Pannello Solare Termico- Impianto Idrico:

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Pannello solare termico: costruiamo il supporto e l’impianto

SUPPORTO DEL PANNELLO

Per il supporto del pannello (o di una batteria di essi) non posso darti che raccomandazioni, e due disegni esemplificativi.

Fig.4 come NON realizzare un supporto

Questo supportino asfittico non ha nemmeno il pregio di costare poco… ed è certo che al secondo o al terzo temporale con raffiche di vento ti troverai i pannelli in cortile, in strada o conficcati sul cofano dell’auto. Se va bene.
Il problema non sono i profilati di supporto, ma i due lati corti della cassa. Collegati in quel punto, i supporti li costringono a sopportare il peso e tutti gli sforzi che il vento esercita su di essi. Gli unici punti robusti della cassa sono gli angoli, o la prossimità di questi. Non andare a cercarti rogne, quindi…

Fig. 5 come collegare il pannello

Con i quattro supporti così conformati, le forze generate dal vento si scaricano sugli spigoli della cassa e su di un’ampia superficie del tetto. Anche le viti da legno per fissare il supporto alla cassa è meglio siano tante, piccole e lontane fra loro, in ossequio al principio dei fissaggi che dice ch’è molto meglio mettere 10 viti da 4 che una vite da 40…
Ho disegnato i supporti quadrati (40 x 40 spessore 3), ma vanno bene anche tondi (diametro circa 50 mm spessore 3) o in profilato ad “L” (50 x 50 spessore 6). Questo per darti un’idea. L’importante che i profili tubolari non si possano riempire d’acqua…
Se sei costretto a mettere i pannelli ad un’altezza notevole rispetto al tetto, ti conviene usare profilati più grossi, ma non troppo. Comunque non il doppio. E’ molto meglio (e molto più economico) allargare la superficie di appoggio a terra mediante tiranti in cavetto e relativi tenditori. Hai presente ciò che si fa per le antenne TV? Proprio quello intendo.

Se colleghi fra loro i quattro pali che sostengono il pannello secondo le diagonali dei quattro lati (hai presente i tralicci elettrici?) con tondino diametro 8 – 10 mm e dai 4 angoli alti fai partire tiranti (più lunghi sono meglio è, ma senza esagerare), potrai dormire tranquillo: più che tranquillo. Insomma, vedi tu.

IMPIANTO DEL PANNELLO SOLARE

impianto idrico pannello solare termico
Fig. 6 schema impianto

E’ necessario che parta da lontano. Da molto lontano.

Non ho molte probabilità che ti intenda di impianti idraulici ed elettrotecnici. Anche se sicuramente ti piace il “fai da tè”, non penso tu possieda le nozioni tecniche necessarie a fare da solo. Per questo motivo sarò lungo; molto lungo.

E circostanziato, molto circostanziato.

Montare una mensola in casa o riparare lo scarico del lavello è una cosa. Progettare un impianto idrotermico, seppur così semplice, è tutt’altro.

Compiere un seppur piccolo errore di valutazione può pregiudicare tutto, oltre ad essere potenzialmente pericoloso.

La temperatura dell’acqua dei pannelli potrebbe anche superare i 100°C, quindi è meglio fare in modo che non si possa creare la minima condizione di pericolo.

pannello termico - impianto idrico
Fig. 7 schema bidimensionale

Avrai già dato un’occhiata allo schema tridimensionale dell’impianto ed a quello qui sopra. Sicuramente ti saranno venute in mente un sacco di domande da farmi. Non mi resta altro che elencarle e risponderti.

D1 – Perché non posso far passare direttamente l’acqua sanitaria nei pannelli?
R1 – acqua può gelare. Poi c’è un sacco di altre considerazioni, ma questa è la risposta principale e conclusiva. Far circolare acqua calda nei pannelli in una gelida notte d’inverno, per evitare che il gelo disintegri tutto è poco ecointrosofico e per nulla naif.

D2 – Il mio boyler non ha il serpentino per il riscaldamento, ma è semplicemente a gas o elettrico. Cosa posso fare?
R2 – C’è poco da fare se non aspettare che il boyler sia da cambiare. Oppure che qualcuno ti compri il boyler che hai e ti permetta di spendere molto meno per acquistare quello nuovo. Ecointrosofia© è soprattutto usare il cervello. Buttare un boyler ancora funzionante per comprarne uno nuovo non lo è.

D3 – Perché la tubazione che porta l’acqua riscaldata dai pannelli al boyler fa un giro così lungo? Perché arriva fino all’ultimo pannello della fila? Non potrebbe essere allacciato al primo pannello? Non è uno spreco di materiale?
R3 – Ovviamente c’è un motivo più che valido. Che io proponga uno spreco ti è sembrato strano, vero? Il motivo risiede nel bilanciamento delle portate d’acqua in ogni pannello e delle perdite di carico di tutto l’impianto. Così come indicato nello schema, la lunghezza di ogni tratto di tubo che entra ed esce da ogni pannello è identica, quindi anche le perdite di carico (l’energia necessaria a mantenere in moto l’acqua nei tubi) lo sono. In questo modo l’acqua trova indifferente raggiungere il primo come l’ultimo pannello, quindi la quantità di calore che essa asporterà ad ognuno di essi sarà pressochè identica. Se così non fosse passerebbe molta più acqua nel pannello più vicino alla pompa, e molto poca nell’ultimo. Questo costringerebbe a complicati calcoli di bilanciamento con conseguente spreco di energia elettrica da richiedere alla pompa. Quel pezzo di tubo in più (non più di un paio di metri) lo si ripagherà in fretta tramite un risparmio (virtuale) in bolletta elettrica. E’ anche questo il motivo per il quale ti ho fatto costruire il serpentino con l’ingresso da una parte e l’uscita dall’altra. Meglio lasciare il meno possibile al caso…

D4 – E’ necessario installare una pompa elettrica? Ho sentito parlare di impianti privi di pompa che sfruttano la differenza del peso dell’acqua calda rispetto a quella fredda per farla circolare nei tubi.
R4 – Il sistema di impianto di cui hai sentito parlare si chiama “circolazione naturale” e sfrutta effettivamente la differenza in peso delle due masse d’acqua (ritorno caldo, mandata più fredda) a diversa temperatura. Al di là del fatto che il diametro di tutte le tubazioni dovrebbe essere molto più grande, occorrerebbero anche molti requisiti impiantistici che è quasi impossibile si possano verificare. Primo fra tutti (e purtroppo insormontabile) è il diametro della tubazione del serpentino del boyler, la sua conformazione e lunghezza che determinano la superficie di scambio termico. C’è poco da fare. O, meglio, si dovrebbe comprare un boyler speciale, la cui superficie, diametro e conformazione del serpentino (o dell’intercapedine) siano espressamente dimensionati per il tuo impianto. Tutto troppo complicato e costoso. Quindi per nulla ecointrosofico© né naif. Oltre a ciò, ci sono tutta una serie di obblighi tecnici che rendono praticamente impissibile adottare il sistema a circolazione naturale per questo nostro impianto. Per permettere al liquido di circolare senza pompa, è necessario un compromesso fra altezza totale dell’impianto e differenza di temperatura fra acqua di mandata e ritorno. Minore è l’altezza, più alta deve essere la differenza di temperatura. Non si scappa. E questo è incompatibile con la configurazione naif del nostro pannello.

D5 – Se non si può evitare di installare una pompa, come si può risparmiare sul suo funzionamento?
R5 – Come ho detto in precedenza, il periodo del giorno durante il quale avrai un effettivo recupero di calore è limitato. Otto-nove ore d’estate e quattro-cinque d’inverno è tutto ciò che possiamo sperare. Al di fuori di queste ore è inutile tenere accesa la pompa, anzi dannoso. Per questo motivo è necessario asservire il funzionamento della pompa ad un dispositivo che la faccia funzionare solo quando ce n’è davvero bisogno. Il più semplice è un orologio temporizzatore. Ma è poco efficiente per due motivi: durante l’anno il tempo di funzionamento cambia parecchio, costringendoti (se ti ricordi) di intervenire sul timer; il problema più grave, però, è che l’orologio non può sapere se il tempo è nuvoloso. Una cellula fotoelettrica crepuscolare è molto meglio. Però dovrebbe essere possibile tarare la sua sensibilità, in modo che si possa ottimizzare il funzionamento quando ci sono nuvole. Dopo un paio di aggiustamenti, tutto funzionerà. Ma il massimo è un termostato inserito sul fianco della cassa del pannello, col bulbo “immerso” nell’intercapedine d’aria fra cristallo e lamiera di captazione. Quando il sole comincia ad irraggiare, quest’aria sale rapidamente di temperatura. Se tari il termostato a 50°C, tutto sarà perfetto. Fra l’altro, il termostato è lo strumento meno costoso…

D6 – Che funzione ha il barilotto? E come funziona uno scaricatore automatico d’aria?
R6 – Il corretto funzionamento di ogni impianto dipende anche dalla totale assenza di aria al suo interno. Quel barilotto (non fare caso alle dimensioni perché lo schema non ne tiene conto) serve a riempire l’impianto di liquido e a raccogliere l’aria che si può formare all’interno delle tubazioni, soprattutto nei primi periodi di funzionamento. E passo allo scaricatore automatico d’aria. Al suo interno c’è un galleggiante che comanda una valvolina a spillo. Quando l’aria lo raggiunge questi si abbassa e la valvola a spillo si apre, scaricandola all’esterno. Come potrai notare, nello schema bidimensionale ne ho aggiunto uno prima della curva discendente, sulla tubazione di ritorno del liquido, verso il boyler. Naturalmente non ne ho messi altri, sullo schema, perché ogni impianto avrà le sue particolarità. Ma in ogni punto in cui l’aria si può fermare, anziché una curva occorre montare un raccordo filettato da 3/8″, al di sopra del quale va montato uno scaricatore automatico d’aria. In mancanza di questi, il liquido potrebbe anche non circolare. Un’ultima raccomandazione: non c’è alcun bisogno di dare pendenza alle tubazioni orizzontali dell’impianto. La velocità dell’acqua spinta dalla pompa sarà più che sufficiente a trasportare l’aria alla fine di un tratto rettilineo dopo il quale c’è una curva dove l’acqua deve scendere: èd è proprio in ognuna di queste zone che va montato un “ti” col suo scaricatore. Se montate una tubazione flessibile, fra boyler e pannelli, stai molto attento.

D7 – Hai parlato di impianto pressurizzato e di vaso di espansione. Puoi spiegarmi meglio?
R7 – Il vaso di espansione, e la valvola di sicurezza, vengono dimensionati ed installati per renderne impossibile l’esplosione a causa della pressione. Parlo di esplosione perché se il cedimento per troppa pressione avviene mentre la temperatura del liquido contenuto è molto superiore alla quella della sua ebollizione (ed è così nel 99,9% dei casi) una volta che viene in contatto con l’atmosfera il liquido vaporizza istantaneamente, con velocità di propagazione anche superiori a quelle dei normali esplosivi. Leggi e regolamenti, la tecnica ed i componenti collaudati ed omologati ad uno ad uno, fanno sì che questi incidenti siano praticamente scomparsi. Questo significa che occorre prestare attenzione a quello che sto spiegandoti ed a quanto dovrai realizzare. Non voglio fare terrorismo gratuito, ma solo richiamare la tua attenzione. Aumentando di temperatura, tutto si dilata, compreso il liquido contenuto negli impianti. Per mantenere sotto controllo il fenomeno, si installa un serbatoio che possa contenere questa differenza di volume di espansione fra l’impianto freddo e quello alla sua temperatura massima.

Il vaso aperto è un semplice contenitore d’acqua posto nel punto più alto dell’impianto, capace di contenere 1,5 volte il volume di espansione. La sua funzione è anche quella di eliminare l’aria ed è provvisto di un rubinetto a galleggiante (del tutto simile a quello degli sciacquoni) per reintegrare l’acqua che evapora. Per una serie di ragioni che non sto a spiegarti (non ultima quella legata alla sicurezza degli impianti) non si usa più. Il vaso di espansione chiuso non è altro che un contenitore metallico di capacità nota, dentro il quale è montato un pallone (una specie di camera d’aria resistente alla temperatura) che può essere gonfiato con aria in pressione, tant’è che la sua valvola è del tutto identica a quelle dei pneumatici delle automobili. Quando l’impianto è freddo, la pressione alla quale è sottoposta la valvola di sicurezza è pari all’altezza di tutto l’impianto, dalla valvola al suo punto più alto. Tale pressione la possiamo stimare in 0,1 bar ogni metro di impianto. Dieci metri di altezza, un bar. Poi, grazie alla possibilità di precaricare l’impianto, si gonfia il vaso di espansione con 0,5 bar in più. Così facendo si evita che l’aria si possa disciogliere in prossimità della parte alta dell’impianto, creando molti problemi. Man mano che la temperatura del liquido contenuto nell’impianto aumenta, come già detto aumenta il suo volume. La parte eccedente di questo volume trova come unico sfogo quello di entrare nel vaso di espansione, comprimendo così la camera d’aria. L’effetto voluto è quello di far aumentare la pressione di tutto l’impianto in funzione del suo aumento di temperatura. Correlare la pressione alla temperatura è il “trucco”. La pressione è così in grado di aumentare finchè non si raggiunge una temperatura inferiore di 10°C a quella di ebollizione del liquido. A questo punto la valvola di sicurezza inizia ad aprirsi ed a scaricare liquido finchè le serpentine dei pannelli non sono vuote e cessa l’apporto di calore. Questa è, naturalmente, la condizione di emergenza nella quale i pannelli forniscono una quantità di calore talmente elevata all’impianto da uscire dalle condizioni di calcolo. In un impianto ad alimentazione elettrica o a combustibile, molto prima che quanto ti ho appena spiegato si possa verificare c’è un termostato (o due) che interrompe l’afflusso di energia termica. Nel termosolare non è possibile spegnere il sole. Comunque non preoccuparti. Ti indicherò come calcolare e cosa fare per rimanere ben al di sotto dei limiti di pericolosità del sistema. Comunque un “trucco” te lo devo indicare: se la pressione dell’impianto aumenta e la valvola di sicurezza comincia a trafilare (soprattutto ad impianto nuovo) è sufficiente spegnere il gas o togliere l’elettricità dal boyler ed aprire tutti i rubinetti dell’acqua calda di casa. La quantità d’acqua fredda che entrerà nel boyler sarà più che sufficiente a raffreddare il tutto e far scendere la pressione.

D8 – E come funziona la valvola di sicurezza?
R8 – C’è semplicemente un piattello gommato che occlude una sede di diametro prestabilito per mezzo di una molla pretarata. Se la pressione del liquido dell’impianto supera la forza della molla, il piattello si solleva e scarica nella seconda via della valvola. I dati caratteristici di ogni valvola sono il diametro della sede e la pressione di taratura (in bar) cioè la pressione alla quale il piattello comincia a sollevarsi. Per il tuo impianto userai una valvola con un diametro di 20 mm (corrispondente ad un attacco filettato di ½”) mentre la pressione la vedremo in seguito. In commercio, comunque, le pressioni disponibili partono da 1 bar e salgono di mezzo bar in mezzo bar solitamente fino a 6.

D9 – Perché parli sempre di liquido dell’impianto e di temperatura di ebollizione e non di acqua e di 100°C?
R9 – Come ho detto in precedenza, l’impianto dovrà essere riempito con una miscela di acqua ed anticongelante. Questa miscela cambia a seconda di dove è installato l’impianto. Se sei di Lampedusa o di Gela , una miscela per una temperatura minima di -5°C è sufficiente, mentre se abiti ad alta quota sulle Alpi dovrai calcolare come minimo di poter raggiungere i -35°C. A seconda della percentuale di anticongelante, aumenta anche la temperatura con la quale questa miscela raggiunge il punto di ebollizione. Per questo motivo dovremo calcolare assieme, e con cura, la capacità del vaso di espansione e la pressione della valvola di sicurezza in funzione di questi diversi valori limite, e di tutti quelli intermedi. Un’altra informazione, non secondaria, è quella che la temperatura di ebollizione di un liquido (in un circuito senza aria) aumenta in funzione della pressione alla quale si trova.

D10 – Prima hai detto che il diametro della sede di una valvola di sicurezza da ½” è di 20 mm. Ma se un pollice (1″) corrisponde a 25,4 mm, ½” è 12,7 mm e non 20.
R10 – Il diametro di ½” al quale mi riferivo è il diametro della filettatura gas da ½” secondo le normative ISO. Il tubo filettato da ½” ha un diametro esterno di 21,3 mm, così il ¾” è di 26,9, il tubo da 1″ di 33,7 ecc.

D11 – Perché non posso sostituire coi pannelli solari il mio impianto di riscaldamento, ma mi consigli di pensare solamente a quello dell’acqua sanitaria?
R11- Come ho già detto, non è una questione breve ed avrei preferito tralasciarla, ma se hai pazienza… Userò una serie di dati medi di una condizione media, sulla quale svilupperò i calcoli che porteranno al risultato finale. Stai molto attento alle unità di misura.

Prendiamo un dato medio di irraggiamento solare di 800 W ogni m2 di superficie utile del pannello. Poniamo che il nostro pannello abbia una dimensione di 1,5 x 0,6 m, cioè 0,65 m2 . Di quegli 800 W / m2 , il pannello ne riceverà (800 x 0,65) = 520. Ma solo una parte verrà trasformata in calore, mentre l’altra sarà riflessa dal cristallo o dispersa. Con buona approssimazione posso dire che solo la metà potrà essere convertita in Watt termici (Wt). C’è poi da considerare che non è sempre mezzogiorno, che l’atmosfera non è sempre pulita ecc. Perciò dovremo dimezzare ancora la quantità di calore recuperabile. Cosa rimane? Rimarrà (520 x 0,5 x 0,5) = 130 Wt. Deluso? Ci credo! Devi comunque tenere sempre a mente che l’impianto di riscaldamento serve d’inverno, quando di sole ce n’è poco e per poche ore. E’ questa la fregatura! E quante ore di sole riusciremo a sfruttare? Sicuramente non più di 6. Ciò significa che ogni giorno di sole potremo avere a disposizione solamente (130 x 6) = 780 Wt / giorno = 0,78 kWt / giorno.
Adesso pensiamo alla quantità di calore di cui ha bisogno una casa media. Consideriamo che la caldaia installata abbia una potenza utile di 17 kWt (17.000 Wt pari a circa 14.500 kcal / h) e nelle condizioni medie di utilizzo il bruciatore rimanga acceso per il 40% del tempo. Dico condizioni medie perché se considerassi le massime il risultato sarebbe ancor più evidente. Il 40% di 17 kWt è (17 x 0,4) = 6,8 kWt, e questo valore medio è il fabbisogno in un’ora. Nelle 24 ore è di (6,8 x 24) = 163,2 kWt / giorno.
Presto fatto il calcolo di quanti pannelli occorrerebbero: (163,2 / 0,78) = 128 pannelli. Deluso ancora? Pensa, allora, che l’impianto a 128 pannelli deve produrli in 6 ore, e deve accumularne i ¾ per quando non c’è il sole. Per accumulare il calore necessario scaldiamo acqua: quanta? Vediamo.
Diciamo che in quelle 6 ore di sole dobbiamo scaldare acqua che, per essere utilizzata nei termosifoni non può essere sotto i 50°C e contiamo (sempre in quelle 6 ore) di scaldarla fino a 80°C. Ci troviamo di fronte ad una differenza di temperatura di (80 – 50) = 30°C. Quanto calore abbiamo a disposizione? (163,2 x 3/4) = 122,4 kWt, cioè 105.264 kcal, che devono scaldare con un delta di 30°C una quantità di acqua pari a (105.264 / 30) = 3509 litri d’acqua.
Dovremo perciò dotare il nostro impianto di uno o più boyler per una capacità complessiva superiore ai 3,5 m3 d’acqua.
E se calcolo che per un’intera settimana può non esserci il sole, il numero di pannelli da montare sarà di (128 x 7) = 896 e la capacità dei boyler dovrà superare i (3.500 x 7) = 24.500 litri!
Ho esagerato? Un poco. Ma se l’ho fatto è stato per farti capire. Anche se non consideriamo l’assurdo accumulo settimanale di calore, capisci da tè che un impianto con 128 pannelli ed un accumulo di 3.500 litri non può costare solo qualche migliaio di Euro. Nemmeno col fai da tè!
E dove li metto 128 pannelli? La sola superficie netta, senza cioè considerare lo spazio che va lasciato fra pannello e pannello è di (128 x 0,65) = 83,2 m2 . E dove li mettiamo?
Come ho già detto più e più volte in passato in decine di testi, meglio lasciar perdere.
Dimenticavo: anche nel caso (pazzesco) dell’accumulo settimanale occorre comunque mantenere l’impianto tradizionale a combustibile. Se il sole manca per 2 settimane che si fa: si bruciano i mobili o si va a vivere in albergo?

D12 – Cos’è quello strumento rotondo vicino alla valvola di sicurezza ed al vaso di espansione? Un termometro?
R12 – No. I termometri non li ho indicati perché lascio a te la discrezione di dove e quanti metterne. Almeno due, uno all’ingresso ed uno all’uscita del serpentino del boyler, li metterei. Quello è il manometro. Indispensabile al controllo dell’impianto. Ogni caldaietta del rottamaio ne ha uno… Se invece non trovi un manometro di caldaietta, la scala che deve avere è da 0 a 6 bar. Con le scale più alte non si legge nulla e non si apprezzano le variazioni. Fra il manometro ed il tubo sarebbe meglio mettere un rubinettino…

Passiamo ora ad analizzare un ipotetico impianto ed a fare un altro po’ di calcoli.
Dimentichiamoci subito dell’inverno. Sei d’accordo? In inverno prenderemo quel che c’è, poco o molto che sia, accontentandoci.
E’ da aprile a settembre che avremo il grosso del recupero. E ce ne accorgeremo in bolletta.
Se in casa siete in due, un solo pannello basterà. Ovvio che se mentre uno sta facendo una doccia, l’altro lava i piatti e, nel frattempo, parte il bruciatore del boyler, non dare colpa del pannello né alla sfortuna…
Se siete in quattro, i pannelli necessari sono due.

Normalmente la capacità dei boyler ad accumulo è di 60 litri. Sarebbe meglio averlo da 80 o 100 litri, ma accontentarsi di quel che c’è è un obbligo.
Ora occorre trovare un posto per i pannelli. Come già detto deve essere a Sud e libero da ombre.
Adesso puoi vedere dove poter passare coi tubi che collegano pannello e boyler.

Scegli la strada più corta, se puoi, oppure privilegia quella che necessita della minore quantità di curve. Nel considerare gli spazi occupati dai tubi, calcola anche il diametro dell’isolamento che andrà montato. Calcola che ogni tubo sarà di 10 cm di diametro e sarai sicuro che tutto andrà bene.
Quanti metri di tubo ti risultano? 70? Mmm… Sei sicuro che non si possa fare di meglio? No? Pazienza.
Veniamo ora al diametro delle tubazioni fra boyler e pannelli.

Per un solo pannello e per distanze fino a 10 metri (10 andata + 10 ritorno) va più che bene un tubo diametro interno 12 mm e raccorderia gas da 3/8″. Per distanze più lunghe o per due pannelli, il diametro interno deve essere 16, 18 o 20 e la raccorderia da ½” gas.

Per 3 pannelli e distanze oltre i 50 metri occorre usare tubi di diametro interno 22, 24 e 26 con raccorderia da ¾” gas.

Scusami se sono generico. Non posso andare oltre. Non sarebbe serio.

Per le tubazioni mi orienterei sui tubi di polietilene per riscaldamento. Attenzione: la loro temperatura massima di esercizio non deve essere superiore a 120°C. Un tratto unico di tubo fra boyler e pannello sia per mandata che ritorno. Questo ti costringerà a far fare al tubo ampie curve (raggio 300 – 400 mm) a tutto vantaggio dell’energia elettrica assorbita dalla pompa. E se il tubo è in pezzo unico, è molto difficile che perdano le giunzioni…

Naturalmente le tubazioni andranno supportate con collari e staffe rigidi. Tieni sempre a mente il vento… la neve ed il ghiaccio… Uno in più significa una mezz’oretta di lavoro. Uno in meno del necessario è il vero problema! Ovviamente, meno tubazione corre all’esterno, meglio è.
Quella che fino ad ora ho chiamato pompa, da ora in poi la chiameremo circolatore.
E’ questo il nome che gli impiantisti danno ai piccoli dispositivi per piccolissime portate. Tutti hanno un motore monofase (220 V) a tre velocità. E questo è perfetto.
Comprarlo? Sei matto? Hai presente quante caldaiette vengono rottamate? Dentro ogni caldaietta c’è un circolatore che funziona ancora bene. Giusto? Giusto.
Naturalmente devi sceglierlo col motore da non più di 30 W per un pannello, 50 W per due pannelli ed 80 W per tre. E a tre velocità.
E mentre lo smonti recupera anche i due bocchettoni. Cosa sono? Dopo che hai svitato i due grossi dadi che ti permettono di smontare la pompa, sono i dadi che hai smontato e gli altri due pezzi che permettono loro di ruotare. Quelli avvitati alle tubazioni di mandata e ritorno della pompa, insomma.
E non dimenticarti il coperchio della morsettiera elettrica.

pannello solare – impiantistica – vaso espansione e collaudo

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