Non è per caso che nessun problema sia stato sollevato circa l'indebitamento del Giappone, che tocca il 178% del Pil, che è perciò più elevato di Grecia, Portogallo, Italia, e di tanti altri Stati sottoposti a strumentali pressioni per il rinnovo dei loro titoli.
I recenti sviluppi dell’analisi economica hanno invece mostrato come non esista, in linea di principio, alcun limite all’espansione del debito pubblico. La questione del pagamento del debito può allora essere trattata senza fare alcun riferimenti ad eventuali misure di stabilizzazione o abbattimento.
Senonché, il debito pubblico - a scadenza - è semplicemente rinnovato, cioè sostituito con altri titoli
. Quindi, del caso, si dovrebbe parlare di "crisi del rinnovo".
In effetti, con la parola "crisi" del debito pubblico, i detentori dei titoli "sovrani" (parliamo di grandi centri finanziari internazionali) vorrebbero non tanto denunciare una sua abnorme dimensione in rapporto al Pil nazionale (e quindi l' ipotetica possibilità che gli Stati non possano ripagarlo) bensì agitare questo spauracchio per giustificare una loro improvvisa renitenza a concorrere ad un regolare rinnovo dei titoli in scadenza.
Una ricalcitranza strumentale, studiata per dare origine ad una operazione finanziaria sui mercati, diretta ad abbassare le quotazioni dei titoli di alcuni Stati, e rendere loro in tal modo problematico e costoso il rinnovo dei titoli del debito in scadenza, determinando così le condizioni per una speculazione colossale. La "crisi" dunque è solo una "trovata", frutto dell'inventiva opportunista degli operatori finanziari internazionali.
https://www.studiocataldi.it/news_gi...dica_13033.asp
Questa manovra sui mercati dei titoli "sovrani", genera infatti profitti altissimi anche con i c.d. CDS, (in pratica una scommessa in forma di assicurazione contro il fallimento degli Stati) costituisce anche, nel contempo, sia un articolato marchingegno altamente speculativo, sia uno strumento per abbassare il valore di borsa delle azioni delle società ed enti dello Stato preso di mira (e che diventano così agevolmente acquistabili), sia uno strumento per l'avvio di nuovi assetti sociali, sia un attacco all'euro per rivalutare il dollaro: "colpire l'Italia per far sparire l'euro",
I recenti sviluppi dell’analisi economica hanno invece mostrato come non esista, in linea di principio, alcun limite all’espansione del debito pubblico. La questione del pagamento del debito può allora essere trattata senza fare alcun riferimenti ad eventuali misure di stabilizzazione o abbattimento.
Senonché, il debito pubblico - a scadenza - è semplicemente rinnovato, cioè sostituito con altri titoli
. Quindi, del caso, si dovrebbe parlare di "crisi del rinnovo".
In effetti, con la parola "crisi" del debito pubblico, i detentori dei titoli "sovrani" (parliamo di grandi centri finanziari internazionali) vorrebbero non tanto denunciare una sua abnorme dimensione in rapporto al Pil nazionale (e quindi l' ipotetica possibilità che gli Stati non possano ripagarlo) bensì agitare questo spauracchio per giustificare una loro improvvisa renitenza a concorrere ad un regolare rinnovo dei titoli in scadenza.
Una ricalcitranza strumentale, studiata per dare origine ad una operazione finanziaria sui mercati, diretta ad abbassare le quotazioni dei titoli di alcuni Stati, e rendere loro in tal modo problematico e costoso il rinnovo dei titoli del debito in scadenza, determinando così le condizioni per una speculazione colossale. La "crisi" dunque è solo una "trovata", frutto dell'inventiva opportunista degli operatori finanziari internazionali.
https://www.studiocataldi.it/news_gi...dica_13033.asp
Questa manovra sui mercati dei titoli "sovrani", genera infatti profitti altissimi anche con i c.d. CDS, (in pratica una scommessa in forma di assicurazione contro il fallimento degli Stati) costituisce anche, nel contempo, sia un articolato marchingegno altamente speculativo, sia uno strumento per abbassare il valore di borsa delle azioni delle società ed enti dello Stato preso di mira (e che diventano così agevolmente acquistabili), sia uno strumento per l'avvio di nuovi assetti sociali, sia un attacco all'euro per rivalutare il dollaro: "colpire l'Italia per far sparire l'euro",
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