Interessante uno studio che ho letto ,in sintesi :
http://bastaconleurocrisi.blogspot.it/2016/01/euro-e-stagnazione-della-produttivita.html
Euro e stagnazione della produttività italiana
Ormai da diversi anni, un tema oggetto di intenso dibattito è la stagnazione delle produttività che l’economia italiana ha sperimentato in prossimità dell’ingresso nell’euro, e ancora di più successivamente.
Per far luce sul tema, è utile prendere in considerazione la legge di Kaldor-Verdoorn, secondo la quale la produttività tende a salire in funzione del prodotto fisico di un sistema economico.
La ragione è intuitiva. Se un’economia cresce, ci sono più risorse a disposizione, e più incentivo ad investirle in nuovi impianti e tecnologie più avanzate. E ci sono anche maggiori economie di apprendimento – più si fa, e meglio s’impara a fare, banalmente detto.
Fino all’avvento dell’euro, la crescita reale dell’economia italiana è stata soddisfacente, in linea con le medie europee.
Partite correnti in equilibrio, in situazione di domanda interna italiana a livelli normali (non euforici né depressi), implicano che il cambio di ingresso nell’euro non era, almeno inizialmente, “sbagliato”.
La crescita italiana ha rallentato in quegli anni, ma l’indiziato principale non è il cambio bensì l’adozione di politiche economiche restrittive, finalizzate a rientrare nei parametri del trattato di Maastricht: in particolare, con riferimento a inflazione e rapporto deficit pubblico / PIL.
A questo punto il rallentamento della crescita ha prodotto la stagnazione della produttività. Nel frattempo la Germania guadagnava non tanto in termini di produttività, ma di competitività – attuando politiche di forte contenimento salariale.
L’Italia è quindi entrata in un circolo vizioso. La combinazione di politiche economiche restrittive, di stagnazione della produttività e di peggioramento della competitività ha agito negativamente sulla domanda, sulla crescita e di conseguenza (Kaldor – Verdoorn) ha ulteriormente penalizzato la produttività.
La crisi finanziaria del 2008 ha ulteriormente enfatizzato questa situazione negativa. E l’austerità adottata dal 2011 in poi, in diretta conseguenza della crisi dei debiti sovrani, ancora di più.
Il nesso tra euro e stagnazione della produttività quindi esiste ed è estremamente significativo, ma per ragioni più variegate rispetto a una semplice causazione cambio sopravvalutato ==> ristagno della produttività.
Il nesso tra euro e stagnazione della produttività quindi esiste ed è estremamente significativo, ma per ragioni più variegate rispetto a una semplice causazione cambio sopravvalutato ==> ristagno della produttività.
L’euro ha svolto un ruolo in quanto:
UNO, la necessità di rispettare i parametri di Maastricht ha costretto l’Italia ad adottare e mantenere politiche fiscali restrittive.
DUE, i guadagni di competitività tedeschi in un regime di monete nazionali e cambi flessibili sarebbero stati, con ogni probabilità, gradualmente compensati dalla rivalutazione del marco contro la lira. Questo non è avvenuto, ed ha ulteriormente penalizzato la crescita italiana.
E soprattutto, nel 2011 (1) Monti non avrebbe dovuto accettare l’adozione di livelli di austerità così massicci (sotto forma principalmente di imposte su patrimonio e consumi e di tagli di spesa pensionistica) e (2) nella misura in cui questi interventi fossero stati attuati, almeno in parte si sarebbe dovuto utilizzarli (anche qui) per ridurre il cuneo e quindi il costo del lavoro lordo per le aziende.
E’ comunque indubbio che l’euro, o più propriamente i vincoli dell’Eurosistema e l’insieme delle politiche adottate per cercare, in qualche modo, di evitarne la rottura, hanno una stretta relazione con il declino della produttività italiana.
La soluzione passa dall’uscita da questi vincoli. Il che si attua mediante politiche espansive della domanda, abbinate a un miglioramento della competitività delle aziende (per evitare l’insorgere di squilibri commerciali esteri).
?
http://bastaconleurocrisi.blogspot.it/2016/01/euro-e-stagnazione-della-produttivita.html
Euro e stagnazione della produttività italiana
Ormai da diversi anni, un tema oggetto di intenso dibattito è la stagnazione delle produttività che l’economia italiana ha sperimentato in prossimità dell’ingresso nell’euro, e ancora di più successivamente.
Per far luce sul tema, è utile prendere in considerazione la legge di Kaldor-Verdoorn, secondo la quale la produttività tende a salire in funzione del prodotto fisico di un sistema economico.
La ragione è intuitiva. Se un’economia cresce, ci sono più risorse a disposizione, e più incentivo ad investirle in nuovi impianti e tecnologie più avanzate. E ci sono anche maggiori economie di apprendimento – più si fa, e meglio s’impara a fare, banalmente detto.
Fino all’avvento dell’euro, la crescita reale dell’economia italiana è stata soddisfacente, in linea con le medie europee.
Partite correnti in equilibrio, in situazione di domanda interna italiana a livelli normali (non euforici né depressi), implicano che il cambio di ingresso nell’euro non era, almeno inizialmente, “sbagliato”.
La crescita italiana ha rallentato in quegli anni, ma l’indiziato principale non è il cambio bensì l’adozione di politiche economiche restrittive, finalizzate a rientrare nei parametri del trattato di Maastricht: in particolare, con riferimento a inflazione e rapporto deficit pubblico / PIL.
A questo punto il rallentamento della crescita ha prodotto la stagnazione della produttività. Nel frattempo la Germania guadagnava non tanto in termini di produttività, ma di competitività – attuando politiche di forte contenimento salariale.
L’Italia è quindi entrata in un circolo vizioso. La combinazione di politiche economiche restrittive, di stagnazione della produttività e di peggioramento della competitività ha agito negativamente sulla domanda, sulla crescita e di conseguenza (Kaldor – Verdoorn) ha ulteriormente penalizzato la produttività.
La crisi finanziaria del 2008 ha ulteriormente enfatizzato questa situazione negativa. E l’austerità adottata dal 2011 in poi, in diretta conseguenza della crisi dei debiti sovrani, ancora di più.
Il nesso tra euro e stagnazione della produttività quindi esiste ed è estremamente significativo, ma per ragioni più variegate rispetto a una semplice causazione cambio sopravvalutato ==> ristagno della produttività.
Il nesso tra euro e stagnazione della produttività quindi esiste ed è estremamente significativo, ma per ragioni più variegate rispetto a una semplice causazione cambio sopravvalutato ==> ristagno della produttività.
L’euro ha svolto un ruolo in quanto:
UNO, la necessità di rispettare i parametri di Maastricht ha costretto l’Italia ad adottare e mantenere politiche fiscali restrittive.
DUE, i guadagni di competitività tedeschi in un regime di monete nazionali e cambi flessibili sarebbero stati, con ogni probabilità, gradualmente compensati dalla rivalutazione del marco contro la lira. Questo non è avvenuto, ed ha ulteriormente penalizzato la crescita italiana.
E soprattutto, nel 2011 (1) Monti non avrebbe dovuto accettare l’adozione di livelli di austerità così massicci (sotto forma principalmente di imposte su patrimonio e consumi e di tagli di spesa pensionistica) e (2) nella misura in cui questi interventi fossero stati attuati, almeno in parte si sarebbe dovuto utilizzarli (anche qui) per ridurre il cuneo e quindi il costo del lavoro lordo per le aziende.
E’ comunque indubbio che l’euro, o più propriamente i vincoli dell’Eurosistema e l’insieme delle politiche adottate per cercare, in qualche modo, di evitarne la rottura, hanno una stretta relazione con il declino della produttività italiana.
La soluzione passa dall’uscita da questi vincoli. Il che si attua mediante politiche espansive della domanda, abbinate a un miglioramento della competitività delle aziende (per evitare l’insorgere di squilibri commerciali esteri).
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