da fonti pulite! E poco mi importa che qualcuno si illuda di precisare ora che lui non l'aveva intesa così e credeva che il costo della decisione sarebbe stato scaricato come da copione anni 70 ai "ricchi" e cioè alle imprese!
In ogni paese c'è una forte differenziazione fra tariffa energetica dedicata alla produzione e tariffa al privato. Qui c'è lo spazio per trovare le risorse necessarie alla scelta di incentivazione che porterà nel futuro a privilegiare la produzione da fonti rinnovabili con tutti i vantaggi connessi SENZA ricadute sull'occupazione.
E comunque a me pare molto improbabile che la produzione di 1 MWh da fossile importata crei più occupazione di 1MWh da rinnovabile. Specie se la miracolosa mano del mercato che dovrebbe far scendere i prezzi del petrolio verrà "guidata", come è estremamente probabile, da OPEC & c.
In un caso la produzione è centralizzata e occupa pochissimo personale specializzato, il grosso dell'occupazione resta nei paesi esportatori della fonte. Nel secondo caso c'è ampio spazio per la diffusione della produzione e dell'investimento necessario. E i ricavi nel primo caso restano in mano a pochissimi, anche contando l'azionariato che comunque non è vietato per le aziende "rinnovabili". Nel secondo è evidente a tutti la diffusione capillare degli utili e l'effetto traino su una notevole fascia di possibili attività di indotto (realizzazione pale e pannelli, installazione, elettronica, manutenzione, ecc.).
E' il solito discorso fra che vuol tenere i "piedi per terra" e privilegia il solito "si è sempre fatto così" contro sognatori e visionari.
Il problema è che i fatti stanno dimostrando che le scelte di produzione rinnovabile tutto sono fuorché visionarie, seppure indubbiamente costose all'inizio.
E ribadisco che l'evoluzione della faccenda shale negli USA potrebbe confermare che la scelta europea sulle FER sia stata lungimirante.
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