Insisto sconsideratamente a scovare (o immaginare) altri vantaggi di una produzione da FER sostenuta...
Tralasciando un secondo la produzione elettrica che, come qualcuno ha giustamente notato, è solo una parte pur se importante del consumo energetico totale, si può analizzare l'altro enorme problema che sarebbe provocato da una crisi di calo produttivo delle fonti fossili.
I trasporti.
Mentre nel settore della produzione energetica esiste perlomeno una diversificazione notevole e ci sono tante tecnologie utilizzabili, per i trasporti siamo pressochè legati mani e piedi al petrolio.
Un blocco dei trasporti metterebbe rapidamente in ginocchio ogni economia nel giro di qualche giorno, ma anche senza pensare uno scenario da catastrofe la salita rapida del prezzo di trasporto che sarebbe sicuramente determinata da una contrazione dell'offerta potrebbe innescare (ma togliamo pure il dubitativo) una recessione devastante.
Un pò per questi motivi, un pò per le emissioni, un pò per moda o risparmio ultimamente hanno preso molto piede i cosidetti biocarburanti.
Ma questi portano un gravissimo pericolo! E cioè che parte delle già non abbondantissime produzioni cerealicole vengano dirottate in biocarburanti provocando rincari alimentari e fame.
Biocarburanti e fame nel mondo in crescita: [ActionAid lancia un'accusa]
Nel mondo ambientalista ed anche su questo forum è in corso un dibattito tra chi ha posizioni drastiche e chi vede le cose meno grigie (fame nel mondo e colpa dei biocarburanti). Ma anche questi ultimi ammettono alcuni dati interessanti su cui riflettere: Lo stesso articolo favorevole ai biofuel che ho linkato ammette candidamente che "lo scorso anno il 20% del raccolto di granoturco negli USA è stato utilizzato per la produzione di etanolo."
Di solito si risponde a chi è preoccupato che si devono usare le coltivazioni non alimentari, che poi ci sono le alghe, i terreni incolti, ecc.
Posizioni per me troppo ottimistiche e che, come purtroppo capita spesso agli ambientalisti occorre ammetterlo, sono del tutto e beatamente ignare dei meccanismi del mercato.
Oltre il 50% dei cereali utilizzati per l'alimentazione umana provengono dalle sconfinate praterie USA coltivate intensivamente. Fino a qualche anno fa la produzione era talmente sovrabbondante che era diventata poco remunerativa per gli agricoltori, pur se molto industrializzata, veniva rivenduta all'estero a costi bassi per la concorrenza dei paesi con produzioni a basso costo e la cosa aveva anche provocato dissesti economici in molte fattorie con le banche che si "mangiavano" la fattoria.
L'E85 è stato il toccasana. Il valore dei cereali per biofuel è molto più elevato, la domanda prevalentemente interna è incentivata dal governo in quanto produce meno emissioni e riduce la dipendenza dall'estero.
In questo panorama limitarsi a dire che "vabbè useremo le altre colture" è non solo sciocco, ma suicida. Se l'E85 continuerà a diffondersi in USA gli interessi convergenti di governo, utenti e agricoltori USA saranno tutti nel diffonderlo! Certo senza sacrificare la produzione alimentare, ma la loro!
L'idea che gente che già ora getta via il 50% degli alimenti prodotti e consuma 20.000 kWh all'anno in famiglia si precipiti a rinunciare a una soluzione ottima e mettere norme penalizzanti per la propria agricoltura perchè sennò in Sud America non riescono più a comprare il grano al costo di prima a me sembra una battuta da avanspettacolo. Ma qualcuno ci crede!
Si, certo. Di fronte a proteste pesanti adotteranno qualche misura, qualche leggina, ma esattamente come han fatto per la CO2 non credo proprio che gli americani, sempre più tentati dall'isolazionismo verso un mondo che sanno li ama poco, penalizzino oltre un certo limite la propria industria. Obama o meno!
D'altro canto, di fronte ad una eventuale penuria di petrolio, è sicuro che molti altri paesi avanzati, nostro compreso, adotterebbero velocemente ogni tecnologia in grado di supplire.
Se già ora il 20% della produzione è deviato per l'etanolo (che è diffuso, ma sempre molto minoritario) è ovvio che fra alimentazione interna e carburanti l'intera produzione occidentale verrebbe presto resa indisponibile ai paesi arretrati. Con prospettive davvero tristi.
Assodato che il petrolio finirà e recitato l'indispensabile mantra sul risparmio e l'efficienza... resta il problema di cosa usare come carburante per i trasporti.
Qui le ipotesi di vettori si riducono a due. Batterie e carburanti di sintesi.
Nei carburanti di sintesi ci sono l'idrogeno, l'etanolo, il metanolo, oltre a benzina da sintesi da carbone e rifiuti.
Comunque tutte queste soluzioni sono vettori energetici in quanto non possiamo attingerne a una riserva preesistente, ma vanno creati utilizzando una fonte diversa. Le fonti sono essenzialmente il sole, le solite fossili (petrolio escluso ovviamente) e il nucleare.
L'idrogeno sembrava il non plus ultra fino a poco tempo fa. Restano però gravi problemi nello stoccaggio e costi elevati per le fuel cell.
Le batterie ora stanno vivendo un buon momento, l'auto elettrica è una realtà efficiente, sopratutto nelle città, e la situazione è in veloce sviluppo. Restano però problemi di autonomia. Inoltre molti scordano che nel trasporto il problema di come far muovere il pendolare o la massaia è molto secondario. Il problema vero è trovare un carburante adatto ad alimentare i TIR per diverse centinaia di chilometri e il TIR a batteria resta molto ipotetico.
Etanolo e soprattutto metanolo invece rappresentano una promettente soluzione tecnologica. Tanto che si è ultimamente parlato di "economia al metanolo" come evoluzione della famosa "economia all'idrogeno" di Rifkin. (Economia a metanolo - Wikipedia)
Il metanolo è liquido e stabile a temperatura ambiente, quindi non necessita di una complessa infrastruttura mirata, ma può sfruttare l'esistente. Può essere utilizzato in tradizionali motori a scoppio, ma anche usato per produrre energia elettrica con un turbina, oltre alle solite fuel cell. Può essere prodotto da fonte fossile, ma ovviamente il suo punto di vera forza sta nel fatto che potrebbe diventare il minimo comun denominatore di ogni processo di accumulo elettrico per le rinnovabili.
Questo, in parole povere, significa la possibilità di sfruttare ogni forma di produzione rinnovabile, senza alcuno spreco, garantendo al sistema di accumulo non solo un ritorno per l'utilizzo dell'energia accumulata su richiesta nei momenti di picco, ma un intero mercato esterno a costi molto interessanti. Il che, ovviamente, andrebbe anche a tutto vantaggio del costo dell'accumulo.
Paesi come l'Italia potrebbero avvantaggiarsi enormemente per la possibilità ovvia di produrre a costi molto inferiori a quelli di altri paesi un surplus energetico rinnovabile trasformato in metanolo da trazione.
Tralasciando un secondo la produzione elettrica che, come qualcuno ha giustamente notato, è solo una parte pur se importante del consumo energetico totale, si può analizzare l'altro enorme problema che sarebbe provocato da una crisi di calo produttivo delle fonti fossili.
I trasporti.
Mentre nel settore della produzione energetica esiste perlomeno una diversificazione notevole e ci sono tante tecnologie utilizzabili, per i trasporti siamo pressochè legati mani e piedi al petrolio.
Un blocco dei trasporti metterebbe rapidamente in ginocchio ogni economia nel giro di qualche giorno, ma anche senza pensare uno scenario da catastrofe la salita rapida del prezzo di trasporto che sarebbe sicuramente determinata da una contrazione dell'offerta potrebbe innescare (ma togliamo pure il dubitativo) una recessione devastante.
Un pò per questi motivi, un pò per le emissioni, un pò per moda o risparmio ultimamente hanno preso molto piede i cosidetti biocarburanti.
Ma questi portano un gravissimo pericolo! E cioè che parte delle già non abbondantissime produzioni cerealicole vengano dirottate in biocarburanti provocando rincari alimentari e fame.
Biocarburanti e fame nel mondo in crescita: [ActionAid lancia un'accusa]
Nel mondo ambientalista ed anche su questo forum è in corso un dibattito tra chi ha posizioni drastiche e chi vede le cose meno grigie (fame nel mondo e colpa dei biocarburanti). Ma anche questi ultimi ammettono alcuni dati interessanti su cui riflettere: Lo stesso articolo favorevole ai biofuel che ho linkato ammette candidamente che "lo scorso anno il 20% del raccolto di granoturco negli USA è stato utilizzato per la produzione di etanolo."
Di solito si risponde a chi è preoccupato che si devono usare le coltivazioni non alimentari, che poi ci sono le alghe, i terreni incolti, ecc.
Posizioni per me troppo ottimistiche e che, come purtroppo capita spesso agli ambientalisti occorre ammetterlo, sono del tutto e beatamente ignare dei meccanismi del mercato.
Oltre il 50% dei cereali utilizzati per l'alimentazione umana provengono dalle sconfinate praterie USA coltivate intensivamente. Fino a qualche anno fa la produzione era talmente sovrabbondante che era diventata poco remunerativa per gli agricoltori, pur se molto industrializzata, veniva rivenduta all'estero a costi bassi per la concorrenza dei paesi con produzioni a basso costo e la cosa aveva anche provocato dissesti economici in molte fattorie con le banche che si "mangiavano" la fattoria.
L'E85 è stato il toccasana. Il valore dei cereali per biofuel è molto più elevato, la domanda prevalentemente interna è incentivata dal governo in quanto produce meno emissioni e riduce la dipendenza dall'estero.
In questo panorama limitarsi a dire che "vabbè useremo le altre colture" è non solo sciocco, ma suicida. Se l'E85 continuerà a diffondersi in USA gli interessi convergenti di governo, utenti e agricoltori USA saranno tutti nel diffonderlo! Certo senza sacrificare la produzione alimentare, ma la loro!
L'idea che gente che già ora getta via il 50% degli alimenti prodotti e consuma 20.000 kWh all'anno in famiglia si precipiti a rinunciare a una soluzione ottima e mettere norme penalizzanti per la propria agricoltura perchè sennò in Sud America non riescono più a comprare il grano al costo di prima a me sembra una battuta da avanspettacolo. Ma qualcuno ci crede!
Si, certo. Di fronte a proteste pesanti adotteranno qualche misura, qualche leggina, ma esattamente come han fatto per la CO2 non credo proprio che gli americani, sempre più tentati dall'isolazionismo verso un mondo che sanno li ama poco, penalizzino oltre un certo limite la propria industria. Obama o meno!
D'altro canto, di fronte ad una eventuale penuria di petrolio, è sicuro che molti altri paesi avanzati, nostro compreso, adotterebbero velocemente ogni tecnologia in grado di supplire.
Se già ora il 20% della produzione è deviato per l'etanolo (che è diffuso, ma sempre molto minoritario) è ovvio che fra alimentazione interna e carburanti l'intera produzione occidentale verrebbe presto resa indisponibile ai paesi arretrati. Con prospettive davvero tristi.
Assodato che il petrolio finirà e recitato l'indispensabile mantra sul risparmio e l'efficienza... resta il problema di cosa usare come carburante per i trasporti.
Qui le ipotesi di vettori si riducono a due. Batterie e carburanti di sintesi.
Nei carburanti di sintesi ci sono l'idrogeno, l'etanolo, il metanolo, oltre a benzina da sintesi da carbone e rifiuti.
Comunque tutte queste soluzioni sono vettori energetici in quanto non possiamo attingerne a una riserva preesistente, ma vanno creati utilizzando una fonte diversa. Le fonti sono essenzialmente il sole, le solite fossili (petrolio escluso ovviamente) e il nucleare.
L'idrogeno sembrava il non plus ultra fino a poco tempo fa. Restano però gravi problemi nello stoccaggio e costi elevati per le fuel cell.
Le batterie ora stanno vivendo un buon momento, l'auto elettrica è una realtà efficiente, sopratutto nelle città, e la situazione è in veloce sviluppo. Restano però problemi di autonomia. Inoltre molti scordano che nel trasporto il problema di come far muovere il pendolare o la massaia è molto secondario. Il problema vero è trovare un carburante adatto ad alimentare i TIR per diverse centinaia di chilometri e il TIR a batteria resta molto ipotetico.
Etanolo e soprattutto metanolo invece rappresentano una promettente soluzione tecnologica. Tanto che si è ultimamente parlato di "economia al metanolo" come evoluzione della famosa "economia all'idrogeno" di Rifkin. (Economia a metanolo - Wikipedia)
Il metanolo è liquido e stabile a temperatura ambiente, quindi non necessita di una complessa infrastruttura mirata, ma può sfruttare l'esistente. Può essere utilizzato in tradizionali motori a scoppio, ma anche usato per produrre energia elettrica con un turbina, oltre alle solite fuel cell. Può essere prodotto da fonte fossile, ma ovviamente il suo punto di vera forza sta nel fatto che potrebbe diventare il minimo comun denominatore di ogni processo di accumulo elettrico per le rinnovabili.
Questo, in parole povere, significa la possibilità di sfruttare ogni forma di produzione rinnovabile, senza alcuno spreco, garantendo al sistema di accumulo non solo un ritorno per l'utilizzo dell'energia accumulata su richiesta nei momenti di picco, ma un intero mercato esterno a costi molto interessanti. Il che, ovviamente, andrebbe anche a tutto vantaggio del costo dell'accumulo.
Paesi come l'Italia potrebbero avvantaggiarsi enormemente per la possibilità ovvia di produrre a costi molto inferiori a quelli di altri paesi un surplus energetico rinnovabile trasformato in metanolo da trazione.
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