Nella ricezione della Direttiva 2008/28/CE nel DL da parte del Governo Italiano è stata interpretato con particolare brutalità quello che è uno scontro in corso in tutta Europa (anzi, in tutto il mondo).
Lo sfondo di questa vicenda deriva dalla convinzione della UE che per contenere il cambiamento climatico occorre decarbonizzare l'economia. Che così si migliora anche l'indipendenza energetica che è un gravissimo problema geo-politico ed economico (il problema del secolo). Che, infine, è in gioco la leadeship delle tecnologie dominanti del XXI secolo.
In questo passaggio epocale. Nel decennio che determina le posizioni e segna le traiettorie, la Germania spinge (con ragionevolezza, anche lei abbassa gli incentivi) sulle rinnovabili e si dota con grandi sforzi di una filiera completa.
In questo momento il nostro Ministro per lo Sviluppo Economico che fa? Lascia la partita e ne gioca un'altra. Il nucleare e il sostegno alle industrie energivore.
Ora. Dobbiamo essere consapevoli che la partita è grande. Quando Stern (cfr. "Rapporto Stern") ipotizza che per combattere i cambiamenti climatici sia necessario investire l'1% del PIL mondiale per i prossimi anni, di che sta parlando? Ovviamente dei nostri soldi. Dello spostamento dell'1 % della ricchezza da alcune cose ad altre.
Guardando dal piccolo buco della serratura del mondo energetico, ad esempio, la conseguenza è che ENEL ed ENI vengono costrette a farsi carico di qualche esternalità in più (obbligo di acquisto dei CV, tassazione sulla CO2 emessa, etc.). Lo scaricano quindi sulla bolletta. Quindi la bolletta costa di più. Tutta, non solo la parte "FER" e "risparmio" (vantaggi secondari non da poco: i nostri impianti se questo si verifica vendono l'energia ad un prezzo maggiore, e non pagando la tassa sulla CO2 riducono il gap; inoltre si riduce in percentuale il costo in bolletta delle nostre componenti).
Naturalmente il consumatore, trovandosi a spendere di più per l'energia, o compra qualche bene o servizio in meno (es. va a tagliarsi i capelli meno volte all'anno) o aumenta il risparmio energetico per compensare (o tutte e due).
In definitiva alcuni settori (i nostri) ricevono il trasferimento di ricchezza perchè i loro "beni e servizi" sono ciò che serve per combattere il riscaldamento globale.
Se va tutto (molto) bene, la dinamica genera crescita e vincono tutti. Se va male è solo una ridistribuzione e alcuni sono più poveri.
Ma "nessun pasto è gratis". Chi sta facendo questo casino sulla bolletta (e quindi ci attacca) lo sa bene e mette le mani avanti. Ciò che combatte non è il fotovoltaico, ma le politiche di lotta al cambiamento climatico che considera insostenibili. Se vi ricordate alcune parti sociali e politiche lo hanno sempre detto (andate a rileggere le polemiche intorno all'adesione dell'Italia al Protocollo di Kyoto e quelle alla sua entrata in funzione quando aderì la Russia).
Ma le considera insostenibili perchè ad esserlo è il suo business.
Prendiamo, ad esempio, "Assocarta" che ha attaccato sui giornali il fotovoltaico e i suoi costi. Produce la carta, un processo incredibilmente energivoro, altamente inquinante (probabilmente la prima fonte di emissioni di diossina), indispensabile ma perfetta espressione della società dei consumi. Se a loro (che sono nell'elenco dei processi tenuti a pagare per le emissioni di CO2 e quindi in quello delle aziende a cui l'Italia ha deciso di regalare una "quota di emissioni") l'energia costasse di più non farebbe che bene. Se la carta costasse di più sarebbe un bene (trasferimento dei giornali su internet, meno riviste inutili a prezzi bassissimi, meno spreco di carta ovunque, lungo la filiera meno trasporti per lunghe percorrenze, meno consumo di suolo per ceppaie, l'unico svantaggio maggior costo dei libri, ma anche qui non conta tanto il numero ma la qualità -Kant aveva 200 libri-).
Chiaramente ci sarebbe un impatto sul settore. Una piccola decrescita locale a favore di qualcun altro (cioè noi )
La politica del MISE, in questo contesto può essere accusata sostanzialmente di due cose:
- Miopia e
- travisamento.
Travisamento perchè il nucleare non è una FER. E' una tecnologia di transizione, a tempo. In un anno ogni mq riceve dal sole oltre 1,5 MWh.
Più plausibile come tecnologia ad alta intensità, e di massa, è il carbone con cattura della CO2 (molto difficile e costoso, ma in prospettiva interessante). Se non altro è meno pericoloso stoccare la CO2 che l'uranio.
Miopia perchè per difendere il presente (l'assocarta) esaurisce il futuro. Da un Ministero per lo Sviluppo Economico ci si aspetterebbe una politica industriale pensata meglio.
Un paese che:
- è al 30° posto in rapporto al PIL per le spese di ricerca e sviluppo (dopo Taiwan) ed al 9° in assoluto (dopo la Corea del Sud); che è al 12° posto dall'ultimo per lo sviluppo negli ultimi 10 anni; che ha una spesa per l'istruzione in % sul PIL inferiore al Botswana, al Burundi, alla Tunisia ed al Kenya: che ha il 3° saldo negativo dei pagamenti dopo USA e Spagna,
- ma che ha la 5° industria manifatturiera del mondo; il 7° commercio di beni; e la 7° economia per PIL assoluto.
DEVE fare uno sforzo maggiore.
Lo sfondo di questa vicenda deriva dalla convinzione della UE che per contenere il cambiamento climatico occorre decarbonizzare l'economia. Che così si migliora anche l'indipendenza energetica che è un gravissimo problema geo-politico ed economico (il problema del secolo). Che, infine, è in gioco la leadeship delle tecnologie dominanti del XXI secolo.
In questo passaggio epocale. Nel decennio che determina le posizioni e segna le traiettorie, la Germania spinge (con ragionevolezza, anche lei abbassa gli incentivi) sulle rinnovabili e si dota con grandi sforzi di una filiera completa.
In questo momento il nostro Ministro per lo Sviluppo Economico che fa? Lascia la partita e ne gioca un'altra. Il nucleare e il sostegno alle industrie energivore.
Ora. Dobbiamo essere consapevoli che la partita è grande. Quando Stern (cfr. "Rapporto Stern") ipotizza che per combattere i cambiamenti climatici sia necessario investire l'1% del PIL mondiale per i prossimi anni, di che sta parlando? Ovviamente dei nostri soldi. Dello spostamento dell'1 % della ricchezza da alcune cose ad altre.
Guardando dal piccolo buco della serratura del mondo energetico, ad esempio, la conseguenza è che ENEL ed ENI vengono costrette a farsi carico di qualche esternalità in più (obbligo di acquisto dei CV, tassazione sulla CO2 emessa, etc.). Lo scaricano quindi sulla bolletta. Quindi la bolletta costa di più. Tutta, non solo la parte "FER" e "risparmio" (vantaggi secondari non da poco: i nostri impianti se questo si verifica vendono l'energia ad un prezzo maggiore, e non pagando la tassa sulla CO2 riducono il gap; inoltre si riduce in percentuale il costo in bolletta delle nostre componenti).
Naturalmente il consumatore, trovandosi a spendere di più per l'energia, o compra qualche bene o servizio in meno (es. va a tagliarsi i capelli meno volte all'anno) o aumenta il risparmio energetico per compensare (o tutte e due).
In definitiva alcuni settori (i nostri) ricevono il trasferimento di ricchezza perchè i loro "beni e servizi" sono ciò che serve per combattere il riscaldamento globale.
Se va tutto (molto) bene, la dinamica genera crescita e vincono tutti. Se va male è solo una ridistribuzione e alcuni sono più poveri.
Ma "nessun pasto è gratis". Chi sta facendo questo casino sulla bolletta (e quindi ci attacca) lo sa bene e mette le mani avanti. Ciò che combatte non è il fotovoltaico, ma le politiche di lotta al cambiamento climatico che considera insostenibili. Se vi ricordate alcune parti sociali e politiche lo hanno sempre detto (andate a rileggere le polemiche intorno all'adesione dell'Italia al Protocollo di Kyoto e quelle alla sua entrata in funzione quando aderì la Russia).
Ma le considera insostenibili perchè ad esserlo è il suo business.
Prendiamo, ad esempio, "Assocarta" che ha attaccato sui giornali il fotovoltaico e i suoi costi. Produce la carta, un processo incredibilmente energivoro, altamente inquinante (probabilmente la prima fonte di emissioni di diossina), indispensabile ma perfetta espressione della società dei consumi. Se a loro (che sono nell'elenco dei processi tenuti a pagare per le emissioni di CO2 e quindi in quello delle aziende a cui l'Italia ha deciso di regalare una "quota di emissioni") l'energia costasse di più non farebbe che bene. Se la carta costasse di più sarebbe un bene (trasferimento dei giornali su internet, meno riviste inutili a prezzi bassissimi, meno spreco di carta ovunque, lungo la filiera meno trasporti per lunghe percorrenze, meno consumo di suolo per ceppaie, l'unico svantaggio maggior costo dei libri, ma anche qui non conta tanto il numero ma la qualità -Kant aveva 200 libri-).
Chiaramente ci sarebbe un impatto sul settore. Una piccola decrescita locale a favore di qualcun altro (cioè noi )
La politica del MISE, in questo contesto può essere accusata sostanzialmente di due cose:
- Miopia e
- travisamento.
Travisamento perchè il nucleare non è una FER. E' una tecnologia di transizione, a tempo. In un anno ogni mq riceve dal sole oltre 1,5 MWh.
Più plausibile come tecnologia ad alta intensità, e di massa, è il carbone con cattura della CO2 (molto difficile e costoso, ma in prospettiva interessante). Se non altro è meno pericoloso stoccare la CO2 che l'uranio.
Miopia perchè per difendere il presente (l'assocarta) esaurisce il futuro. Da un Ministero per lo Sviluppo Economico ci si aspetterebbe una politica industriale pensata meglio.
Un paese che:
- è al 30° posto in rapporto al PIL per le spese di ricerca e sviluppo (dopo Taiwan) ed al 9° in assoluto (dopo la Corea del Sud); che è al 12° posto dall'ultimo per lo sviluppo negli ultimi 10 anni; che ha una spesa per l'istruzione in % sul PIL inferiore al Botswana, al Burundi, alla Tunisia ed al Kenya: che ha il 3° saldo negativo dei pagamenti dopo USA e Spagna,
- ma che ha la 5° industria manifatturiera del mondo; il 7° commercio di beni; e la 7° economia per PIL assoluto.
DEVE fare uno sforzo maggiore.
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